Oratorio Rebaudengo: il numero di maggio 2020 del Qui Reba

E’ uscito il numero di maggio 2020 del periodico della Parrocchia San Giuseppe LavoratoreQui Reba“. Di seguito l’introduzione del parroco don lucio.

“Giovane, dico a te, alzati! (cfr. Lc 7,14)”, “Alzati! Ti costituisco testimone di quel che hai visto! (cfr. At 26,16)” e “Maria si alzò e andò in fretta (Lc 1,39)”: sono questi i temi scelti da Papa Francesco per le Giornate Mondiali della Gioventù del prossimo triennio, che culminerà nella celebrazione internazionale dell’evento, in programma a Lisbona nel 2022.

In questo 2020 la Giornata Mondiale della Gioventù viene vissuta a livello diocesano. È in programma sabato 4 aprile dalle ore 18 alle ore 23.30 alla Sacra di San Michele, suggestivo punto di incontro tra i giovani dell’Arcidiocesi di Torino e quelli della Diocesi di Susa.

“Il cammino spirituale indicato dal Santo Padre prosegue con coerenza la riflessione avviata con l’ultima Giornata Mondiale della Gioventù a Panama (gennaio 2019) e con il cammino sinodale, in particolare con l’esortazione apostolica ‘Christus vivit’. In essa (n. 20), il Papa cita il brano Lc 7, 14, esortando i giovani a lasciarsi toccare dalla potenza del Signore risorto e riprendere ‘il vigore interiore, i sogni, l’entusiasmo, la speranza e la generosità’ che caratterizzano la gioventù”. Ciò che accomuna i tre temi è “l’invito ai giovani ad alzarsi, a correre per vivere la chiamata del Signore e diffondere la buona notizia, come fece Maria dopo aver pronunciato il suo ‘Eccomi’. Il verbo ‘alzarsi’ nel testo originale di Luca ha anche il significato di ‘risorgere’, ‘risvegliarsi alla vita’”. “Esortare i giovani ad alzarsi, a muoversi, è la stessa esortazione che Papa Francesco lancia continuamente alla Chiesa e agli adulti. I giovani per definizione si muovono, non stanno fermi. La domanda è: quali sono le direzioni che prendono le nuove generazioni, perché ci preoccupano le loro direzioni, il loro perdersi e ritrovarsi? Perché, probabilmente, in questa loro dinamicità sono proprio gli adulti, la Chiesa, a sentirsi più a disagio.

Credo sia una buona cosa chiedere ai giovani di muoversi per riprendere ‘il vigore interiore, i sogni, l’entusiasmo, la speranza e la generosità’ ma nello stesso tempo spero che questa loro ricerca smuova tutti, anche la Chiesa e gli adulti. Risorgere e risvegliarsi alla vita è un bisogno che riguarda tutti. C’è un senso di stanchezza, di pesantezza nella Chiesa e nel mondo e sarebbe bello che questa volontà di accompagnare i giovani a risvegliarsi alla vita diventasse un modo per risvegliare la vita anche negli adulti”. Alcune notizie di cronaca, anche recenti, “ci dicono che la condizione di disagio nella quale si trovano i giovani non è finita. L’abbiamo un po’ abbandonata, forse perché abbiamo creduto che il disagio sia una questione di marginalità legata al passato. I fatti di cronaca ci dicono invece che i giovani vivono nel disagio di chi deve diventare grande. Tenere gli occhi aperti sul loro disagio significa, allora, anche cercare di aiutarli ad orientarsi nella vita verso le cose che valgono veramente”. “Puoi essere santo… lì dove sei” è lo slogan che ci accompagna in questo anno. È un invito per tutti a risorgere, a risvegliarsi, a vivere la vita nuova dono di Cristo risorto.

Mettiamoci in cammino insieme come Chiesa uniti a Cristo Gesù.

Buona Pasqua di Risurrezione!

don Lucio – Parroco

#NonSIamoInvisibili: lettera ai genitori da parte dell’Ispettore

Si riporta di seguito la Lettera dell’Ispettore don Enrico Stasi rivolta a tutti i genitori dei ragazzi e delle ragazze delle Scuole Salesiane dell’Ispettoria ICP.

