San Benigno Canavese – 140 anni di Salesiani

Si pubblica un articolo proveniente dal “Risveglio”, inerente alla presenza della Famiglia Salesiana sul territorio di San Benigno Canavese da circa 14o anni:

SAN BENIGNO – Foto di gruppo per direttivo degli exallievi, amici, autorità e sostenitori dell’opera di don Bosco a San Benigno in occasione della festa di don Bosco celebrata in Istituto e in paese con una ricca due giorni (26 e 27 gennaio). La foto è davanti al quadro di Caffaro Rore, che ricorda la venuta dei Salesiani di don Bosco (grazie all’interessamento dell’allora parroco don Antonio Benone) ben 140 anni fa, precisamente il 5 luglio 1879.

In attesa di tale data, tutto l’anno avrà questo sapore particolare di “buon rapporto comunitario”, come ha detto don Riccardo Frigerio nell’omelia della Messa in abbazia, tra i Salesiani, i cittadini e la ricca storia del territorio.

31 gennaio 2019 – Il racconto della giornata di festa

Una grande giornata di festa quella del 31 gennaio. I tanti fedeli che vi hanno partecipato a Valdocco ed in Basilica Maria Ausiliatrice si sono stretti intorno a San Giovanni Bosco portando le personali preghiere e ringraziamento.

 

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Ore 11:00 – La celebrazione presieduta dall’Arcivescovo di Torino

Omelia dell’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, in occasione della Santa Messa delle ore 11,00 per la Festa di Don Bosco. (Torino – Basilica Maria Ausiliatrice).

«Chi accoglie un bambino, un ragazzo o giovane nel mio nome accoglie me» ci dice il Signore.

“Accoglienza significa anzitutto ascolto, primo passo educativo da porre in atto verso le nuove generazioni. Anche il Papa l’ha ribadito al Sinodo dei giovani. Ascoltare i giovani è dunque un impegno forte e chiaro che ci interpella tutti. Don Bosco diceva che l’educazione è una questione di cuore. Per educare un giovane bisogna che lui senta il nostro cuore che lo ama, che lo ascolta e l’accompagna passo passo senza imposizioni o divieti, ma con autorevolezza che nasce dalla stima che si ottiene come educatori, mediante non solo le parole ma i fatti, e la testimonianza coerente della propria vita.

Certo oggi viviamo immersi in un forte e tumultuoso cambiamento culturale in atto che ha spiazzato molte famiglie in campo educativo. Oggi viviamo in un mondo di super informazione, che si avvale di nuovi linguaggi affascinanti e ricchi di sempre nuovi stimoli e interessi. Questo è un dato positivo, ma rischia paradossalmente di isolare ancora di più la persona dentro un mondo virtuale e soggettivo da cui diventa difficile uscire per dialogare e rapportarsi poi con l’altro e con gli altri. Si impoveriscono così i rapporti interpersonali e la comunicazione verbale ed esperienziale tra i vari soggetti educativi. A questa carenza si supplisce spesso con i tanti servizi e proposte, che si rovesciano sugli adolescenti e giovani e accontentano le loro pulsioni occasionali e momentanee, epidermiche, senza lasciare traccia dentro il cuore.

È necessario che i vari soggetti coinvolti nell’ambito educativo si parlino e si incontrino su una piattaforma comune di indirizzi e di valori condivisi. Genitori, docenti, sacerdoti e religiose, animatori dei vari ambiti del vissuto sociale, operatori della comunicazione, istituzioni pubbliche, sono chiamati a lavorare insieme condividendo un obiettivo comune che è quello di incentrare ogni intervento sulla persona. È urgente che i ragazzi e giovani possano avere interlocutori disponibili ad ascoltarli e a camminare con loro condividendone le aspirazioni e le domande, le sfide e le provocazioni con spirito non paternalistico, ma amicale e sereno.

