Quando all’Io, si sostituisce il Noi: la serata “Ready to start” con i ragazzi del Servizio Civile Universale

Una serata estiva, buona musica, alcune letture di innesco sulla pace, diversi racconti di chi quotidianamente si spende per offrire il proprio contributo di solidarietà, di talento e competenze e, infine, una location dinamica e specchio degli alti valori sociali che muovono il Bando di selezione 2018 del Servizio Civile Universale in arrivo: questi gli ingredienti principali che hanno animato l’OFF TOPIC di Torino, Venerdì 6 Luglio 2018, in occasione di “Ready To Start”, la serata organizzata dal TESC Tavolo Enti Servizio Civile, con la collaborazione di Servizio Civile Confcooperative Piemonte Nord e Servizio Civile Salesiani Piemonte e Valle d’Aosta.

E’ stata l’occasione per conoscere gli enti, i progetti e per ricevere informazioni sulle caratteristiche generali, sui requisiti e su come presentare la domanda per il Bando di selezione 2018, la cui pubblicazione è imminente.

Il pubblico presente, formato da giovani ragazzi, ha raccolto qualche idea in più – su come impiegare il proprio tempo nell’anno venturo – negli occhi dei testimoni del Servizio Civile: qui si è letto chiaramente entusiasmo per la scelta fatta, energia, voglia di rivedere alcune priorità e la presa di coscienza che quando “siamo tutti sotto lo stesso cielo” – Rino Gaetano docet – ovvero quando all’Io si sostituisce il Noi, accadono eventi di straordinaria bellezza. Ma, come suggerisce la canzone dei Modena City Ramblers, intonata proprio da due servizio civilisti presenti all’Off Topic, “la tua vita adesso puoi cambiare solo se sei disposto a camminare, gridando forte senza aver paura contando cento passi lungo la tua strada…“. Perchè, come tutte le esperienze edificanti, non è una strada tutta in discesa: non è sempre facile essere vicino alla gente, ascoltarne i problemi, farsi voce delle istanze di giustizia di chi non ha voce, di chi vive quotidianamente un disagio, di chi è afflitto da una patologia che non gli permette di condurre una vita “normale”, ma è certo che mettersi al servizio di queste realtà può essere fonte di ispirazione per molti aspetti della propria crescita individuale, come scrivere la partitura di una canzone inedita cantata proprio nel corso della serata, oppure della propria crescita professionale, come chi è diventato educatore professionale per l’ente a cui ha prestato i dodici mesi di servizio civile.

 

 

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6/07: Ready to start? Dialoghi e musica intorno a esperienze e progetti di Servizio Civile

READY TO START?

Venerdì 6 luglio 2018, ore 19.00
Dialoghi e musica intorno a esperienze e progetti di Servizio Civile
Bando di selezione 2018 per i giovani dai 18 ai 28 anni

TESC Tavolo Enti Servizio Civile, con la collaborazione organizzativa di Servizio Civile Confcooperative Piemonte Nord e Servizio Civile Salesiani Piemonte e Valle d’Aosta, presenta l’iniziativa dal titolo “READY TO START?”, che si terrà Venerdì 6 luglio 2018 presso OFF TOPIC, via Pallavicino,35 a Torino a partire dalle ore 19.00.

Il momento dell’aperitivo si articolerà attraverso una proposta di musica, letture di testi e testimonianze di giovani e  operatori che hanno vissuto l’esperienza di Servizio Civile. Solidarietà, impegno, lavoro, esperienza, competenze, collaborazione ed anche divertimento: saranno queste le parole chiave che traghetteranno gli interventi dei diversi  testimonial. Un’occasione per conoscere gli enti, i progetti e per ricevere informazioni sulle caratteristiche generali, sui requisiti e su come presentare la domanda per il Bando di selezione 2018, la cui pubblicazione è imminente.

Il Servizio Civile è un percorso della durata di 12 mesi dedicato ai giovani tra i 18 e i 28 anni che desiderano formarsi, orientarsi in un ambiente di lavoro dopo la scuola o l’università, oppure investire il proprio tempo in un’esperienza significativa e riconosciuta.

Il Servizio Civile opera nel rispetto dei principi della solidarietà, della partecipazione, dell’inclusione e dell’utilità sociale nei servizi resi, anche a vantaggio di un potenziamento dell’occupazione giovanile. Le aree di intervento del Servizio Civile sono riconducibili ai settori di: ambiente, assistenza, educazione e promozione culturale, patrimonio artistico e culturale, protezione civile, servizio civile all’estero.

L’importanza sociale e culturale dell’evento è testimoniata anche dalla partnership di OFF Topic, nuovo hub culturale della città di Torino progettato dal TYC – Torino Youth Centre.

L’ingresso è gratuito previo accredito COMPILANDO l’apposito FORM. Ai primi 50 accreditati verrà offerto un drink pass per la serata.

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Bilancio sulle povertà e sulle politiche antidroga in Italia

Su segnalazione di Don Domenico Ricca, Delegato dell’Emarginazione e Disagio e Presidente Comitato Interregionale SCS/CNOS, si pubblicano qui di seguito due approfondimenti.

Il primo circa il recente report di ISTAT sul 2017 riguardante la povertà in Italia, che delinea una situazione attuale drammatica: oltre 18 milioni di persone a rischio povertà o esclusione sociale, si stima in aumento sia l’incidenza di individui a rischio di povertà (20,6%, dal 19,9%) sia la quota di famiglie gravemente deprivate (12,1% da 11,5%) e quelle a bassa intensità lavorativa (12,8%, da 11,7%).