Gent. mi genitori,

giunto alla fine del mio mandato, ho l’occasione di rivolgermi con una lettera personalmente a ciascuno di voi; a voi che avete deciso di iscrivere i vostri figli ad una scuola salesiana, ritenendo fosse la scelta migliore per la loro crescita e la loro formazione. In questo modo avete esercitato un diritto garantito dalla nostra Costituzione: quello della libera scelta educativa. La Costituzione italiana afferma il diritto dei genitori ad educare ed istruire i propri figli in un sistema di offerte formative ed educative pluralista, al pari di quanto attuato in tutti i Paesi europei. Un diritto che, come ben sapete, in Italia è fortemente penalizzato dal fatto che le Scuole Pubbliche Paritarie, cioè non gestite dallo Stato, comportano un doppio onere economico per le famiglie che le scelgono.

In questi anni con le Associazioni che ci rappresentano, ci siamo mossi a livello politico perché finalmente le famiglie potessero essere sostenute nelle loro scelte e si portasse a compimento la reale parità scolastica di cui abbiamo celebrato quest’anno i 20 anni (Legge Berlinguer n.62 del 2000).

Sia chiaro in questo contesto che non mi sto riferendo ai finanziamenti diretti ai gestori delle scuole paritarie, lascio ad altri momenti questo tema, ma penso in questo momento a voi che già ci avete scelto, come a tutti i genitori che vorrebbero iscrivere i loro figli in una scuola di don Bosco e non ne hanno le possibilità e non osano chiedere sconti sulle rette.

In questo periodo di pandemia la situazione economica del nostro Paese è in condizioni drammatiche e molti soffrono perdite finanziarie consistenti; l’AGSC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche) sta da alcune settimane portando avanti una petizione volta a chiedere al Governo un aiuto concreto a favore dei genitori delle Scuole Paritarie e dei vari Istituti in questo momento difficile. La petizione è indirizzata al Presidente del Consiglio e molti di voi l’avranno letta e spero sottoscritta, ed ha come obiettivo:

  • la detraibilità integrale delle rette pagate dalle famiglie per la frequenza scolastica e per i servizi educativi nelle scuole paritarie nel corso del 2020;
  • l’istituzione di un fondo straordinario adeguatamente finanziato per la erogazione di contributi aggiuntivi alle scuole paritarie per l’anno scolastico 2019/2020, a tutela dei propri dipendenti e del servizio svolto alle famiglie in aggiunta ai 500 milioni già insufficienti.

A ciò si aggiunge la richiesta delle nostre Associazioni di poter almeno accedere ai finanziamenti stanziati per l’acquisto di attrezzature scolastiche, device e quanto occorre per adeguare le nostre scuole e le nostre famiglie alle nuove esigenze della didattica.

Nonostante questa mobilitazione e la presenza di numerosi emendamenti di diverse forze parlamentari sia di governo sia di opposizione, in nessun decreto, compreso l’ultimo Rilancia Italia è presente nulla di quanto richiesto per le nostre famiglie, per la scuola dei nostri ragazzi. Per questo motivo le Conferenze dei Religiosi e delle Religiose d’Italia (CISM e USMI) hanno diramato un comunicato nel quale propongono: “un gesto simbolico che faccia rumore e coinvolga tanti altri cittadini, oltre ogni schieramento, perché chi ama la scuola sa bene che questa è trasversale a tutto”.

Il gesto è quello di interrompere la didattica per i giorni 19 e 20 maggio, invitando ciascuna scuola paritaria ad adoperarsi con lezioni, video, dirette Fb dalle pagine delle scuole che saranno aperte a tutti per diffondere i temi della libertà di scelta educativa; il diritto di apprendere senza discriminazione, la parità scolastica tra scuola pubblica statale e pubblica paritaria …., ne avrete letto sugli organi di stampa.

Come Scuole salesiane di Italia abbiamo deciso di continuare regolarmente la didattica a distanza, per non penalizzare ulteriormente studenti e genitori già fortemente toccati dalla grave situazione che stiamo vivendo, ma desideriamo coinvolgervi direttamente e chiedere che facciate sentire la vostra voce: questo lo scopo essenziale di questa lettera. Nelle scuole ci saranno, ove possibili, interventi specifici per sensibilizzare i vostri figli; i nostri siti esporranno i motivi della protesta ma forse voi potete fare molto di più sostenendo queste richieste e questi diritti facendo sentire la vostra voce a tutti i livelli, anche e soprattutto a livello politico, per quanto vi è possibile. La vostra libertà di scelta educativa non può più essere ulteriormente contrastata. Non ci pare giusto!