Bisogna dare vita a un vero e proprio patto educativo tra famiglia, scuola, comunità civile e religiosa e gli stessi ragazzi e giovani, rendendosi tutti responsabili di una testimonianza di vita coerente e sincera. Il fine non è quello di catturare o di orientare su binari precostituiti, ma di sollecitare le risorse positive dei giovani su valori e proposte ricche di umanità e di spiritualità.

Vale la pena qui ricordare il metodo preventivo di don Bosco che amava i giovani perché erano giovani, senza altre specificazioni. Li cercava là dove erano, per la strada o in carcere, nelle periferie e si rapportava a loro così com’erano senza dare l’impressione di volerli cambiare a tutti i costi. Su questo base di amicizia e di rispetto faceva leva sulle loro risorse che sempre valorizzava in ogni giovane anche il più  aggressivo e caratteriale.

Un secondo aspetto che vorrei richiamare è la difficoltà che oggi si riscontra circa il rapporto intergenerazionale, che si accompagna alla assolutizzazione di un individualismo aggravato dai social, rispetto all’esperienza comunitaria. La personalizzazione dei rapporti con ogni singolo ragazzo e giovane è la via decisiva, se si vuole stabilire un dialogo sincero e proficuo. Quello che non passa per la coscienza e la sensibilità e le scelte del singolo resta improduttivo sul piano educativo.

Nello stesso tempo però, e in modo contraddittorio, l’omologazione al gruppo dei pari è altissima e la paura di non essere accettati o di essere rifiutati o presi in giro è la cosa che più fa soffrire e da rifuggire ad ogni costo. Due poli che in fondo sono sempre esistiti, ma che oggi hanno dato vita ad una separatezza culturale, oltre che ambientale ed educativa, delle nuove generazioni verso gli adulti, genitori e non, e verso gli anziani. Questo fatto rappresenta uno degli abbagli più negativi della nostra società e della stessa pastorale della Chiesa. Isolare i ragazzi e i giovani dal resto della comunità civile ed ecclesiale, chiudendoli in luoghi ed esperienze magari interessanti e gioiose ma rivolte solo a loro in un mondo a sé separato dal resto dove possono incontrare solo coetanei, senza mai un dialogo e confronto con gli adulti e gli anziani, conduce ad un impoverimento notevole sia la comunità che i giovani stessi e la loro crescita.

Credo che qui stia un nodo educativo di fondo da sciogliere: ogni sforzo verso i giovani può trovare una radice di nuova linfa e vigore a partire dalla famiglia aiutata ad essere soggetto primo e responsabile della sua crescita e di quella di tutti i suoi membri. È masochismo quello di una società che non sostiene le nascite e non offre alla famiglia un sostegno anche economico forte e continuato per questo scopo.

Lo stesso si dica per quella insufficiente politica di prevenzione e di sostegno alla famiglia idonea a promuovere il suo impegno verso gli anziani costretti sempre più spesso a trovare posto in strutture di accoglienza (con costi sociali ed umani amplissimi) anche quando stanno bene e sono autosufficienti. La presenza degli anziani nelle case e dei nonni verso i loro nipoti rappresenta oggi uno dei fattori più positivi anche sul piano educativo delle nuove generazioni. Lo stesso vale per ogni forma di disabilità di cui la famiglia, in primo luogo, può essere, se adeguatamente sostenuta, la prima protagonista e responsabile.

Insieme alla famiglia è necessario dare vita a una rete di accompagnamento fatta di luoghi, occasioni ed iniziative di incontro tra generazioni, che permettano di arricchirsi dei doni gli uni degli altri. Penso in particolare agli oratori che, a mio avviso, rappresentano anche oggi una realtà di prim’ordine per promuovere iniziative di comunione e di incontro tra le generazioni. Ricuperare la centralità di ogni singola persona, della sua famiglia e comunità  nel campo educativo significa porre le premesse per una nuova civiltà e società dove il futuro è non solo assicurato ma gestito già nel presente con l’apporto delle diverse componenti decisive e fondamentali che ne garantiscono la continuità e la sussistenza.

