Lombriasco – Incontro con il Dott. Sergio Capaldo

Si è svolto a Lombriasco il 20 febbraio 2019 l’incontro con il veterinario Sergio Capaldo e gli studenti del triennio del corso di agronomia. Ecco il racconto della giornata attraverso le parola del direttore del centro, don Marco Casanova:

Si è svolto mercoledì 20 febbraio un interessante incontro con il veterinario dott. Sergio Capaldo che da molti anni porta avanti con aziende agricole e collaboratori il tema dell’agricoltura simbiotica. Di cosa si tratta?

Di un’agricoltura sostenibile e rispettosa dell’ambiente basata sulla valorizzazione e l’incremento della naturale simbiosi fra miceti e piante coltivate oltre che sulla contemporanea azione dei batteri utili. Questa simbiosi favorisce molto lo sviluppo dell’apparato radicale con una serie di concreti effetti di carattere agronomico ed ambientale.

L’incontro con gli studenti del triennio, organizzato nell’ambito del corso di agronomia e coltivazioni erbacee ed arboree è stata l’occasione per presentare l’esperienza del dott. Capaldo anche nel consorzio La Granda che ha rilanciato l’allevamento del bovino di razza piemontese con un ritorno al passato sicuramente a beneficio della qualità delle carni, del rispetto della salute del consumatore e dell’ambiente.

Il discorso si è poi ampliato al settore agroalimentare visto l’impegno del dottor Capaldo anche in collaborazione con Slow food. Insomma un incontro a 360 gradi per ragionare su un modo di lavorare nell’agroalimentare con prospettive di futuro decisamente nuove, ma che sono già realtà per molti produttori agricoli, per trasformatori dei prodotti dell’agricoltura, per ristoratori e quindi alla fine per i consumatori stessi.

Dall’Argentina al Don Bosco: due studenti di Buenos Aires in visita a Borgomanero

Pubblichiamo la bella iniziativa scolastica proveniente dalla casa Salesiana di Borgomanero che ha ospitato due giovani provenienti dall’Argentina, Buenos Aires:

Melina e Valentín Maidana Diez, 14 e 16 anni, in Argentina frequentano l’istituto salesiano Pio IX di Buenos Aires. In questo momento la loro scuola è chiusa per le vacanze estive: nell’emisfero sud, naturalmente, le stagioni sono invertite. Insieme alla loro famiglia hanno dunque pensato di investire questo tempo per un’esperienza internazionale, che permetta loro di conoscere altre culture, affinare le loro competenze linguistiche e sperimentare il mondo. Per cinque settimane saranno ospiti di due famiglie di studenti del Don Bosco di Borgomanero e frequenteranno le lezioni dell’istituto salesiano, in Prima e Terza Liceo Economico Sociale.

L’iniziativa è partita proprio dalla famiglia dei due ragazzi argentini: il padre e la madre sono impiegati nello Stato ma proiettati verso l’internazionalismo. Il padre Hernán, fra l’altro, è arbitro di calcio professionista: è stato assistente in occasione dell’ultima finale di coppa del mondo in Russia. Nel giugno scorso la mamma dei ragazzi, Maidana, ha contattato il Don Bosco per chiedere se fosse disponibile a questa ospitalità: «crediamo immensamente nei legami salesiani e nei valori che vengono trasmessi e vissuti quotidianamente – aveva scritto nel messaggio – apprezziamo anche la ricchezza dello scambio e della convivenza con altri esseri umani, quindi contattiamo voi e le altre istituzioni salesiane nel mondo per creare nuovi legami».

L’istituto salesiano è strato felice di accogliere la proposta. La professoressa Maddalena Neale, che ha tenuto i contatti per conto del Don Bosco, ha organizzato lo scambio via Facetime, Due famiglie di studenti del Don Bosco si sono rese disponibili per l’accoglienza: i ragazzi che ospitano, quest’estate, avranno la possibilità di trascorrere un equivalente periodo di cinque settimane nell’istituto di Buenos Aires, ospiti della famiglia di Valentín e Melina.
Il primo impatto dei giovani argentini è stato molto buono: l’accoglienza dei coetanei italiani è stata affettuosa e Valentín e Melina, che frequentano in Argentina corsi ad orientamento informatico, si sono subito sentiti a casa nelle aule informatizzate del Don Bosco. «Il “sogno” – commenta la professoressa Neale – è di poter eventualmente ampliare l’esperienza ad altri studenti, creando una sorta di “gemellaggio” tra le due scuole salesiane».

 

Lombriasco – Treno della memoria per 20 studenti del triennio

Si pubblica un articolo proveniente dall’Istituto Agrario di Lombriasco inerente alla partenza di 20 giovani studenti con il “Treno della Memoria” mercoledi 6 febbraio:

Una ventina di studenti del triennio dell’Istituto Tecnico Agrario sono partiti mercoledì 6 febbraio per vivere l’esperienza del “Treno della memoria” in Polonia lungo l’itinerario previsto fino a giovedì della prossima settimana. Con loro anche un gruppo di studenti di scuole di Carmagnola.

L’iniziativa è stata preparata accuratamente con una serie di incontri per tutti i partecipanti realizzati presso la sede del nostro istituto lungo l’arco di un mese con cadenza settimanale. Analoga iniziativa coinvolgerà a marzo gli allievi di terza media. Ci auguriamo che l’iniziativa possa essere significativa anche per la testimonianza che ragazzi e ragazze potranno portare ai loro compagni al ritorno da questa esperienza realizzata per la prima volta nella nostra scuola.

Articolo a cura di don Marco Casanova.

Salesiani Lombriasco

Lombriasco – Incontri formativi su redditività aziendale

Si pubblica qui di seguito una proposta di attività formative organizzate dall’Istituto Tecnico Agrario “Don Bosco” di Lombriasco che si svolgeranno nelle giornate di giovedi 14 febbraio, giovedi 21 febbraio e giovedi 28 febbraio. Ecco tutti i dettagli:

L’istituto tecnico agrario “don Bosco” di Lombriasco (Torino) ha organizzato alcune mattinate formative aventi a tema:

  • riduzione degli impatti nella concimazione e nelle pratiche fitoiatriche (14 febbraio);
  • sfide imposte dal cambiamento climatico sul reddito aziendale (21 febbraio);
  • condizionalità ed accesso ai fondi comunitari (28 febbraio).

Detti eventi sono stati promossi dalla Regione Piemonte anche in risposta alla procedura d’infrazione avviata dall’Unione Europea, a causa degli inquinamenti da nitrati di origine agricola, riscontrati nelle falde idriche.

Tutti gli incontri prevedono autorevoli interventi da parte dell’Organismo Pagatore Regionale (ARPEA), di vari funzionari regionali afferenti a diversi Assessorati, dell’Università di Torino nonché dell’ARPA Piemonte. Significative saranno, altresì, la testimonianze dirette di agricoltori che, nelle diverse realtà operative, hanno sperimentato con successo nuove tecniche produttive, salvaguardando il reddito ma garantendo sostenibilità ambientale delle produzioni.

