Concluso il Corso Sorgente per i missionari ultrasettantenni: testimonianze di vita dai salesiani anziani

A cura di ANS.

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Dopo tre settimane intense di condivisione e confronto è terminato, sabato 25 maggio 2024, il “Corso Sorgente” per i missionari ad gentes “over 70”, un’esperienza proposta dal Settore per le Missioni Salesiane ai Figli di Don Bosco di età avanzata e lunga esperienza missionaria, affinché potessero tornare alla sorgente della propria vocazione missionaria salesiana.

Il corso è cominciato a Roma nella comunità “Zeffirino Namuncurà”, dove i missionari hanno avuto momenti formativi con diverse tematiche seguendo i tre nuclei: Antropologico/Culturale, Teologico/Missiologico e Carismatico Salesiano.

L’esperienza formativa, dopo la sosta a Roma, è proseguita con i pellegrinaggi a Mornese, la terra di Santa Maria Domenica Mazzarello, e ad Annecy, quella di San Francesco di Sales, per poi concludersi sulle orme di Don Bosco al Colle Don Bosco e a Torino-Valdocco, con la partecipazione ai momenti mariani in occasione della Festa di Maria Ausiliatrice.

Durante il corso, i partecipanti hanno avuto anche un tempo specifico chiamato: “condivisone della mia vita vissuta in missione”. In questi momenti hanno potuto raccontare la propria vocazione missionaria, le sfide vissute e come hanno superato le difficoltà nei primi anni di missione, concludendo con qualche consiglio offerto ai compagni e con alcune raccomandazioni per i nuovi missionari, basate sull’esperienza di vita di 30, 40 o 50 anni in missione.

Tutti i momenti del corso hanno tenuto presente questi obiettivi: confrontarsi con le proprie esperienze di vita maturate in missione per comprendere l’anzianità e vivere meglio l’incontro con sé, con gli altri e con il Dio; approfondire la propria identità carismatica come missionario salesiano per fare il bilancio della vita in missione con le sofferenze, il superamento delle difficoltà e le gioie; condividere la vita vissuta e l’esperienza di missione nell’anzianità.

Al termine dell’esperienza tutti i partecipanti hanno manifestato la loro soddisfazione per quanto vissuto insieme.

La testimonianza di don Alfredo Boldori

Al “Corso Sorgente” organizzato dal Settore per le Missioni Salesiane per i Figli di Don Bosco di età avanzata e lunga esperienza missionaria, un momento centrale è stato quello denominato “condivisone della mia vita vissuta in missione”, nel quale tutti i partecipanti hanno potuto di volta in volta raccontare la propria vocazione missionaria, le sfide vissute e gli insegnamenti appresi nei loro 30, 40 o 50 anni in missione. Per condividere con tutta la Famiglia Salesiana queste preziose testimonianze, ANS presenta le testimonianze di questi salesiani “maggiori”, quali spunti e modelli anche per l’oggi della Congregazione. Si comincia, dunque, con don Alfredo Boldori, 75enne italiano, originario della provincia di Cremona, ma attivo da tanti anni nell’Ispettoria di Brasile-Recife (BRE).

“In un primo momento sono andato a lavorare nelle favelas, e dopo lo studio della Teologia ho fatto esperienza in oratorio”

ha esordito don Boldori nel raccontare la sua esperienza di vita salesiana missionaria.

Dopo una prima tappa aIl’oratorio di Jaboatão dos Guararapes, venne inviato alle scuole professionali, prestando servizio anche in quella di Bongi, “che era un punto di riferimento” per la città, anche se oggi non è più attiva.

“All’epoca c’erano più di 800 allievi che frequentavano i corsi di Meccanica, Grafica, Falegnameria, Panificazione…”

ha ricordato don Boldori.

“Dopo questo periodo – ha proseguito – ho vissuto 17 anni a Natal-Gramoré. Non c’era niente. Noi abbiamo cominciato i corsi, iniziando con quelli di panetteria”. Questi 17 anni sono stati interrotti per fare, tra il 1995 e il 1998, da Economo Ispettoriale. Un periodo non privo di sfide, perché l’Ispettore dell’epoca, don Valerio Breda, venne nominato vescovo e don Boldori sperimentò le difficoltà della solitudine e quasi “un senso di abbandono”.

Al tempo stesso, don Boldori non ha mai tralasciato il suo impegno tradizionale come sacerdote: “Ho una vasta esperienza di lavori pastorali” può dire oggi, senza peccare di superbia. E proprio grazie a questo servizio il missionario ha anche recuperato energie e sicurezze.

“Attualmente l’Ispettore mi ha mandato a Juazeiro do Norte, come confessore. Sono otto ore al giorno di Confessioni, all’80% da parte di giovani. Non immaginavo che sarebbe stato tanto bella l’esperienza in Juazeiro do Norte”.

E confida: “Ero distrutto, però adesso mi sono ricuperato grazie alle Confessioni”.

Juazeiro è un’opera ricca di attività. Ci sono l’istitutoSão João Bosco”, l’“Horto do Padre Cícero”, la parrocchia “Sagrado Coração de Jesus”, la radio “FM Padre Cícero”, la Casa Museo di Padre Cícero, la casa di formazione, ben 12 oratori, il Movimento Giovanile Salesiano e i gruppi dell’Associazione di Maria Ausiliatrice e dei Salesiani Cooperatori.

Proprio la figura di Padre Cícero Romão Batista (1844-1934), cui è stata recentemente assegnata la qualifica postuma di Salesiano Cooperatore, è un elemento centrale per le attività dell’opera. Infatti, ogni anno essa accoglie oltre un milione di pellegrini che raggiungono il santuario a lui dedicato, ricordando e omaggiando questo sacerdote che in vita fu quasi scomunicato, ma per cui ora è stata avviata la causa di beatificazione e canonizzazione.

“Anche lui, come Don Bosco, ebbe dei sogni/visioni e si dedicò ad evangelizzare il popolo attraverso l’adorazione eucaristica, la Confessione e l’intronizzazione dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria – racconta con fervore don Boldori –.

Inoltre, era attento al sociale: chiedeva alla gente di piantare alberi, di fare cisterne per raccogliere le acque piovane, di accogliere tutti i pellegrini… E quando giunse la guerra lì, aiutò a liberare la città. Poi, dato che voleva vedere crescere la città con l’educazione, chiese che i salesiani venissero a Juazeiro per educare i giovani”.

In conclusione, il salesiano ha anche consegnato un insegnamento molto significativo, specialmente per il Settore per le Missioni:

“Tante volte non è facile: quando si arriva in un contesto straniero ci si può sentire spaesati, avere la tentazione di lasciare e si può anche perdere la vocazione. Per questo bisogna fare una preparazione speciale”.