Una società più a misura di persona e di famiglia significa un mondo meno anonimo ed estraneo e più vivibile, perché ricco di relazioni coinvolgenti e interessate, solidali e amiche dove ogni ragazzo e giovane viene accolto per se stesso e riconosciuto, come ci insegna don Bosco, soggetto attivo e responsabile, prima che destinatario di servizi e di offerte, sia in campo educativo e religioso che sociale.

Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino

Festa Don Bosco 2019: l’augurio di Don Enrico Stasi

In occasione della Festa di don Bosco, ecco le parola di Don Enrico Stasi – Ispettore di Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania e presidente Cnos-Fap Piemonte – che arriva a tutti noi con una lettera per un augurio ed un saluto:

Carissimi formatori, allievi, genitori e personale tutto del CNOS FAP Piemonte,

in occasione della festa di don Bosco vi giunga il mio saluto più affettuoso.

La festa del padre e amico dei giovani è motivo di grande speranza. Don Bosco credeva nei giovani, era un grande scopritore di talenti e invitava tutti gli educatori a trovare in ogni giovane “un punto accessibile al bene su cui far leva”. La formazione professionale salesiana ha questo grande obiettivo: scoprire e far crescere talenti e capacità accompagnando ogni giovane nel suo percorso di crescita ed educandolo ad essere, come diceva don Bosco: “un buon cristiano, un onesto cittadino e un futuro abitatore del cielo”.

L’ultimo sinodo dei vescovi che si è occupato dei giovani, ci esorta a camminare con loro e soprattutto ad ascoltarli dedicando tempo ed energie; purtroppo oggi i giovani sperimentano come la loro voce non sia ritenuta interessante e utile in ambito sociale, politico ed ecclesiale. E per quanto riguarda il tema del lavoro il Sinodo così si esprime:

“Il mondo del lavoro resta un ambito in cui i giovani esprimono la loro creatività e la capacità di innovare. Al tempo stesso sperimentano forme di esclusione e di emarginazione. La prima e più grave è la disoccupazione giovanile, che in alcuni Paesi raggiunge livelli esorbitanti”.

Don Bosco nel suo tempo appena arrivato nella città di Torino si indirizza proprio a loro, a quei giovani che egli definisce poveri abbandonati e pericolanti. Essi vivevano nei quartieri più poveri e dovevano provvedere a loro stessi con tutti i mezzi possibili. Tra loro c’erano anche giovani immigrati che venivano da fuori città e svolgevano lavoro stagionale nei cantieri edili. Per don Bosco tutti erano a rischio, commettevano reati che li esponevano al carcere e erano vittime dello sfruttamento del lavoro senza alcuna tutela. Si deve tenere anche conto che il 40% circa dei giovani sotto i venti anni era analfabeta e che nei posti di lavoro si contraevano malattie, allora mortali, come la tubercolosi, e le infezioni virali di diverso tipo. Non erano rispettata alcuna attenzione nei confronti delle condizioni igieniche né venivano considerati i più elementari diritti inerenti le attività lavorative.

Tutto questo interpellò don Bosco a tal punto che subito elaborò la proposta che oggi è diventata la Formazione professionale e l’inserimento che forma concreta di salvezza della loro vita o, come direbbe lui, per la salvezza delle anime.

Don Bosco oggi è vivo attraverso i suoi figlie e sue figlie che si spendono per donare ai giovani, soprattutto i più bisognosi, tutto il sostegno necessario per la loro crescita integrale e per garantire loro un futuro dignitoso.

Al lui affidiamo la formazione professionale dei salesiani della sua terra e chiediamo la sua potente intercessione

Torino, 31 gennaio 2019

Lombriasco – Incontri formativi su redditività aziendale

Si pubblica qui di seguito una proposta di attività formative organizzate dall’Istituto Tecnico Agrario “Don Bosco” di Lombriasco che si svolgeranno nelle giornate di giovedi 14 febbraio, giovedi 21 febbraio e giovedi 28 febbraio. Ecco tutti i dettagli:

L’istituto tecnico agrario “don Bosco” di Lombriasco (Torino) ha organizzato alcune mattinate formative aventi a tema:

  • riduzione degli impatti nella concimazione e nelle pratiche fitoiatriche (14 febbraio);
  • sfide imposte dal cambiamento climatico sul reddito aziendale (21 febbraio);
  • condizionalità ed accesso ai fondi comunitari (28 febbraio).