Gli incontri sono rivolti in primis agli agricoltori ma altresì ai tecnici agricoli coinvolti a vario titolo nell’assistenza tecnica aziendale (Dottori Agronomi, Periti Agrari, Geometri); per i liberi professionisti sono previsti i crediti formativi.

Auspichiamo una numerosa partecipazione, considerando il pragmatismo che contraddistingue da sempre le iniziative formative della Scuola Agraria Salesiana di Lombriasco, da anni oramai concretamente impegnata anche nella formazione continua agli operatori del settore.

Il Preside –  Marziano Bertino

 

Le sfide della scuola salesiana, oggi

José Miguel Núñez, sdb

Papa Benedetto XVI ha fatto un riferimento insistente, durante il suo Pontificato, all’emergenza educativa che vive l’Europa e ci ha impegnati ad andare “fino alle radici profonde di questa emergenza, per trovare anche le risposte adeguate a questa sfida”. Il Papa emerito ha segnalato due cause “profonde” della crisi: da una parte, “un falso concetto di autonomia dell’uomo” e, d’altra parte, lo scetticismo ed il relativismo. La scuola cristiana nel Vecchio Continente è chiamata ad affrontare queste sfide ed a farlo ricuperando la identità che le è propria per dialogare con la cultura e far risuonare la Buona Notizia di Gesù Cristo nel nostro mondo, questo grande cortile dei gentili, che oggi continua più che mai discutendo di Dio.

La scuola cattolica non può diluirsi nel mare di alternative educative che hanno diritto di cittadinanza nella nostra società occidentale. Nessuna proposta educativa è neutra quando si tratta di comunicare valori e non solo di istruire. E nemmeno lo è la proposta della scuola cattolica che si gioca il suo essere e non essere, precisamente, nella sua identità, in quello di alternativo che può offrire alle famiglie che affidano l’educazione dei loro figli alle nostre istituzioni cercando –questo è sicuro – qualità educativa, però cercando anche (a volte senza saperlo esplicitare) uno stile educativo ed una proposta che aiuti a crescere persone mature, creative e con capacità di trasformare la realtà. La nostra proposta ha la sua ispirazione ed il suo fondamento nel Vangelo liberatore di Gesù Cristo, buona notizia per la vita e per la speranza delle persone. Il nostro quadro di valori si struttura attorno alla rivelazione di Dio e la antropologia che ne deriva. La scuola cattolica deve oggi riconquistare spazi di libertà per esprimere senza mezzi termini la propria proposta nelle nostre società plurali, libere e democratiche.

 

La scuola: un impegno della congregazione

  • Eredi di una lunga tradizione

L’educazione in tempi difficili:

  • Tempi di cambi profondi nella società del secolo XIX in cui Don Bosco porta avanti la sua opera; nasceva una nuova società basata sulla rivoluzione industriale, si passava da una società contadina ad una società urbana, da una società monarchica a quella repubblicana, si stava costruendo l’unità di Italia con tutti i problemi che ciò comportava.
  • Una società in cambiamento, con un forte sviluppo economico che stava generando una nuova classe sociale, la borghesia, a spese di una mano d’opera economica, facilmente reperibile, affamata …
  • Bambini senza scolarizzazione, analfabeti, molti di essi abbandonati od orfani, giovani esclusi dalla realtà sociale, la cui unica preoccupazione era, naturalmente, sopravvivere. Molti di essi, gente da galera.
  • Non doveva essere facile l’educazione. Non lo fu nei primi tempi di Valdocco e nemmeno lo fu quando, consolidata l’opera, il profilo dei destinatari della casa salesiana si “normalizzò”.
  • Ma Don Bosco capì che l’educazione era la principale leva per il cambio possibile in una società in evoluzione. Non speculò, non fece semplicemente assistenza sociale, ma diede impulso a un nuovo modo di intendere la proposta educativa autenticamente rivoluzionaria per il suo tempo. In cosa consisteva la sua originalità? Queste le sue parole:

“Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, e poi sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia necessario, il meritato castigo. Su questo sistema le parole e l’aspetto del Superiore debbono sempre essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti.

Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo più solo quando si tratta di punire o di minacciare. Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle altre prescrizioni.

Diverso e, direi, opposto è il sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare di modo che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l’occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze. Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi”. (Don Bosco, Il Sistema Preventivo, 1877).

  • Una realtà viva

“La presenza salesiana nel campo dell’educazione formale e in particolare nella scuola è una delle più consistenti, significative e diffuse. Nel 2007 la Congregazione era responsabile di 1.208 Istituti scolastici di diversi livelli, con un po’ più di un milione di allievi, soprattutto nella fascia dei preadolescenti, anche se in quest’ultimo sessennio sono notevolmente cresciuti gli allievi delle scuole superiori, e in particolare di quelle di livello universitario. I Salesiani che lavorano nel campo scolastico sono 2286 a tempo pieno e 1364 a tempo parziale, con la collaborazione di una schiera assai grande di laici, quasi 60.000.

La scuola salesiana è una presenza cristiana significativa nel mondo dell’educazione e della cultura; aiuta i giovani a prepararsi dignitosamente per la vita e contribuisce a formare la mentalità ed a trasformare la società secondo i valori umani e cristiani; per questo è uno strumento fondamentale per l’evangelizzazione. In parecchie nazioni dell’Asia o dell’Africa la scuola è sovente l’unica forma di presenza di Chiesa consentita e in essa la comunità cristiana offre una testimonianza di servizio disinteressato ai settori più poveri della società, un ambiente umano permeato dai valori evangelici, come testimonianza silenziosa di Gesù Cristo e anche, per le famiglie cristiane del posto,  come una preziosa opportunità di educare cristianamente i propri figli.

In questi anni la Congregazione ha fatto un notevole sforzo per rinnovare la sua presenza in questo campo” (ACG 407).

  • Una scommessa rinnovata

Presenti nel mondo della scuola, noi salesiani abbiamo raccolto la sfida che ci ha lanciato Benedetto XVI nel Capitolo Generale 26: “Salesiani, affrontate l’emergenza educativa che viviamo in Europa”. Di fronte a questa “emergenza educativa”, Don Bosco ci ispira: educare è accompagnare per sviluppare tutte le potenzialità che come persone possediamo, inseriti nella nostra storia, illuminati dalla storia di Dio, aperti alla trascendenza, coinvolti nella realtà. E questo è ciò che pretendiamo fare in quella piattaforma privilegiata che è la scuola. In Europa i Salesiani curano 252 centri scolastici e 153 centri di formazione professionale nei quali si educano 182.000 allievi in 23 nazioni. La sfida, non c’è dubbio, è enorme. Ispirati dalla proposta liberatrice di Gesù di Nazareth, vogliamo continuare a sviluppare una proposta educativa-evangelizzatrice ben differenziata in una realtà sociale, libera e democratica, come è quella europea. Attraverso di essa, pretendiamo accompagnare persone nel loro processo di maturazione e di sviluppo integrale per incorporare nella società uomini e donne preparati, creativi e capaci di trasformazione. Come voleva Don Bosco, “buoni cristiani ed onesti cittadini”.

