“E tu dove abiti” – Finita la mostra missionaria a Valdocco

Casa” è ciò che dà dignità a una persona.  “Casa” è costituita da un luogo e da delle relazioni. Senza uno di questi due elementi perdiamo un pezzetto – neanche tanto insignificante – di noi, della nostra umanità.

Partendo da questa consapevolezza è possibile guardare con occhio nuovo le esperienze di casa che esistono a Torino e non solo, scoprendo dentro la realtà dell’abitare un mondo che merita una riflessione.
Il dramma di non avere una casa, sia essa un luogo o degli affetti, riguarda moltissime persone, ed è stato oggetto dell’impegno di altrettante, grazie alle quali sono nati progetti come le case popolari, le case famiglia dell’Associazione Papa Giovanni XIII, le realtà di housing sociale e i centri che si occupano di provvedere ai bisogni delle persone senza fissa dimora.

Allargando ulteriormente la prospettiva, è facile accorgersi di come nel mondo esistano realtà di abitazione inaccettabili per degli esseri umani, dove persone come i missionari salesiani cercano, giorno dopo giorno, di trovare soluzioni per rendere migliori le condizioni di vita e le prospettive future di chi vi abita.

Questo è il percorso concettuale alla base della mostra missionaria dal titolo “E tu dove abiti?” tenutasi dal 15 al 26 ottobre presso la Casa Madre dei salesiani a Valdocco, Torino, alla quale hanno partecipato quasi 1300 ragazzi di età compresa tra i 13 e i 30 anni.
La mostra è stata ideata e realizzata, con il contributo di Missioni Don Bosco, dall’Animazione Missionaria della Pastorale Giovanile Salesiana di Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania, con l’intenzione di dare seguito alle esperienze dei due anni passati, che hanno visto la creazione di altre due mostre missionarie sul tema dell’accoglienza dei migranti.

Si è trattato di una mostra interattiva, nella quale i ragazzi hanno potuto essere protagonisti e immedesimarsi in situazioni a loro non familiari. C’è stato chi ha ringraziato per la possibilità di scoprire realtà a lui sconosciute e chi si è sentito guardato nella propria condizione abitativa senza giudizio e con profonda comprensione. Ci sono stati sguardi commossi e volti stupiti, in un clima di accoglienza in cui i ragazzi hanno potuto esprimere liberamente le loro idee e ricevere spunti di riflessione.
Dagli insegnanti che hanno accompagnato le classi in visita, sono state apprezzate soprattutto le modalità di coinvolgimento dei giovani, che alternavano momenti di attività interattive, visioni di video e brevi spunti da parte delle guide, giovani volontari formati dagli insegnamenti dell’Animazione Missionaria.

La forma quasi giocosa della mostra ha permesso il passaggio efficace di contenuti molto profondi. L’intero percorso portava ad una considerazione finale:

Se è vero che una casa è data anche da delle relazioni, allora tutti noi non solo abbiamo una casa, ma siamo casa per qualcuno. E’ una grande responsabilità. Dunque, che tipo di casa siamo? Come abitiamo le nostre relazioni? Si tratta di una domanda impegnativa, che i ragazzi in visita si sono portati a casa, ma alla quale è bene che tutti noi proviamo a dare una risposta, consci della grandezza di quello che siamo chiamati a vivere.

 

Articolo a cura di Teresa Furlan.

 

 

Don Rossano Sala – Quali sono i frutti del Sinodo?

Si riporta una notizia pubblicata su DonBoscoLand riguardo ai punti salienti che il Sinodo ha prodotto, spiegati da Don Rossano Sala,  Segretario Speciale per il Sinodo sui giovani:

Nel suo insieme il documento ha una visione speranzosa e positiva dei giovani. Li ritiene soggetti capaci di scelte, in grado di sognare cose grandi, abitati della presenza di Dio…

Dopo l’importante servizio reso come Segretario Speciale del Sinodo dei Vescovi sui giovani, don Rossano Sala, SDB, ci aiuta ora a comprendere meglio il Documento finale prodotto dal Sinodo.
Quale visione dei giovani esprime il Documento finale?

Il Documento finale è ampio e articolato. È un documento complesso e intenso, che non va solo letto, ma studiato con molta attenzione, perché è una mappa aggiornata con una certa precisione e meticolosità, nonostante il tempo di lavoro per realizzarla non sia stato molto. Nel suo insieme il documento ha una visione speranzosa e positiva dei giovani. Li ritiene soggetti capaci di scelte, in grado di sognare cose grandi, abitati della presenza di Dio, che a volte va risvegliata con una pastorale capace di proposte significative e graffianti. Una visione che non mi dispiace chiamare “salesiana”, nel senso che affonda le sue radici nell’ottimismo antropologico che viene da san Francesco di Sales. Questo grande santo sta alla base della nostra spiritualità e ci ha trasmesso quella capacità di vedere Dio presente in ogni giovani, anche il più difficile. Don Bosco ha fatto sua questa visione. Mi pare che il Documento finale abbia fin dall’inizio uno sguardo di questo tipo: non nasconde le debolezze dei giovani, ma va in profondità scorgendo la presenza e l’azione di Dio in loro. Non si nascondono quindi le ombre che abitano il nostro tempo, che ci sono ma non prevalgono: vince invece la luce della fede, che sempre cerca la strada buona per arrivare al cuore di ogni uomo, che sempre cerca quel punto accessibile al bene, che mai dispera ma sempre tenta ogni via per portare Dio ai giovani e i giovani a Dio.