Detti eventi sono stati promossi dalla Regione Piemonte anche in risposta alla procedura d’infrazione avviata dall’Unione Europea, a causa degli inquinamenti da nitrati di origine agricola, riscontrati nelle falde idriche.

Tutti gli incontri prevedono autorevoli interventi da parte dell’Organismo Pagatore Regionale (ARPEA), di vari funzionari regionali afferenti a diversi Assessorati, dell’Università di Torino nonché dell’ARPA Piemonte. Significative saranno, altresì, la testimonianze dirette di agricoltori che, nelle diverse realtà operative, hanno sperimentato con successo nuove tecniche produttive, salvaguardando il reddito ma garantendo sostenibilità ambientale delle produzioni.

Gli incontri sono rivolti in primis agli agricoltori ma altresì ai tecnici agricoli coinvolti a vario titolo nell’assistenza tecnica aziendale (Dottori Agronomi, Periti Agrari, Geometri); per i liberi professionisti sono previsti i crediti formativi.

Auspichiamo una numerosa partecipazione, considerando il pragmatismo che contraddistingue da sempre le iniziative formative della Scuola Agraria Salesiana di Lombriasco, da anni oramai concretamente impegnata anche nella formazione continua agli operatori del settore.

Il Preside –  Marziano Bertino

 

Cnos-Fap Savigliano e Saluzzo – Due alunni rappresentati per la Giornata della Memoria

Si pubblica qui a seguire un articolo proveniente da “La Gazzetta di Saluzzo” e “Il Saviglianese” riguardo alla partecipazione di due studenti del Cnos-Fap, sia di Savigliano che di Saluzzo, alla Giornata della Memoria.

 

La scuola salesiana Cnos-Fap, in occasione della Giornata della memoria, parteciperà con una propria rappresentanza – costituita da due alunni della sede di Savigliano e due alunni delle sede di Saluzzo, con l’accompagnamento di due formatori – al “Viaggio della memoria”, organizzato dall’associazione torinese “Treno della memoria” dal 10 al 18 febbraio prossimi.

I ragazzi raggiungeranno Cracovia (Polonia) in autobus, passando da Berlino; avranno modo di visitare il campo di Auschwitz, la fabbrica-museo di Oskar Schindler ed il ghetto di Cracovia. Il progetto, co-finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano, ha l’obiettivo di far portare la testimonianza del viaggio ai compagni, documentando con foto, video e racconti la propria esperienza di viaggio. Il 28 gennaio scorso a Torino, i partecipanti hanno assistito al racconto della testimonianza di un sopravvissuto al campo.

Cnos-Fap Vigliano Biellese – Nuovo centro di lavoro per gli allievi

Ecco in arrivo una notizia pubblicata su ViglianoCnos-Fap.net, riguardo alla novità del nuovo centro di lavoro che nascerà a Vigliano Biellese nel Centro di Formazione Professionale il 31 gennaio 2019:

Ci avviciniamo al 31 gennaio e quest’anno la festa di Don Bosco porta in dono al CNOS FAP di Vigliano e a tutto il territorio biellese un investimento importante. Alle ore 12.00 del 31 gennaio si alzerà il sipario su una importante novità per il settore meccanico di Vigliano: si tratta di un centro di lavoro AKIRA SEIKI V2.5-XP.

Il nuovo centro di lavoro è un centro di lavoro verticale configurato con 4 assi al fine di consentire la realizzazione di lavorazioni complesse. É dotato di testatore pre-setting per gli utensili e di una sonda per il rilevo dello “zero pezzo”. Lo strumento è uno strumento da produzione e non da didattica per questo motivo gli allievi, giovani e adulti che lo utilizzeranno si troveranno in un contesto perfettamente aderente a quello lavorativo dove sperimentare le competenze specifiche di un ambito, quello della meccanica di precisione, in continuo sviluppo e che in questi anni ha retto alla crisi egregiamente.

