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Corpo – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

4 OTTOBRE

La parola del giorno: Corpo

Ritorno al Vangelo: Matteo (9, 18-22)

Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà». 19 Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli.
20 Ed ecco una donna, che soffriva d’emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. 21 Pensava infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». 22 Gesù, voltatosi, la vide e disse: «Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita». E in quell’istante la donna guarì.

Post-it!

Il Vangelo di Matteo dice che quando la donna toccò il mantello di Gesù, Egli «si voltò» e «la vide» (v. 22), e quindi le rivolse la parola. Come dicevamo, a causa del suo stato di esclusione, la donna ha agito di nascosto, alle spalle di Gesù, era un po’ timorosa, per non essere vista, perché era una scartata. Gesù invece la vede e il suo sguardo non è di rimprovero, non dice: “Vattene via, tu sei una scartata!”, come se dicesse: “Tu sei una lebbrosa, vattene via!”. No, non rimprovera, ma lo sguardo di Gesù è di misericordia e tenerezza. Egli sa che cosa è avvenuto e cerca l’incontro personale con lei, quello che in fondo la donna stessa desiderava. Questo significa che Gesù non solo la accoglie, ma la ritiene degna di tale incontro al punto di farle dono della sua parola e della sua attenzione.

Nella parte centrale del racconto il termine salvezza è ripetuto tre volte. «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata. Gesù si voltò, la vide e disse: “Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata!”. E da quell’istante la donna fu salvata» (vv. 21-22). Questo «coraggio, figlia» esprime tutta la misericordia di Dio per quella persona. E per ogni persona scartata. Quante volte ci sentiamo interiormente scartati per i nostri peccati, ne abbiamo fatte tante, ne abbiamo fatte tante… E il Signore ci dice: “Coraggio! Vieni! Per me tu non sei uno scartato, una scartata. Coraggio, figlia. Tu sei un figlio, una figlia”. E questo è il momento della grazia, è il momento del perdono, è il momento dell’inclusione nella vita di Gesù, nella vita della Chiesa. E’ il momento della misericordia. Oggi, a tutti noi, peccatori, che siamo grandi peccatori o piccoli peccatori, ma tutti lo siamo, a tutti noi il Signore dice: “Coraggio, vieni! Noi sei più scartato, non sei più scartata: io ti perdono, io ti abbraccio”. Così è la misericordia di Dio. Dobbiamo avere coraggio e andare da Lui, chiedere perdono per i nostri peccati e andare avanti. Con coraggio, come ha fatto questa donna. Poi, la “salvezza” assume molteplici connotati: anzitutto restituisce alla donna la salute; poi la libera dalle discriminazioni sociali e religiose; inoltre, realizza la speranza che lei portava nel cuore annullando le sue paure e il suo sconforto; infine, la restituisce alla comunità liberandola dalla necessità di agire di nascosto. E quest’ultima cosa è importante: una persona scartata agisce sempre di nascosto, qualche volta o tutta la vita: pensiamo ai lebbrosi di quei tempi, ai senzatetto di oggi…; pensiamo ai peccatori, a noi peccatori: facciamo sempre qualcosa di nascosto, abbiamo la necessità di fare qualcosa di nascosto, perché ci vergogniamo di quello che siamo… E lui ci libera da questo, Gesù ci libera e ci fa mettere in piedi: “Alzati, vieni, in piedi!”. Come Dio ci ha creati: Dio ci ha creati in piedi, non umiliati. In piedi. Quella che Gesù dona è una salvezza totale, che reintegra la vita della donna nella sfera dell’amore di Dio e, al tempo stesso, la ristabilisce nella sua piena dignità.

Papa Francesco

Udienza Generale – Piazza San Pietro

Tocca a te!

Trova una chiesa e sosta di fronte al Corpo di Cristo. Affida a lui cosa sanguina in te.

Te lo sei mai chiesto?

1. Come metti in gioco il tuo corpo per la salvezza di qualcuno?

2. Quale luce sprigiona il tuo corpo?

Domino – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

3 OTTOBRE

La parola del giorno: Domino

Ritorno al Vangelo: Luca (16, 18-31)

Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio.
C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».

Post-it!