Il secondo focus presenta un bilancio sulle politiche antidroga in Italia, alla luce di quanto emerge dalla nona edizione nono Libro Bianco sulle Droghe presentato al Senato e redatto dalla Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, Cnca, Cgil, associazione Luca Coscioni con l’adesione di Arci, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd, LegaCoopSociali e Lila. Un testo che rileva un aumento della popolazione carceraria e denuncia gli effetti della repressione in termini di carcerazione.

Buona Lettura!

Istat – 26 giugno 2018

La povertà in Italia Report sul 2017

Le stime diffuse in questo report si riferiscono a due distinte misure della povertà: assoluta e relativa, che derivano da due diverse definizioni e sono elaborate con metodologie diverse, utilizzando i dati dell’indagine campionaria sulle spese per consumi delle famiglie.

Nel 2017 si stimano in povertà assoluta 1 milione e 778mila famiglie residenti in cui vivono 5 milioni e 58mila individui; rispetto al 2016 la povertà assoluta cresce in termini sia di famiglie sia di individui.
L’incidenza di povertà assoluta è pari al 6,9% per le famiglie (da 6,3% nel 2016) e all’8,4% per gli individui (da 7,9%). Due decimi di punto della crescita rispetto al 2016 sia per le famiglie sia per gli individui si devono all’inflazione registrata nel 2017. Entrambi i valori sono i più alti della serie storica, che prende avvio dal 2005.

Nel 2017 l’incidenza della povertà assoluta fra i minori permane elevata e pari al 12,1% (1 milione 208mila, 12,5% nel 2016); si attesta quindi al 10,5% tra le famiglie dove è presente almeno un figlio minore, rimanendo molto diffusa tra quelle con tre o più figli minori (20,9%). L’incidenza della povertà assoluta aumenta prevalentemente nel Mezzogiorno sia per le famiglie (da 8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (da 9,8% a 11,4%), soprattutto per il peggioramento registrato nei comuni Centro di area metropolitana (da 5,8% a 10,1%) e nei comuni più piccoli fino a 50mila abitanti (da 7,8% del 2016 a 9,8%). La povertà aumenta anche nei centri e nelle periferie delle aree metropolitane del Nord.

L’incidenza della povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento. Il valore minimo, pari a 4,6%, si registra infatti tra le famiglie con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, quello massimo tra le famiglie con persona di riferimento sotto i 35 anni (9,6%).

A testimonianza del ruolo centrale del lavoro e della posizione professionale, la povertà assoluta diminuisce tra gli occupati (sia dipendenti sia indipendenti) e aumenta tra i non occupati; nelle famiglie con persona di riferimento operaio, l’incidenza della povertà assoluta (11,8%) è più che doppia rispetto a quella delle famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro (4,2%). Cresce rispetto al 2016 l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie con persona di riferimento che ha conseguito al massimo la licenza elementare: dall’8,2% del 2016 si porta al 10,7%. Le famiglie con persona di riferimento almeno diplomata, mostrano valori dell’incidenza molto più contenuti, pari al 3,6%.

Anche la povertà relativa cresce rispetto al 2016. Nel 2017 riguarda 3 milioni 171mila famiglie residenti (12,3%, contro 10,6% nel 2016), e 9 milioni 368mila individui (15,6% contro 14,0% dell’anno precedente).
Come la povertà assoluta, la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (19,8%) o 5 componenti e più (30,2%), soprattutto tra quelle giovani: raggiunge il 16,3% se la persona di riferimento è un under35, mentre scende al 10,0% nel caso di un ultra sessantaquattrenne. L’incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per le famiglie di operai e assimilati (19,5%) e per quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (37,0%), queste ultime in peggioramento rispetto al 31,0% del 2016.

Si confermano le difficoltà per le famiglie di soli stranieri: l’incidenza raggiunge il 34,5%, con forti differenziazioni sul territorio (29,3% al Centro, 59,6% nel Mezzogiorno).

Redattore Sociale, 26 giugno 2018

L’aumento della popolazione carceraria e il ruolo delle politiche repressive di
nuovo in primo piano. “I pesci piccoli continuano ad aumentare, mentre i consorzi
criminali restano fuori dai radar della repressione penale”

Libro bianco droghe: “Torna il carcere, serve cambiamento politico e legislativo”

Nona edizione del dossier curato dalle associazioni presentato oggi al Senato.

ROMA – Crescono le presenze in carcere per violazione della legge sulle droghe, un detenuto su 4 è tossicodipendente e ancora oggi si fa riferimento ad un testo di legge di ben 28 anni fa. A fare il bilancio sulle politiche antidroga in Italia, anticipando nuovamente la Relazione governativa al Parlamento del Dipartimento politiche antidroga, è il nono Libro Bianco sulle Droghe presentato oggi al Senato e redatto dalla Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, Cnca, Cgil, associazione Luca Coscioni con l’adesione di Arci, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica Cgil, Gruppo Abele, Itardd, LegaCoopSociali e Lila. Un testo che ancora una volta lancia l’allarme in primo luogo sugli effetti della repressione in termini di carcerazione.

Questo libro bianco – scrivono nell’introduzione Stefano Anastasia, Garante delle persone private della libertà delle Regioni Lazio e Umbria e coordinatore dei Garanti territoriali, e Franco Corleone, garante dei detenuti della Toscana -, ci racconta del ritorno dell’affollamento penitenziario e del ruolo che, in esso, gioca ancora una volta la legislazione proibizionista in materia di droghe”.