Complessivamente CNOS FAP ha investito € 120.000,00 per l’acquisto e l’installazione di questo macchinario di produzione taiwanese commerciato per l’Italia da Tecnor Macchine. La formazione professionale salesiana si conferma formazione di eccellenza che operando investimenti anche impegnativi consente l’acquisizione di competenze “alte” e pratiche per consentire agli allievi, giovani e adulti, di lanciarsi nel mercato del lavoro con solide basi.

É vocazione specifica poi di CNOS FAP l’operare con uno sguardo fisso sulle imprese con le quali si è instaurato un rapporto proficuo e di grande rispetto. Investimenti quali quello che verrà presentato il 31 gennaio sono certamente investimenti sulla formazione dei nostri allievi ma anche un importante servizio a tutto il nostro territorio, un territorio che da quarant’anni cammina insieme a CNOS FAP.

Cnos-Fap Bra – Consegna degli attestati ai qualificati e diplomati

Resa pubblica la data di consegna di tutti gli attestati ai giovani che hanno frequentato la Formazione Professionale nell’area di Cuneo. Ecco qui riportato l’articolo con tutti i riferimenti e le informazioni della cerimonia:

BRA – Si svolgerà nel pomeriggio di lunedì 4 febbraioa partire dalle 16,30 al Centro polifunzionale Giovanni Arpino di largo della Resistenza 45 a Bra – la consegna degli attestati di qualifica e dei diplomi ai giovani della formazione professionale salesiana dell’area cuneese.

Dopo il saluto dei sindaci delle quattro città – Bra, Fossano, Saluzzo e Savigliano – che ospitano i Centri di formazione professionale del Cnos Fap, ci sarà l’intervento dell’assessore regionale alla FP Giovanna Pentenero, che relazionerà sul tema:

«La Formazione Professionale in Piemonte: un’occasione per crescere come persona ed inserirsi nel mondo del lavoro»

alla quale seguirà una riflessione di Lucio Reghellin, direttore generale dell’Associazione Cnos Fap, che ripercorrerà i 40 anni della presenza salesiana nel mondo della FP piemontese; toccherà invece al direttore dell’area cuneese, Maurizio Giraudo, raccontare alla platea il successo formativo nella FP.

Per i formatori e i salesiani impegnati nei percorsi sia ordinamentali sia duali sia del diploma professionale (4° anno) lavorare insieme ai giovani, offrendo loro una proposta intellettuale e professionale al contempo, insieme alle dimensioni sociale e religiosa, è una sfida quotidiana. Questa visione d’insieme è vita ordinaria in ogni Cfp, in cui l’interesse del giovane e l’interesse per il giovane, per il suo presente e il suo futuro, sono assunti dalla comunità educativo-pastorale come impegno totalizzante. Educare va al di là della consegna della pura informazione. Nel «camminare insieme» esiste un valore aggiunto che viene offerto ai giovani in modo immediato, vero, reale e raggiungibile.

La consegna degli attestati di qualifica e dei diplomi suggella questa percorso. Che tantissimi exallievi hanno già compiuto in questi 40 anni di storia; alcuni di loro saranno sul palco a raccontare la propria esperienza. Dopo la consegna degli attestati, un momento di festa finale, degustando le prelibatezze che vengono preparate dagli allievi dei corsi di panetteria/pasticceria/pizzeria.

Ulteriori info sull’evento contattando le singole sedi del Cnos provinciale scrivendo una mail a:

  • info.bra@cnosfap.net,
  • info.fossano@cnosafpa.net,
  • info.savigliano@cnosfap.net,
  • info.saluzzo@cnosfap.net.