La scuola cristiana: una risposta Pastorale

La ragion d’essere di una scuola salesiana è la specificità della sua offerta educativa, chiaramente espressa nel suo proprio progetto educativo ed abilmente fatta conoscere alle famiglie interessate ad offrire ai propri figli una educazione di qualità. A volte abbiamo dato per scontato che l’intorno sociale nel quale le scuole salesiane realizzano il loro lavoro non abbia bisogno di ricevere informazioni su quello che facciamo e sulla finalità che giustifica ciò che facciamo. Ecco quindi una triste realtà: i dirigenti di molte scuole hanno ritenuto che il lavoro di elaborare, applicare, valutare ogni anno i loro progetti educativi non avesse alcuna importanza. Credevano che fosse una pura formalità” (Francesc Riu). Non è una formalità!

  • Identità ed alternativa
  • Una concezione organica della proposta educativo-pastorale

“In particolare, è importante assumere la visione unitaria e organica di una pastorale, centrata sulla persona del giovane e non tanto sulle opere o servizi, superando un settorialismo ancora presente nella pratica di tutti i giorni. Si deve anche irrobustire la dimensione comunitaria dell’azione pastorale che si manifesta soprattutto nell’impegno di costruire l’opera salesiana come una comunità educativo-pastorale, nella quale le persone occupano il centro, prevalgono i rapporti interpersonali, gli elementi di comunione e di collaborazione sulle preoccupazioni gestionali e organizzative. Un altro aspetto sul quale hanno insistito gli ultimi Capitoli è la mentalità progettuale, cioè, considerare l’azione pastorale come un cammino che si va sviluppando gradualmente secondo obiettivi precisi e verificabili, e non tanto come la somma di molteplici interventi e azioni poco collegate tra loro” (ACG 407).

  • La Scuola è – in se stessa – una risposta pastorale

“Si sottolinea l’urgenza attuale dell’impegno evangelizzatore nelle nostre scuole. Ci inseriamo nel panorama dei CFP e delle scuole cattoliche con il patrimonio pedagogico ereditato da San Giovanni Bosco e accresciuto dalla tradizione successiva (cfr. CG21, n.130).

Questa impresa si presenta particolarmente urgente e complessa proprio per i profondi cambiamenti di natura sociale, educativa e culturale in atto nelle nostre società. Occorre che ogni istituzione educativa offra una proposta educativa pastorale, rimanendo aperta ai valori condivisi nei contesti, che promuova l’apertura e l’approfondimento dell’esperienza religiosa e trascendente, e ripensa il “messaggio evangelico”, accettando il confronto vitale con il mondo dei linguaggi e con gli interrogativi della cultura. Perciò:

  • imposta l’intera attività alla luce della concezione cristiana della realtà, di cui Cristo è il centro (cfr. La scuola cattolica, 33);
  • orienta i contenuti culturali e la metodologia educativa secondo una visione di umanità, di mondo, di storia ispirati al Vangelo (cfr. La scuola cattolica, 34);
  • promuove la condivisione dei valori educativo pastorali espressi soprattutto nel PEPS (cfr. La scuola cattolica, 66);  
  • favorisce l’identità cattolica attraverso la testimonianza degli educatori e la costituzione di una comunità di credenti animatrice del processo di evangelizzazione (cfr. La scuola cattolica, 53)” (Quadro di Riferimento della Pastorale Giovanile Salesiana, pag.194).
  • Le conseguenze che derivano dall’ “educare onesti cittadini e buoni cristiani”
  • Educhiamo ed evangelizziamo la cultura

Il modello teologico dell’Incarnazione del Verbo: come il Verbo assume la cultura e da dentro di essa “attraversa” gli elementi di peccato e di morte che si annidano nella medesima cultura, facendo sorgere una “vita nuova” nella risurrezione… allo stesso modo, l’azione evangelizzatrice penetra la cultura, si identifica con essa e fa “morire” gli elementi di oscurità e di peccato per far sorgere una cultura nuova: persone nuove, cittadini attivi, coinvolti, orizzonte culturale di vita per tutti…

  • Andare a fondo nella relazione educazione ed evangelizzazione

È per noi una necessità. Forse troviamo qui il punto nodale che più ci preoccupa: come fare una educazione evangelizzatrice? Qual è la relazione intrinseca tra educazione ed evangelizzazione?

“L’evangelizzazione viene misurata sul terreno umano che incontra. Assume e rigenera la vita quotidiana dei giovani e la loro esigenza di senso e pienezza a quanto accade nel loro mondo. L’evangelizzazione richiede il supporto culturale dell’educazione, poiché orienta alla maturazione in umanità, illumina, propone, interpella la libertà. L’educazione è fondamentale per la costruzione della persona e interessa tutti coloro ai quali sta a cuore il bene dell’uomo. L’evangelizzazione, da parte sua, tutta orientata verso l’uomo vivente, trova efficacia negli approcci pedagogici. Il messaggio cristiano si colloca così in ottica educativa, si offre nella logica di un progetto che favorisca una crescita vera ed integrale. L’evangelizzazione sembra attraversata dalle istanze dell’educazione, ove può risuonare il Vangelo di Gesù Cristo, come condizione perché esso sia accolto nella sua verità”
(
Quadro cit., pag. 61-62).

Come realizzare questo nella scuola? Come vivere senza dissociazioni il nostro essere educatori-evangelizzatori?

  • Evangelizzare la cultura

Il criterio dell’Incarnazione. Il Verbo di Dio, nell’incarnazione, assume con tutte le conseguenze la natura umana. Solo assumendo la storia, dal di dentro di essa, Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione vince definitivamente il peccato e fa sorgere una realtà nuova. L’uomo e l’intera creazione sono liberati dal male, dal peccato, dall’oscurità e dalla morte trasformando definitivamente la storia e facendo di esse una storia di salvezza.

L’avvenimento di Cristo, Figlio di Dio, Salvatore, ci offre un criterio teologico per la nostra prassi pastorale. Già lo aveva annunciato in forma magistrale uno dei migliori teologi del secondo secolo, Ireneo di Lione (130 – 200) quando affermava, nella sua refutazione della Gnosi, che il Verbo incarnato redime l’uomo assumendo realmente la natura umana. Il principio teologico che ne deriva può essere enunciato affermando che quello che non si assume, non può essere redento.

Questo criterio teologico-pastorale ci porta a considerare che una corretta prassi evangelizzatrice dovrà essere inculturata, cioè dovrà assumere la cultura per poter annunciare Gesù Cristo dal di dentro di essa, con l’universo di comprensione, con le categorie e con il linguaggio comprensibili per il destinatario dell’annuncio. In questo senso, la Chiesa delle origini si converte nel modello missionario per noi. L’annuncio del Vangelo ha sempre cercato di inserirsi nella cultura dei destinatari del messaggio e di rendere comprensibile il messaggio della Rivelazione a giudei, greci o romani. Così ha cercato di fare la Chiesa in ogni tempo. Per questo, il Consiglio Vaticano II, riferendosi alla missione evangelizzatrice della Chiesa nel mondo contemporaneo, afferma: “L’adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere la legge di ogni evangelizzazione. Così, infatti, viene sollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di Cristo, e al tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli”.

