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Quando Dio si fa vicino lontano da casa: incontro diocesano per chi è tornato da terre di missione

Brasile, Uganda, Guatemala, Kenya, Madagascar, Mozambico, Burundi, Romania.

Giovani, adulti, famiglie con bambini, consacrati.

In solitaria, con gruppi molto piccoli, in gruppi numerosissimi.

Esperienze di poche settimane, mesi, un anno.

Diverse congregazioni alle spalle, semplici parrocchie diocesane, associazioni presenti sul territorio e attive in Italia.

Le combinazioni per poter fare un’esperienza missionaria paiono essere infinite, eppure il risultato sembra essere lo stesso: cuori rianimati dall’incontro con l’altro e mossi dal desiderio di condividere quanto vissuto in terra straniera.

Questo è quanto emerso dall’incontro organizzato dalla diocesi di Torino mercoledì 27 settembre nell’affascinante museo Cultures and Mission (via Cialdini 4), in mano ai Missionari della Consolata.

Chiunque fosse partito era ben accetto e invitato a condividere oggetti, foto e testimonianze legate alla terra di missione che li ha ospitati per qualche tempo.

Presenti, accompagnati da don Marco Cazzato – responsabile dell’Animazione Missionaria – anche i nostri giovani che quest’estate hanno visitato le terre di Makuyu (Kenya) e Palabek (Uganda).

Palloni realizzati con sacchetti di plastica, tazza e caffè, collane di perline tipiche Masai, croci di legno tradizionali, sono alcuni degli oggetti mostrati; i racconti hanno parlato di volti, di legami e di culture altre, dei punti di contatto e delle divergenze, delle epifanie esistenziali e delle criticità e sofferenze osservate; della vita che, nella condivisione fraterna, è esplosa in chi è partito ed ora non desidera altro che riversarsi lì dove siamo.

Perché la missione vuole essere questo: farci incontro con l’altro, affinché trasformi il nostro cuore e, rinnovati, possiamo scoprire nuove prospettive sulle missioni che ci aspettano qui, a casa.

La missione non è finita: calpestiamo un’altra terra, consci di stare sotto lo stesso cielo che ci muove e a cui aneliamo.

Il cuore da modellare è nuovo ma sempre lo stesso; i fratelli e le sorelle che si faranno prossimi non mancano e gli occhi e le mani ora sono più pronti a riconoscerli.

Una cosa è chiara a tutti: ci vorrà del tempo, per poter digerire quanto vissuto… Il ricordo emotivo è ancora vivo, accompagnato dalle scelte concrete che ciascuno sta compiendo per rendere fattuale quanto scoperto e deciso di accogliere.

Non resta che continuare a camminare – “solvitur ambulando”, si risolve camminando, dicevano – e farlo come ci augurerebbe Sant’Agostino: cantando, di quella allegria che si prova quando ci si scopre amati e si scopre che la famiglia, ora, è più numerosa.

Una preghiera, per chiudere le condivisioni, in ricordo di qualche fratello che è maggiormente nella tribolazione e che oggi non ci è più indifferente.

Un arrivederci, inviati, casa per casa, a testimoniare come Dio ci si è fatto vicino proprio quando eravamo più lontani da casa.

AM – L’esperienza missionaria a Gur i Zi (Albania)

Si è conclusa l’esperienza missionaria dei ragazzi e delle ragazze che hanno risposto al Mandato Missionario 2022 recandosi presso la realtà salesiana di Gur i Zi in Albania, sotto la guida di Don Alberto Martelli: Luca Coraglia, Pietro Giraudo, Valentina Gondolo, Irene Milone, Paola Dorin, Elena Menguzzo e Sara Brugnati.

Di seguito il resoconto dell’esperienza direttamente con le parole dei partecipanti:

Non eravamo mai stati in Albania e abbiamo scoperto Gur i Zi per la prima volta guardando le immagini di Google maps perché nessuno sapeva che cosa aspettarsi. Adesso è un po’ come se fosse casa nostra!

Abbiamo iniziato a pensare ad un’esperienza missionaria lo scorso ottobre, quando ci siamo iscritti, ancora senza conoscerci tra noi, al percorso di Animazione Missionaria “Nel Cuore del Mondo”, proposto ogni anno dai Salesiani del Piemonte

Siamo 7 giovani, provenienti da oratori e parrocchie del Piemonte, con alle spalle alcuni anni di esperienza nell’animazione dei più piccoli. 