Intervista a Sandro Mazzola – Frequentava l’oratorio Salesiano

Si riporta qui di seguito l’intervista a Sandro Mazzola, proveniente da “La Repubblica” fatta per i cent’anni dalla nascita di suo padre: Valentino Mazzola. Intervista a cura di Fabrizio Turco.

Sandro Mazzola, si sarà anche lei oggi al Filadelfia alla cerimonia per i cent’anni dalla nascita di suo papà Valentino?

«Sì, ci sarò. E sono sicuro che, come al solito, entrare al Fila mi toglierà il fiato. È già qualche giorno che sono emozionato».

Ci saranno anche i suoi nipoti, compreso Valentino junior?

«Forse sì, ma decidono i miei figli. Compreso il fatto di poter passare dal Cimitero Monumentale di Torino. Mi piacerebbe portare i miei nipoti al Fila in primavera, quando farà meno freddo».

Che cosa racconta di papà ai nipoti?

«Ogni tanto faccio veder loro i filmati del bisnonno. Ma solo quando me lo chiedono; il che però accade spesso».

Che ricordo le viene se pensa a papà?

«Il più vivo è quando mi portava per mano a centrocampo prima della partita. Avevo un po’ di timore di tutta quella gente, lui mi guardava e sorrideva. Poi, quando la partita stava per iniziare, correvo verso la panchina e restavo lì a guardare papà».

E del Valentino Mazzola giocatore invece che cosa ricorda?

«Mi ricordo papà che segna di testa. Non era altissimo, ma che stacco aveva… Saltava, gli altri sparivano e lassù c’era solo lui che colpiva e la buttava dentro».

Se le dico via Torricelli che cosa le viene in mente?

«Ricordo che andavo sempre in giro con un bastone, chissà perché. Sotto casa c’era l’oratorio dei Salesiani, la Crocetta: papà mi veniva a prendere perché io non volevo mai smettere di giocare. E poi il panettiere all’angolo: quando avevo fame mi regalava un panino».

Oggi cosa le è rimasto di suo papà?

«Ricordo la sua mano. La ricordo benissimo, come fosse oggi. E ricordo corso Vittorio, il bar di Gabetto e Ossola, e tutta la gente che lo assediava a caccia di un autografo. Io avevo un po’ di paura e mi aggrappavo alla sua mano grande».

Che effetto le ha fatto il confronto continuo con il mito?

«All’inizio fu durissima. I primi anni all’Inter, dopo la partita, tornavo a casa a piedi per risparmiare le 25 lire del tram. E sentivo le parole dei tifosi: ‘Dove vuole andare quello lì, non è mica come suo papà…»

Come ha scoperto la scomparsa del papà?

«Dopo la tragedia di Superga fui portato a Cassano: avevo appena conosciuto mio fratello Ferruccio, e nessuno mi diceva nulla. Papà ha una partita, papà è in tournèe, mi raccontavano per tenermi buono. Ma papà non c’era mai. Poi colsi alcune parole che mia mamma pronunciò ad una sua amica ed iniziai a capire: fu la disperazione».

Che incubi le ha lasciato la tragedia di Superga?

«Di sicuro la paura di volare. All’Inter lo sapevano e tante volte mi hanno permesso di prendere il treno anziché l’aereo».

Cosa ricorda della sua prima volta al Fila da giocatore?

«Fu una grande tristezza. A parte il magazziniere Zoso che mi fece un sacco di feste, non mi accolse nessuno. E io ci rimasi molto male».

Aver fatto il dirigente del Toro in un certo senso ha chiuso il cerchio della sua storia sportiva?

«In un certo senso sì. Però mi è mancato non essere mai riuscito a indossare la maglia numero dieci del Toro».

16-17 febbraio il Colle don Bosco si tinge dell’allegria dei Savio Club

Secondo appuntamento per i Savio Club. Di seguito tutte le informazioni necessarie per parteciparvi.

 

Dove e Quando

Colle don Bosco.
Dalle ore 16:00 di sabato 16 febbraio fino alle ore 16:00 di domenica 17 febbraio

A chi è rivolto

Ragazzi e ragazze di 1°, 2° e 3° media.