Ebbene, l’assunzione della cultura non deve essere acritica, ritenendo come buoni tutti gli elementi che la configurano e determinano. Inculturare il messaggio non vuol dire un adeguamento culturale. Effettivamente, in ogni cultura ci sono anche elementi di morte, di oscurità e di peccato. Alla luce del principio teologico dell’Incarnazione del Verbo, è necessario affrontare tutto ciò che va contro l’uomo, la sua libertà, la sua capacità di amare, di essere immagine di Dio. Per questo il Vangelo è stato sempre contro-culturale. La proposta di Gesù, dal di dentro della realtà umana, va controcorrente a molti valori (o anti-valori) imperanti, fa crollare visioni equivoche o ambigue della persona e del mondo, mette in discussione maniere di vivere che non salvaguardano i diritti e la dignità delle persone, al di sopra di strutture o leggi ingiuste, per quanto possano apparire come accettate ed assunte sociologicamente.

Credo che il principio dell’incarnazione abbia un enorme valore per la nostra pastorale giovanile, se questa vuole davvero stimolare il dialogo della fede e della cultura. Ci mette di fronte le sfide di conoscere il mondo giovanile, di penetrare il suo universo, di collocarci interiormente come adulti che condividono ed assumono tutto ciò che di buono la stessa cultura giovanile contiene senza giudizi e condanne. Ma anche ci chiede audacia per proporre alternative critiche di fronte a modi di vivere che non liberano il cuore, che mettono un freno allo sviluppo delle potenzialità delle persone, che esibiscono criteri egoistici o che promuovono una cultura della banalità esistenziale scartando le grandi questioni che ogni essere umano deve affrontare per vivere con senso.

Ho l’impressione che la nostra pastorale giovanile è stata, in certe occasioni, troppo accomodante e poco alternativa. Facciamo un grande sforzo per vincere la causa dei giovani, amiamo quello che essi amano, inculturiamo il messaggio con i linguaggi adeguati (anche il nuovo spazio digitale), ma ci costa fatica proporre quanto di contro-culturale possiede il Vangelo e le sue conseguenze nella forma di vivere di chi davvero voglia seguire Gesù. L’invito e l’impegno sono contundenti: “Il Regno di Dio è qui, convertitevi e credete nel vangelo” (Mc 1,15). O, che è la stessa cosa, trasformare la vita, capovolgere le idee ed i criteri con cui ho condotto la mia vita fino ad ora per entrare nella logica evangelica, tante volte a contropelo di ciò che sembrerebbe normale. La conversione implica una autentica decostruzione culturale per poter far emergere una personalità credente, matura ed equilibrata, anche con la capacità di trasformare la realtà. La mia esperienza di lavoro pastorale in questi anni mi dice che non stiamo ottenendo facilmente che i giovani che partecipano alla nostra proposta giungano ad assumere vitalmente ciò che di radicale ed alternativo possiede il Vangelo. Continua a predominare una certa impalcatura mentale che in non poche occasioni è dissociata dalle opzioni più vitali.

D’altra parte, questo “assumere” la cultura e morire ai suoi elementi di morte, porta con sé una conseguenza importante: far sorgere la novità di Cristo che trasforma la vita delle persone e rinnova il mondo secondo il cuore di Dio. La Buona Notizia di Dio è innovativa, tocca il cuore delle persone, coinvolge in un nuovo modo di vivere l’esistenza e, in essa, le relazioni con gli altri. Il criterio dell’incarnazione illumina la prassi pastorale con i giovani un modo che questa apra dei canali per una trasformazione reale e solidaria della realtà, facendo leva non solo sulla persona ma anche sugli elementi strutturali, sociali e politici. A questo riguardo, la lotta contro le strutture ingiuste, il compromesso sociopolitico o il volontariato solidale saranno alcune delle “strategie-chiave” nell’accompagnamento dei giovani verso la tappa adulta di una fede in costante dialogo con la realtà culturale, testimoniale e credibile.

  • L’educatore – evangelizzatore

Non c’è dubbio che “nelle intenzioni operative di Don Bosco c’è, senza discussioni, il primato dello “spirituale”. Ogni figlio di Dio doveva (e deve) essere accompagnato vero l’incontro con il Signore”. Come lui stesso scrive nel prologo del Il Giovane Provveduto, solo un anno dopo che l’oratorio trovasse una sede stabile a Valdocco (1846): “Miei cari giovani, io vi amo tutti di cuore, e basta che siate giovani perché io vi ami assai (…) Alzate gli occhi, o figliuoli miei, e guardate in alto…”. Non era solo un “manuale di preghiere”, ma una autentica proposta educativa che i primi destinatari dell’Oratorio avevano iniziato a vivere ed a sperimentare. Per Don Bosco si trattava di proporre ai giovani un nuovo stile di vita che li aiutasse a vivere nella virtù ed a servire il Signore con allegria. L’esperienza religiosa che proponeva loro era semplice e “di tutti i giorni”. Alla portata di tutti, era in relazione con il “sistema” e con il modo di vita che i ragazzi trovavano a Valdocco: l’importante non era il punto di partenza, ma il punto di arrivo, cioè fin dove Don Bosco poteva accompagnarli, qualunque fosse il bagaglio con cui ciascuno contava per iniziare il cammino.

In questo senso, è importante ricordare le tre biografie che Don Bosco scrisse tra il 1859 ed il 1864, nella tappa di maturità dell’Oratorio di Valdocco. Secondo il parere di uno studioso come Aldo Giraudo, “sono tra i documenti pedagogici e spirituali più importanti di Don Bosco ed una efficace illustrazione narrativa delle convinzioni e della pratica formativa del Santo (…) Questi scritti ci offrono gli elementi essenziali per comprendere il cuore del messaggio educativo di Don Bosco: la religiosità come centro unificatore e vitale del cammino formativo”.

Detto in altre parole, la “religione” nel sistema preventivo è uno degli elementi ineludibili ed imprescindibili. Significa “fare spazio alla Grazia che salva, coltivare il desiderio di Dio, favorire l’incontro con il Cristo Signore in quanto offre un senso pieno alla vita ed una risposta alla sete di felicità, inserirsi progressivamente nella missione della Chiesa”.

Naturalmente i tempi in cui viviamo sono molto differenti da quelli che si vivevano agli inizi a Valdocco, però alla luce dell’esperienza carismatica del sistemo preventivo possiamo dire che l’educatore con stile salesiano che educa con il cuore di Don Bosco è un credente, un testimone della fede che comunica la allegria del Vangelo liberatore di Gesù Cristo. Per questo affermiamo oggi che condividere carisma e missione porta salesiani e laici ad approfondire ogni volta di più il sistema preventivo di Don Bosco di fronte a tutte le sfide che la cultura attuale e le nuove povertà ci propongono, “per esplicitare le funzioni in ordine al superamento del malessere e della emarginazione giovanili; educazione etica, promozione della dignità della persona, compromesso socio-politico, esercizio della cittadinanza attiva, difesa dei diritti dei minori, lotta contro l’ingiustizia e costruzione della pace. Riconoscendo che nei giovani poveri si trovano apertura e disponibilità al Vangelo, annunciamo loro con coraggio Gesù Cristo e proponiamo loro cammini di fede”.

