7/03: Incontro del TESC con Titti Postiglione al Teatro Crocetta

Mercoledì 7 Marzo
ore 9.00-13.00
TEATRO Crocetta – via Piazzi 25, Torino

Il TESC – Tavolo enti Servizio Civile del Piemonte organizza un incontro con Titti Postiglione mercoledì 7 marzo 2018 presso il Teatro Crocetta di Torino rivolto a tutti i volontari del Servizio Civile Nazionale del Piemonte e Valle d’Aosta degli Enti aderenti. Si stima una presenza di oltre 450 giovani.

L’incontro del mattino, facente parte della formazione generale modulo “Protezione Civile” per i volontari in Servizio sarà tenuto dalla Dott.ssa Titti Postiglione, attualmente coordinatore presso il Servizio Comunicazione del Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, e fino alla scorsa estate alla guida dell’Ufficio Emergenze della Protezione Civile: dal 2002, infatti, è in forze alla Protezione Civile italiana, poi passata a gestire situazioni di grande crisi legate soprattutto ai terremoti come quello dell’Aquila del 2009, quello in Emilia del 2012 e del Centro Italia del 2016.

Programma

Ore 9 Registrazione partecipanti

Ore 9.30-10.30 Intervento introduttivo al tema “Protezione Civile”

Ore 10.45-13 Intervento dott.sa Titti Postiglione

Un’interessante occasione, quella messa a disposizione dal TESC, per conoscere una donna determinata, spigliata e sicura di sé con una vita in prima linea – con un dottorato di ricerca in geofisica e vulcanologia all’Università Federico II di Napoli – che è riuscita non solo a mettere in moto la macchina dei soccorsi per le vittime dei terremoti, ma anche a comunicare in maniera chiara le informazioni vitali che, in quei casi drammatici, necessitano di assoluta risolutezza.

Nel pomeriggio dalle 14 alle 18 segue l’incontro formativo sul modulo “Rappresentanza nel Servizio Civile”. Intervengono: Licio Palazzini (Presidente Cnesc e componente Consulta Nazionale), Umberto Forno (Presidente TESC Piemonte), i rappresentanti dei Volontari della Regione Piemonte.

TESC è un coordinamento di Enti di servizio civile e intende consolidare e sviluppare la rete di risorse e competenze costituita dagli enti del pubblico e del privato sociale del territorio regionale che si riconoscono nei valori di riferimento dello statuto dell’associazione, al fine di qualificare e valorizzare le possibilità educative, sociali e civili, potenzialmente contenute nell’esperienza di servizio civi

«Perché soffrono i bambini? Non c’è una risposta umana». Ecco le risposte di Papa Francesco alle domande di un gruppo di orfani

Diffusi i contenuti del dialogo del 4 gennaio tra il Papa e un gruppo di orfani romeni aiutati dalla Ong “FDP protagonisti nell’educazione”. «Perché soffrono i bambini? Non c’è una risposta umana». «Neanche di Giuda possiamo dire che non sia andato in Cielo»

Di seguito, la trascrizione delle risposte del Papa alle domande dei ragazzi:

Udienza ai ragazzi romeni aiutati dalla ONG
“FDP protagonisti nell’educazione”

Papa Francesco: Cari ragazzi, cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per questo incontro, e per la confidenza con cui mi avete rivolto le vostre domande, in cui si sente la realtà della vostra vita. Ho qui le vostre domande, che avevo già letto. Ma prima di rispondervi vorrei ringraziare con voi il Signore perché siete qui, perché Lui, con la collaborazione di tanti amici, vi ha aiutato ad andare avanti e a crescere. E insieme ricordiamo tanti bambini e ragazzi che sono andati in cielo: preghiamo per loro; e preghiamo per quelli che vivono in situazioni di grande difficoltà, in Romania e in altri Paesi del mondo. Affidiamo a Dio e alla Vergine Madre tutti i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze che soffrono per le malattie, le guerre e le schiavitù di oggi.

E ora vorrei rispondere alle vostre domande. Lo farò come posso, perché mai si può rispondere del tutto a una domanda che viene dal cuore. In queste domande la parola che voi usate di più è “perché?”: ci sono molti “perché?”. Ad alcuni di questi “perché?” posso dare una risposta, ad altri no, solo Dio può darla. Nella vita ci sono tanti “perché?” ai quali non possiamo rispondere. Possiamo soltanto guardare, sentire, soffrire e piangere.

Prima domanda:

Perché la vita è così difficile e
tra noi amici litighiamo spesso?

E ci imbrogliamo? Voi preti ci dite di andare in Chiesa,
ma immediatamente quando usciamo sbagliamo
e commettiamo peccati.
Allora perché sono entrato in Chiesa?
Se io considero che Dio è nel mio animo,
perché è importante andare in Chiesa?