Un carcere pieno di pesci piccoli. Secondo i dati raccolti dal Libro bianco, nel 2017, oltre 14 mila ingressi in carcere su 48 mila totali sono stati causati da imputazioni o condanne sulla base dell’art. 73 del Testo unico. Si tratta di poco meno del 30 per cento degli ingressi in carcere. Al 31 dicembre 2017, invece, sono quasi 13,8 mila i detenuti presenti in carcere a causa del solo art. 73 del Testo unico, “sostanzialmente per detenzione a fini di spaccio”, chiariscono gli autori. Poco meno di 5 mila detenuti sono in carcere anche per l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), ma solo 976 sono detenuti esclusivamente per l’art. 74. “Mentre questi ultimi rimangono sostanzialmente stabili, aumentano dell’8,5 per cento i detenuti per solo art. 73 – continua il Libro bianco -. Si tratta complessivamente del 34 per cento del totale. I pesci piccoli continuano ad aumentare, mentre i consorzi criminali restano fuori dai radar della repressione penale”.

Ad aumentare, secondo il dossier, sono anche i tossicodipendenti. Nel 2017 sono più di 14 mila, ovvero il 25 per cento circa del totale. Preoccupante, tra questi ultimi, l’impennata degli ingressi in carcere, che toccano un nuovo record: il 34 per cento dei soggetti entrati in carcere nel corso del 2017 era tossicodipendente.

Un dato positivo arriva dalle misure alternative. Negli ultimi anni, infatti, i numeri sono in lieve e costante crescita. “Il fatto che il trend prosegua oltre la inversione di tendenza nella popolazione detenuta databile dal 2016 lascia ben sperare per una autonomia delle misure penali di comunità – si legge nel Libro bianco -. Restano marginali le misure alternative dedicate: 3.146 sono i condannati ammessi all’affidamento in prova speciale per alcool e tossicodipendenza su 14 mila detenuti tossicodipendenti”. In crescita anche i dati che riguardano le segnalazioni ex art. 75, relative al possesso di sostanze stupefacenti per uso personale, soggette a sanzioni di tipo amministrativo.

Continuano ad aumentare le persone segnalate al Prefetto per consumo di sostanze illecite – si legge nel Libro bianco – : da 27.718 del 2015 a 38.613 del 2017: +39 per cento (+18 per cento rispetto al 2016). Si conferma l’impennata delle segnalazioni dei minori che quadruplicano rispetto al 2015. Aumenta sensibilmente anche il numero delle sanzioni: da 13.509 nel 2015 a 15.581 nel 2017: +15 per cento (+18 per cento rispetto al 2016)”.

Per gli autori del dossier, inoltre, risulta “irrilevante la vocazione terapeutica della segnalazione al Prefetto: su 35.860 persone segnalate solo 86 sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento socio-sanitario”. Dieci anni prima erano ben 3 mila. Anche le sanzioni amministrative crescono: riguardano il 43,45 per cento dei segnalati, percentuale in aumento rispetto all’anno precedente. Secondo i dati raccolti dal Libro bianco, però, la repressione colpisce per quasi l’80 per cento i consumatori di cannabinoidi. Seguono a distanza quelli di cocaina (14 per cento) e ancora meno sono quelli di eroina (4,8 per cento). In maniera irrilevante, infine, le altre sostanze. Dal 1990, quindi, oltre 1,2 milioni di persone sono state segnalate per possesso di sostanze stupefacenti ad uso personale. Per Anastasia e Corleone, si tratta di “una inutile macchina sanzionatoria che ingolfa uffici amministrativi e di polizia – concludono -. Ce n’è quanto basta per continuare a chiedere un cambiamento politico, culturale e legislativo che rimetta l’Italia tra le nazioni che stanno cercando e sperimentando vie nuove per la prevenzione dei rischi dell’abuso di droghe e della loro proibizione”.

#faiTuLaDifferenza: Servizio Civile Universale con Salesiani per il Sociale

Da Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS arriva l’opportunità per i giovani, di età compresa tra i 18 e i 29 anni non compiuti, per attività di Servizio Civile da svolgere negli ambiti dell’EDUCAZIONE e della FORMAZIONE, della PROMOZIONE CULTURALE e dell’EMARGINAZIONE GIOVANILE, grazie al bando di selezione 2018 dell’Ufficio per il Servizio Civile Nazionale.

L’avvio del servizio è previsto in autunno nelle sedi di Piemonte e Valle d’Aosta per la durata di 25/30 ore a settimana di servizio con un impegno di 5 /6 giorni a settimana. Il Progetto durerà 12 mesi e prevede un rimborso di 433,80 euro che sarà erogato dall’Ufficio Nazionale Servizio Civile con 122 ore di percorso formativo e la possibilità di ottenere il riconoscimento di Crediti Universitari. L’attività del Servizio Civile di Salesiani per il Sociale è conciliabile con i percorsi di studio e tirocinio. Una possibilità di vivere un anno di solidarietà, altruismo e cambiamento all’interno di un percorso di crescita umana e professionale.

Info
& Aggiornamenti

 

Oltre 100 Minori Stranieri Non Accompagnati avvicinati con il progetto “M’interesso di te”

Nei primi tre mesi del progetto “M’interesso di te”, pensato per contenere il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati, sono stati contattati 106 minori, 26 organizzazioni pubbliche e private e l’equipe educativa ha realizzato 53 uscite per mappare il territorio. M’interesso di te, realizzato da Salesiani per il Sociale grazie al fondo beneficenza di “Intesa San Paolo”, si svolge a Torino, Napoli e Catania nei quartieri limitrofi alle grandi stazioni.