Il percorso di formazione che avevamo scelto ci dava l’opportunità di fare alcuni incontri di carattere spirituale e sociopolitico per conoscere il mondo, approfondire la realtà della missio ad gentes, verificare la nostra chiamata ad andare oltre i nostri luoghi di vita quotidiana, donare la nostra fede, in primo luogo per crescere noi e per dare una mano agli altri.

Ognuno si portava dietro le sue motivazioni e la sua storia e, così, ci siamo affidati completamente: non abbiamo scelto i compagni di viaggio, né la destinazione. Ci siamo fatti guidare dalla Provvidenza.

A maggio ci hanno proposto di partire per l’Albania con un sacerdote accompagnatore e abbiamo detto di sì, entusiasti e pronti a fare nuove esperienze. 

Siamo arrivati a Gur i Zi il 1 di agosto e per tre settimane ci siamo messi a servizio della comunità, accolti da don Raffaele, don Erasmo e dalla gente con grande favore e grande disponibilità. Il nostro programma prevedeva due ingredienti principali. In primo luogo la conoscenza della realtà della chiesa albanese, della sua storia e del suo presente: vogliamo coltivare l’essere fratelli e sorelle, essere una sola comunità al di là dei KM che ci separano e delle culture e delle storie così differenti tra le nostre nazioni. Secondo ingrediente era metterci a disposizione, con quello che sappiamo fare, in modo particolare l’animazione, l’oratorio, per dare una mano, per aiutare a crescere, per condividere con i giovani albanesi l’esperienza della fede e del servizio. 

Per rendere concreto tutto questo, abbiamo proposto nella prima settimana dei momenti di formazione ai giovani animatori attingendo alla nostra esperienza e al carisma salesiano: “Essere buoni cristiani e onesti cittadini“. Abbiamo riflettuto sul senso di essere animatore, sull’importanza di fare affidamento sugli altri e sul servizio ai più piccoli; abbiamo fatto giochi e attività per vincere le nostre paure di entrare in relazione con gli altri e imparare a buttarci senza vergogna. Con i ragazzi, che sono sempre aumentati in numero e che hanno manifestato sin da subito grande entusiasmo e voglia di partecipare, abbiamo scoperto che prima di tutto dobbiamo partire dalla conoscenza di noi stessi, accettando i nostri pregi e difetti. 

 

 

Nostro grande timore era ovviamente la lingua e la diversità di cultura, ma, a parte molti episodi anche ridicoli di frasi spiegate a gesti, di traduttori costretti a fare gli straordinari e di parole imparate a memoria con un po’ di sforzo di pronuncia, abbiamo fatto esperienza di una grande accoglienza, che ci veniva incontro e apriva le porte anche senza conoscerci, prima che potessimo presentarci, così, sulla fiducia, spalancando il cuore e costringendoci a ricambiare.

Sono stati una trentina i ragazzi che hanno frequentato queste giornate di “corso animatori”, tra i 15 e i 19 anni: si sono messi a disposizione, si sono divertiti e hanno scelto di partecipare, anche se spesso impegnati col lavoro o con la famiglia, per il bello di trovarsi insieme e di fare del bene agli altri.

Nella seconda e terza settimana abbiamo fatto attività anche con i più piccoli, nel pomeriggio, proponendo giochi, balli, piccoli laboratori di teatro e di braccialetti. Un centinaio di bambini hanno accolto la proposta e hanno riempito cortili e saloni, mettendo alla prova noi e gli animatori del posto, facendoci mettere in pratica ciò che avevamo condiviso e facendoci sudare per farli giocare e stare insieme in modo cristiano e costruttivo, oltre che divertente.

Eravamo venuti a dare una mano, siamo tornati a casa pieni di doni che non ci aspettavamo. 

Siamo molto grati per l’accoglienza che ci è stata riservata da questa comunità e siamo fiduciosi che i ragazzi animatori possano continuare a dedicare il loro tempo, le loro energie e il loro entusiasmo ai più giovani. Nel nostro piccolo ci sentiamo ora un po’ albanesi anche noi e abbiamo fiducia che per Gur i Zi, come per il resto dei giovani di Albania, ci possa essere un grande futuro, nonostante le difficoltà che ancora segnano la vita di molti. 