Invitiamo ad unirvi alle nostre richieste a vostro vantaggio, condividendo sui vostri profili social (Facebook, Instagram, Whatsapp) lo slogan: “per una vera parità nella scuola pubblica #NONsiamoINVISIBILI” che comparirà anche sui siti e sui canali social delle nostre scuole. Vi invitiamo inoltre a rimanere informati sulle scelte di questo e dei futuri governi affinché davvero si arrivi a garantire l’accessibilità e la sostenibilità delle nostre scuole e non venga per Voi meno la possibilità di esercitare il diritto alla libera scelta educativa.

Cari Genitori, vi ringrazio di cuore per quello che potete fare. Siamo al vostro fianco e insieme ce la possiamo fare.

Vi saluto cordialmente

Torino, 18 maggio 2020

Don Enrico Stasi

Ispettore

Salesiani Agnelli: torna a rivivere il “Sogno di don Bosco”

Sono stati completati i lavori di restauro dell’antico paliotto dell’altare nella chiesa di San Giovanni Bosco a Mirafiori. Oggi, lunedì 18 maggio, nel centenario della nascita di Giovanni Paolo II, è stata celebrata anche la prima Messa sull’altare rinnovato. Di seguito il comunicato della Parrocchia San Giovanni Bosco a cura del Parroco don Gianmarco Pernice.

Torino 17 maggio 2020

All’Agnelli torna a rivivere il “Sogno di don Bosco”.
Dopo 50 anni l’antico paliotto dell’altare ritorna in chiesa totalmente restaurato.

I lavori, commissionati dal parroco don Gianmarco Pernice, autorizzati dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Torino e dall’ufficio liturgico e beni culturali della Diocesi di Torino, progettati dagli architetti Luca Zumaglini e Alessia Giachetti (studio Arkitettando) con incarico di Direzione Lavori e dal restauratore Francesco Brigadeci, sono stati eseguiti da quest’ultimo e dall’impresa Nuova L.T. Costruzioni Srl di Giuseppe Lorusso

Nella chiesa di San Giovanni Bosco a Mirafiori dietro l’altare, contro la parete di fondo, si trova l’imponente gruppo marmoreo con la statua di don Bosco. Inizialmente in quella posizione si trovava un dipinto del santo dei giovani, ma il senatore Agnelli lo aveva ritenuto troppo esiguo in confronto alla sua grandezza, così prese contatti con lo scultore Edoardo Rubino (autore della statua del faro della Maddalena, sulla collina torinese) per commissionargli un’opera monumentale che gli rendesse la giusta gloria.

L’opera è un gruppo che racchiude: al centro la grande figura di don Bosco con le braccia aperte, in atto di accoglienza, al di sotto alcuni angeli sembrano sorreggerlo; alle sue spalle, in leggero rilievo, l’effigie di Maria Ausiliatrice con Gesù bambino in braccio, e tre angeli protesi verso di loro; a sinistra e a destra della statua una serie di formelle raffigura diversi aspetti dell’opera evangelizzatrice di don Bosco, che va dall’insegnamento scolastico, a quello dei mestieri, per arrivare ai missionari che portarono il Vangelo nelle terre più lontane; al di sopra di tutto, due angeli accompagnati da altri più piccoli, sostengono la croce. Prima del concilio Vaticano II, l’altare a muro era parte integrante del monumento il cui paliotto rappresentava il sogno dei nove anni; la lettura simbolica del monumento partiva proprio da li: dal sogno dei nove anni, don Bosco matura la sua missione educativa e attraverso la sua esperienza di vita, regala ai ragazzi un futuro di speranza come buoni cristiani, chiamati al servizio, alla missionarietà e alla santità, e onesti cittadini impegnati in modo attivo e propositivo in un mondo ricco di sfide e in continuo cambiamento.
Negli anni 70, con la realizzazione del nuovo altare e l’adeguamento alle norme liturgiche quel pezzo di opera era stato collocato provvisoriamente all’esterno della chiesa, ma esposto alle intemperie, forse come dono votivo, come si usava allora, a ricordo della II guerra mondiale nella zona dell’oratorio ricostruita dopo il pesante bombardamento del 1944.