Le attività del progetto sono portate avanti dalla rete composta da educatori di strada, psicologi e volontari che garantiscono subito a ciascun ragazzo intercettato, sostegno e protezione.

In una seconda fase, questa rete offre ai ragazzi intercettati la possibilità di seguire un corso di lingua italiana, di ricevere assistenza legale per l’iter di riconoscimento, di acquisire competenze professionali e inserirsi nel mondo del lavoro.

I DATI

Nel primo trimestre di attività sono state realizzate da parte dell’equipe educativa 53 uscite nel territorio (con l’obiettivo di mappare il territorio, conoscere i luoghi di incontro e ritrovo di minori, avviare i primi agganci), sono stati contattati 106 minori non accompagnati per lo più fuori dai circuiti dell’assistenza, sono state contattate 26 organizzazioni pubbliche e private (servizi sociali, forze polizia, associazioni e cooperative che operano per la tutela dell’infanzia).
I servizi erogati in questo periodo, invece, hanno riguardato la mediazione sociale (61 ragazzi), l’accoglienza bassa soglie a screening socio educativo (19 persone), la prima alfabetizzazione della lingua italiana (19 persone), l’educativa di strada (127 persone), sostegno a qualificazione professionale e inserimento lavorativo (6 persone) e supporto relazionale e tutor legale (4 persone).

LE STORIE

Mujtaba, Bobacar, Famana, Abdoulaye: alle spalle hanno storie di violenza, qualcuno anche di carcere, di povertà e di grande sofferenza. Famiglie lasciate alle spalle, senza avere più alcuna notizia. Come Abdoulaye, appena maggiorenne, che ha lasciato la sorella piccola in Gambia con dei parenti. È scappato in Libia e da lì, dopo il carcere, è arrivato in Italia. Non ha più notizie della sorella. Anche Famara è scappato dal Gambia con una zia e i suoi fratelli più piccoli: prima tappa il Senegal, poi da solo si è imbarcato ed è arrivato a Catania. Bobacar, invece, rimane orfano di entrambi i genitori e deve badare alle sorelle: ne perde una per le conseguenze dell’infibulazione, scappa con l’altra in un villaggio vicino ed è ricercato. Fugge allora in Libia, dove è costretto a rubare per sfamare sé stesso e la sorella: arrestato, in carcere subisce violenze e torture. Durante la detenzione, muore anche l’altra sorella.

Salesiani per il sociale – Federazione SCS/CNOS è impegnata da diversi anni per dare risposte concrete al fenomeno migratorio, tutelando, in particolare, i minori stranieri non accompagnati. Sono cinque le sedi che attualmente operano nella prima accoglienza di msna con un’utenza di circa 160 posti (mentre 18 sedi sono attive nella seconda accoglienza).

 

 

Don Ricca: una Pastorale che abbia «l’odore dei detenuti»

Come coinvolgere i giovani detenuti che popolano le carceri italiane e gli Istituti di pena minorili nel cammino del Sinodo dei giovani? Una delle domande dell’intervista a Don Domenico Ricca, cappellano del «Ferrante Aporti» di Torino, realizzata dalla redazione de La Voce E Il Tempo, in edicola domenica 6 Maggio 2018, a cura di M. Lomunno. Buona Lettura!

INTERVISTA – IL CAPPELLANO DEL «FERRANTE APORTI» E IL COINVOLGIMENTO DEI RECLUSI DEGLI ISTITUTI DI PENA MINORILI NEL CAMMINO DEL SINODO DEI GIOVANI

«I giovani hanno bisogno non di un’idea, ma di un sentimento, di
un’emozione che fa fatica a tradursi in operatività, in voglia di cambiare»

Come coinvolgere i giovani detenuti che popolano le carceri italiane e gli Istituti di pena minorili nel cammino del Sinodo dei giovani? Lo chiede, a nome dei cappellani degli Istituti penali per i minori, don Raffaele Grimaldi, Ispettore generale dei cappellani, in una lettera inviata nei giorni scorsi agli incaricati degli Uffici di pastorale giovanile delle diocesi italiane. Scrive don Grimaldi: «Il Sinodo può essere l’inizio di un progetto di collaborazione tra il Servizio di pastorale giovanile diocesano e la realtà dell’Istituto penale per minori e delle carceri… Un seme che nasce in questa occasione può diventare il segno di un cammino comune che va avanti in tempi ordinari. I giovani che escono dal carcere hanno bisogno di aiuto concreto, sono essi stessi ‘opere segno’ di cui tanto si parla nella Chiesa. Hanno bisogno di casa, lavoro ma soprattutto di accoglienza nelle nostre comunità».

Abbiamo chiesto a don Domenico Ricca, salesiano, da 38 anni cappellano del carcere minorile torinese «Ferrante Aporti» di commentare queste sollecitazioni, convinti, come più volte richiama papa Francesco, che la pastorale
giovanile deve rivolgersi a tutti, non a «categorie» di giovani siano essi neet, lavoratori, educatori parrocchiali, universitari, disoccupati, stranieri, detenuti…

Durante il Giubileo della misericordia il nostro Arcivescovo ha aperto una Porta santa anche nella cappella del «Ferrante Aporti», nell’intento di far sentire i ragazzi ristretti parte di una comunità. Ora voi cappellani proponete di rendere parte attiva i vostri ragazzi nel Sinodo dei giovani. Quale pastorale giovanile è possibile dietro le sbarre e come parlare ai detenuti di un Sinodo dedicato anche a loro?