Cosa portare

Cena al sacco – quaderno ad anelli a5 e penna – federa, lenzuolo o sacco a pelo

Termine iscrizioni

Le iscrizioni terminano martedì 12 febbraio e vanno consegnate al responsabile del proprio centro

Scarica le Locandine:

Rivivi il primo appuntamento dei Savio Club che si è tenuto il 10/11 novembre

Non è una provincia per saldatori

Si pubblica un articolo proveniente da “Il Corriere della Sera”, a cura di Laura Siviero, riguardo alla richiesta di attenzione lanciata da Marco Costamagna – presidente della sezione Meccanica di Confindustria Cuneo – che evidenzia la necessità e la mancanza tecnici saldatori all’interno delle aziende:

Lunedi 28 gennaio,

«Nel Cuneese ci strappiamo di mano i tecnici e i saldatori. La domanda supera l’offerta».
A lanciare l’allarme è Marco Costamagna, presidente della sezione Meccanica di Confindustria Cuneo: secondo lui la scuola orienta i ragazzi verso gli studi liceali, mentre al territorio servono tecnici che verrebbero immediatamente assunti.
A un anno di distanza dalla lettera del presidente di Confindustria Cuneo Mauro Gola, che invitava studenti e famiglie a scegliere il percorso di studi «con la testa», poco è cambiato e i numeri danno ragione agli imprenditori. L’indagine di Unioncamere, relativa ai fabbisogni delle aziende, in termini di risorse umane, per la provincia di Cuneo, mostra che su 5.190 ingressi in azienda previsti nel primo trimestre 2019, i favoriti sono gli operai specializzati (37,8%), poi gli impiegati che comprendono anche i profili tecnici (25,7%), le figure dirigenziali o impiegati con alta specializzazione tecnica (21,9%), e infine le professioni non qualificate (14, 6%). Degli operai specializzati, circa il 10% sono posti per saldatori, che sono i più difficili da reperire.
Un trend stabile, già nel 2017: la richiesta di queste figure professionali era di 710 unità nell’anno. Profili che vengono pagati il 25% in più rispetto a un operaio specializzato, circa 24.670 euro all’anno in partenza (dati Istat), lavorano più ore su turni e hanno un livello di inquadramento superiore. A formarli nel Cuneese Cuneo sono i centri Cnos Fap dei Salesiani. La seconda categoria più richiesta riguarda i trasfertisti tecnici, addetti alle manutenzioni, infine i periti tecnici.
«I saldatori sono introvabili – ripete Costamagna – i ragazzi vanno a studiare all’alberghiero e poi non trovano posto, mentre le aziende metalmeccaniche non riescono a coprire i profili che servono. E spesso le scuole medie orientano i migliori verso i licei».
Le scuole secondarie di primo grado si difendono.
«Gli insegnanti presentano tutte le opportunità ma è difficile capire quali siano le propensioni dei ragazzi – dice Maria Paola Longo, dirigente dell’Istituto comprensivo Oderda Perotti di Carrù – poi ci sono altri fattori, la distanza da casa per esempio. Ma è vero i risultati dell’orientamento non sono del tutto positivi».
D’altra parte anche gli istituti tecnici fanno il possibile, ma hanno perso l’appeal di un tempo e le famiglie spesso premono per il blasone dei licei. Il Vallauri di Fossano riesce a tenere alti in numeri grazie ai laboratori (costruiti con l’aiuto delle Fondazioni) super specializzati in cui anche le aziende come la Siemens tengono corsi. L’istituto sforna circa 300 tecnici l’anno e conta oltre 2000 studenti: i due terzi vengo assunti entro 6 mesi dal diploma. «Da noi il tema dell’occupabilità non si pone – ribatte Paolo Cortese, dirigente dell’istituto – le aziende si accaparrano gli studenti già al quarto anno. I ragazzi devono capire che le aziende non sono più luoghi sudici in cui lavorare ma sembra di stare dentro un ospedale all’avanguardia».