San Benigno Canavese – 140 anni di Salesiani

Si pubblica un articolo proveniente dal “Risveglio”, inerente alla presenza della Famiglia Salesiana sul territorio di San Benigno Canavese da circa 14o anni:

SAN BENIGNO – Foto di gruppo per direttivo degli exallievi, amici, autorità e sostenitori dell’opera di don Bosco a San Benigno in occasione della festa di don Bosco celebrata in Istituto e in paese con una ricca due giorni (26 e 27 gennaio). La foto è davanti al quadro di Caffaro Rore, che ricorda la venuta dei Salesiani di don Bosco (grazie all’interessamento dell’allora parroco don Antonio Benone) ben 140 anni fa, precisamente il 5 luglio 1879.

In attesa di tale data, tutto l’anno avrà questo sapore particolare di “buon rapporto comunitario”, come ha detto don Riccardo Frigerio nell’omelia della Messa in abbazia, tra i Salesiani, i cittadini e la ricca storia del territorio.

31 gennaio 2019 – Il racconto della giornata di festa

Una grande giornata di festa quella del 31 gennaio. I tanti fedeli che vi hanno partecipato a Valdocco ed in Basilica Maria Ausiliatrice si sono stretti intorno a San Giovanni Bosco portando le personali preghiere e ringraziamento.

 

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Ore 11:00 – La celebrazione presieduta dall’Arcivescovo di Torino

Omelia dell’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, in occasione della Santa Messa delle ore 11,00 per la Festa di Don Bosco. (Torino – Basilica Maria Ausiliatrice).

«Chi accoglie un bambino, un ragazzo o giovane nel mio nome accoglie me» ci dice il Signore.

“Accoglienza significa anzitutto ascolto, primo passo educativo da porre in atto verso le nuove generazioni. Anche il Papa l’ha ribadito al Sinodo dei giovani. Ascoltare i giovani è dunque un impegno forte e chiaro che ci interpella tutti. Don Bosco diceva che l’educazione è una questione di cuore. Per educare un giovane bisogna che lui senta il nostro cuore che lo ama, che lo ascolta e l’accompagna passo passo senza imposizioni o divieti, ma con autorevolezza che nasce dalla stima che si ottiene come educatori, mediante non solo le parole ma i fatti, e la testimonianza coerente della propria vita.

Certo oggi viviamo immersi in un forte e tumultuoso cambiamento culturale in atto che ha spiazzato molte famiglie in campo educativo. Oggi viviamo in un mondo di super informazione, che si avvale di nuovi linguaggi affascinanti e ricchi di sempre nuovi stimoli e interessi. Questo è un dato positivo, ma rischia paradossalmente di isolare ancora di più la persona dentro un mondo virtuale e soggettivo da cui diventa difficile uscire per dialogare e rapportarsi poi con l’altro e con gli altri. Si impoveriscono così i rapporti interpersonali e la comunicazione verbale ed esperienziale tra i vari soggetti educativi. A questa carenza si supplisce spesso con i tanti servizi e proposte, che si rovesciano sugli adolescenti e giovani e accontentano le loro pulsioni occasionali e momentanee, epidermiche, senza lasciare traccia dentro il cuore.

È necessario che i vari soggetti coinvolti nell’ambito educativo si parlino e si incontrino su una piattaforma comune di indirizzi e di valori condivisi. Genitori, docenti, sacerdoti e religiose, animatori dei vari ambiti del vissuto sociale, operatori della comunicazione, istituzioni pubbliche, sono chiamati a lavorare insieme condividendo un obiettivo comune che è quello di incentrare ogni intervento sulla persona. È urgente che i ragazzi e giovani possano avere interlocutori disponibili ad ascoltarli e a camminare con loro condividendone le aspirazioni e le domande, le sfide e le provocazioni con spirito non paternalistico, ma amicale e sereno.

Bisogna dare vita a un vero e proprio patto educativo tra famiglia, scuola, comunità civile e religiosa e gli stessi ragazzi e giovani, rendendosi tutti responsabili di una testimonianza di vita coerente e sincera. Il fine non è quello di catturare o di orientare su binari precostituiti, ma di sollecitare le risorse positive dei giovani su valori e proposte ricche di umanità e di spiritualità.

Vale la pena qui ricordare il metodo preventivo di don Bosco che amava i giovani perché erano giovani, senza altre specificazioni. Li cercava là dove erano, per la strada o in carcere, nelle periferie e si rapportava a loro così com’erano senza dare l’impressione di volerli cambiare a tutti i costi. Su questo base di amicizia e di rispetto faceva leva sulle loro risorse che sempre valorizzava in ogni giovane anche il più  aggressivo e caratteriale.