L’opzione della fede è una proposta in libertà. Naturalmente non tutti i bambini, gli adolescenti ed i giovani dei nostri progetti (o di qualunque delle nostre presenze) vivranno l’esperienza religiosa allo stesso modo. Alcuni non la vivranno nemmeno. Ma è importante la nostra identità. Essere quello che siamo. Essere quello che siamo chiamati ad essere. Ciò che è veramente decisivo oggi non è tanto il risultato della nostra azione quanto l’identità della proposta. Sapere da dove veniamo, chi siamo e verso dove vogliamo camminare. Se le nostre presenze o progetti fossero solo servizi sociali qualificati non avrebbero ragion d’essere ed avremmo adulterato il progetto di Don Bosco. Al contrario, nelle nostre case i giovani sono accolti senza discriminazioni e si offre loro un servizio educativo-pastorale curato e di qualità, li si accompagna con lo stile di Don Bosco, si offre loro una proposta integrale che li aiuti a sviluppare tutte le dimensioni della persona, Tra esse, l’apertura all’esperienza religiosa ed il cammino di fede per chi sia disponibile.

L’educatore con spirito salesiano è un testimone del Dio vivente. Un credente convinto, anche in mezzo alle difficoltà inerenti allo sviluppo del proprio progetto di vita. Disposto a fare un cammino ed a continuare a scoprire e maturare la fede in una comunità di riferimento. Nel rispetto del sentiero che ciascuno percorre esistenzialmente, è una persona aperta alla formazione permanente e disponibile a lasciarsi accompagnare da altri testimoni che camminano insieme a lui e che condividono spirito e missione.

  • Qualità educativa e pastorale
  • Qualificare la proposta, le équipe ed i mezzi   

“In questo campo della formazione pastorale si deve curare molto di più la sistematicità delle proposte, la loro ricaduta nella vita quotidiana delle opere, il coordinamento e la condivisione delle iniziative e dei programmi, un’impostazione secondo il modello della Pastorale Giovanile Salesiana che favorisca una visione più unitaria e integrale della pastorale; si deve curare, inoltre, il lavoro in équipe e in rete, e lo sviluppo di metodologie adeguate per affrontare positivamente la complessità della pastorale e superare il settorialismo”.
(AGC 407).

La scuola salesiana: sistema preventivo in atto

Una rinnovata sensibilità per dare più qualità educativa ed evangelizzatrice alla proposta educativo-pastorale che offriamo nelle nostre opere, attraverso un ripensamento del Sistema Preventivo per adeguarlo alle nuove sfide che presenta il mondo dell’educazione, alle nuove esigenze del lavoro con i giovani a rischio, all’urgenza di rinnovamento dell’evangelizzazione e dell’educazione alla fede (ACG 407).

  • Prima di tutto, le persone

La centralità della persona, la fiducia e la prossimità

  • Nel centro dell’azione educativa c’è il ragazzo. Non ci sono schemi preconcetti né uguali per tutti. Alcune intuizioni educative e la convinzione che in ogni ragazzo ci sono possibilità che bisogna risvegliare: c’è sempre un punto di accesso al bene. L’arte dell’educatore consiste nel saper trovare questo accesso, nel cogliere la misura del passo del ragazzo dal punto e dalla situazione in cui lui si trova: Michele Magone, Francesco Besucco e Domenico Savio. Oggi lo chiameremmo “Adattazione curriculare”. Non c’è nulla di più antieducativo del discriminatorio “caffè per tutti”.
  • L’educazione basata sulla “relazione” educativa: oggi la chiameremmo personalizzazione. Una relazione “dialogica” che si basa sull’affetto. Una relazione educativa che mantiene i “ruoli”. Non è una relazione di colleghi, ma una relazione asimmetrica: di adulto e di giovane. Ma una relazione che si adatta al passo, flessibile, vicina, affettuosa… ma che sempre è un punto di riferimento e che indica un “più lontano”.
  • Ragione, religione ed amorevolezza oltre gli stereotipi
  • “La familiarità genera l’amore, e l’amore, la confidenza…” (Lettera da Roma 1884). Il punto di partenza è la “familiarità”, l’ambiente positivo, la vicinanza, il dare il primo passo, lo spianare il cammino … “Non basta amare, è necessario che si rendano conto che sono amati…” (idem). Quando qualcuno si sente amato, si sblocca, è disposto all’apertura … si può intervenire educativamente.
  • Fiducia nell’educatore e fiducia in se stesso e nelle proprie possibilità: conto su di te …
  • Tutti gli studi attuali sulla “resilienza” confermano che la capacità di cambiamento di un giovane con difficoltà è legata all’incontro con un adulto che ha saputo offrigli uno sguardo di fiducia senza tenere conto del suo passato.
  • Come instaurare questa fiducia? Don Bosco, ben lontano da ricorrere e tecniche educative, solo risponderà: “con l’affetto”. Don Bosco riabilita la componente “affettiva” nella relazione educativa: senza affetto non c’è fiducia, senza fiducia non c’è educazione.
  • La “religione” nella proposta vitale di Don Bosco: come uomo del suo tempo, era convinto che la “religione” migliorasse le persone. Per questo la sua proposta era molto chiara: l’apertura a Dio, la “pratica religiosa”, il comportamento del “buon cristiano” erano assolutamente imprescindibili nel suo modo di concepire l’educazione.

Tradurre oggi il sistema preventivo:

  • Può dare qualche contributo il sistema preventivo di Don Bosco a questa società in cui viviamo ed ai problemi educativi che emergono?
  • Le situazioni socio-economiche e culturali delle nostre nazioni sono molto differenti a quelle di Torino nel secolo XIX. Eppure hanno una caratteristica comune: tutte e due sono società in crisi. Anche la nostra società è una società in cambiamento. Viviamo in un periodo di crisi, segnato da importanti cambi sul piano economico, tecnologico e culturale. Viviamo in una società che molti chiamano post-industriale, post-moderna, post-cristiana … e ciascuno di questi “post” indica un malessere, una stanchezza, la necessità di un cambiamento …
  • Come in ogni epoca di crisi sociale, la questione della trasmissione di “riferimenti” viene suscitata in modo cruciale, ed i problemi della gioventù si manifestano in modo clamoroso, specialmente quelli legati ai fenomeni migratori.