Papa Francesco: I tuoi “perché?” hanno una risposta: è il peccato, l’egoismo umano: per questo – come dici tu – “litighiamo spesso”, “ci facciamo del male, ci imbrogliamo”. Tu stesso lo hai riconosciuto, che anche se andiamo in Chiesa, poi sbagliamo ancora, rimaniamo sempre peccatori. E allora giustamente tu ti domandi: a cosa serve andare in chiesa? Serve a metterci davanti a Dio cosi come siamo, senza “truccarci”, cosi come siamo davanti a Dio, senza trucco. A dire: “Eccomi, signore, sono peccatore e ti chiedo perdono. Abbi pietà di me”. Se io vado in chiesa per far finta di essere una buona persona questo non serve. Se vado in chiesa perché mi piace sentire la musica o anche perché mi sento bene non serve. Serve se all’inizio, quando io entro in chiesa, posso dire: “Eccomi Signore. Tu mi ami e io sono peccatore. Abbi pietà di noi. Gesù ci dice che se facciamo così, torniamo a casa perdonati. Accarezzati da Lui, più amati da Lui sentendo questa carezza, questo amore. Così piano piano Dio trasforma il nostro cuore con la sua misericordia, e trasforma anche la nostra vita. Non restiamo sempre uguali, ma veniamo “lavorati”. Dio ci lavora il cuore, è Lui, e noi siamo lavorati come l’argilla nelle mani del vasaio; e l’amore di Dio prende il posto del nostro egoismo. Ecco perché credo che è importante andare in chiesa: non solo guardare Dio, lasciarsi guardare da Lui. Questo penso. Grazie.

Seconda domanda:

Perché ci sono dei genitori che amano i bambini sani
e invece quelli malati o con problemi no?

Papa Francesco: La tua domanda riguarda i genitori, il loro atteggiamento davanti ai bambini sani e a quelli malati. Ti direi questo: di fronte alle fragilità degli altri, come le malattie, ci sono alcuni adulti che sono più deboli, non hanno la forza sufficiente per sopportare le fragilità. E questo perché loro stessi son fragili. Se io ho una grossa pietra, non posso appoggiarla sopra una scatola di cartone, perché la pietra schiaccia il cartone. Ci sono genitori che sono fragili. Non abbiate paura di dire questo, di pensare questo. Ci sono genitori che sono fragili, perché sono sempre uomini e donne con i loro limiti, i loro peccati e le fragilità che si portano dentro, e magari non hanno avuto la fortuna di essere aiutati quando loro erano piccoli. E così con quelle fragilità vanno avanti nella vita perché non sono stati aiutati, non hanno avuto l’opportunità che abbiamo avuto noi di trovare una persona amica che ci prenda per mano e ci insegni a crescere e a farci forti per vincere quella fragilità. E’ difficile ricevere aiuto dai genitori fragili e a volte siamo noi che dobbiamo aiutarli. Invece di rimproverare la vita perché mi ha dato genitori fragili e io non sono tanto fragile, perché non cambiare la cosa e dire grazie a Dio, grazie alla vita perché io posso aiutare la fragilità del genitore così che la pietra non schiacci la scatola di cartone. Sei d’accordo? Grazie.

Terza domanda:

L’anno scorso è morto uno dei nostri amici che sono rimasti in orfanotrofio.
È morto nella Settimana santa, il Giovedì santo.
Un prete ortodosso ci ha detto che è morto peccatore
e per questo non andrà in Paradiso. Io non credo che sia così.

Papa Francesco: Forse quel prete non sapeva quello che diceva, forse quel giorno quel prete non stava bene, aveva qualcosa nel cuore che l’ha fatto rispondere cosi. Nessuno di noi può dire che una persona non è andata in cielo. Ti dico una cosa che forse ti stupisce: neppure di Giuda possiamo dirlo. Tu hai ricordato il vostro amico che è morto. E hai ricordato che è morto il Giovedì santo. Mi sembra molto strano quello che hai sentito dire da quel sacerdote, bisognerebbe capire meglio, forse non è stato capito bene… Comunque io ti dico che Dio vuole portarci tutti in paradiso, nessuno escluso, e che nella Settimana santa noi celebriamo proprio questo: la Passione di Gesù, che come Buon Pastore ha dato la sua vita per noi, che siamo le sue pecorelle. E se una pecorella è smarrita, Lui la va a cercare finché non la ritrova. E’ così. Dio non se ne sta seduto, Lui va, come ci fa vedere il Vangelo: Lui è sempre in cammino per trovare quella pecorella, e non si spaventa quando ci trova, anche se siamo in uno stato di grande fragilità, se siamo sporchi di peccati, se siamo abbandonati da tutto e dalla vita, Lui ci abbraccia e ci bacia. Poteva non venire ma è venuto per noi il Buon Pastore. E se una pecorella è smarrita, quando la trova se la mette sulle spalle e pieno di gioia la riporta a casa. Io posso dirti una cosa: sono sicuro, conoscendo Gesù, sono sicuro che questo è ciò che in quella Settimana santa il Signore ha fatto con il vostro amico.

Quarta domanda:

Perché noi abbiamo avuto questa sorte?
Perché? Che senso ha?