Il termine “epulone” non è più usato nel linguaggio comune; eppure quasi tutti sanno che l’espressione “il ricco epulone” fa riferimento a una parabola di Gesù che solo Luca racconta nel suo Vangelo (16,19-31). Il personaggio in questione è appunto un signorotto egoista e gaudente. La scena ha colori molto “orientali”: un palazzo ha una grande sala per banchetti con una mensa imbandita; il padrone con i suoi ospiti gusta i manicaretti e si pulisce le mani unte di grasso con mollica di pane che poi getta a terra; sulla soglia del portale d’ingresso c’è, invece, un povero seduto per terra che allunga gli occhi, bramoso di sfamarsi anche solo con quei frammenti di pane, e oggetto soltanto della misericordia dei cani.

È curioso notare che tutti i personaggi delle parabole di Gesù sono anonimi, tranne questo povero disgraziato che porta il nome di Lazzaro: l’anagrafe civile certamente lo ignorava, quella del Regno dei cieli, invece, lo registra a memoria perenne. Ma qual è il legame con il tema della misericordia e della famiglia? La risposta è nel quadro successivo, aperto da una frase forte nel suo apparente parallelismo: «Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto» (16,22).

Anche i ricchi muoiono e, come suggerisce il Salmo 49, «quando il ricco muore, con sé non porta nulla né scende con lui la sua gloria» (v. 18). Si apre, così, un orizzonte trascendente oltre la soglia della morte e qui avviene un ribaltamento radicale: il povero è nello splendore dell’assemblea divina con il patriarca Abramo e coi giusti, mentre il ricco egoista è nelle fiamme degli inferi, assetato e affamato. A questo punto entra in scena la famiglia dell’“epulone”, i suoi cinque fratelli che egli vorrebbe salvare da un così atroce destino.

Vanamente il ricco chiede un segno clamoroso come il suo ritorno sulla terra per convertirli alla misericordia. Questo mutamento deve, invece, avvenire per scelta personale, senza voci misteriose e prove emozionanti. Basta la voce della Parola divina, che spinge ininterrottamente alla giustizia e all’amore, a far cambiare vita. In altri termini, se desideriamo che la nostra famiglia entri nella gloria che Dio riserva ai giusti, è necessario che quaggiù la nostra testimonianza di misericordia sia forte e chiara, in parole e opere.

La parabola, perciò, diventa un appello all’educazione quotidiana alla generosità che i genitori devono svolgere nei confronti dei figli. È triste che persino madri e padri cristiani non vogliano accogliere nelle loro città o quartieri profughi e miserabili perché disturbano il benessere dei loro figli. La parabola del ricco epulone ci ricorda che già ora, nello scorrere dei giorni, si decide il nostro destino futuro. Gesù l’ha ripetuto in quel grandioso affresco sul giudizio finale ove tutti saremo esaminati sulla misericordia nei confronti degli affamati, degli assetati, degli stranieri, dei nudi, dei malati e dei carcerati praticata durante l’esistenza terrena (vedi Matteo 25,31-46).

Mons. Ravasi

Vangelo secondo Luca – Un ricco senza misericordia

Tocca a te!

Fai un gesto di “semplice povertà” nella forma della condivisione con qualcuno.

Te lo sei mai chiesto?

1. Cosa genera in te la vista del “”povero””?

2. Quale ricchezza faticheresti maggiormente a lasciare? Perché?

Matita – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

2 OTTOBRE

La parola del giorno: Matita

Ritorno al Vangelo: Matteo (6, 25-30)

Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?

Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.

Post-it!

Dopo aver preso contatto con il testo, ascoltiamo ora Gesù. Il suo discorso non va primariamente dalla natura a Dio, ma dalle preoccupazioni umane (mangiare, vestire) al modo di risolverle: cercate il regno di Dio, cioè la sua giustizia(= la sua volontà). Abbiamo tradotto un «e» con «cioè», perché è logico che «giustizia» e «regno di Dio» si equivalgono.

Ora, come convincersi che qui risiede la soluzione dei problemi umani? Ebbene, Gesù si sforza di farcelo comprende- re osservando la natura e l’uomo nella natura. Già le domande: Non valete voi forse più di loro? (6,26); Non vestirà assai di più voi, gente di poca fede? (6,30), dicono assai chiaramente che l’uomo ha un grande valore davanti a Dio. Sembra davvero che Gesù legga e vuole che si leggano e si compiano la Legge e i Profeti (5,17).

Non dice forse la Scrittura: «Che cosa è l’uomo perché tu te ne ricordi? O il figlio dell’uomo perché te ne curi?». Dio però non si cura solo dell’uomo, ma come dice Gesù, riecheggiando il Salmo 104, anche di tutti gli altri esseri. In- fatti, dice il salmo pregando: «Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni» (104,27-28). Questo dice il Salmo dopo aver passato in rassegna gli uccel- li e le bestie selvatiche; mentre in Is 35,1-2 si ricorda come Dio riveste di bellezza, con i fiori, la terra.