Vicinanza e dialogo en un mondo di solitudini:

  • Difficoltà nella famiglia: separazioni, divorzi, famiglie destrutturate …
  • Ragazzi soli, senza chi si occupi di loro, apparentemente hanno di tutto …
  • Fare il primo passo, immergersi nel loro mondo, comprendere, decifrare …
  • Non imporsi con la forza, ma cercando il “ragionevole” delle cose, cercando di dialogare, cercando di “negoziare”, patteggiare …

Cerca di farti amare più che di farti temere:

  • È la frase di Don Bosco a Don Rua quando lo fece Direttore a Mirabello. Don Rua, un uomo retto, amante dell’ordine e della disciplina… ma imparò dal cuore di Don Bosco.
  • L’autorità dell’educatore non sta nel suo “potere” né nel suo “sapere”. Sta nella sua credibilità e nella capacità di dimostrare affetto…
  • Quando un eduacatore conquista il cuore di un ragazzo, diventa capace di “intervenire” educativamente anche in forma decisa.
  • L’“amorevolezza” è una forma di vivere, un modo di concepire la vita che tocca le relazioni, il modo di situarsi di fronte alle persone. Si esprime nella bontà, nell’accoglienza, nella capacità di empatia, nella capacità di farsi amare… rispettando i ruoli.

Onesti cittadini e buoni cristiani:

  • Don Bosco “si fidò” dei ragazzi e fu capace di responsabilizzarli.
  • Puntò in alto: fece loro una proposta di spiritualità credibile e attuale che li aiutava a crescere e a dare pienezza alla loro vita.

A modo di conclusione

Come risponderebbe Don Bosco alla sfida che la realtà socioeducativa propone alle scuole salesiane dell’Europa?

  1. La costante preoccupazione per la formazione di “onesti cittadini e buoni cristiani” muoverebbe Don Bosco ad adottare le decisioni pertinenti per approfittare di questa nuova opportunità di migliorare la qualità educativa di tutte le sue scuole. Tutto questo senza rinunciare a nessuno dei suoi principi ed attingendo alle nuove possibilità di dotare i loro allievi delle competenze necessarie per la loro inserzione nella società.
  2. Con questi criteri, la risposta di Don Bosco alla nuova sfida educativa non sarebbe altra che programmare ed impulsare la necessaria riqualificazione dei quadri direttivi e del corpo docente delle diverse tappe educative. Programmando questo processo, Don Bosco non penserebbe tanto alle eventuali esigenze derivate dalla legge come piuttosto alla necessità di offrire ai giovani l’educazione che garantisca loro il doveroso esercizio della cittadinanza e, allo stesso tempo, renda agevole il loro incontro con il messaggio del Vangelo di Gesù.
  3. Questo vuol dire che Don Bosco non solo doterebbe le sue scuole delle risorse necessarie perché si compiano rigorosamente le norme stabilite dalle Autorità educative ed assicurino il necessario prestigio sociale, ma farebbe tutto ciò che fosse alla sua portata per fare in modo che i suoi progetti educativi garantiscano la piena realizzazione della sua missione educativa ed evangelizzatrice.
  4. La configurazione attuale delle Ispettorie ed i diversi modelli di direzione e di gestione che si sono generalizzati in molte scuole salesiane obbligano le delegazioni ispettoriali delle scuole ad assumere l’iniziativa nell’impulso del necessario rinnovamento di ciascuna di esse, soprattutto nell’ambito della riqualificazione delle équipe direttive e del corpo docente.
  5. Le scuole salesiane potranno realizzare questo compito nell’ambito dell’autonomia che la legge riconosce loro, ma l’esercizio di questa autonomia richiederà che le loro équipe direttive ricevano l’aiuto adeguato, dal momento che si esigerà loro una qualificazione specifica per il compito che ora viene affidato alle loro mani. Le nostre scuole dovranno avere alla loro portata gli strumenti necessari per fronteggiare questa sfida ed anche si dovrà pensare ad un opportuno disegno di proposte di formazione per tutto il corpo docente.

Valdocco apre la quarta sezione della scuola media

La Voce e il Tempo, sia nella edizione cartacea che in quella online, racconta la crescita e lo sviluppo della Scuola Media di Valdocca. Si ringrazia la giornalista Marina Lomunno e si riporta in calce l’articolo.

Valdocco apre la quarta sezione della scuola media

La prima «Casa dell’educazione» salesiana non conosce crisi di iscrizioni grazie all’attenzione riconosciuta sul territorio alla formazione integrale dei ragazzi e alle famiglie – Ogni mattina nel cortile di Valdocco entrano 700 ragazzi tra allievi delle Medie e del Cnos

In un momento in cui la scuola paritaria, pur svolgendo un servizio pubblico di lato livello, patisce la discriminazione di non essere equiparata a quella statale e quindi deve autosostenersi con le rette delle famiglie, la scuola secondaria di primo grado «Don Bosco» non conosce crisi. Anzi, è in controtendenza: non solo le iscrizioni alle tre sezioni sono state chiuse prima della fine degli «Open day» programmati per il prossimo anno scolastico ma, poiché le richieste sono maggiori all’offerta, si è deciso di aprire una quarta sezione.

Come mai questo boom di iscrizioni?

«Devo dire che la nostra scuola, nonostante le difficoltà di sostentamento delle partitarie e il calo demografico, non ha mai conosciuto calo di iscritti» spiega don Alberto Martelli, direttore della Comunità San Francesco di Sales nella Casa Madre di Valdocco che comprende la Scuola secondaria di primo grado, il Centro formazione professionale Cnos-Fap, l’Oratorio Centro giovanile (il primo oratorio fondato da don Bosco) e la parrocchia Maria Ausiliatrice. «Non abbiamo bisogno di farci pubblicità: la nostra pubblicità migliore è il passa-parola: le famiglie e i ragazzi che si sono trovati bene nelle nostre scuole lo dicono. Credo che uno dei motivi della nostra ‘buona fama’ sia dovuto alla coerenza con quello che ‘promettiamo’ nel nostro progetto educativo e negli ‘open day’».

Don Martelli sottolinea come Valdocco, con oltre 700 ragazzi e ragazze (tra i 330 delle medie e gli allievi dei centri di formazione professionale Cnos-Fap) che ogni mattina varcano la soglia della casa Madre dei salesiani, continua ancor oggi – così come l’ha pensata don Bosco – ad essere la «Casa dell’educazione» dove tutti, «dai più piccoli che escono dalle elementari agli adolescenti che scelgono i nostri corsi professionali» sono accolti dagli insegnanti e dai formatori come in una famiglia. L’ ‘educazione è cosa di cuore’ non è solo uno slogan del nostro santo ma è lo stile con cui noi impostiamo le nostre scuole. E chi entra nelle nostre aule, ragazzi e famiglie, lo percepisce. E anche quando il ciclo di studi finisce, per molti ex allievi, come accade in questi giorni, le feste di don Bosco sono un’occasione per rincontrarsi».