Papa Francesco: Sai, ci sono “perché?” che non hanno risposta. Per esempio: perché soffrono i bambini? Chi può rispondere a questo? Nessuno. Il tuo “perché?” è uno di quelli che non hanno una risposta umana, ma solo divina. Non so dirti perché tu hai avuto “questa sorte”. Non sappiamo il “perché” nel senso del motivo. Cosa ho fatto di male per avere questa sorte? Non lo sappiamo. Ma sappiamo il “perché” nel senso del fine che Dio vuole dare alla tua sorte, e il fine è la guarigione – il Signore guarisce sempre – la guarigione e la vita. Lo dice Gesù nel Vangelo quando incontra un uomo cieco dalla nascita. E questo si domandava sicuramente: “Ma perché io sono nato cieco?”. I discepoli chiedono a Gesù: “Perché è così? Per colpa sua o dei suoi genitori?”. E Gesù risponde: “No, non è colpa sua né dei suoi genitori, ma è così perché si manifestino il lui le opere di Dio” (cfr Gv 9,1-3). Vuol dire che Dio, davanti a tante situazioni brutte in cui noi possiamo trovarci fin da piccoli, vuole guarirle, risanarle, vuole portare vita dove c’è morte. Questo fa Gesù, e questo fanno anche i cristiani che sono veramente uniti a Gesù. Voi lo avete sperimentato. Il “perché” è un incontro che guarisce dal dolore, dalla malattia, dalla sofferenza, e dà l’abbraccio della guarigione.  Ma è un “perché” per il dopo, all’inizio non si può sapere. Io non so il “perché”, non posso neppure pensarlo; so che quei “perché?” non hanno risposta. Ma se voi avete sperimentato l’incontro con il Signore, con Gesù che guarisce, che guarisce con un abbraccio, con le carezze, con l’amore, allora, dopo tutto il male che potete aver vissuto, alla fine avete trovato questo. Ecco “perché”.

Quinta domanda:

Succede che mi sento sola
e non so che senso abbia la mia vita.
La mia bambina è in affido e
alcune persone mi giudicano che
non sono una buona mamma.
Invece io credo che mia figlia stia bene e
che ho deciso correttamente anche
perché ci vediamo spesso.

Papa Francesco: Sono d’accordo con te che l’affido può essere un aiuto in certe situazioni difficili. L’importante è che tutto sia fatto con amore, con cura per le persone, con grande rispetto. Capisco che spesso ti senti sola. Ti consiglio di non chiuderti, di cercare la compagnia della comunità cristiana: Gesù è venuto a formare una nuova famiglia, la sua famiglia, dove nessuno è solo e siamo tutti fratelli e sorelle, figli del nostro Padre del cielo e della Madre che Gesù ci ha dato, la Vergine Maria. E nella famiglia della Chiesa possiamo ritrovarci tutti, guarendo le nostre ferite e superando i vuoti d’amore che spesso ci sono nelle nostre famiglie umane. Tu stessa hai detto che credi che tua figlia stia bene nella Casa-famiglia anche perché tu sai che lì ci tengono alla bambina e anche a te. E poi hai detto: “Ci vediamo spesso”. A volte la comunità dei fratelli e delle sorelle cristiani ci aiuta così. Affidarsi l’uno all’altro. Non solo i bambini.  Quando uno sente qualcosa al cuore si affida all’amica, all’amico e fa uscire dal cuore quel dolore. Affidarsi fraternamente gli uni agli altri, questo è bellissimo e questo lo ha insegnato Gesù. Grazie.

Sesta domanda:

Quando avevo due mesi di vita
mia mamma mi ha abbandonato in un orfanotrofio.
A 21 anni ho cercato mia madre e
sono rimasto con lei 2 settimane ma
non si comportava bene con me e quindi
me ne sono andato. Mio papà è morto. Che
colpa ho io se lei non mi vuole? Perché lei non mi accetta?

Papa Francesco: Questa domanda l’ho capita bene perché l’hai detta in italiano. Voglio essere sincero con te. Quando ho letto la tua domanda, prima di dare le istruzioni per fare il discorso, ho pianto. Ti sono stato vicino con un paio di lacrime. Perché non so, mi hai dato tanto; gli altri pure, ma tu mi hai preso forse con le difese basse. Quando si parla della mamma sempre c’è qualcosa… e in quel momento mi hai fatto piangere. Il tuo “perché?” assomiglia alla seconda domanda, sui genitori. Non è questione di colpa, è questione di grandi fragilità degli adulti, dovute nel vostro caso a tanta miseria, a tante ingiustizie sociali che schiacciano i piccoli e i poveri, e anche a tanta povertà spirituale. Sì, la povertà spirituale indurisce i cuori e provoca quello che sembra impossibile, che una madre abbandoni il proprio figlio: questo è il frutto della miseria materiale e spirituale, frutto di un sistema sociale sbagliato, disumano, che indurisce i cuori, che fa sbagliare, fa sì che noi non troviamo la strada giusta. Ma sai, questo richiederà tempo: tu hai cercato una cosa più profonda del suo cuore. Tua mamma ti ama ma non sa come farlo, non sa come esprimerlo. Non può perché la vita è dura, è ingiusta. E quell’amore che è chiuso in lei non sa come dirlo e come accarezzarti. Ti prometto di pregare perché un giorno possa farti vedere quell’amore. Non essere scettico, abbi speranza.

