Cagliero 11 – “Per le parrocchie” – Febbraio 2023

Si allega di seguito il  Cagliero 11 n°170 con l’intenzione missionaria salesiana del mese di Febbraio 2023.

Intenzione Missionaria Salesiana, alla luce dell’intenzione di preghiera del Santo Padre.

Preghiamo perhè le parrocchie, mettendo al centro la cominuione, siano sempre più comunità di fede, di fraternità e di accoglienza verso i più bisognosi.

Per i cuori e menti aperti dei parrocchiani in Moldavia.

 

Ciao a tutti,

La parrocchia è l’unità della nostra comunità che esprime la nostra fede, crea uno spirito di fraternità e mostra solidarietà. Questo mese Papa Francesco ci chiede di pregare per questa comunione nella Chiesa.

La fede non è solo preghiera, ma impegno a vivere in fraternità e solidarietà. Gli Exallievi e gli Amici di Don Bosco appartengono a più fedi, ma la nostra identità salesiana esige che ci uniamo nella fraternità e nella solidarietà. I nostri valori di vita, verità e libertà trovano la loro espressione nella ricerca della giustizia, nella promozione della fraternità e nell’assicurare la solidarietà.

Il nostro amore e la nostra gratitudine verso Don Bosco ci permettono di portare questi valori cristiani in armonia al’interno di una dimensione multireligiosa in un modo unico e arricchente.
Brayan Magro, Presidente della Confederazione Mondiale degli Exallievi di Don Bosco

AM – Quinto incontro del Percorso nel Cuore del Mondo il 19 febbraio

Il percorso nel cuore del mondo procede accompagnato da un forte entusiasmo dei partecipanti. Il quinto incontro si svolgerà a Valdocco domenica 19 febbraio dalle 9.15 alle 16.45. Il tema è quello dell’intercultura, ovvero della necessità di un’interazione, di uno scambio e di una reciprocità fra le diverse culture.

Il mondo non è un mosaico di culture collocate fianco a fianco senza alcun effetto l’una sull’altra. E’ piuttosto come un disegno ad acquarello, in cui i colori, ovvero le culture, si mescolano fra di loro creando delle sfumature uniche. Intercultura vuol dire apertura alla conoscenza, allo scambio e al contatto fra culture, qualsiasi sia il loro tipo o livello di progresso, producendo un reciproco arricchimento nel rispetto del rispettivo bagaglio culturale.

“La scoperta dell’altro
è la scoperta di una relazione,
non di una barriera”
(Claude Lévi-Strauss)

Orario della giornata

  • 9.15 ritrovo in Comunità Proposta a Valdocco
  • 9:30 inizio delle attività
  • 10.15 Visita al centro “2PR” situato al centro di Porta Palazzo a Torino dove opera una piccola comunità di FMA per la prevenzione e promozione delle donne del quartiere.
  • 10.30 presentazione di sr Juliette e sr Paola Pignatelli e loro testimonianza
  • 12.45 pranzo condiviso in CP
  • 14.00 “Le radici bibliche dell’intercultura”
  • 15.45 Celebrazione eucaristica
  • 16.45 Saluti

 

Salute Digitale: come educare i giovani all’autoregolazione e all’uso responsabile della tecnologia – RMG

La Pastorale Giovanile e il Settore per la Comunicazione Sociale hanno deciso di promuovere un percorso formativo per affrontare il tema della salute digitale degli adolescenti e giovani.

 

Dalla notizia ANS – Roma

La “salute digitale” condiziona molti aspetti della vita e delle relazioni odierne: a scuola, negli ambienti educativi e di svago, e in famiglia; essa comporta l’utilizzo sicuro, responsabile e sano della tecnologia. Riconoscendone, pertanto, l’estrema rilevanza, il Settore per la Pastorale Giovanile e il Settore per la Comunicazione Sociale hanno deciso di promuovere un percorso formativo di tre incontri deputato ad affrontare il tema della salute digitale degli adolescenti e giovani.