Un secondo aspetto che vorrei richiamare è la difficoltà che oggi si riscontra circa il rapporto intergenerazionale, che si accompagna alla assolutizzazione di un individualismo aggravato dai social, rispetto all’esperienza comunitaria. La personalizzazione dei rapporti con ogni singolo ragazzo e giovane è la via decisiva, se si vuole stabilire un dialogo sincero e proficuo. Quello che non passa per la coscienza e la sensibilità e le scelte del singolo resta improduttivo sul piano educativo.

Nello stesso tempo però, e in modo contraddittorio, l’omologazione al gruppo dei pari è altissima e la paura di non essere accettati o di essere rifiutati o presi in giro è la cosa che più fa soffrire e da rifuggire ad ogni costo. Due poli che in fondo sono sempre esistiti, ma che oggi hanno dato vita ad una separatezza culturale, oltre che ambientale ed educativa, delle nuove generazioni verso gli adulti, genitori e non, e verso gli anziani. Questo fatto rappresenta uno degli abbagli più negativi della nostra società e della stessa pastorale della Chiesa. Isolare i ragazzi e i giovani dal resto della comunità civile ed ecclesiale, chiudendoli in luoghi ed esperienze magari interessanti e gioiose ma rivolte solo a loro in un mondo a sé separato dal resto dove possono incontrare solo coetanei, senza mai un dialogo e confronto con gli adulti e gli anziani, conduce ad un impoverimento notevole sia la comunità che i giovani stessi e la loro crescita.

Credo che qui stia un nodo educativo di fondo da sciogliere: ogni sforzo verso i giovani può trovare una radice di nuova linfa e vigore a partire dalla famiglia aiutata ad essere soggetto primo e responsabile della sua crescita e di quella di tutti i suoi membri. È masochismo quello di una società che non sostiene le nascite e non offre alla famiglia un sostegno anche economico forte e continuato per questo scopo.

Lo stesso si dica per quella insufficiente politica di prevenzione e di sostegno alla famiglia idonea a promuovere il suo impegno verso gli anziani costretti sempre più spesso a trovare posto in strutture di accoglienza (con costi sociali ed umani amplissimi) anche quando stanno bene e sono autosufficienti. La presenza degli anziani nelle case e dei nonni verso i loro nipoti rappresenta oggi uno dei fattori più positivi anche sul piano educativo delle nuove generazioni. Lo stesso vale per ogni forma di disabilità di cui la famiglia, in primo luogo, può essere, se adeguatamente sostenuta, la prima protagonista e responsabile.

Insieme alla famiglia è necessario dare vita a una rete di accompagnamento fatta di luoghi, occasioni ed iniziative di incontro tra generazioni, che permettano di arricchirsi dei doni gli uni degli altri. Penso in particolare agli oratori che, a mio avviso, rappresentano anche oggi una realtà di prim’ordine per promuovere iniziative di comunione e di incontro tra le generazioni. Ricuperare la centralità di ogni singola persona, della sua famiglia e comunità  nel campo educativo significa porre le premesse per una nuova civiltà e società dove il futuro è non solo assicurato ma gestito già nel presente con l’apporto delle diverse componenti decisive e fondamentali che ne garantiscono la continuità e la sussistenza.

Una società più a misura di persona e di famiglia significa un mondo meno anonimo ed estraneo e più vivibile, perché ricco di relazioni coinvolgenti e interessate, solidali e amiche dove ogni ragazzo e giovane viene accolto per se stesso e riconosciuto, come ci insegna don Bosco, soggetto attivo e responsabile, prima che destinatario di servizi e di offerte, sia in campo educativo e religioso che sociale.

Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino

Festa Don Bosco 2019: l’augurio di Don Enrico Stasi

In occasione della Festa di don Bosco, ecco le parola di Don Enrico Stasi – Ispettore di Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania e presidente Cnos-Fap Piemonte – che arriva a tutti noi con una lettera per un augurio ed un saluto:

Carissimi formatori, allievi, genitori e personale tutto del CNOS FAP Piemonte,

in occasione della festa di don Bosco vi giunga il mio saluto più affettuoso.

La festa del padre e amico dei giovani è motivo di grande speranza. Don Bosco credeva nei giovani, era un grande scopritore di talenti e invitava tutti gli educatori a trovare in ogni giovane “un punto accessibile al bene su cui far leva”. La formazione professionale salesiana ha questo grande obiettivo: scoprire e far crescere talenti e capacità accompagnando ogni giovane nel suo percorso di crescita ed educandolo ad essere, come diceva don Bosco: “un buon cristiano, un onesto cittadino e un futuro abitatore del cielo”.

