Buonanotte Missionaria Marzo 2024 – Giacomo Bosco, giovane del Movimento Giovanile Salesiano

La Buonanotte Missionaria: un’esperienza concreta in terra di missione per riflettere!

La buonanotte di questo mese è di Giacomo Bosco. Giacomo non è un missionario con lunghi anni di esperienza alle spalle, ma un giovane dell’MGS della nostra Ispettoria che ha investito la sua passione per la storia e per il carisma salesiano sviluppando la sua tesi universitaria sullo studio dei primi numeri del «Bollettino salesiano», dalla sua fondazione fino alla morte di don Bosco. Ne emerge una straordinaria ricchezza.

In breve, Giacomo ci offre uno stralcio del suo lavoro concentrandosi sui racconti delle prime esperienze missionarie cogliendo l’entusiasmo che accompagnava queste spedizioni e la forza con cui riuscivano a suscitare in molti il desiderio di collaborare, ove possibile, anche con l’offerta della propria vita.

L’inizio delle missioni salesiane attraverso i racconti dei primi bollettini salesiani

A cura di Giacomo Bosco

Nell’agosto del 1877 a Valdocco don Bosco pubblicò il primo numero del «Bollettino salesiano».

Il mensile, nato per tenere aggiornati i cooperatori e i confratelli sulle necessità e sulle opere in fieri della Congregazione, nonché sui traguardi raggiunti, divenne un importante strumento per informare sulla situazione delle missioni, invogliando diversi sacerdoti e figlie di Maria Ausiliatrice a partire.

La prima meta delle missioni salesiane raccontate dal Bollettino fu quella dell’America Latina dove si racconta come don Francesco Bodrato e don Giacomo Costamagna furono costantemente impegnati a venire incontro alle numerose richieste che giungevano dalle diverse comunità locali e a garantire conforto, assistenza religiosa e formativo-scolastica non solo agli emigrati italiani ed europei, ma anche ai membri delle comunità autoctone della Patagonia che erano stati assoggettati dal governo argentino. Fu un lavoro non semplice, ma arricchente.

Tra l’estate del 1877 e il gennaio 1888 vennero pubblicate sul Bollettino circa duecento lettere in cui la realtà sudamericana venne descritta come accogliente, caratterizzata da una comunità, autoctona ed emigrata, desiderosa di essere educata e formata nella religione cattolica: il missionario don Giovanni Baccino da Buenos Aires scriveva che ogni giorno era attorniato da una moltitudine di giovani, tra i quindici e vent’anni, che dovevano ancora ricevere la prima comunione e raccontava anche di ragazzi che chiedevano di essere istruiti nel latino per poter diventare anche loro sacerdoti. Il missionario informava anche di come una moltitudine di persone accorresse ogni domenica per la recita del vespro alla chiesa Madre della Misericordia, tanto che molti di coloro che giungevano in ritardo si adattavano ad ascoltare la predica all’esterno.

La popolazione e la politica dimostrarono grande riconoscenza per l’opera salesiana. Alla morte di don Bodrato, superiore dei salesiani in America, furono presenti numerose autorità politiche, ministri e membri del capitolo metropolitano di Buenos Aires, e tutta la comunità religiosa si strinse attorno alla famiglia salesiana per la perdita del superiore: il funerale fu celebrato dall’arcivescovo Federico Aneyros e alla cerimonia parteciparono anche membri di diversi ordini, religiosi di San Francesco, di San Domenico, e della Compagnia di Gesù, segno della riconoscenza per l’opera salesiana.

Chi dunque decideva di partire missionario dall’Italia, trovava in America Latina un ambiente accogliente e “noto”: i primi missionari, infatti, giunti a Buenos Aires nel dicembre del 1875, avevano con coraggio e determinazione riproposto il metodo educativo basato sullo studio, l’allegria e la preghiera, che don Bosco aveva attuato con successo a Valdocco dal 1846: nei centri aperti, come il collegio Pio IX di Almagro a Buenos Aires, i primi laboratori furono quelli di sartoria e calzoleria, falegnameria, legatoria, tipografia ossia gli stessi di Valdocco.

Così come don Bosco si era preoccupato di avere una banda che garantisse un clima sereno e gioioso all’interno dell’oratorio, così aveva fatto anche don Giuseppe Fagnano nella lontana Patagones.

Oltre la volontà di essere testimoni di fede e operatori di bene, la presenza di un ambiente familiare, e la certezza di sapersi confortati e aiutati nei momenti di difficoltà e malattia furono elementi che spinsero molti missionari a partire.

Come il missionario don Paseri, tutti testimoniarono nelle loro lettere, pubblicate sul «Bollettino», la propria serenità: furono felici di aver dato la vita per i giovani e la loro educazione perché, come da desiderio di don Bosco, divenissero buoni cristiani e onesti cittadini.