I tre appuntamenti avranno luogo in questo mese di febbraiogiovedì 16, lunedì 20 e venerdì 24, con orario stabile dalle 13 alle 15 (UTC+1) – e avverranno in modalità digitale sulla piattaforma Zoom. Metodologicamente, avranno la forma di una relazione centrale seguita da un tempo per le domande, e a guidare i lavori sarà il docente e scrittore Guillermo Cánovas, Direttore dell’Osservatorio per la promozione dell’uso sano delle tecnologie (EducaLIKE) e del programma “Safer Internet” del Centro per l’infanzia della Commissione Europea in Spagna (2002-2014). Gli interventi saranno in spagnolo, ma è prevista la traduzione simultanea anche in italiano, inglese, francese e portoghese.

Nel primo modulo verranno affrontati i comportamenti problematici messi in atto da bambini e adolescenti, nonché i fattori di rischio da saper identificare per poter intervenire preventivamente. Oggetto del secondo incontro saranno le reti sociali, con particolare attenzione ai problemi di privacy, sicurezza e reputazione digitale. Nell’ultima sessione, invece, si tratterà dello “stress digitale”, a partire dalla “connettività costante” e dalle sue conseguenze su bambini e gli adolescenti e sulle loro relazioni e prestazioni.

Il percorso è pensato in primo luogo per gli educatori, animatori e salesiani impegnati in tutti i settori della Pastorale Giovanile salesiana (scuole e Centri di Formazione Professionale, oratori-centri giovanili, parrocchie, opere sociali, università…) e per i responsabili di Comunicazione Sociale delle Ispettorie.

Scopo di questo itinerario è, infatti, formare gli educatori a gestire le situazioni che generano più conflitti negli ambienti digitali; aiutarli a prevenire lo sviluppo di dipendenze informatiche, stress digitale e mancanza di privacy; fornire loro le conoscenze necessarie per identificare ciascuno dei problemi; e offrire loro anche tecniche e linee guida pratiche per affrontare ogni situazione.

“Dobbiamo continuare ad approfondire lo studio dell’universo digitale, sempre in dialogo con la scienza moderna e con una visione educativa salesiana”

ha commentato, in conclusione, don Gildasio Mendes, Consigliere Generale per la Comunicazione Sociale della Congregazione Salesiana.

Buonanotte Missionaria Febbraio 2023 – Don Adolphe-Marie Akpoué, Sdb

La Buonanotte Missionaria: un’esperienza concreta in terra di missione per riflettere!

Per questo mese di febbraio, l’esperienza di Don Adolphe-Marie Akpoué, originario del Benin, missionario per 15 anni in Togo e ora chiamato a Valdocco, nella Comunità “Maria Ausiliatrice” a servizio dell’animazione dei luoghi salesiani. Un esempio di vocazione salesiana e devozione ai giovani.

 

***

Cari confratelli e cari amici,

Sono don Adolphe-Marie Akpoué, salesiano di Don Bosco dal 16 agosto 1988. Originario del Benin, ho prestato il mio servizio per 15 anni in Togo e ora, chiamato dal Superiore, mi trovo dal 30 agosto 2022 a Valdocco, culla del carisma salesiano nella Comunità “Maria Ausiliatrice” per continuare a vivere con gioia e passione la mia vocazione salesiana. È una grazia.

La mia buona notte verterà sulla mia vocazione salesiana e sulla mia esperienza missionaria in Togo. La condivido con fiducia e ringrazio l’equipe di Animazione Missionaria di questa opportunità.

 

La vocazione salesiana

Innanzitutto devo dire che ho avuto fin da bambino il desiderio di andare al seminario minore per diventare sacerdote, ma i miei genitori si opposero. Sono allora cresciuto con l’idea di essere un buon cristiano, facendo un matrimonio religioso prima di vivere con mia moglie e avere figli. Già quest’idea è stata fortemente osteggiata dal contesto socio-culturale, ma in fondo non ho mai smarrito il desiderio di diventare sacerdote.

Nel 1983, mia madre, per motivi di lavoro, fu assegnata a Comé, dove i Salesiani erano già arrivati dall’ispettoria di Bilbao dal 1980 in seguito all’appello del “Progetto-Africa” lanciato da don Viganò. Avevo allora diciassette anni. Essendo già militante di Azione Cattolica per l’Infanzia, mi sono presentato in parrocchia ai missionari spagnoli (non sapevo che fossero salesiani, e non me l’avevano mai detto neanche loro) per continuare il mio impegno apostolico. Sono stato ben accolto dal missionario che si occupa dei giovani. Lui mi ha incoraggiato a continuare a vivere il mio impegno apostolico nella casa di Comé. È stato vivendo questo servizio e vedendo il loro esempio e la loro costante presenza tra i giovani della parrocchia, che mi è tornata in mente l’idea della totale consacrazione al Signore.