Simona Carobene (responsabile dell’iniziativa):

A me ha colpito tantissimo il messaggio in occasione della giornata dei poveri.
Mi ha fatto sobbalzare perché mi sono chiesta “io come guardo i miei ragazzi?”
Alle volte mi accorgo che sono presa dal fare 
e dimentico
perché Gesù ci ha messi insieme.
Occorre che io faccia ancora un cammino di conversione,
e questo cammino è continuo e non può mai essere dato per scontato.
Per questo continuo a seguire i miei ragazzi, perché sono “i miei santi”.
E rimango incollata a Santa Madre Chiesa attraverso il carisma di don Giussani
che è la modalità concreta che mi ha fatto amare Gesù.
Allo stesso tempo però il richiamo del Suo messaggio era molto concreto.
Si parlava di condivisione vera. Ho iniziato a chiedermi se forse
non sia arrivato il momento di fare ancora un passo in più nella mia vita,
di accoglienza e condivisione. È un desiderio del cuore che mi sta nascendo
e che vorrei verificare nel prossimo periodo.
Quali sono i segni da guardare per capire quale è il disegno per me?
Cosa vuol dire vivere la vocazione della povertà fino in fondo?

Papa Francesco: Simona, grazie della tua testimonianza. Sì, la nostra vita è sempre un cammino, un cammino dietro al Signore Gesù, che con amore paziente e fedele non finisce mai di educarci, di farci crescere secondo il suo disegno. E a volte ci fa delle
sorprese, per rompere i nostri schemi. Il tuo desiderio di crescere nella condivisione e nella povertà evangelica viene dallo Spirito Santo: questo non si può comprare, affittare, soltanto lo Spirito è capace di far questo e Lui ti aiuterà ad andare avanti in questa strada nella quale tu e gli amici avete fatto tanto bene. Avete aiutato il Signore a compiere le sue opere per questi ragazzi.

Grazie ancora a tutti voi. Incontrarvi mi ha fatto tanto bene. Vi porto nelle mie preghiere. E mi raccomando, anche voi pregate per me perché ne ho bisogno. Grazie!

Don Giovanni D’Andrea nominato al Consiglio Nazionale del Terzo settore

Si riporta integralmente il testo del comunicato stampa di Salesiani per il sociale – Federazione SCS/CNOS che annuncia l’imminente nomina del proprio presidente, don Giovanni d’Andrea, come membro supplente tra i rappresentanti delle reti associative del Consiglio Nazionale del Terzo Settore, organo previsto dal nuovo Codice del Terzo Settore e dal decreto legislativo n. 112 del 3 luglio 2017.

 

DON GIOVANNI D’ANDREA NOMINATO MEMBRO DEL CONSIGLIO NAZIONALE TERZO SETTORE

 

(Roma, 21 febbraio 2018) – Il prossimo 22 febbraio si riunirà la seduta di insediamento del Consiglio Nazionale del Terzo Settore, organo previsto dal nuovo Codice del Terzo Settore e dal decreto legislativo n. 112 del 3 luglio 2017.

Don Giovanni D’Andrea, presidente di Salesiani per il sociale, è stato nominato membro supplente tra i rappresentanti delle reti associative.

La presenza salesiana all’interno di questo organo è arricchita anche da suor Alessandra Smerilli, Figlia di Maria Ausiliatrice, inserita nella commissione degli esperti.

 

 

M’interesso di te. Per proteggere i minori invisibili

Nel 2017 sono arrivati in Italia 13.418 minori stranieri non accompagnati (fonte: Min. Interno – settembre 2017). Una parte di questi, una volta identificati, diventano irreperibili quindi non sono più rintracciabili nelle strutture in cui sono stati accolti. Minori invisibili che vivono in precarie condizioni igieniche, con difficoltà a procurarsi cibo e vestiti e che trascorrono la notte in alloggi di fortuna. Sono passati dai 1.754 del 2012 ai 6.561 di fine 2016 e rappresentano un quarto dei minori accolti all’interno strutture di accoglienza. A queste cifre vanno aggiunti i msna che non vengono intercettati alla frontiera o nei luoghi di sbarco.

Si tratta di circa 5000 ragazzi invisibili che gravitano attorno alle stazioni centrali delle aree metropolitane italiane e che ogni giorno rischiano di essere coinvolti in attività criminali o in circuiti di sfruttamento sessuale.

Il progetto “M’interesso di te” è stato pensato per contenere questo fenomeno, ricostruendo un rapporto di fiducia con questi ragazzi, condividendo i loro bisogni e tentando di reinserirli nel circuito di accoglienza. Le attività, sostenute grazie al fondo beneficenza di Intesa San Paolo, si svolgono a Torino, Napoli e Catania nei quartieri limitrofi alle grandi stazioni. Una rete composta da educatori di strada, psicologi e volontari che garantiscono subito a ciascun ragazzo intercettato, sostegno e protezione. In una seconda fase, viene offerta loro la possibilità di seguire un corso di lingua italiana, di ricevere assistenza legale per l’iter di riconoscimento, di acquisire competenze professionali e inserirsi nel mondo del lavoro.

