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In arrivo il quinto incontro del Percorso Nel Cuore del Mondo a tema interculturalità

Continua il “Percorso Nel Cuore del Mondo” dei giovani partenti, prossimo appuntamento, il quinto, nel weekend del 17-18 febbraio 2024 presso la casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Il tema del giorno sarà l’interculturalità, per prendere consapevolezza del fatto che la cultura che ognuno porta dentro di sé non rappresenta una minaccia per gli altri ma la possibilità di un incontro che ci può rendere nuovi.

L’interculturalità implica perciò interazione, scambio e reciprocità.

Di seguito il programma delle due giornate:

Sabato

  • Ore 15.00: accoglienza
  • Ore 15:30: intervento “La mia cultura”
  • Ore 16:00: visita all’Associazione 2PR (Prevenzione e Promozione)
  • Ore 19:15: rientro alla casa delle FMA
  • Ore 19:45: cena condivisa
  • Ore 20:45: gioco
  • Ore 21:45:  veglia: da Babele a Pentecoste
  • Ore 22:30: buonanotte

Domenica

  • Ore 7:45:  sveglia
  • Ore 8:15: colazione dalle FMA
  • Ore 9:00: S. Messa
  • Ore 10.00: intervallo
  • Ore 10:30: testimonianza di Cosimo Cossu, SDB
  • Ore 11:15:  momento di silenzio
  • Ore 12:00: condivisione
  • Ore 13:00: pranzo
  • Ore 14:00: conclusione del weekend
  • Ore 14.30: partenza

 

Progettare insieme nuovi percorsi: Consulta Nazionale Animazione Missionaria a Valdocco

Il 12 e il 13 novembre si è tenuta a Valdocco la Consulta Nazionale di Animazione Missionaria, un confronto per dialogare e progettare un percorso condiviso che ha visto gli interventi del Signor Cosimo Cossu e Michela Vallarino. Di seguito l’articolo a cura del Comitato Nazionale AM.

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“Perché siamo qui oggi?”

Il 12 e 13 novembre a Valdocco, giovani, FMA e SDB si sono incontrati per un confronto delle diverse attività dell’Animazione Missionaria sul territorio italiano. I giovani, le salesiane e i salesiani presenti fanno infatti parte delle equipe ispettoriali di Animazione Missionaria.

Ventiquattro ore di confronto, testimonianze e gruppi di lavoro per conoscersi, dialogare e progettare un percorso condiviso.

Ad aprire il tavolo di lavoro, la testimonianza del Signor Cosimo Cossu, SdB coadiutore, missionario in Ecuador per 20 anni, e Michela Vallarino, presidente del VIS.

Cosa vi ha portato a lasciare tutto e partire per un’esperienza missionaria? Ve lo dico io. L’Amore.

-Cosimo Cossu

Sapienza, pazienza e speranza, tre parole che hanno accompagnato questo incontro. Essere in grado di leggere il tempo in cui viviamo e comprendere il desiderio dei giovani; saper attendere i frutti di qualcosa seminato da poco; avere fede e renderci conto che noi dobbiamo essere come degli specchi che riflettono l’Amore di Dio per i giovani.

Buonanotte Missionaria Novembre 2022 – Paolo Vaschetto

La Buonanotte Missionaria: un’esperienza concreta in terra di missione per riflettere!

La buonanotte missionaria di questo mese è condivisa dal sig. Paolo Vaschetto, originario dell’oratorio di Bra, missionario in Nigeria e Ghana dal 2001 al 2018 e rientrato a Roma per proseguire i suoi studi a servizio della Congregazione salesiana.

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Due idee sulle missioni

Mi chiamo Paolo Vaschetto e sono un salesiano coadiutore. Ho 53 anni e, al momento, sto conseguendo un Dottorato in Storia della Chiesa all’Università Gregoriana in Roma. Uno studente “un po’ maturo”, con un buon traguardo a portata di mano che mi permette di riqualificarmi e di ripensare in un’altra ottica la mia esperienza pastorale in terra di missione.