Queste pagine bibliche non sono poesia; esse indicano qual è la volontà di Dio sul creato, colmo dei suoi beni, a disposizione di tutti gli esseri viventi. n fatto che ci si debba preoccupare del domani, che ci siano degli affamati e dei poveri, è contro la volontà di Dio. Dunque la soluzione risiede proprio nel compiere questa volontà, che il testo chiama regno di Dio, cioè giustizia. A vere fame e sete di giustizia, cioè desiderare ardentemente la volontà di Dio (5,6), significa per il cristiano una presa di coscienza dell’impegno storico che lo attende. La soluzione dei mali dell’umanità sta in questo impegno cristiano che è amore per gli altri.

Mario Galizzi

Vangelo secondo Matteo – commento esegetico-spirituale

Tocca a te!

Apri gli occhi nella tua giornata per scorgere i “gigli del campo” che Dio veste sul tuo cammino.

Te lo sei mai chiesto?

1. Quali gesti semplici compi durante la giornata che potresti riempire di un senso più profondo?

2. Quali azioni nella tua giornata realizzano “il regno di Dio e la sua giustiazia”?

Sgabello – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

1 OTTOBRE

La parola del giorno: Sgabello

Ritorno al Vangelo: Luca (10, 38-42)

Mentre Gesù era in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Ora, sua sorella, chiamata Maria, se ne stava seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola; mentre Marta si distraeva per il troppo servizio. A un certo punto si pianto davanti a Gesù e gli disse: «Ma, Signore, non te ne importa proprio che mia sorella mi lasci sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti inquieti e preoccupi di troppe cose! Di una sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore; non le sarà tolta».

Post-it!

Conosciamo la metà di questo cammino: Gerusalemme. Ma anche per Gesù, viandante, una pausa è necessaria, passata in una casa amica. La familiarità che traspare da questo racconto e le due sorelle, come pure la loro caratterizzazione, rimandano al racconto giovanneo della risurrezione di Lazzaro e alla cena di Betania. (…). Ora Luca ha appena parlato di un uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico e, mentre narrava, si è ricordato di un altro fatto capitato su quella strada: l’incontro di Gesù con Marta e Maria. Lo riporta qui, eliminando ogni connotazione cronologica e locale perché gli serve per precisare meglio l’immagine del discepolo.

Maria che sta seduta ai piedi di Gesù è un’immagine tipica del discepolo, ma lo è anche Marta, che nel suo donarsi si rende davvero prossimo degli altri. Nessuna però è ancora un’immagine perfetta. Chi solo ascolta e non mette in pratica è “come colui che ha costruito la sua casa sulla terra senza fondamenta”, ma neppure chi troppo si distrae nel fare e non fa un attento ascoltatore di Gesù è un vero discepolo. Nel Vangelo di Luca vera “discepola” è solo Maria accoglie: con fede la parola e va a servire.

Il problema di Luca e però un altro. Dopo aver descritto la necessità di farsi prossimo, vuole che il discepolo capisca che non si può continuare in un’attività di donazione senza quelle profonde convinzioni che vengono dall’ascolto della parola di Gesù. È l’ubbidienza al Padre che ha preso Gesù nostro prossimo; è l’ubbidienza alla sua parola che rende noi prossimo degli altri. Di qui la necessità di ascoltare assiduamente, senza distrarsi in altro, come fa Marta, di qui il confronto tra il servizio e l’ascolto. Questo ha il primato. Gesù lo chiama la parte migliore. Ma dopo aver ha ascoltato la parabola del buon Samaritano, è chiaro che bisogna cercare di combinare le due cose ricordandosi, come dice sant’ Agostino, che il servizio passerà, ma l’ascolto della parola sarà eterno.

Mario Galizzi

Vangelo secondo Luca – commento esegetico-spirituale

Tocca a te!

Oggi prova a togliere un terzo del tempo che dedichi allo stare online per regalarlo a qualcuno … semplicemente sedendoti accanto a lui …

Te lo sei mai chiesto?

1. Riprendi dal cassetto della tua memoria un episodio importante in cui qualcuno si è seduto al tuo fianco. Cosa hai provato? Cosa scopri da quella esperienza?

2. Cosa ti distrae dall’avere questa attitudine con gli altri?