L’apertura di una Porta santa al «Ferrante Aporti» è stato certamente un evento di alto valore simbolico, oserei dire
più per la comunità diocesana che per i ragazzi. Il messaggio dell’Arcivescovo era rivolto ai ragazzi per testimoniare loro che in Gesù trovano sempre la misericordia, ma soprattutto un «avvocato», parola che a loro, in quanto detenuti, parla direttamente, che li ascolta, li accoglie. Sulla porta della cappella del nostro carcere c’è il Buon Pastore, quell’affresco  datato II secolo d.C., dipinto su una volta delle catacombe di San Callisto a Roma. La scorsa domenica, dedicata appunto al Buon Pastore, è stata oggetto delle nostre riflessioni durante la Messa con i ragazzi del «Ferrante». Abbiamo anche condiviso l’immagine del pastore di papa Francesco che, nella Messa del Crisma del 28 marzo del 2013, invitava i sacerdoti a «essere pastori con ‘l’odore delle pecore’». «Questo io vi chiedo», ha detto il Papa, «siate pastori con ‘l’odore delle pecore’, che si senta quello». Per questo, venendo alla domanda «quale pastorale giovanile è possibile dietro le sbarre», oserei rispondere: una pastorale giovanile che abbia «l’odore dei detenuti», dei ragazzi minorenni e giovani adulti in attesa di giudizio o in sconto pena. Un pubblico variegato, multi-
forme, complesso, ma sempre adolescenti. Occorre prendere il loro odore, che è lo stesso delle periferie esistenziali, delle comunità per minori e delle accoglienze dei minori stranieri non accompagnati.

Come coinvolgere, secondo la sua esperienza, la Pastorale giovanile nelle carceri (non solo minorili: i giovani stanno anche delle carceri degli adulti), che tipo di percorsi di fede si possono pensare per i ristretti «giovani» tenendo conto anche delle diverse religioni della popolazione carceraria?

Nella lettera che lancia l’iniziativa del Sinodo dietro le sbarre, l’Ispettore generale dei cappellani delle carceri, don Raffaele Grimaldi, a nome di noi cappellani richiama come il Sinodo possa essere l’inizio di un progetto di collaborazione tra il Servizio di pastorale giovanile diocesano e la realtà degli Istituti penali per minori. Una collaborazione che non si estingua con l’evento Sinodo, ma che duri nel tempo. Certo, nel tempo i ragazzi cambiano: i nostri cancelli sovente per i più sono dei tornelli. Ma la comunità cristiana, la Pastorale giovanile, non può essere un tornello di ingresso e di uscita veloce. Se vuole avere senso e significato deve garantire continuità, anche piccola, come quei ragazzi che animano da più anni la nostra Messa festiva al «Ferrante», magari sottraendo qualcosa al loro oratorio. Ma non è un sottrarre, è un aggiungere.

L’immagine scelta per il Sinodo è quella del discepolo amato: come trasmettere dietro le sbarre questa certezza, e che cioè Gesù ama tutti i giovani indistintamente e che è in qualche modo dietro le sbarre, è il loro «difensore»?

Questione difficile e poco verificabile, per la diversità dei linguaggi, per la multiformità delle simbologie che la storia
di ogni ragazzo porta con sé a partire dal loro Paese, cultura e religione. Non facile anche per i giovani italiani, dove la riscoperta del religioso che è in loro si anima di immagini dei percorsi di catechesi della fanciullezza, di presenze in oratorio a volte, forse, di disturbo, di quello stare sulla porta perché curiosi di un mondo che sprizza gioia, allegria, con la paura di esserne esclusi. Ma anche incapaci di far scelte che durino nel tempo. Sulla porta perché positivamente «presi» da figure di preti, di parroci, forse poco clericali, ma tanto «persone». Preti e suore che sanno amare, che non disdegnano l’odore della strada, della periferia. I giovani hanno bisogno non di un’idea, ma di un sentimento, di un’emozione che fa fatica a tradursi in operatività, in voglia di cambiare. E dove non ce la fa ad arrivare Gesù, ci arriva la figura della Vergine. L’Ave Maria, quell’Ave Maria di don Bosco…

Don Ricca, lei è salesiano e più volte ha spiegato che ha impostato la sua presenza in carcere come quella in un oratorio: come parlerebbe don Bosco del Sinodo dei giovani in carcere?

Don Bosco tornerebbe in prigione, tornerebbe alla Generala… si inventerebbe l’uso dei social. Creerebbe gruppi su Whatsapp e Instagram! Lui che ha inventato le «Letture cattoliche» per rendere accessibile a tutti, specie al ceto popolare, le ricchezze della cultura religiosa e della cultura in generale, cosa non inventerebbe oggi perché ai suoi ragazzi, «i discoli e i pericolanti», non venisse negato il diritto alla bellezza! È la lezione di don Milani: le forme sono del tempo, ma quello che ci ha lasciato è la voglia di rischiare, di chiedere di più, di non sedersi: direbbe papa Francesco «di non condurre una vita mondana». Don Bosco manderebbe in carcere i suoi preti e chierici più ardimentosi, giovani, li sosterrebbe anche nelle loro intemperanze. Ma soprattutto sarebbe padre, amico e fratello dei ragazzi reclusi e ripeterebbe anche oggi il suo monito della «Lettera dei castighi»: «Amateli i ragazzi. Si otterrà di più con uno sguardo di carità, con una parola di incoraggiamento che con molti rimproveri» perché «tutti i giovani hanno i loro giorni pericolosi, e voi anche li avete. Guai se non ci studieremo di aiutarli a passarli in fretta e senza rimprovero».