Sono stato in terra di missione e precisamente in Nigeria e Ghana dal 2001 al 2018. La mia disponibilità missionaria non è stato frutto di un fulmine a ciel sereno, ma di una riflessione portata avanti nei primi anni di formazione, di un’entusiasmo per la missione che mi sono sempre portato dietro, di una curiosità e voglia di stupirmi e di meravigliarmi che mi è propria… ho affiancato al lavoro in oratorio il servizio dell’amministrazione economica delle case in cui ero, ad Akure in Nigeria (2001-2006) e a Sunyani in Ghana (2006-2011). Quando sono stato assegnato alla casa di post-noviziato a Ibadan in Nigeria (2011-2018) ho aggiunto ai miei “soliti” incarichi anche l’insegnamento di alcune materie nell’ambito della storia e pedagogia salesiana e un progetto di recupero per ragazzi di strada.

Vorrei condividere con voi uno stralcio delle memorie che sto scrivendo quando sono ispirato e libero da altri impegni. Questo è un resoconto del primo impatto con la Nigeria (ottobre 2001). Spero si colgano tanti sentimenti contrapposti che facciano sorridere ma anche pensare…

“Non ricordo problemi particolari di visto nel primo viaggio, ma dal ritiro dei bagagli in poi potrei fare una cronaca minuto per minuto. Il ricordo si fa vivo dall’apertura della porta per uscire dall’aeroporto, una sensazione di tuffo nel vuoto che è indimenticabile. Nell’aeroporto la temperatura era simile a quella dell’aereo e non avevo riscontrato differenze, ma giunto a quella porta, ebbene sì, la differenza era enorme. Una “ventata” mi era arrivata come un assaggio da un passeggero che mi precedeva e per qualche secondo ero rimasto interdetto. È questo il caldo che si respira fuori? Riuscirò a trascinarmi i miei quaranta chili di bagaglio in quell’atmosfera surriscaldata? Quando poi la porta si apre e mi butto fuori tutto diventa vorticoso.

Una marea di persone mi circonda, con un fare non so se minaccioso o di benvenuto, cercando di contendersi il mio bagaglio che difendo a spada tratta. Altri, vedendomi con le mani impegnate sulle maniglie, mi sventolano sotto il naso mazzette incredibili e mai viste prima di soldi nigeriani (naira) e di dollari urlandomi nelle orecchie frasi poco intellegibili ma che contengono parole tipo “Dola”, “Cheng” “Yello”… ma dov’ero capitato? Dopo alcuni attimi probabilmente brevi, ma che mi erano sembrati eterni, vedo un uomo barbuto con una tonaca bianca che si avvicina con fare minaccioso e che si impone su tutti. Era don Matteo che mi aveva individuato in mezzo a quella folla e che mi mostrava subito come ci si deve comportare in una situazione del genere. La migliore difesa è l’attacco, anche perché, da un Europeo, è una reazione che prende in contropiede, fa scattare l’ilarità e quella che prima sembrava una situazione tesa diventa piacevole per tutti, anche per chi si sentiva a disagio.

In un attimo rimaniamo soli, io e don Matteo (che in quel caso si era comportato più da Terence Hill…). Con calma ci avviciniamo a un veicolo mai provato prima e che mi avrebbe accompagnato per migliaia di chilometri, il mitico pick-up diesel, un po’ trattore agricolo e un po’ carrarmato. Anche la tonaca bianca da missionario viene accantonata (scoprirò che in certi frangenti era una specie di lasciapassare) e sudando sette camicie ci buttiamo nel mezzo del traffico serale diretti ad una misteriosa Victoria Island di cui sinceramente non avevo mai sentito parlare prima.