Sentivo forte in me il desiderio di donarmi totalmente a Dio. L’aggettivo “totale” è forse quello che meglio descrive il mio desiderio di diventare sacerdote. Ciò nonostante però, allo stesso tempo, stavo valutando altre carriere per la difesa dei diritti dei più poveri (avvocato, lotta alla corruzione, tassista dopo il diploma di maturità per difendere dal di dentro i diritti degli autisti vittime di continui soprusi). “Essere onesto? Tu sei matto.. ti uccideranno” – mi dicevano. Ogni tanto a casa i miei genitori mi dicevano: “Come ti comporti? Cosa fai? Guarda che non vogliamo che tu un domani faccia il prete”. Quando li sentivo parlare così, riuscivo solo a sorridere, ma nel mio cuore una voce mi diceva che le altre carriere che stavo considerando erano interessanti, ma che ero chiamato a dare tutta la mia vita al Signore.

Un giorno, senza dire nulla a casa e spinto da una forza interiore, sono andato in parrocchia e ho comunicato a padre Juan Carlos Ingunza la mia intenzione di diventare sacerdote e di fare come loro (non conoscevo la parola “salesiano”). Mi ha chiesto cosa intendessi dire con “fare come loro”. Allora gli ho detto: “quando diventerò sacerdote, mi prenderò cura dei bambini e dei giovani come fate voi”. E lui mi ha detto “cioè diventare salesiano, entrare nella nostra Congregazione”. “Allora posso entrare nella vostra congregazione?”, chiesi.  “Sì, visto che dici di voler fare come noi prendendoti cura dei bambini e dei giovani”. “In questo caso, come diventare salesiano?”. Allora padre Juan mi ha spiegato la specificità della vita religiosa richiamando specialmente la mia attenzione sulle implicazioni del voto di povertà che i sacerdoti diocesani non fanno. Mi ha fatto capire la radicalità di vita che comporta la mia scelta. Gli ho detto che era esattamente così che intendevo vivere la mia vocazione.

Tornato a casa, ho informato mia madre di ciò che temeva: “Vado a farmi prete e mi unisco alla congregazione dei missionari che sono in parrocchia, cioè vado a fare il salesiano”. Questa notizia fu accolta dalla mia famiglia come una pugnalata alle spalle. “Ma ti abbiamo detto di no”, disse mia madre. “Mamma, è quello che sento e non ho resistito alla voce che ho sentito e mi ha fatto andare a dirlo ai missionari”.

C’era una forte opposizione alla mia scelta. Diversi membri della famiglia e conoscenti, informati della cosa, hanno cercato di dissuadermi. Mi è stato persino offerto di diventare sacerdote diocesano, pur di non essere salesiano. Ho insistito e ho tenuto duro. Mia madre trovava difficile sopportare che andassi via di casa. Ha pianto quel giorno. Ho iniziato il cammino a Parakou (Benin), poi a Lomé (Togo) e il 16 agosto 1988 ho emesso la mia prima professione religiosa cui è seguita nel 1995 quella perpetua.

Essendo aspirante al sacerdozio, ho studiato Teologia a Lubumbashi (Repubblica Democratica del Congo) e il 2 agosto 1997 sono stato ordinato sacerdote insieme ad altri due salesiani beninesi. Abbiamo aperto la strada ad altri giovani per seguire Cristo sulle orme di Don Bosco.

 

Missionare in Togo nell’ex Provincia dell’Africa occidentale francofona

Innanzitutto devo dire che ho avuto fin da bambino il desiderio di andare al seminario minore per diventare sacerdote, ma i miei genitori si opposero. Sono allora cresciuto con l’idea di essere un buon cristiano, facendo un matrimonio religioso prima di vivere con mia moglie e avere figli. Già quest’idea è stata fortemente osteggiata dal contesto socio-culturale, ma in fondo non ho mai smarrito il desiderio di diventare sacerdote.