I giovani che sono in carcere sono l’anello debole di una catena, ma tanti «fuori» sono in preda al disagio e alla ricerca di senso. Come può il messaggio del Sinodo arrivare anche ai giovani che non sanno neppure cos’è un Sinodo e sono lontani dalle nostre parrocchie?

La domanda mi rasserena perché dà voce a tutte le mie perplessità, mi fa sentire meno extraterrestre…Perplessità che poi rimuovo perché temo siano le solite lamentale di chi sta con i giovani, ma non è più giovane, di chi li osserva, li ascolta, li fa parlare. Ma i dubbi permangono, neanche il «classico» antidoto dell’ottimismo salesiano riesce a fugarli. Forse noi siamo troppo abituati a pensieri compiuti, logici, razionali, completi. Ma non è più il parlare dei giovani, il linguaggio dei social, delle abbreviazioni, dei molti errori di ortografia e di sintassi che quando li leggiamo siamo tentati di rimandarli al mittente corretti. Il conversare sullo smarthphone, con le faccine sorridenti o con le
lacrime, con il pollice verso, con gli emoticon e quant’altro… Quando la domenica in parrocchia mi trovo davanti un folto gruppo di ragazzi, allora privilegio il loro linguaggio, l’alfabetizzazione delle verità di fede, la semplicità della narrazione biblica, ma soprattutto cerco con gli sguardi e le domande di capire se hanno capito. Alla fine poi è un predicare che è molto gradito anche agli adulti…

In una parola, dobbiamo correggere il nostro comunicare. La scommessa non è di saper ridire ai ragazzi l’alfabeto della fede, di condividere con loro una nuova grammatica del parlare di Dio e con Dio?

Se non ne siamo consapevoli il nostro sarà solo un balbettìo. Partiamo da questo nuovo alfabeto. L’alfabeto della vita che supera le distanze, i confini e le barriere geografiche, ma anche quelle generazionali.

 

Quale pastorale giovanile è possibile dietro le sbarre?

Si segnala la lettura qui di seguito dell’intervista a cura della giornalista M. Lomunno a don Domenico Ricca, cappellano del carcere minorile torinese «Ferrante Aporti»:

Torino. «Dentro, come fuori, ai giovani bisogna testimoniare il vero amore»

“Oserei dire che c’è bisogno di una pastorale giovanile che abbia “l’odore dei detenuti”, dei ragazzi minorenni e giovani adulti in attesa di giudizio o in sconto pena. Un pubblico variegato, multiforme, complesso, ma sempre adolescenti. Occorre prendere il loro odore, che è lo stesso delle periferie esistenziali, delle comunità per minori e delle accoglienze dei minori stranieri non accompagnati». Risponde così, don Domenico Ricca, salesiano, da 37 anni cappellano del carcere minorile torinese «Ferrante Aporti», alla domanda «quale pastorale giovanile è possibile dietro le sbarre?». E aggiunge: «l’Ispettore generale dei cappellani richiama come il Sinodo possa essere l’inizio di un progetto di collaborazione tra la Pastorale giovanile e gli Istituti penali per minori. Una collaborazione che non si estingua con l’evento-Sinodo, ma che duri nel tempo perché i ragazzi cambiano, i nostri cancelli sovente per i più sono dei tornelli. Ma la comunità cristiana, la pastorale giovanile, non può essere un tornello di ingresso e di uscita veloce. Se vuole avere senso e significato deve garantire continuità, anche piccola, come quei ragazzi che animano da più anni al “Ferrante” la nostra Messa festiva, magari sottraendo qualcosa al loro oratorio. Non è un sottrarre, ma un aggiungere».

Don Ricca, richiamando l’immagine scelta per il Sinodo, il discepolo amato, sottolinea la necessità di trasmettere ai giovani reclusi la certezza che Gesù ama tutti indistintamente: «Per questo, ma non solo in cella, c’è bisogno di suore e di preti, che sanno amare, che non disdegnano l’odore della strada, della periferia».

MSNA: Scuola e avviamento al lavoro ‘legale’, i passi fondamentali per trovare dignità

Si segnala l’approfondimento realizzato dalla giornalista Marina LOMUNNO, nell’edizione di Domenica 15 Aprile de “La Voce e Il Tempo“, circa il convegno «Quale affidamento per i minori stranieri non accompagnati» promosso dall’Anfaa, associazione nazionale famiglie affidatarie, tenutosi sabato 7 aprile 2018 alla Fabbrica delle E del Gruppo Abele.

 

ANFAA-GARANTE INFANZIA – CONVEGNO: IL PIEMONTE PRIMA REGIONE PER RICHIESTE DI TUTORI VOLONTARI DI RAGAZZI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI – A TORINO DAL 2017 14 FAMIGLIE AFFIDATARIE DI MSNA

Minori soli: 600 tutori pronti a prenderli per mano

Ci sono storie di accoglienza di chi, straniero, fugge da una sorte avversa, che fanno onore a Torino da sempre città di immigrazione. E riaccendono la speranza oscurata ogni giorno da tanti fatti di cronaca di dignità calpestate come sta
avvenendo al vicino confine fra Italia e Francia. Mentre al santuario della Consolata si celebravano, sabato 7 aprile,
i funerali della povera Beuty (servizio a pagina 3), presso la Fabbrica delle E del Gruppo Abele un altro volto della solidarietà della città dei santi sociali veniva presentato al folto pubblico intervenuto al convegno «Quale affidamento per i minori stranieri non accompagnati» promosso dall’Anfaa, associazione nazionale famiglie affidatarie, dalla Garante dell’infanzia e adolescenza del Piemonte, Rita Turino, in collaborazione con la Casa dell’affidamento del Comune di Torino. Scopo della mattinata, aperto a tutta la cittadinanza, mettere insieme tutti gli attori istituzionali del territorio e del volontariato per fare il punto e promuovere l’affidamento dei minori stranieri non accompagnati (Msna) come prevede la recente legge n.47 del 2017 e fare il punto sui tutori volontari degli Msna.