L’ultimo sinodo dei vescovi che si è occupato dei giovani, ci esorta a camminare con loro e soprattutto ad ascoltarli dedicando tempo ed energie; purtroppo oggi i giovani sperimentano come la loro voce non sia ritenuta interessante e utile in ambito sociale, politico ed ecclesiale. E per quanto riguarda il tema del lavoro il Sinodo così si esprime:

“Il mondo del lavoro resta un ambito in cui i giovani esprimono la loro creatività e la capacità di innovare. Al tempo stesso sperimentano forme di esclusione e di emarginazione. La prima e più grave è la disoccupazione giovanile, che in alcuni Paesi raggiunge livelli esorbitanti”.

Don Bosco nel suo tempo appena arrivato nella città di Torino si indirizza proprio a loro, a quei giovani che egli definisce poveri abbandonati e pericolanti. Essi vivevano nei quartieri più poveri e dovevano provvedere a loro stessi con tutti i mezzi possibili. Tra loro c’erano anche giovani immigrati che venivano da fuori città e svolgevano lavoro stagionale nei cantieri edili. Per don Bosco tutti erano a rischio, commettevano reati che li esponevano al carcere e erano vittime dello sfruttamento del lavoro senza alcuna tutela. Si deve tenere anche conto che il 40% circa dei giovani sotto i venti anni era analfabeta e che nei posti di lavoro si contraevano malattie, allora mortali, come la tubercolosi, e le infezioni virali di diverso tipo. Non erano rispettata alcuna attenzione nei confronti delle condizioni igieniche né venivano considerati i più elementari diritti inerenti le attività lavorative.

Tutto questo interpellò don Bosco a tal punto che subito elaborò la proposta che oggi è diventata la Formazione professionale e l’inserimento che forma concreta di salvezza della loro vita o, come direbbe lui, per la salvezza delle anime.

Don Bosco oggi è vivo attraverso i suoi figlie e sue figlie che si spendono per donare ai giovani, soprattutto i più bisognosi, tutto il sostegno necessario per la loro crescita integrale e per garantire loro un futuro dignitoso.

Al lui affidiamo la formazione professionale dei salesiani della sua terra e chiediamo la sua potente intercessione

Torino, 31 gennaio 2019

Lombriasco – Incontri formativi su redditività aziendale

Si pubblica qui di seguito una proposta di attività formative organizzate dall’Istituto Tecnico Agrario “Don Bosco” di Lombriasco che si svolgeranno nelle giornate di giovedi 14 febbraio, giovedi 21 febbraio e giovedi 28 febbraio. Ecco tutti i dettagli:

L’istituto tecnico agrario “don Bosco” di Lombriasco (Torino) ha organizzato alcune mattinate formative aventi a tema:

  • riduzione degli impatti nella concimazione e nelle pratiche fitoiatriche (14 febbraio);
  • sfide imposte dal cambiamento climatico sul reddito aziendale (21 febbraio);
  • condizionalità ed accesso ai fondi comunitari (28 febbraio).

Detti eventi sono stati promossi dalla Regione Piemonte anche in risposta alla procedura d’infrazione avviata dall’Unione Europea, a causa degli inquinamenti da nitrati di origine agricola, riscontrati nelle falde idriche.

Tutti gli incontri prevedono autorevoli interventi da parte dell’Organismo Pagatore Regionale (ARPEA), di vari funzionari regionali afferenti a diversi Assessorati, dell’Università di Torino nonché dell’ARPA Piemonte. Significative saranno, altresì, la testimonianze dirette di agricoltori che, nelle diverse realtà operative, hanno sperimentato con successo nuove tecniche produttive, salvaguardando il reddito ma garantendo sostenibilità ambientale delle produzioni.

Gli incontri sono rivolti in primis agli agricoltori ma altresì ai tecnici agricoli coinvolti a vario titolo nell’assistenza tecnica aziendale (Dottori Agronomi, Periti Agrari, Geometri); per i liberi professionisti sono previsti i crediti formativi.

Auspichiamo una numerosa partecipazione, considerando il pragmatismo che contraddistingue da sempre le iniziative formative della Scuola Agraria Salesiana di Lombriasco, da anni oramai concretamente impegnata anche nella formazione continua agli operatori del settore.

Il Preside –  Marziano Bertino