Don Matteo aveva uno stile di guida inusuale, almeno secondo i miei standard precedenti, ma tra incidenti sfiorati all’ultimo istante, pulmini stracarichi all’inverosimile di cose e persone, buio pesto, fumo acre, rumori assordanti di motori e vociare di persone arriviamo nella casa accogliente di una famiglia italiana. Mai avrei pensato che quel primo shock sarebbe poi diventato ordinaria amministrazione. Vivere in Nigeria, me ne sarei reso conto abbastanza presto, è vivere pericolosamente, ma dopo la grande corsa o avventura si approda sempre a un porto sicuro. La gente si prende cura di te, in semplicità si condivide quello che si ha e ci si prepara per il giorno dopo. Lo stereotipo della gazzella e del leone l’ho provato su di me… e tanto stereotipo non è…”

Un altro racconto che mi piace condividere è quello della magia di tre anni (2015-2018) passati nell’ideare, cercare i fondi per e infine costruire e impostare un progetto per ragazzi di strada. Ho ereditato quest’idea prendendomi cura di una dozzina di ragazzi che, presi dalla strada e alloggiati in casa d’affitto, seguivamo nei loro studi e nella loro crescita umana e professionale (di quel gruppo, ormai ragazzi quasi di 30 anni, abbiamo avuto buoni risultati: qualcuno ha messo su famiglia e quasi tutti fanno un lavoro onesto).

Il mio dubbio era: nel post-noviziato non ci starebbe bene una casa con ragazzi di strada? Non sarebbe più significativo per i giovani confratelli studiare con accanto a sé i veri ragazzi poveri e abbandonati? La Provvidenza ha assistito abbondantemente questo sogno e in meno di due anni abbiamo costruito una casa che può accogliere fino a 40 ragazzi con un programma serio di recupero e di reinserimento in famiglie che possano accompagnare una crescita equilibrata di questi giovani in difficoltà. Quando ho lasciato il progetto in buone mani nell’ottobre del 2018, erano già 15 i ragazzi che, “rimessi a posto”, erano tornati in famiglia dopo almeno un anno con noi… la storia continua e il bene non si ferma! E ora, a cosa mi chiama l’obbedienza?

Con il Dottorato in Storia della Chiesa e con un “focus” speciale sulla storia di don Bosco mi metto a disposizione della Congregazione per un lavoro più di riflessione che di attività frenetica e un po’ logorante sul fronte della Missione. Non potevo più permettermi certi ritmi di lavoro e ho avuto la possibilità di tornare su una delle mie passioni che non ho mai abbandonato, cioè la Storia, soprattutto l’insegnamento.

Con la grande esperienza che ho vissuto spero di fare una sintesi di studio che non sia astratta e vaga, ma significativa perché intrisa di passione e di esperienze concrete….

Non è e non sarà facile: devo proprio affidarmi al vostro ricordo nella preghiera perché questo sogno si possa realizzare in pieno!

Paolo Vaschetto

Buonanotte Missionaria Ottobre 2022 – Cosimo Cossu

La Buonanotte Missionaria: un’esperienza concreta in terra di missione per riflettere!

Per questo mese di ottobre, l’esperienza di Cosimo Cossu, coadiutore salesiano missionario per 20 anni in Ecuador, dove ha potuto condividere gli ultimi tre anni della vita di suor Maria Troncatti, poi destinato per 26 anni come guida delle catacombe a Roma e ora a Torino con la comunità generalizia. Un esempio prezioso di slancio missionario vissuto con ardore dove lo Spirito conduce.

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Un caro saluto a ciascuno,

sono Cosimo Cossu, salesiano coadiutore. Ho 83 anni e da giovane ho studiato presso i salesiani di Cumiana. Affascinato dalla vita salesiana, dopo il noviziato a Monte Oliveto, ho fatto la mia prima professione religiosa nella basilica di Maria Ausiliatrice nel 1959. Sentivo fortemente di ricevere un dono non meritato, perché venivo da un paesino sperduto dalla Sardegna a studiare in Piemonte e questa era già una grazia superiore a tutte le mie aspettative.

Durante gli anni di magistero, matura in me il pensiero della vocazione missionaria. Nel novembre 1962 sono partito da Genova per l’Equador dove per 20 anni ho prestato il mio servizio come buon salesiano (o almeno ci provavo), assistente, insegnante di materie tecniche… Tuttavia, dopo tre anni di insegnamento, dissi all’allora ispettore sardo dell’Equador, don Aurelio Pischedda: “mi avete fatto venire qui per fare l’insegnante, cosa che potevo fare anche in Italia.. io voglio andare nella foresta, con i veri missionari”. Lui mi rispose: “Volentieri!” Destinazione Sucua, in piena foresta. Se uno avesse voluto andarci a cavallo o a piedi, da Cuenca, dove ero, ci sarebbero voluti 8 giorni, ma da qualche anno, forse 6 o 7, c’era un ponte aereo che collegava le nostre missioni nella selva con le comunità delle Ande.