Tra i punti di forza che fanno della scuola media

«Don Bosco» un luogo «dove ci si sente valorizzato, a proprio agio come in una seconda famiglia» prosegue il preside, Davide Sordi «c’è un’ attenzione personale a ciascun allievo, alle proprie potenzialità e alle eventuali lacune. Siamo molto attenti ad insegnare ai nostri ragazzi un metodo di studio, fondamentale per affrontare le scuole superiori: per questo abbiamo predisposto un’aula studio interattiva dove gli allievi il pomeriggio vengono seguiti dagli insegnanti nei compiti e nelle lezioni assegnati il mattino. Insieme si cerca di individuare le difficoltà di ciascuno in modo da acquisire nel tempo la capacità di studiare in autonomia, migliorando il rendimento e sprecando meno energie. Attenzione all’apprendimento e al potenziamento della matematica, delle lingue straniere con scambi studio all’estero e con la possibilità delle certificazioni sono altre nostre peculiarità sempre con l’obiettivo di responsabilizzare i ragazzi sulla necessità di diventare protagonisti del proprio futuro».

Formazione degli insegnanti, cura delle famiglie nella collaborazione e nella corresponsabilità educativa (le commissioni dei genitori sia per la media che per il Cfp organizzano durante l’anno incontri di confronto per tutti i genitori) ma anche «l’intreccio dei vari ambienti educativi» che si affacciano nel primo cortile fondato da don Bosco sono elementi che fanno di Valdocco un ambiente per la crescita integrale dei ragazzi. «Valdocco oltre alle scuola e al Cfp» conclude don Martelli «significa oratorio, centro diurno per i ragazzi che fanno più fatica, e poi accoglienza e ascolto delle famiglie che troppo spesso sono lasciate sole nel difficile compito educativo e si rivolgono a noi spaesate. Inoltre qui, ‘cerchiamo di dare il massimo a chi è rimasto indietro’ che significa accogliere nel Cfp per dare futuro gli adolescenti che hanno alle spalle insuccessi scolastici, accogliere ragazzi delle famiglie che non possono sostenere la retta nelle medie, significa far comunicare tutti gli ambienti educativi in uno scambio virtuoso di esperienze». Educazione a 360°, così don Bosco a Valdocco continua ad educare buoni cristiani e onesti cittadini.

 

Liceo di Valsalice – Proposta Estiva 2019

In arrivo una nuova proposta estiva da parte del Liceo Salesiano Valsalice di Torino, insieme con l’ATC di Dublino: un soggiorno estivo in Irlanda dal 26 giugno al 17 luglio 2019.

  • Gli studenti sono ospitati in famiglie;
  • Al mattino frequentano una scuola di lingua inglese a vari livelli (gestita da insegnanti del posto);
  • Nei pomeriggi e nelle serate sono a disposizione degli studenti attività culturali, ricreative, sportive… con
    l’assistenza costante degli accompagnatori;
  • L’assistenza è affidata al prof. don Cipriano Demarie, e ad accompagnatori italiani e irlandesi.
Tutte le Info sul Soggiorno
Liceo Valsalice

 

Borgomanero – Inventata una nuova App per aiutare i disabili

L’idea è nata proprio tra i banchi di scuola, durante l’attività di sostegno degli studenti in difficoltà: trovare il modo di aiutare chi ha problemi cognitivi in campo logico-matematico a pagare i propri conti. Un problema non trascurabile per coloro che sono sempre costretti ad affidarsi all’onestà di chi prende i soldi dal loro portafoglio. Elisa Travaglini, pedagogista in forza all’istituto salesiano, ha avuto così l’idea vincente e, insieme all’ingegner Francesco Vitiello, ha creato Gianky: una particolare app collegata via Bluetooth a un portafoglio elettronico appositamente creato.

Si caricano su questa app i quantitativi di monete e cartamonete, fisicamente conservate in un portafoglio reale a parte. Quando si deve pagare si digita su Gianky la cifra richiesta e l’app indica precisamente con un input luminoso quali monete prendere per pagare. L’applicazione conserva anche, in cronologia, lo storico dei pagamenti effettuati, per permettere una verifica a posteriori e tenere sotto controllo i conti.

Ho ritenuto importante – spiega Elisa Travaglini – che oltre ad essere comodo e pratico, questo strumento fosse anche bello. Troppe volte gli strumenti riservati ai disabili trascurano questa dimensione, limitandosi alla funzionalità: la cura della bellezza, invece, è rispetto della dignità della persona.

Elisa Travaglini e Francesco Vitiello saranno premiati il 28 gennaio a Torino con il premio Eureka, alla presenza del presidente di Intesa San Pa0lo, Gian Maria Gros-Pietro e del direttore de La Stampa, Maurizio Molinari.

Il concorso d’idee Eureka è organizzato dal Museo del Risparmio, dalla Fondazione La Stampa e da Intesa San Paolo Innovation Center.

Elisa, che oggi è parte del corpo docente del Don Bosco è anche un ‘ex allieva dell’istituto salesiano: non molti anni fa sedeva tra i banchi di scuola del Liceo Classico. Un circolo virtuoso di formazione e di creazione, che premia l’eccellenza.

Articolo a cura di Matteo Leonardi

DonBoscoBorgo

L’ambiente giusto per apprendere: la rivoluzione degli spazi al Don Bosco – Borgomanero

Negli ultimi quattro anni, all’istituto Salesiano Don Bosco di Borgomanero (NO), ci sono state grandi innovazioni dal punto di vista degli ambienti e degli spazi didattici che sono stati analizzati e su cui è stata condotta una ricerca sul rapporto tra spazi educativi e processi d’apprendimento, a cura dei ricercatori de “Indire” (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa).

Ecco qui le parole di Matteo Leonardi, direttamente dalla casa di Novara:

In un ambiente bello e accogliente s’impara meglio. Non sempre la scuola appare consapevole del fatto che l’ambiente in cui gli studenti sono ospitati può essere di stimolo o di freno all’apprendimento. Gli studi psicologici e didattici hanno ampiamente dimostrato che il setting dove avviene il processo d’apprendimento è fondamentale per predisporre l’attenzione, stimolare l’interesse, veicolare il senso del bello e della cultura.

Le aule tradizionali sono state trasformate in ambienti d’apprendimento cooperativo e laboratoriale, riqualificandone l’estetica e la funzionalità. L’obiettivo è far sì che gli studenti si sentano a proprio agio, in un ambiente famigliare e bello che favorisca la loro attenzione e il loro coinvolgimento. Oltre alle lavagne multimediali e ai banchi modulari in isole, si è provveduto a tinteggiare i muri con colori gradevoli, spesso adornandoli di frasi celebri, fornendo arredi funzionali al lavoro cooperativo, distribuendo la biblioteca in scaffali nelle varie aule.

I ricercatori dell’Indire (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa), punto di riferimento per la didattica in Italia, che stanno conducendo una ricerca sul rapporto tra spazi educativi e processi d’apprendimento, hanno scelto di visitare il Don Bosco, incuriositi dalle sue numerose innovazioni e hanno particolarmente apprezzato, si legge nelle loro osservazioni:

cambiamento dell’organizzazione degli spazi della didattica avvenuto entro gli ultimi quattro anni, il sostegno ad una didattica innovativa, l’adozione di misure e interventi volti a promuovere il benessere scolastico della comunità e soprattutto lo sviluppo capillare e diffuso di questi elementi. Abbiamo riscontrato una particolare attenzione – continuano i ricercatori dell’Indire – alla relazione educativa e una voglia di mettersi in gioco e confrontarsi con situazioni nuove e diverse.