Nel 1983, mia madre, per motivi di lavoro, fu assegnata a Comé, dove i Salesiani erano già arrivati dall’ispettoria di Bilbao dal 1980 in seguito all’appello del “Progetto-Africa” lanciato da don Viganò. Avevo allora diciassette anni. Essendo già militante di Azione Cattolica per l’Infanzia, mi sono presentato in parrocchia ai missionari spagnoli (non sapevo che fossero salesiani, e non me l’avevano mai detto neanche loro) per continuare il mio impegno apostolico. Sono stato ben accolto dal missionario che si occupa dei giovani. Lui mi ha incoraggiato a continuare a vivere il mio impegno apostolico nella casa di Comé. È stato vivendo questo servizio e vedendo il loro esempio e la loro costante presenza tra i giovani della parrocchia, che mi è tornata in mente l’idea della totale consacrazione al Signore.

Sentivo forte in me il desiderio di donarmi totalmente a Dio. L’aggettivo “totale” è forse quello che meglio descrive il mio desiderio di diventare sacerdote. Ciò nonostante però, allo stesso tempo, stavo valutando altre carriere per la difesa dei diritti dei più poveri (avvocato, lotta alla corruzione, tassista dopo il diploma di maturità per difendere dal di dentro i diritti degli autisti vittime di continui soprusi). “Essere onesto? Tu sei matto.. ti uccideranno” – mi dicevano. Ogni tanto a casa i miei genitori mi dicevano: “Come ti comporti? Cosa fai? Guarda che non vogliamo che tu un domani faccia il prete”. Quando li sentivo parlare così, riuscivo solo a sorridere, ma nel mio cuore una voce mi diceva che le altre carriere che stavo considerando erano interessanti, ma che ero chiamato a dare tutta la mia vita al Signore.

Un giorno, senza dire nulla a casa e spinto da una forza interiore, sono andato in parrocchia e ho comunicato a padre Juan Carlos Ingunza la mia intenzione di diventare sacerdote e di fare come loro (non conoscevo la parola “salesiano”). Mi ha chiesto cosa intendessi dire con “fare come loro”. Allora gli ho detto: “quando diventerò sacerdote, mi prenderò cura dei bambini e dei giovani come fate voi”. E lui mi ha detto “cioè diventare salesiano, entrare nella nostra Congregazione”. “Allora posso entrare nella vostra congregazione?”, chiesi.  “Sì, visto che dici di voler fare come noi prendendoti cura dei bambini e dei giovani”. “In questo caso, come diventare salesiano?”. Allora padre Juan mi ha spiegato la specificità della vita religiosa richiamando specialmente la mia attenzione sulle implicazioni del voto di povertà che i sacerdoti diocesani non fanno. Mi ha fatto capire la radicalità di vita che comporta la mia scelta. Gli ho detto che era esattamente così che intendevo vivere la mia vocazione.

Tornato a casa, ho informato mia madre di ciò che temeva: “Vado a farmi prete e mi unisco alla congregazione dei missionari che sono in parrocchia, cioè vado a fare il salesiano”. Questa notizia fu accolta dalla mia famiglia come una pugnalata alle spalle. “Ma ti abbiamo detto di no”, disse mia madre. “Mamma, è quello che sento e non ho resistito alla voce che ho sentito e mi ha fatto andare a dirlo ai missionari”.

C’era una forte opposizione alla mia scelta. Diversi membri della famiglia e conoscenti, informati della cosa, hanno cercato di dissuadermi. Mi è stato persino offerto di diventare sacerdote diocesano, pur di non essere salesiano. Ho insistito e ho tenuto duro. Mia madre trovava difficile sopportare che andassi via di casa. Ha pianto quel giorno. Ho iniziato il cammino a Parakou (Benin), poi a Lomé (Togo) e il 16 agosto 1988 ho emesso la mia prima professione religiosa cui è seguita nel 1995 quella perpetua.

Essendo aspirante al sacerdozio, ho studiato Teologia a Lubumbashi (Repubblica Democratica del Congo) e il 2 agosto 1997 sono stato ordinato sacerdote insieme ad altri due salesiani beninesi. Abbiamo aperto la strada ad altri giovani per seguire Cristo sulle orme di Don Bosco.