Siamo arrivati un po’ titubanti, pieni di entusiasmo e con tante domande, ce ne siamo andati come chi lascia un pezzo di cuore perché si è sentito a casa propria.

Speriamo che l’esperienza possa essere ripetuta e trovare continuità, con altri gruppi come noi del Piemonte o con chi la Provvidenza manderà, e certo il legame creato in questi giorni durerà nei nostri cuori ancora a lungo.

Grazie Gur i Zi, grazie don Raffaele, grazie a tutti i ragazzi e alla comunità intera.

 

AM – L’esperienza missionaria a Vilnius e Telsiai (Lituania)

Si è conclusa l’esperienza missionaria dei ragazzi e delle ragazze che hanno risposto al Mandato Missionario 2022 recandosi presso le realtà salesiane di Vilnius e Telsiai in Lituania, guidati da Don Marco Cazzato, Suor Carmela Busia e Vytautas Markunas: Altea Robutti, Antony Ardolino, Federica Busso, Francesca Cederle, Giulia Meucci, Margherita Cantamessa e Rachele Macri.

Di seguito il resoconto dell’esperienza direttamente con le parole dei partecipanti:

Lituania, un nome che prima dell’inizio della guerra in Ucraina passava inosservato. Anche per noi, terminata la formazione del “percorso nel cuore del mondo”, era poco più che un’area geografica segnata da una mappa, associata per lo più ai lunghi inverni e al freddo. Questo è stato il nostro luogo di missione, di servizio e di incontro con Dio.

Siamo partiti in sette, sei ragazze e un ragazzo, accompagnati da due Salesiani e da una suora Figlia di Maria Ausiliatrice. Non ci conoscevamo prima e ciascuno si approcciava al percorso missionario con motivazioni diverse e senza conoscere la destinazione. Riconoscendo in ciascuno la medesima chiamata a mettersi in gioco nel servizio, abbiamo imparato a vivere insieme e ad amare la Lituania e le persone che vi abbiamo incontrato.

La nostra avventura è iniziata la notte del 23 luglio, quando alle 2 del mattino le ruote del pulmino hanno iniziato a girare in direzione dell’aeroporto di Bergamo. Con gli occhi ancora chiusi e la paura di non trovare il nostro volo sui cartelli delle partenze per via degli intensi scioperi di quel periodo, alle 6.30 siamo partiti in direzione della capitale lituana.

Siamo stati accolti per la prima settimana dalla comunità salesiana di Vilnius. Qui abbiamo conosciuto due missionari italiani da diversi anni in Lituania, don Alessandro, il direttore della comunità, e don Massimo, insieme a don Oliver, missionario filippino e ad altri confratelli salesiani più anziani.

Abbiamo collaborato nelle attività dell’estate ragazzi che si teneva nei locali dell’oratorio ed era già iniziata da una settimana. L’accoglienza da parte dei ragazzi si è fatta comunque sentire. Sapere che c’era qualcuno che ci stava attendendo già da tempo ci ha dato la forza di dare il meglio di noi.

Nei primi giorni l’ostacolo principale è stato sicuramente la lingua. Ci siamo sentiti messi a nudo quando ci siamo trovati davanti a persone con cui avremmo voluto comunicare e abbiamo sperimentato che la lingua inglese spesso non bastava per farsi capire. Grazie al dialogo personale con i giovani incontrati, alla conoscenza un po’ più approfondita della storia recente del paese, in particolare con la visita al museo del KGB, e alle testimonianze di diverse figure significative, tra cui l’ex ministro delle Politiche Sociali e del Lavoro della Lituania, abbiamo pian piano iniziato a comprendere più a fondo la cultura e i modi di fare delle persone incontrate. Ci ha molto colpito sapere, ad esempio, che la Lituania è il primo Paese Europeo per numero di bambini in affido, omicidi e suicidi, autostima negativa tra gli studenti, quantità di alcool consumato, persone in carcere, vittime di violenza… numeri estremamente alti per una nazione così sviluppata economicamente. Inoltre, fra i giochi con l’estate ragazzi, le gite e le attività ricreative ci ha sorpreso vedere come, al di là di un’apparente serenità, sia presente una forte paura per la guerra in corso in Ucraina. I bimbi che ci sorridevano ogni giorno, a casa avevano pronto uno zainetto con il necessario per scappare se la guerra fosse arrivata davanti ai loro occhi, insieme a una compressa di iodio da prendere subito in caso di esposizione a radiazioni nucleari. Ancora ci vengono i brividi al pensiero. Un altro piccolo pezzo che ci ha permesso di aprire gli occhi e di capire che la povertà non è solo quella economica, ma ben altro.