 

 

Salesiani per il sociale – Federazione SCS/CNOS è impegnata da diversi anni per dare risposte concrete al fenomeno migratorio, tutelando, in particolare, i minori stranieri non accompagnati.

Sono cinque le sedi che attualmente operano nella prima accoglienza di msna con un’utenza di circa 160 posti (mentre 18 sedi sono attive nella seconda accoglienza). Un appello all’umanità ribadito anche dal rettor maggiore dei salesiani Don Ángel Artime in occasione della sua ultima visita a Napoli:

«Davanti a quegli Stati che parlano di chiusura, noi famiglia salesiana possiamo rispondere scrivendo un’altra pagina di umanità profonda. Con le nostre opere possiamo dimostrare che c’è un altro modo di agire per esempio accogliendo questi giovani, che in cerca di maggiore dignità hanno lasciato la propria terra. Sono convinto che oggi Don Bosco farebbe lo stesso».

 

25 anni di Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS con un nuovo e-book

Ecco il comunicato stampa di Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS, l’associazione non profit voluta e guidata da Salesiani d’Italia, che annuncia la pubblicazione di un e-book dal titolo “Cosa ti direbbe lui? 2 – 10 consigli per i giovani alla #DonBosco maniera” per celebrare il 25esimo anno di fondazione della federazione.

 

– COMUNICATO STAMPA –

10 CONSIGLI DI DON BOSCO RILETTI DA 10 EDUCATORI DI OGGI.
UN E-BOOK PER CELEBRARE 25 ANNI ACCANTO AI GIOVANI PIÙ SOLI

(Roma, 25 gennaio 2018) – Dal prossimo 26 gennaio sarà online il nuovo e-book di Salesiani per il Sociale dedicato alla figura di Don Bosco. “Cosa ti direbbe lui? 2 – 10 consigli per i giovani alla #DonBosco maniera” è una pubblicazione voluta e realizzata dall’ufficio nazionale in occasione della festa del santo dei giovani (31 gennaio) e per celebrare il 25esimo anno di fondazione della federazione. Dieci suggerimenti indirizzati a ragazzi e ragazze d’oggi, riletti in chiave moderna e corredati da canzoni e cortometraggi contemporanei.
Una seconda edizione che non si è fermata a collezionare le citazioni più celebri di San Giovanni Bosco ma è partita da queste per attualizzare dieci imperativi che oggi il santo di Torino avrebbe rivolto ad ogni giovane. La novità di quest’anno è che a scrivere i commenti alle citazioni sono stati dieci educatori di case famiglia e oratori sparsi in tutta Italia: Catania, Casale Monferrato, Cisternino, Torre Annunziata, Verona, Roma, Arese, Prato, Camporeale e Corigliano d’Otranto. «In un Paese in cui i dati sulla povertà educativa minorile sono sempre più allarmanti – si legge nella presentazione – abbiamo voluto dar voce a chi con occhio attento e professionale, vive ogni giorno con questi giovani, incrocia i loro sguardi, li ascolta, e affronta le loro difficoltà. È attraverso il loro impegno che il “sistema preventivo” di Don Bosco prende forma e sostanza, ancora oggi».
“Cosa ti direbbe lui? 2” si inserisce all’interno di due eventi importanti: il 25esimo anno di attività di Salesiani per il Sociale e il Sinodo del prossimo ottobre, indetto da Papa Francesco e con al centro proprio i giovani. Per questo motivo la prefazione è stata curata da don Michele Falabretti, responsabile dell’ufficio nazionale di pastorale giovanile della CEI. «Nessuno di noi ha avuto la fortuna di stringere la mano a San Giovanni Bosco o di vederlo all’opera nel cortile di Valdocco – afferma Falabretti – ma è come se lo avessimo fatto. Don Bosco ci ha, infatti, lasciato la sua storia e qualcosa di scritto: recuperare le sue parole, ci aiuta a tenerlo vicino e a percepire che la sua passione educativa non si è mai spenta. Chiunque viva l’esperienza dell’oratorio non ha potuto, almeno una volta nella vita, evitare di chiedersi: “se fosse qui, cosa direbbe”?».
L’ebook è stato curato da Mariana Ciavarro, pedagogista sociale e cooperatrice salesiana.
La copertina è stata, invece, realizzata dall’illustratrice d’infanzia Stefania Gagliano. L’ebook è scaricabile gratuitamente all’indirizzo www.salesianiperilsociale.it/ebook-consigli in formato epub (per lettori di libri digitali) o in pdf (per dispositivi Windows o Macintosh).

 

 

Il messaggio di Papa Francesco durante la 104° Giornata del Migrante e del Rifugiato.

Domenica 14 gennaio 2018 si è tenuta la 104° Giornata del Migrante e del Rifugiato. Segue il discorso del Santo Padre.