La decisione di ricongiungere quell’elemento all’opera principale è stata presa dal consiglio pastorale nel 2016 a inizio dei lavori di restauro dell’intera chiesa parrocchiale con lo scopo di presentare e preservare uno tra i monumenti più belli dedicati a don Bosco e finora poco conosciuto proprio perché incompleto.

I lavori, ormai avviati da tempo, dovevano essere conclusi con la Pasqua del 2020 ma si interrompono in piena pandemia mondiale in concomitanza con l’interruzione di tutte le funzioni religiose.
In queste settimane cominciata la FASE 2, con la ripresa dei cantieri, siamo riusciti a portare a compimento l’opera e lunedi 18 maggio nel centenario della nascita di Giovanni Paolo II, la prima Messa dopo lo Stop della pandemia è stata celebrata sull’altare rinnovato. Domenica 24 Maggio, festa di Maria Ausiliatrice, nonostante il numero limitato di fedeli, sarà l’occasione per rinnovare quel “si” a Colei che “ha fatto tutto”!

“Questa riapertura così unica nella storia, non poteva avere un segno più carico di speranza”, sottolinea il parroco don Gianmarco Pernice.

“Oggi più che mai abbiamo bisogno di ripartire e come figlio di don Bosco questo tempo mi ha insegnato che noi salesiani dobbiamo ripartire dalle origini del nostro carisma che furono avvolte da tanta incertezza, ma tanto cariche di creatività. Il sogno dei nove anni ha dato un forte impulso alla missione di Don Bosco: è un sogno che narra la creatività educativa di un Santo che non si è arreso di fronte alle difficoltà del suo tempo ma ha saputo reinventarsi proponendo al mondo intero strade inedite per far rinascere tanti giovani che avevano perso la speranza. Da lupi in agnelli”.

“Chiederemo a Maria Ausiliatrice, continua don Gianmarco, la Grazia di riaprire anche il nostro oratorio un po’ feriti da quello che abbiamo vissuto, ma totalmente rinnovati nello Spirito e pronti ad affrontare le sfide del nostro tempo con quello stesso coraggio che contraddistinse il nostro Santo fondatore.

Don Gianmarco Pernice
Parroco

Don Bosco Borgomanero: viaggio all’interno della bellezza dell’arte

Uno scatto fotografico per riprodurre un’opera d’arte del periodo Barocco: questa l’iniziativa che è stata proposta dalla docente di “Arte e Immagine” alle Scuola Media del Collegio don Bosco Borgomanero. Si riporta di seguito la notizia dedicata, a cura di Francesco Iorio.

“Viaggio all’interno della bellezza” alla Media Don Bosco
Una reinterpretazione di grandi opere d’arte del ‘600

“L’arte è la creazione di una magia suggestiva che accoglie insieme l’oggetto e il soggetto”

La frase del grande poeta francese Charles Baudelaire ben si attaglia al progetto che ha visto gli alunni della Media Don Bosco coinvolti nella reinterpretazione di opere di grandi autori del ’600.

Proposta e coadiuvata da Emanuela Negri, docente di Arte e Immagine, e inserita in un programma di studio più ampio sul periodo Barocco (un percorso interdisciplinare che ha interessato anche i docenti di Italiano, Spagnolo e Religione), l’idea portante è stata quella che ogni studente, dopo aver analizzato un’opera scelta tra quelle proposte dalla docente, diventasse egli stesso protagonista del quadro scelto, e riproducesse l’opera attraverso uno scatto fotografico.

Caravaggio, Jan Vermeer, Annibale Carracci, Artemisia Gentileschi hanno allora preso forma nella ri-creazione della struttura e degli effetti luministici, in uno studio sulla comprensione dell’autore, sulla suggestione e la composizione dell’opera d’arte, sulla luce.

Non si porrà mai abbastanza l’accento sull’importanza della cultura e della sperimentazione, soprattutto in un periodo come questo dove si rende necessario, attraverso la Didattica a Distanza, un coinvolgimento a tutto tondo dei nostri ragazzi: una sfida che, grazie all’intraprendenza e alla dedizione del corpo docente del Don Bosco, la nostra Scuola affronta coinvolgendo gli studenti sia nell’ambito dello studio che in quello più pratico, come per questo “Viaggio all’interno della bellezza”.