E proprio di qui si è partiti perché Torino e il Piemonte, ad un anno dall’entrata in vigore della legge sui Msna, che prevede anche l’istituzione presso il Tribunale dei minorenni della Regione di un albo di tutori volontari che si prendano cura degli adolescenti migranti soli, è al primo posto in Italia con 600 richieste di aspiranti tutori. Inoltre, ha aggiunto da Frida Tonizzo dell’Anfaa, anima del convegno, sono 14 gli affidamenti famigliari di Msna avviati a Torino dal 1 gennaio 2017 ad oggi. «Si tratta» ha precisato Piera Patt della Casa dell’Affidamento  «di 13 maschi e di una ragazza incinta, vittima della tratta, in età compresa tra i 12 e i 18 anni al momento dell’avvio dell’affido».

I ragazzi, tutti provenienti da una precedente accoglienza in comunità, provengono da Egitto, Marocco, Zambia, Albania». Secondo i dati forniti da Marina Merana, dirigente del servizio minori del Comune di Torino nel 2016 erano 541 i Msna (di cui 41 femmine, età media 15-16 anni).

«Questa inattesa disponibilità ‘di genitorialità sociale’» ha detto Anna Maria Baldelli, procuratore della Repubblica presso il Tribunale per il Minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta «è un bel segnale di una società che si apre all’accoglienza per dare spessore ai diritti dei più deboli, in questo caso minori stranieri, senza dimenticare i minori italiani in difficoltà: sono tutti ragazzi in crescita, tutti hanno bisogno di affettività in grado di restituire dignità e civiltà. Sono ragazzi che hanno sulle spalle uno zaino carico di pietre: la rete delle istituzioni preposte che vigila sul servizio di tutori e famiglie affidatarie dà una mano a questi giovani ad alleggerire il peso del loro fardello».

Il Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, organo a cui compete, secondo la nuova legge, l’istituzione dell’elenco e la formazione obbligatoria degli aspiranti tutori di Msna, ricorda che al momento già 100 persone hanno concluso il primo corso di formazione obbligatoria (30 ore) e, dato l’elevato e insperato numero di richieste, nel corso del 2018 ne verranno attivati altri due. «In questi mesi» prosegue Rita Turino «sto proseguendo i colloqui degli aspiranti tutori, devo ancora selezionare 300 persone di ogni provenienza sociale: insegnanti in pensione e in attività, studenti di giurisprudenza, avvocati, medici, impiegati pubblici, single o genitori con figli naturali o adottivi, molti di provenienza associativa o con esperienze di volontariato. Per diventare tutore volontario si deve aver compiuto 25 anni ed essere in possesso di diploma superiore
o laurea». Ora, come dispone la legge, l’elenco dei 100 tutori «diplomati» è stato messo a disposizione del Tribunale dei Minorenni che, come ha precisato Dante Cibinel, giudice del Tribunale per i minorenni ha nominato per 10 tutori che verranno abbinati ad altrettanti ragazzi stranieri non accompagnati. «Compito del tutore» ha proseguito il giudice «è di prendersi cura e rappresentare legalmente il ragazzo o la ragazza, contribuire alla valutazione di dove sia meglio collocarlo per accompagnarlo alla maggiore età tenendo conto che prioritario, rispetto al collocamento in strutture e comunità, è l’affidamento famigliare anche temporaneo per esempio nei fine settimana». In Italia nel 2016 come ha illustrato Federica Altieri, assistente sociale della Pastorale Migranti della diocesi di Torino nel 2016 «sono sbarcati in Italia 25.846 Msna, scesi a 15.779 nel 2017: del 20% di questi si sono perse le tracce e attualmente i posti messi a disposizione dal governo tramite lo Sprar (il Sistema di Protezione per richiedenti asilo e rifugiati) per i Msna al momento è di 3.500. Ecco perché l’intervento dei Servizi sociali, delle diocesi del volontariato sono indispensabili per aiutare i ragazzi a inserirsi nel tessuto sociale senza finire nelle mani dell’illegalità». Conferma don Stefano Mondin, delegato della pastorale giovanile dei salesiani, in prima linea a Torino nell’accoglienza in comunità di Msna e nell’accompagnamento all’autonomia in progetti di housing dei giovani che raggiungono la maggiore età. «I minori migranti non accompagnati e gli adolescenti italiani che accogliamo perché in difficoltà sono accomunati da storie di privazione e di mancanza di affetto. Gli stranieri hanno un problema in più: la differenza culturale e l’esigenza di restituire alla propria famiglia di origine che si è spesso indebitata per farli espatriare le somme investite per il viaggio. Per questo non è semplice accoglierli e far capire loro che la scuola e l’avviamento al lavoro ‘legale’ sono fondamentali per trovare dignità e per sostenere la famiglia rimasta nei paesi d’origine. L’investimento sull’educazione è la nostra sfida ma con la consapevolezza che non tutto può funzionare senza la collaborazione di tutti».