“Accogliere, proteggere, promuovere e integrare
i migranti e i rifugiati”

 

Cari fratelli e sorelle!

«Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,34).

Durante i miei primi anni di pontificato ho ripetutamente espresso speciale preoccupazione per la triste situazione di tanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà. Si tratta indubbiamente di un “segno dei tempi” che ho cercato di leggere, invocando la luce dello Spirito Santo sin dalla mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013. Nell’istituire il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ho voluto che una sezione speciale, posta ad tempus sotto la mia diretta guida, esprimesse la sollecitudine della Chiesa verso i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le vittime della tratta.

Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43). Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essere umano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca di un futuro migliore. Tale sollecitudine deve esprimersi concretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria: dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno. E’ una grande responsabilità che la Chiesa intende condividere con tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà, i quali sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie possibilità.

Al riguardo, desidero riaffermare che «la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare».

Considerando lo scenario attuale, accogliere significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione. In tal senso, è desiderabile un impegno concreto affinché sia incrementata e semplificata la concessione di visti umanitari e per il ricongiungimento familiare. Allo stesso tempo, auspico che un numero maggiore di paesi adottino programmi di sponsorship privata e comunitaria e aprano corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili. Sarebbe opportuno, inoltre, prevedere visti temporanei speciali per le persone che scappano dai conflitti nei paesi confinanti. Non sono una idonea soluzione le espulsioni collettive e arbitrarie di migranti e rifugiati, soprattutto quando esse vengono eseguite verso paesi che non possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali.Torno a sottolineare l’importanza di offrire a migranti e rifugiati una prima sistemazione adeguata e decorosa. «I programmi di accoglienza diffusa, già avviati in diverse località, sembrano invece facilitare l’incontro personale, permettere una migliore qualità dei servizi e offrire maggiori garanzie di successo». Il principio della centralità della persona umana, fermamente affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI, ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale. Di conseguenza, è necessario formare adeguatamente il personale preposto ai controlli di frontiera. Le condizioni di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, postulano che vengano loro garantiti la sicurezza personale e l’accesso ai servizi di base. In nome della dignità fondamentale di ogni persona, occorre sforzarsi di preferire soluzioni alternative alla detenzione per coloro che entrano nel territorio nazionale senza essere autorizzati.

Il secondo verbo, proteggere, si declina in tutta una serie di azioni in difesa dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio. Tale protezione comincia in patria e consiste nell’offerta di informazioni certe e certificate prima della partenza e nella loro salvaguardia dalle pratiche di reclutamento illegale. Essa andrebbe continuata, per quanto possibile, in terra d’immigrazione, assicurando ai migranti un’adeguata assistenza consolare, il diritto di conservare sempre con sé i documenti di identità personale, un equo accesso alla giustizia, la possibilità di aprire conti bancari personali e la garanzia di una minima sussistenza vitale. Se opportunamente riconosciute e valorizzate, le capacità e le competenze dei migranti, richiedenti asilo e rifugiati, rappresentano una vera risorsa per le comunità che li accolgono. Per questo auspico che, nel rispetto della loro dignità, vengano loro concessi la libertà di movimento nel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accesso ai mezzi di telecomunicazione. Per coloro che decidono di tornare in patria, sottolineo l’opportunità di sviluppare programmi di reintegrazione lavorativa e sociale. La Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo offre una base giuridica universale per la protezione dei minori migranti. Ad essi occorre evitare ogni forma di detenzione in ragione del loro status migratorio, mentre va assicurato l’accesso regolare all’istruzione primaria e secondaria. Parimenti è necessario garantire la permanenza regolare al compimento della maggiore età e la possibilità di continuare degli studi. Per i minori non accompagnati o separati dalla loro famiglia è importante prevedere programmi di custodia temporanea o affidamento. Nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita. La apolidia in cui talvolta vengono a trovarsi migranti e rifugiati può essere facilmente evitata attraverso «una legislazione sulla cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale». Lo status migratorio non dovrebbe limitare l’accesso all’assistenza sanitaria nazionale e ai sistemi pensionistici, come pure al trasferimento dei loro contributi nel caso di rimpatrio.