Quale ritiene sia il frutto più importante lasciato da questo sinodo?

Il primo capitolo della terza parte fa la differenza. Lì, per così dire, il Documento finale mette il turbo, perché la prospettiva diventa “sistemica”, cioè si passa alla sinodalità, che è il nome giusto per dire a tutti: “Camminiamo insieme con i giovani”. Non si tratta di fare “un’opzione preferenziale per i giovani”, sarebbe ancora troppo poco! È piuttosto una scelta di sinodalità, dove i giovani, in un insieme ecclesiale che raccoglie ogni battezzato, sono i protagonisti. Nessuno nella Chiesa è un semplice “destinatario”, ma tutti abbiamo qualcosa da dare e qualcosa da ricevere, a partire dai giovani.

I giovani sono stati la chiave che ha spalancato le porte della sinodalità nella Chiesa! Questo è un grande risultato, una novità dello Spirito che non era presente nella preparazione del Sinodo, ma che poi ha fatto irruzione, spiazzando qualcuno. È giusto così, lo Spirito del Signore non è mai scontato, ma fa nuove tutte le cose, entra quando meno te lo aspetti e ti fa cambiare direzione, ti apre strade nuove, inimmaginabili e meravigliose.

Il primo frutto di questo sinodo, ben visibile dal Documento finale, è che non si possono problematizzare i giovani perché si sono allontanati dalla Chiesa; va invece verificata e rilanciata la qualità evangelica della Chiesa nel suo insieme. In questo senso si parla di “sinodalità missionaria”: è un termine nuovo, che forse sembrerà un po’ strano, ma in realtà è tanto profondo quanto semplice. Esso afferma che la missione della Chiesa, se non vuole essere proselitismo, deve partire dalla qualità relazionale dei suoi membri, giovani compresi: la comunione ecclesiale non è solo un presupposto, ma è la prima e più importante forma di testimonianza e base per ogni opera missionaria. Formidabile è il n. 118, al cui centro ci sono queste due frasi, che non hanno bisogno di alcun commento, tanto sono chiare: «La messa in atto di una Chiesa sinodale è il presupposto indispensabile per un nuovo slancio missionario che coinvolga l’intero popolo di Dio»; «Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del III millennio».

Qual è il significato profondo di aver scelto il brano evangelico di Emmaus come filo conduttore del documento finale?

Emmaus è stato indicato dalla maggior parte dei Padri Sinodali come referente privilegiato per essere Chiesa significativa oggi per i giovani. Le tre parti del Documento finale si rifanno ai tre momenti fondamentali dell’episodio. Gesù che cammina con loro, ascoltandoli con dolcezza e lasciando che si esprimano dal loro cuore confuso; Gesù annuncia e spezza il pane, riorientando la loro vita; i discepoli ripartono e testimoniano il loro incontro con Gesù. È la storia della Chiesa; è la storia di ogni comunità; è la nostra storia con Dio; è anche la storia di ogni giovane.

La narrazione evangelica è attuale: Gesù spezza il pane per noi come lo ha fatto per quei discepoli la sera di Pasqua, Il significato profondo di tutto ciò sta in un cammino che dobbiamo fare insieme con i giovani e con Dio. Non si può pensare alla Chiesa e ai giovani come a due entità separate; non si può pensare a Dio e ai giovani come entità separate; non si può pensare a Dio e alla Chiesa come a due realtà separate! Emmaus è quindi, ancora una volta, un’immagine di sinodalità, dove lo Spirito del Signore unisce e crea sinfonia tra tutti: unisce garantendo la bontà delle nostre differenze, crea comunione in una nuova armonia.

 

40 anni Cnos-Fap – Ingaggiàti per il futuro

Si è svolto nella mattinata di  giovedi 15 novembre 2018, il tanto atteso convegno per il festeggiamento dei 40 anni di storia del CNOS-FAP – Centro Nazionale Opere Salesiani – Formazione e Aggiornamento Professionale presso il Collegio Carlo Alberto di Torino.