Francesco Iorio

Salesiani Cuneo: corso animatori…in corso

Prosegue il Corso Animatori dei Salesiani di Cuneo, iniziato lo scorso 28 aprile (a distanza) e che continuerà fino a fine maggio per arrivare poi alla preparazione più pratica di quelle che saranno le attività dell’estate 2020. Si riporta di seguito l’articolo pubblicato ieri sul sito dell’opera.

Corso animatori…in corso

Lo abbiamo rincorso, adesso è in corso.

Stiamo parlando del Corso con la C maiuscola, e cioè il Corso Animatori, che tradizionalmente ha luogo tra marzo e aprile ed è la prima boccata di aria estiva ad entrare in circolo nei polmoni delle ragazze e dei ragazzi delle scuole superiori.

Saltata, per evidenti motivi, la sua versione diocesana, che avrebbe coinvolto tutte le parrocchie, il Corso Animatori pensato qui ai Sale ha preso il via lo scorso 28 aprile e continuerà fino a fine maggio, sfociando poi nella preparazione più pratica di quelle che saranno le attività dell’estate 2020 (e tutti gli animatori hanno in cuore la speranza che una qualunque forma di attività si possa svolgere!).

Ovviamente, ciascun ragazzo è in collegamento da casa sua con il gruppo dei suoi coetanei e con i formatori (diversi per ogni serata). Accanto ad essi, la figura del tutor di “annata” (cinque, dal 2001 al 2005) segue il gruppo e i suoi componenti durante tutto il percorso. I temi trattati vanno dalle motivazioni di un animatore all’assistenza salesiana, dalla comunicazione al sistema preventivo di don Bosco. Bellissimo il momento finale in cui ci si ritrova tutti e 80 su un’unica piattaforma on line per la preghiera e gli immancabili avvisi di don Alberto.

Si diceva che non si sa cosa sarà dell’estate che verrà. Per questo è ancora più significativo vedere così tanti iscritti Corso Animatori dei Sale; ragazzi che, comunque, in questi mesi di “lockdown”, non se ne sono stati con le mani in mano. Molti hanno contribuito al servizio di commissioni a domicilio “La spesa che non pesa” o alla distribuzione delle cosiddette borse viveri su tutto il territorio parrocchiale. I più grandi non si sono tirati indietro dal volontariato con i senza fissa dimora accolti in oratorio tutti i pomeriggi. Senza dimenticare gli impegni di studio e le nuove dinamiche familiari nate in questi mesi.

Il voler intraprendere adesso, “al buio”, il Corso Animatori non risponde dunque soltanto all’esigenza di socialità tipica dei giovani: c’è un desiderio profondo di “essere” animatori, e non semplicemente “fare” gli animatori. E per noi significa esserlo come avrebbe voluto don Bosco, non avendo paura di continuare a sognare in grande, per il futuro più o meno immediato; pensando in continuazione, anche adesso, ai bambini e ai ragazzi che fisicamente (e chissà per quanto) non riusciremo ad incontrare; affidandoli e affidandoci al Signore e, in questo mese di maggio, in particolare a Maria, la nostra mamma del cielo.

L’animazione ha segnato e continuerà a segnare ciascuno di noi, per vivere sin da ora, nel mondo, da buoni cristiani e onesti cittadini. Per noi essere animatori è una scuola di vita: ci insegna anzitutto l’attenzione ai più piccoli, in particolare i più poveri ed emarginati, e poi che il bene va fatto bene. Per questo ogni anno si ripete, con o senza Coronavirus, la bellissima tradizione del Corso Animatori.

Joy

CFP Bra: stage in smart working – Il Nuovo Braidese

Il giornale Il Nuovo Braidese di domani, sabato 16 maggio, dedica un articolo allo Stage in smart working che sta mettendo in campo il Centro di Formazione Professionale di Bra e l’esperienza di Francesca Bordino (in foto) con la quale è stato attivato un percorso di stage in smart working presso la Tesi Squere. Di seguito l’articolo a cura di Franco Burdese.