Promuovere vuol dire essenzialmente adoperarsi affinché tutti i migranti e i rifugiati così come le comunità che li accolgono siano messi in condizione di realizzarsi come persone in tutte le dimensioni che compongono l’umanità voluta dal Creatore. Tra queste dimensioni va riconosciuto il giusto valore alla dimensione religiosa, garantendo a tutti gli stranieri presenti sul territorio la libertà di professione e pratica religiosa. Molti migranti e rifugiati hanno competenze che vanno adeguatamente certificate e valorizzate. Siccome «il lavoro umano per sua natura è destinato ad unire i popoli», incoraggio a prodigarsi affinché venga promosso l’inserimento socio-lavorativo dei migranti e rifugiati, garantendo a tutti – compresi i richiedenti asilo – la possibilità di lavorare, percorsi formativi linguistici e di cittadinanza attiva e un’informazione adeguata nelle loro lingue originali. Nel caso di minori migranti, il loro coinvolgimento in attività lavorative richiede di essere regolamentato in modo da prevenire abusi e minacce alla loro normale crescita. Nel 2006 Benedetto XVI sottolineava come nel contesto migratorio la famiglia sia «luogo e risorsa della cultura della vita e fattore di integrazione di valori». La sua integrità va sempre promossa, favorendo il ricongiungimento familiare – con l’inclusione di nonni, fratelli e nipoti –, senza mai farlo dipendere da requisiti economici. Nei confronti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati in situazioni di disabilità, vanno assicurate maggiori attenzioni e supporti. Pur considerando encomiabili gli sforzi fin qui profusi da molti paesi in termini di cooperazione internazionale e assistenza umanitaria, auspico che nella distribuzione di tali aiuti si considerino i bisogni (ad esempio l’assistenza medica e sociale e l’educazione) dei paesi in via di sviluppo che ricevono ingenti flussi di rifugiati e migranti e, parimenti, si includano tra i destinatari le comunità locali in situazione di deprivazione materiale e vulnerabilità.

L’ultimo verbo, integrare, si pone sul piano delle opportunità di arricchimento interculturale generate dalla presenza di migranti e rifugiati. L’integrazione non è «un’assimilazione, che induce a sopprimere o a dimenticare la propria identità culturale. Il contatto con l’altro porta piuttosto a scoprirne il “segreto”, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad una maggior conoscenza reciproca. È un processo prolungato che mira a formare società e culture, rendendole sempre più riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini». Tale processo può essere accelerato attraverso l’offerta di cittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici e di percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti che possano vantare una lunga permanenza nel paese. Insisto ancora sulla necessità di favorire in ogni modo la cultura dell’incontro, moltiplicando le opportunità di scambio interculturale, documentando e diffondendo le buone pratiche di integrazione e sviluppando programmi tesi a preparare le comunità locali ai processi integrativi. Mi preme sottolineare il caso speciale degli stranieri costretti ad abbandonare il paese di immigrazione a causa di crisi umanitarie. Queste persone richiedono che venga loro assicurata un’assistenza adeguata per il rimpatrio e programmi di reintegrazione lavorativa in patria.

In conformità con la sua tradizione pastorale, la Chiesa è disponibile ad impegnarsi in prima persona per realizzare tutte le iniziative sopra proposte, ma per ottenere i risultati sperati è indispensabile il contributo della comunità politica e della società civile, ciascuno secondo le responsabilità proprie.

Durante il Vertice delle Nazioni Unite, celebrato a New York il 19 settembre 2016, i leader mondiali hanno chiaramente espresso la loro volontà di prodigarsi a favore dei migranti e dei rifugiati per salvare le loro vite e proteggere i loro diritti, condividendo tale responsabilità a livello globale. A tal fine, gli Stati si sono impegnati a redigere ed approvare entro la fine del 2018 due patti globali (Global Compacts), uno dedicato ai rifugiati e uno riguardante i migranti.

Cari fratelli e sorelle, alla luce di questi processi avviati, i prossimi mesi rappresentano un’opportunità privilegiata per presentare e sostenere le azioni concrete nelle quali ho voluto declinare i quattro verbi. Vi invito, quindi, ad approfittare di ogni occasione per condividere questo messaggio con tutti gli attori politici e sociali che sono coinvolti – o interessati a partecipare – al processo che porterà all’approvazione dei due patti globali.

Oggi, 15 agosto, celebriamo la solennità dell’Assunzione di Maria Santissima in Cielo. La Madre di Dio sperimentò su di sé la durezza dell’esilio (cfr Mt 2,13-15), accompagnò amorosamente l’itineranza del Figlio fino al Calvario e ora ne condivide eternamente la gloria. Alla sua materna intercessione affidiamo le speranze di tutti i migranti e i rifugiati del mondo e gli aneliti delle comunità che li accolgono, affinché, in conformità al sommo comandamento divino, impariamo tutti ad amare l’altro, lo straniero, come noi stessi.

Dal Vaticano, 15 agosto 2017

Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria

 

FRANCESCO

Borse-Lavoro per i ragazzi dell’Harambée di Casale Monferrato

La comunità Harambée nasce a Casale Monferrato (AL) nel 1996 con l’obiettivo di accogliere giovani in stato di bisogno. Al suo interno oggi è presente una casa famiglia per ragazzi allontanati dai propri genitori, un centro per minori stranieri soli e un gruppo appartamento per ragazzi maggiorenni. In quest’ultima struttura vengono ospitati giovani che, compiuti i 18 anni, sperimentano percorsi di autonomia: apprendere un mestiere o accedere ad un tirocinio per trovare lavoro, imparare a vivere da soli provvedendo ai propri bisogni o anche saper costruire delle relazioni durature nel tempo.

Per i ragazzi ospiti in una casa famiglia compiere 18 anni non è sempre una festa. La legge, infatti, li obbliga a lasciare la struttura perché capaci di provvedere a sé stessi. Purtroppo, però, non tutti i giovani sono pronti a camminare da soli e hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a costruire il proprio futuro.