 

 

Dopo questa intensa settimana, ci siamo spostati a Telsiai, cittadina di 30 mila abitanti a circa 300 km da Vilnius. Qui è presente un’altra piccola comunità salesiana formata da tre confratelli: don Vincenzo, responsabile della comunità, don Alexis e Piercarlo. Qui non è presente un oratorio, ma la casa salesiana è proprio una piccola casetta che ospita la comunità. Per questo l’estate ragazzi, Don Bosko Vasara, si teneva nei locali di una scuola della città e del seminario diocesano.

L’attività è durata due settimane. Durante la prima le mattine erano dedicate alla formazione insieme con gli animatori del luogo, una trentina di ragazzi dai 15 ai 19 anni, e i pomeriggi all’animazione dei più piccoli. Nella seconda settimana, invece, tutta la giornata era dedicata all’animazione dei bambini e dei ragazzi, circa centocinquanta che ogni giorno, ci regalavano i loro sorrisi e il desiderio di stare insieme. Abbiamo riscoperto la bellezza del gioco condiviso coi ragazzi, grazie alle attività già preparate dagli animatori del posto. Spesso nei nostri oratori ci dimentichiamo della meraviglia del gioco perché troppo indaffarati nell’organizzazione.

Un altro elemento fondamentale in queste settimane a Telsiai è stato il dialogo. Giorno dopo giorno qualcosina in più di lituano riuscivamo a capirlo anche se la nostra lingua intermediaria rimaneva l’inglese. Dopo la fine della giornata ci si ritrovava tra gli animatori per fare un po’ di verifica e di condivisione. Se qualcosa non era andato troppo bene lo si diceva senza paura e si cercava di trovare una soluzione, messa in pratica dal giorno seguente.

Sono state due settimane felici e spensierate, ricche di incontri che si sono trasformati col tempo in splendide amicizie. Abbiamo scoperto che per stare davvero bene non serve per forza conoscere la stessa lingua, perché, se c’è l’intenzione di farlo, in un modo o in un altro si riesce a comunicare.

Di questi giorni ci portiamo a casa il volto di tanti bambini che sono riusciti a regalarci, nella loro semplicità, la spensieratezza di cui tutti dovremmo godere per affrontare al meglio le nostre giornate e di molti animatori che con la loro umiltà e grinta non ci hanno mai fatti sentire fuori posto.

Il nostro augurio più grande per questa comunità è quello di poter edificare un oratorio, affinché si possa realizzare in maniera più grande il sogno di Don Bosco anche a Telsiai.

In generale, per le due realtà che ci hanno accolto, possiamo dire che ci siamo sentiti a casa, siamo stati coccolati e siamo grati per tutto ciò che abbiamo ricevuto. Ci siamo fidati e affidati e non potevamo fare scelta migliore.

Un grazie sentito a ogni singola persona che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino, che ci ha permesso di aprire ancora una volta il nostro cuore. Prima di partire forse avevamo la presunzione che saremmo andati in Missione per aiutare qualcun altro. Ora che siamo tornati abbiamo concretizzato che il dono più grande ci è stato regalato dalle stesse persone che pensavamo di dover “salvare”.

Ancora una volta, grazie.

Altea, Antony, Federica, Francesca, Giulia, Margherita,, Rachele, don Marco, Vytas, sr Carmela

 

145° della partenza dei salesiani per l’Argentina

Sulle pagine dell’Osservatore Romano del 12 dicembre viene pubblicato un articolo dal titolo ‘L’ardore di Don Bosco‘ sul centoquarantacinquesimo anniversario della partenza dei salesiani verso l’Argentina.
A raccontarla sono le parole di don Alfred Maravilla, consigliere generale per le missioni salesiane. Si ringrazia Roberto Cutaia per l’articolo.