E si continua a lavorare. I lavori continuano a fervere nell’istituto: dal tetto fino a terra. La soletta del sottotetto è stata coibentata per minimizzare la dispersione termica, in una prospettiva di risparmio energetico; il salone della mensa, già trasformato in un open space e corredato di bar didattico, è stato ora dotato di un nuovo impianto audio/video, con la posa di un grande schermo a fondo sala.

Nell’ampio atrio d’ingresso, grazie alla generosità di un benefattore, è stato completamente rifatto il controsoffitto, migliorandone l’isolamento termo-acustico, dotandolo d’impianto audio e rifacendone l’illuminazione. La nuova illuminazione richiama la luce del mattino ed è studiata sulla base di una ricerca illuminotecnica che tiene conto delle interazioni fra la forme di illuminazione e il benessere psicofisico degli utenti. In prospettiva si stanno valutando possibili interventi migliorativi anche sulle vetrate d’ingresso.

Nel bello, si apprende meglio!

La Notte nazionale del Liceo Classico – V Edizione

In arrivo la quinta edizione de “La Notte Nazionale del Liceo Classico” che si svolgerà venerdì 11 gennaio 2019, dalle ore 18:00 alle ore 24:00 in 433 licei classici su tutto il territorio nazionale, vi aderirà anche il Liceo Salesiano di Valsalice.

Nata da un’idea del prof. Rocco Schembra, docente di Latino e Greco presso il Liceo Classico “Gulli e Pennisi” di Acireale (CT), sostenuta dal Ministero della Pubblica Istruzione, e introdotta dal brano inedito “Ti porterò a Pompei” del cantautore fiorentino Francesco Rainero, La Notte Nazionale del Liceo Classico è pensata per dimostrare in maniera evidente che il curricolo del classico, nonostante tutti gli attacchi subìti in quegli anni, era ancora pieno di vitalità ed era popolato da studenti motivati, ricchi di grandi talenti e con abilità e competenze che oltrepassavano di gran lunga quelle richieste a scuola.

Chi durante quelle ore si recherà in uno di questi licei, potrà assistere a maratone di lettura, recitazioni teatrali, concerti, dibattiti, presentazioni di volumi, incontri con gli autori, cortometraggi, cineforum, degustazioni a tema ispirate al mondo antico e quant’altro la fantasia e la voglia di fare degli studenti e dei docenti saprà mettere in atto.

Ci saranno due grandi novità per la nuova edizione:

  • Da una parte, il partenariato che RAI Cultura e RAI Scuola hanno voluto siglare con il Coordinamento Nazionale della Notte, e che, tra l’altro, oltre ad un servizio di presentazione, permetterà di avere delle riprese in diretta dalla Notte del Liceo Classico “Giulio Cesare” di Roma.
  • Dall’altra parte, un primo tentativo di internazionalizzazione della Notte. L’ideatore e coordinatore nazionale, prof. Rocco Schembra, su invito dell’Istituto Italiano di Cultura di Atene, col patrocinio della Federazione delle Comunità e Confraternite Elleniche in Italia e della Cattedra di Lingua e Letteratura Neogreca della Sapienza di Roma, sarà nella capitale greca nel mese di febbraio per tentare di esportare anche lì il modello della Notte e per contribuire a riaccendere l’interesse per la cultura classica proprio nel Paese che di essa è stato la culla.

“Sotto il cielo del Classico” è il filo conduttore delle iniziative proposte dal Liceo Valsalice di viale Thovez di Torino per la Notte nazionale del Liceo Classico a cui l’Istituto della collina torinese partecipa per la prima volta. Sono oltre 400 i Licei in Italia che hanno aderito all’iniziativa nazionale volta a promuovere il percorso di studio più tradizionale ma non per questo meno moderno ed aperto al cambiamento.

In particolare Valsalice ha scelto alcuni eventi in grado di far comprendere quanto la cultura proposta dal Classico non sia per nulla in contraddizione con i nostri tempi. Il giornalista de “Il Foglio” Piero Vietti sarà protagonista alle 18.30 con i ragazzi della redazione del giornale scolastico “Il Salice” di una sorta di talk show in cui la protagonista sarà la comunicazione declinata in ogni sua forma, dalla retorica ai social media.

Sempre alle 18.30 il docente universitario Federico Barello intratterrà il pubblico con una lezione interattiva al seminario “Testa e croce: incontro con la moneta antica” nelle sale del Museo di Storia naturale, un viaggio nella numismatica classica.

Dopo un buffet, alle 20.30 verrà rappresentata, a cura del gruppo teatrale della scuola, la tragedia di Euripide “Alcesti” introdotta dalle note del prof. Francesco Carpanelli dell’Università di Torino.

Per tutta la serata, che si concluderà alle 23 circa, nei locali della web radio Valsonair si alterneranno i ragazzi del Classico. Racconteranno l’evento e spiegheranno al pubblico qual è il loro libro “classico”, il testo che ha lasciato una traccia nella loro esistenza. In sala audiovisivi verranno invece proiettati i cortometraggi danteschi sceneggiati e girati negli ultimi tre anni dagli allievi del Liceo Classico, premiati tra l’altro in diverse occasioni a concorsi nazionali di cinematografia scolastica.

Ecco il programma per il Liceo di Valsalice:

  • Ore 18.00 in TeatroIntroduzione e saluti delle autorità;
  • Ore 18.30 in TeatroClassico: scoprire chi siamo per affrontare il presente e costruire il futuro (Gli allievi del triennio classico dialogano con Piero Vietti, giornalista, caporedattore de “Il Foglio”);
  • Ore 18.30 Aula di ScienzeTesta e croce: incontro con la moneta antica (Lezione interattiva dedicata agli allievi del biennio per conoscere la numistica antica a cura del Prof. Federico Barell, Università degli Studi di Torino);
  • Ore 20.00Buffet
  • Ore 20.30 in TeatroIntroduzione all’Alcesti (A cura del Prof. Francesco Carpanelli, Università degli Studi di Torino);
  • Ore 21.00 in TeatroRappresentazione teatrale: “Alcesti di Euripide” (In scena gli allievi del gruppo di Teatro Classico del Liceo Valsalice – Regia prof.ssa Laura Cara e Prof. Luca Lojacono);
  • Ore 23.00 in Teatro Conclusione della serata con lettura del “Lamento dell’esclusa” con accompagnamento musicale (Daniele De Zen e Anna Trucano – voce, Emanuele Raviol – arpa);
  • Nel corso della serata non stop radiofonico su “Valsonair” con interventi di docenti, studenti ed ex-allievi. IN sala audiovisivi proiezioni di video prodotti dagli studenti del Liceo Classico sui temi di carattere letterario.

 

Liceo Valsalice

Scopri di più sulla Notte Bianca del Liceo Valsalice di Torino