Con “M’interesso di te” al centro i Minori stranieri soli di San Salvario

In edicola, a partire da Sabato 31 Marzo, nella nuova edizione de La Voce e il Tempo, settimanale della diocesi di Torino, si trova il seguente approfondimento – a cura di Stefano DI LULLO – sull’oratorio San Luigi e il progetto denominato “M’interesso di te” – finanziato dalla  Federazione Scs/Cnos, Salesiani per il Sociale, grazie al fondo di beneficienza di Intesa Sanpaolo – che si rivolge, mediante una rete dedicata di educatori e operatori, a quei ragazzi che “non sono mai entrati nelle comunità di accoglienza dedicate, in quanto non vengono intercettati alla frontiera e nei luoghi di sbarco, o che le hanno abbandonate perché troppo ‘strette’ per loro. Di fatto, pur essendo presi in carico dai servizi sociali, si trovano per strada dove vengono adescati nelle reti della criminalità e dello sfruttamento“, come sostiene don Stefano Mondin, direttore della Pastorale giovanile dei Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta. Un progetto teso ad intercettare questi ragazzi sulla strada prima di tutto per accoglierli, ascoltarli e intraprendere con loro un percorso di fiducia che li sostenga e li accompagni.

 

TORINO – ALL’ORATORIO SAN LUIGI HA PRESO IL VIA IL PROGETTO NAZIONALE A SOSTEGNO DEI RAGAZZI MIGRANTI NON ACCOLTI NELLE COMUNITÀ

Minori stranieri soli, a San Salvario
con i Salesiani non più «invisibili»

A Torino si intensifica l’impegno dei Salesiani verso i minori stranieri più fragili, i tanti «invisibili» che vagano per le strade delle città senza alcuna protezione, con il rischio di cadere nei circuiti criminali o di sfruttamento sessuale.

Dopo aver avviato diverse Comunità di accoglienza per minori stranieri non accompagnati (Msna) i Salesiani ora hanno attivato «M’interesso di te», un progetto nazionale partito in forma sperimentale a Torino, Napoli e Catania, finanziato dalla  Federazione Scs/Cnos, Salesiani per il Sociale, grazie al fondo di beneficienza di Intesa Sanpaolo, rivolto ai quei ragazzi migranti soli usciti da qualsiasi servizio di accompagnamento.

In Italia sono oltre 5 mila, a Torino diverse decine, e rappresentano un quato dei minori accolti nelle strutture di accoglienza.

«Si tratta di ragazzi», sottolinea don Stefano Mondin, direttore della Pastorale giovanile dei Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta, «che non sono mai entrati nelle comunità di accoglienza dedicate, in quanto non vengono intercettati alla frontiera e nei luoghi di sbarco, o che le hanno abbandonate perchè troppo ‘strette’ per loro. Di fatto, pur essendo presi in carico dai servizi sociali, si trovano per strada dove vengono adescati nelle reti della criminalità e  dello sfruttamento. Molti di essi vivono in precarie condizioni igieniche in alloggi di fortuna».

Ed ecco un progetto che attraverso educatori e operatori dedicati cerca di intercettare questi ragazzi sulla strada prima di tutto per accoglierli, ascoltarli e intraprendere con loro un percorso di fiducia che li sostenga e li accompagni.

A Torino il piano viene gestito dall’oratorio salesiano San Luigi a San Salvario dove è già presente una Comunità per Msna che ad oggi accoglie 15 ragazzi. Tutto parte da «Spazio Anch’io», la postazione dei Salesiani al Parco del Valentino dove gli educatori tutti i pomeriggi stanno accanto ai ragazzi che si incontrano sulla strada accompagnandoli a riprendere in mano la propria vita. È lì che avviene il primo approccio.

«Il nostro compito», osserva don Mauro Mergola, salesiano, parroco di Ss. Pietro e Paolo e direttore dell’oratorio San Luigi, «è far percepire ai ragazzi che c’è qualcuno che si interessa di loro, che non c’è solo chi se ne approfitta, ma una comunità che  accompagna. Il nostro obiettivo non è dunque quello di portare i minori immediatamente nelle comunità d’accoglienza, ma tempi». Presso l’oratorio Ss. Pietro e Paolo è allestita un’accoglienza diurna dove i ragazzi tutti i giorni possono trovare riparo, un luogo accogliente dove fare due chiacchiere con gli educatori, mangiare qualcosa, fare una doccia, lavarsi i vestiti.

Da lì partono dunque le proposte di partecipazione ai corsi di lingua italiana all’oratorio San Luigi e ai percorsi formativi e di avviamento professionale che il centro giovanile offre.

«Il progetto», conclude don Mergola, «si inserisce tra l’attività di ‘Spazio Anch’io’, informale, l’oratorio sulla strada, e quello strutturato della Comunità di accoglienza per Msna».

25 anni di Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS e nuove sfide per la riforma del Terzo Settore

Anche quest’anno Don Giovanni D’Andrea, presidente di Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS, ha convocato l’Assemblea Ordinaria dei Soci che si terrà a Roma presso la sede di Via Marsala 42, il prossimo 16 marzo 2018.

Il saluto iniziale quest’anno è affidato a Don Stefano Martoglio, superiore regionale dei Salesiani d’Italia e Medioriente.

Durante la prima parte della mattinata apriranno i lavori Don Domenico Ricca, già presidente di Salesiani per il Sociale, insieme al direttore generale della federazione, Andrea Sebastiani. Seguirà la relazione del presidente sulle attività svolte nel 2017.

Nella seconda parte della giornata i partecipanti, divisi in gruppi, affronteranno il tema della Riforma del Terzo Settore con un focus sui cambiamenti previsti dal nuovo Codice e dai singoli decreti.