Non è merito mio se a Sucua, con un internato di Shuar di 150 ragazzi e 170 ragazze interne ebbi la grazia di vivere per tre anni indimenticabili con la beata Maria Troncatti.

Nelle missioni, per portare avanti un internato così consistente, i ragazzi e le ragazze frequentavano la scuola la mattina e, dal lunedì al venerdì, lavoravano nella selva da dove, con molta facilità (nella foresta la natura è veramente benevola con chi la sa coltivare), si riusciva ad avere l’alimento necessario per il buon funzionamento delle nostre missioni.

Il sabato e la domenica erano giornate molto particolari. Ore sul fiume con i ragazzi piene di giochi (sarebbe un po’ come portare oggi i nostri allo stadio). Al pomeriggio, tutti insieme, ragazzi e ragazzi, si guardava le famose “filmine don Bosco”, col Vangelo della domenica e le storie di avventura che l’EDC di Madrid ci faceva avere. Nella cappella, tutti insieme, salesiani, FMA, ragazzi e ragazze, si faceva le prove di canto, si cantavano i vespri, poi la benedizione eucaristica e la famosa buonanotte che non mancava mai. Come potete vedere, una vita molto semplice, dal nostro punto di vista, ma per un ragazzo o una ragazza Shuar, che non aveva mai visto la luce elettrica (avevamo un generatore), vivere in comunità con tanti amici e amiche, imparare a coltivare la terra, senza bruciare gli alberi, era una cosa fuori dal comune. Lì imparavano inoltre l’allevamento del bestiame, una fonte di guadagno a bassissimo costo per loro.

Tutto questo sfociava, dopo 4 o 5 anni di internato nel matrimonio, durante il quale, nelle possibilità, si offrivano ai futuri sposi due vitelline e un vitello per iniziare una vita matrimoniale. Nello stesso tempo le ragazze avevano imparato a cucinare, a lavare, a cucire, ad avere cura di sé stesse e anche della futura famiglia. Questo avveniva in tutte le nostre missioni. Ogni missione aveva dai 200 ai 400 ettari di foresta con 100-200-250 capi di bestiame. Questa era la fonte di ricchezza che permetteva di comprare ai ragazzi e alle ragazze vestiti, scarpe, quaderni, libri, sapone e via discorrendo.

La cosa bella che ho potuto vivere è la possibilità di stare in una comunità di 5 confratelli (spagnoli, slovacchi, italiani) e convivere molto da vicino con la comunità delle FMA. Praticamente eravamo una sola grande famiglia. Il mio rapporto con suor Maria Troncatti, da subito, non è stato solo fraterno, ma filiale. Lei era la nostra “nonnina” (abuelita). Ed io per lei ero il “mio Cosmito” (mio Cosimino).

Forse sarò un po’ lungo, ma questo ve lo devo raccontare: Sucua aveva sì e no 300 coloni bianchi, che vivevano all’interno del paesino, mentre gli Shuar erano disseminati nella foresta. Un grande problema si creò quando gli Shuar iniziarono ad abbattere la foresta per seminare prato. I bianchi, ansiosi di guadagni illeciti, iniziarono a speculare sui terreni riuscendo a comprare ettari di pascoli e foresta in cambio anche solo di un fucile.

Padre Juan Shutka, rendendosi conto di questa situazione, riuscì a ottenere dal presidente della repubblica la firma di un decreto ministeriale nel quale si proibiva agli Shuar di vendere terreno ai bianchi. Restava invece la possibilità di venderselo fra di loro. Era la fine della cuccagna! Soluzione per i bianchi? UCCIDERE I PRETI!