Le richieste per accedere al Gruppo Appartamento sono sempre più numerose e molte volte si è costretti a rifiutarle. A questi giovani che si preparano ad affrontare la vita da adulti si vuole garantire tutto il necessario per poter vivere da soli (la spesa quotidiana, visite mediche specialistiche o l’iscrizione a scuola guida). Inoltre, si desidera assicurare loro delle borse lavoro per avviarsi in tirocini all’interno delle aziende presenti sul territorio.

Un lavoro instancabile, dunque, con l’auspicio che questi giovani che dalla vita hanno ricevuto di meno si possa dare un’opportunità per costruirsi un futuro certo!

 

 

Ecco un video che ritrae l’Opera di Casale Monferrato:

I ragazzi di Harambée – Casale Monferrato (AL)

Per i ragazzi ospiti in una casa famiglia compiere 18 anni non è sempre una festa. Non tutti sono pronti a camminare da soli per questo hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a costruire il proprio futuro. Scopri il progetto Harambée di Casale Monferrato » http://bit.ly/casaharambee

Publié par Salesiani per il Sociale – Federazione Scs sur mardi 5 décembre 2017

 

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51° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2017

Giunto alla 51a edizione, il Rapporto Censis interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella fase congiunturale che sta attraversando. Le Considerazioni generali introducono il Rapporto sottolineando come si stia chiudendo un lungo ciclo di sviluppo senza espansione economica, secondo processi a bassa interferenza reciproca, in cui il futuro è rimasto incollato al presente. Ora l’immaginazione e la preparazione del nuovo devono fare leva sul binomio tecnologia-territorio. Nella seconda parte, La società italiana al 2017, vengono affrontati i temi di maggiore interesse emersi nel corso dell’anno, focalizzando i baricentri della ripresa, ma anche i trascinamenti inerziali che vanno maneggiati con cura, con l’obiettivo di ricomporre un immaginario collettivo che sprigioni forza propulsiva e non lasci prevalere nel corpo sociale il rancore e la nostalgia. Nella terza e quarta parte si presentano le analisi per settori: la formazione, il lavoro e la rappresentanza, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media e la comunicazione, la sicurezza e la cittadinanza.

 

Rassegna Stampa:

Formazione Specifica del Servizio Civile Nazionale

Giovedì 7 Novembre  a Torino Valdocco in piazza Maria Ausiliatrice 32, si è tenuta la Formazione Specifica del Servizio Civile Nazionale, organizzata dalla Federazione SCS CNOSSalesiani per il Sociale del Piemonte e della Valle d’Aosta e rivolta ai ragazzi ​del progetto “Tu si che vali”,  il cui obiettivo generale è quello di ridurre e prevenire i fenomeni di bullismo e cyber-bullismo con percorsi educativi finalizzati al miglioramento dell’autostima  e allo sviluppo di un comportamento responsabile e cooperativo nel contesto scolastico.

Il modulo della Formazione Specifica, condotta dall’ ing. Gianluca Toso, aveva come tema quello dell’informazione sui rischi, che i volontari del Servizio Civile affrontano all’interno della sede di attuazione del progetto.
Il Servizio Civile è un’esperienza emozionante e formativa, poiché contribuisce alla creazione di una cittadinanza consapevole e allo sviluppo di una convivenza solidale pacifica e non violenta.
Chi sceglie di impegnarsi per dodici mesi nel Servizio Civile , sceglie di aggiungere un’esperienza qualificante al proprio bagaglio di conoscenze, spendibile nel corso della vita lavorativa, e assicurandosi, nel contempo, una piccola autonomia economica.

Corso di Formazione Generale del Servizio Civile: la comunicazione non verbale tra i giovani

Mercoledì 15 e Giovedì 16 novembre a Torino Valdocco, in via Maria Ausiliatrice 32,  si è svolto il corso di Formazione Generale del Servizio Civile Nazionale e organizzata dalla Federazione SCS CNOSSalesiani per il Sociale del Piemonte e della Valle d’Aosta.
Il modulo formativo, “Corpo Spazio Relazioni”, diviso in due incontri, è stato condotto il mattino da Rosita DeLuigi ricercatore confermato di Pedagogia generale e sociale presso l’Università di Macerata, Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo e docente di Pedagogia interculturale presso l’Università di Macerata; il pomeriggio la formazione è continuata sotto la guida di Rosanna Todisco, responsabile dellUfficio Servizio Civile. Organizzazione, Progettazione, Gestione bando di selezione, Tutoraggio, Formazione.
Il tema affrontato è stato quello della comunicazione non verbale, nello specifico quella affrontata dal volontario del Servizio Civile nel momento in cui si relaziona con altre persone durante il servizio che presta.
Il corso si è concentrato, in particolare, sulla comunicazione tra i più giovani, delineando questa dimensione relazionale  affrontandone  le problematiche: volgere l’attenzione verso se stessi, verso il prossimo e l’ambiente che ci circonda.
Si è sperimentato, in questo modo, l’uso di canali di comunicazione non verbale come strumenti fondamentali della relazione educativa.