L’incontro ha visto il susseguirsi di molte autorità, che hanno avuto modo di riportare ed esporre tutte le azioni inerenti al mondo della Formazione professionale, il tutto accompagnato dalla presenza del celebre monologhista Eugenio Allegri, che ha scandito il tempo con alcune delle sue celebri interpretazioni come: Novecento, Chiave a Stella ed il Cyrano.

 

 

Attorno alle ore 10 si è avviato il congresso con le parole di Gianfranco De Simone – Senior Research Economist and Project Manager at Fondazione Agnelli – che ha fatto un intervento sulle IeFP in Piemonte (esiti formativi e lavorativi dei percorsi di istruzione e formazione professionale in Piemonte realizzata dalla Fondazione Agnelli).

Breve intervento da parte di Sonia Schellino (Assessore Politiche Sociali del Comune di Torino) riguardo ai percorsi di inserimento lavorativo: “Dobbiamo insegnare a co-progettare!“.

Subito seguito da Antonella Gianesin (Direttore del Settore di Formazione Professionale Salesiana in Piemonte) che ha riportato le parole del Consigliere Gianna Pentenero: “40 anni di storia di Formazione Professionale Salesiana è anche la mia storia” ed ha fissato lo sguardo sulle sfide future, come le misuri flessibili, l’omogeneità e la costruzione di progetti integrati sulle fasce deboli.
Don Enrico StasiPresidente CNOS-FAP e Ispettore Icp, dopo un intervento mirato alla storia del Cnos ha invitato, i presenti in sala, alla lettura del libro “40 anni di Storia e di Esperienze della Federazione CNOS-Fap in Italia e nelle Regioni” di G. Malizia e M. Tonin.
Nei prossimi 40 anni vogliamo essere ancora più efficienti.
“Carissimi giovani noi abbiamo un solo desiderio vedervi felici.”
Noi ancora ci siamo!

Cosi Dario Nicoli, docente di Sociologia Economica e dell’organizzazione all’università Cattolica di Brescia, sullo stato dell’arte del sistema formativo illustrando la crescita continua della IeFP.

Essere centrati sull’io è una gabbia,
bisogna essere persone in relazione con gli altri!

Silvana Rizzo, Direttore Generale Cnos-Fap Sicilia:
Torno in Sicilia con un’esperienza che amplia le mie conoscenze, anche se, rispetto al Piemonte, nella mia regione ci sono ancora grossi passi in avanti da fare. Stiamo iniziando una “battaglia” per iniziare una collaborazione con le aziende, perchè penso che queste siano fondamentali per il completamento del percorso di studi dei ragazzi e perchè possano creare delle possibilità di lavoro.

Luigi Bobba – Già Sottosegretario al Ministero del lavoro.

Non possiamo rassegnarci all’idea di avere tutte queste possibilità di lavoro che svaniscono, non ci si può arrendere assolutamente a questa idea perchè vorrebbe dire non cercare di fare nulla per migliorare la situazione.

 

Parola all’impresa dell’energia nella persona di Alberto Piatti, executive e vice presidente Impresa Reponsabile e Sostenibile di ENI. Azienda che ha avviato un cammino per costruire un futuro in cui tutti potranno accedere alle risorse energetiche in maniera efficiente e sostenibile, investendo la professionalità aziendale non solo sullo sviluppo delle competenze e sul valore della persona, ma stringendo partnership di lungo termine con i Paesi e le comunità ospitanti.

 

L’intervento dell’Assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro Regione Toscana e Coordinatore della IX Commissione della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, Cristina Grieco, ha sottolineato l’impegno e le energie spese per i giovani, in particolare per mettere a sistema una rete di rapporti che potesse portare ad un sistema integrato.

Il ruolo della Formazione Professionale e quindi la capacità di saper fare dell’intelligenza anche manuale, sicuramente è un ruolo che continuerà a rimanere centrale.

Successivamente, la condivisione della testimonianza di Mariano Costamagna che, prima come allievo poi come imprenditore, ha sperimentato l’incontro tra impresa e la formazione nell’assunzione di oltre 1000 ragazzi provenienti dalla Formazione Professionale Salesiana.

Il sistema di alleanze si fonda inoltre sulle famiglie, sui genitori che quotidianamente accompagnano i propri figli, nel passaggio tra lo studio e la vita professionale. Qui, ha sottolineato, don Stefano Mondin, delegato Pastorale Giovanile dei Salesiani del Piemonte e Valle d’Aosta, come la formazione professionale provi costantemente la dispersione scolastica.

Dobbiamo ricominciare a guardare assieme la realtà per poterci esprimere insieme e dare le risposte che sono necessarie.

Don Luigi Enrico PerettiDirettore Generale della Federazione CNOS-FAP – Manifesto, in conclusione, ha confermato l’importanza di leggere e valorizzare la “vocazione al lavoro” di tutti questi giovani e di non guardare ad esso pensando solo al lato economico o a quello sociale, ma anche a quello antropologico.

 

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