Allora i salesiani vivevano tutti in un unico palazzone di tre piani tutto in legno, con un’unica scala di accesso, mentre i ragazzi Shuar, insieme a me, loro assistente, eravamo in un’altra zona. Nel luglio del 1969, circa alle 2:30 del mattino, l’unica scala di accesso viene cosparsa di benzina. L’intento era chiaro: “Questa notte ti faccio vedere come si arrostiscono i preti”.

Una cosa che forse non sapete però della razza Shuar è che hanno la vescica piccola e che quindi, durante la notte, è un continuo viavai per andare in bagno. Questa è stata la salvezza dei miei confratelli. Uno dei ragazzi che tornava dal bagno si accorge del fuoco: “Cosmia, Cosmia – grida – Fuoco!! Fuoco!!”.

È stata una cosa così violenta che, per salvarsi, i confratelli si sono dovuti buttare da un’altezza di 4 metri. Non è morto nessuno, ma in 40 minuti tutto era bruciato. Pensate che il direttore, ancora vivente, mons. Pietro Gabrielli, per la furia delle fiamme, è dovuto fuggire in pigiama, lasciando addirittura i soldi perché non c’era il tempo per fare altro che fuggire.

Il paese di Sucua si è stretto intorno a noi, ragazzi e ragazze, suore… tutti atterriti a contemplare questo spettacolo crudele. Siamo rimasti senza parole, solo tante lacrime.

La mattina, alle 6, un centinaio di Shuar, armati fino ai denti, chiedono al padre Shutka: “A che ora iniziamo a uccidere i bianchi?”. Pensate: era per loro solo questione di ore. Per farli desistere c’è voluta tutta la sapienza che lo Spirito Santo ha potuto inculcare nel cuore di padre Shutka. L’odio era palpabile.

È in questo momento che suor Maria Troncatti torna in un’altra nostra missione, a Macas, dove aveva lavorato per anni e dove si trova il santuario mariano più antico di tutto l’oriente ecuadoriano. Suor Maria non si accorge che anche la direttrice di Macas era entrata fermandosi a poca distanza da lei e così riesce ad ascoltare la supplica di suor Maria alla Madonna: “se per pacificare i bianchi e gli Shuar, hai bisogno di una vittima, prendi me”.

Un mese dopo, deve andare agli esercizi a Quito. Aveva 86 anni e cercò di manifestare i suoi disagi alla direttrice dicendo che può fare gli esercizi anche in casa: le gambe non la reggono, la spesa eccessiva, la fatica,… La direttrice si servì di me per convincerla. Così lei, con due altre suore, finiscono per imbarcarsi su un aereo erroneamente sovraccarico. L’aereo decolla, ma non si alza più di 15 metri dalla pista. Non riesce a prendere quota. Per non sbattere con un’ala contro una palma, fa l’ultima manovra spericolata e si schianta al suolo. I sedili dei passeggeri sono sbalzati fuori e suor Maria Troncatti muore sul colpo. La vittima è stata accettata. Oggi la veneriamo sugli altari.

Dopo 20 anni di missione sono rientrato a Torino e l’ispettore, don Colombo, mi dice: “A Roma, alle catacombe, hanno urgente bisogno di guide spagnole. Vai a dare una mano per un po’, poi vediamo”. È così che sono rimasto 24 anni a San Callisto, la mia seconda missione. Lì ho potuto essere missionario per persone provenienti da tutto il mondo.

Cinque anni fa sono stato operato di maculopatia e l’allora ispettore della romana, don Leonardo Mancini, mi propose di andare alle Camerette di don Bosco a Roma. Quando i confratelli dalla Pisana chiesero il trasferimento al Sacro Cuore, dopo un anno in cui ero rimasto lì con la comunità della parrocchia, il rettor maggiore mi disse: “Tu sei dei nostri, ricordalo!”. Così oggi sono a Torino per via della ristrutturazione del Sacro Cuore e anche qui faccio la guida come posso. E la missione continua…

Un saluto e una preghiera per ognuno di voi da parte di Cosimo e ringrazio l’equipe di Animazione Missionaria ispettoriale di questa bellissima opportunità che mi dà per arrivare al cuore di ciascuno di voi della mia ispettoria di origine. Evviva don Bosco!

Cosimo Cossu