Di seguito il testo integrale della notizia:

Una giornata d ‘ autunno del 1875 (14 novembre) al porto di Genova. I motori accesi del piroscafo francese Savoie pronto per la partenza con destinazione Sud America. È l ‘avvio missionario in America Latina dei salesiani. «Don Bosco abbraccia uno a uno i dieci missionari e a ciascuno consegna una copia dei Ricordi ai primi missionari , che lui stesso aveva tracciato a matita sul taccuino di ritorno da un viaggio», spiega don Alfred Maravilla, consigliere  generale dei salesiani per le missioni.

E si narra da sempre tra i salesiani che don Bosco in quella occasione fu visto da un testimone tutto rosso per lo sforzo di contenere le lacrime. Il programma della prima missione che prevedeva l ‘ evangelizzazione degli emigrati italiani e della Patagonia fu tracciato dallo stesso don Bosco tre giorni prima della partenza da Torino, nella chiesa di Maria Ausiliatrice a Valdocco. «Nella cerimonia di addio ai missionari dell ‘ 11 novembre – spiega don Francesco Motto, dell ‘ Istituto storico salesiano – don Bosco si soffermò sulla missione universale di salvezza data dal Signore agli apostoli e dunque alla Chiesa. Parlò della carenza di sacerdoti in Argentina, delle famiglie di emigranti e del lavoro missionario fra le ” grandi orde di selvaggi ” della Pampa e nella Patagonia, regioni ” che circondano la parte civilizzata ” dove ” non penetrò ancora né la religione di Gesù Cristo, né la civiltà, né il commercio, dove piede europeo non poté finora lasciare alcun vestigio ” ».

Centoquarantacinque anni fa i dieci salesiani guidati da don Giovanni Cagliero (poi cardinale) approdarono in Argentina. E oggi gli instancabili e generosi salesiani seguendo ” le orme ” di don Bosco, a distanza di anni sono diventati tra i religiosi una presenza importante in tutto il Sud America. Secondo i dati aggiornati al 2019 sono poco più di 2.700 suddivisi tra America Cono sud (Argentina, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay) e Interamerica (Antille, Bolivia, Colombia, Ecuador, Messico, Perú, Venezuela e Haiti). Le Figlie di Maria Ausiliatrice, chiamate in Sud America nel 1877, oggi sono invece circa 3.200. «Don Bosco – aggiunge don Maravilla – ha trasmesso questo ardore missionario alla sua famiglia religiosa aprendo una pagina completamente nuova nella vita della sua giovane congregazione, inviando i missionari salesiani. Impegno poi ribadito nel 19° e nel 20° capitolo generale della congregazione salesiana, dove l ‘ esempio di don Bosco indica che l ‘ impegno missionario fa parte della natura e della finalità della nostra congregazione». Un compito declinato nei vari Paesi di missione in attività educative, a partire dalle numerose scuole di diverso grado e indirizzo frequentate da migliaia di allievi, e in aiuto alle famiglie, spesso alle prese con difficoltà economiche e logistiche.
Ed ecco allora le famose Case Don Bosco, luoghi di accoglienza di ragazzi che arrivano dai lontani villaggi. A tutto questo si aggiungono le numerose opere strutturali-essenziali che danno dignità agli abitanti, come centrali elettriche, attraverso lo sfruttamento dei torrenti. «Il missionario salesiano è un confratello che risponde alla sua vocazione missionaria dentro la sua vocazione salesiana.

Infatti, il nostro invio missionario ogni anno è l ‘ espressione concreta della fedeltà allo spirito e all ‘ impegno missionario di don Bosco», ribadisce don Maravilla. E il rettore maggiore dei salesiani don Ángel Fernández Artime – in un discorso tenuto nel 2014 al palazzo della Camera dei deputati in Roma – con uno sguardo aperto su tutto il vastissimo scenario argentino da lui percorso più volte a proposito diceva: «Oggi siamo in grado di raccontare una storia che ha reso possibile la nascita e lo sviluppo di una parte preziosa della popolazione della Repubblica argentina perché la storia salesiana va di pari passo col popolo argentino e la nazione argentina non può essere spiegata con onestà intellettuale, soprattutto in Patagonia, se non va di pari passo con la presenza dei ” figli e figlie ” di don Bosco; un gigante che lo Stato e la Chiesa riconoscono come patrono della Patagonia».

Roberto Cutaia