FORMAZIONE PROFESSIONALE A DISTANZA AL CNOSFAP
Stage in smart working: cosa cambia

La Formazione professionale Regionale prosegue a distanza con il percorso di Formazione Tecnica Speriore IFTS Tecnico Trasfertista gestito da Cnosfap Bra. Il gruppo di venti allievi sta in maniera variegata proseguendo il loro percorso. Sono 8 gli apprendisti che dal 14 febbraio sono tornati in azienda per l’apprendistato formativo mentre per Francesca Bordino (in foto) è stato attivato un percorso di stage in smart working presso la Tesi Squere che la ospita in stage. Proprio su questo argomento dello stage a distanza abbiamo voluto approfondire l’approccio impostato tra Associazione Cnosfap dei Salesiani di Bra e la ditta Tesisquere.

Francesca puoi descrivere cosa significa l’esperienza di stage IFTS in smart working?

L’esperienza di stage in smart working rappresenta per me una sfida alle tradizionali dinamiche di coinvolgimento nel mondo del lavoro e alla rapida evoluzione della tecnologia nelle modalità di interazione e apprendimento. Il continuo coinvolgimento dell’azienda su progetti prima analizzati in ufficio, ha consentito la prosecuzione del mio stage a distanza senza interruzioni, sebbene con modalità diverse.

Quali sono state le esperienze che hai vissuto in stage smart working con Tesisquere?

Tesisquare ha predisposto una serie di coinvolgimenti in web conference su progetti attivi differenti: in questo modo ho potuto partecipare da un lato a pianificazioni d’attività, incontri di analisi e presentazione di progetti ai clienti Tesi, nonché sessioni di formazione individuali con i colleghi per continuare ad essere allineata sugli sviluppi dei relativi argomenti.

Come può cambiare l’esperienza in smart working rispetto a quella che hai fatto in presenza nella prima parte del tuo stage?

Sebbene in prima battuta venga a mancare il contatto umano, aspetto importante in un percorso di inserimento perché permette di conoscere le persone con cui si dovrà collaborare, credo che l’approccio e gli strumenti schierati dall’azienda abbiano comunque consentito la possibilità di continuare a confrontarsi, rendendo così l’operatività nei fatti del tutto paragonabile a quella precedente all’emergenza. Una messa in atto di azioni vincenti che, a mio avviso, potranno diventare la futura normalità.

Come valuti il tuo apprendimento ed il coinvolgimento in questa esperienza?

Laddove il percorso in aula e in azienda nel suo complesso mi abbia permesso di implementare numerose conoscenze, lo stage in smart working mi ha invece consentito di sviluppare skills e accortezze nuove per riuscire a lavorare con i colleghi, seppur trovandomi a casa da sola e priva di esperienza nel campo dell’Information Technology. In merito al mio coinvolgimento, le mie aspettative non sono state disattese: il periodo d’emergenza sanitaria, pur ostacolando il normale svolgersi del percorso, non ha impedito all’azienda di continuare a formarmi e a farmi crescere professionalmente. A Michelle Crosetti , HR Talent Acquisition, ed Elio Becchis,Business e Solution manager SR, di Tesi Squere, abbiamo chiesto di analizzare questa esperienza.

Come valuta Tesi l’esperienza di smart working specifica con l’IFTS?

L’esperienza di smart working specifica con l’IFTS è stata sicuramente una sfida, che però siamo riusciti ad affrontare in modo ottimale. L’esperienza di smart working è nuova nell’azienda, non solo per quanto riguarda questo stage nello specifico, ma per tutti i colleghi che si sono ritrovati a dover svolgere il lavoro da casa e sono riusciti ad organizzarsi al meglio. Nel caso specifico di Francesca, l’organizzazione mirate delle attività da parte del suo responsabile ha reso possibile un risultato winwin.

Come cambiano le modalità di coinvolgimento di uno stage in smart working?

Sicuramente la risorsa deve imparare ad acquisire autonomia più velocemente ad organizzarsi in modo ottimale il tempo a disposizione, le richieste e i dubbi vengono “accumulati” per poi essere risolti tramite un unico meet o chiamata, ma sicuramente si ha la possibilità di testare in autonomia le proprie capacità. Per quanto riguarda le modalità di coinvolgimento sicuramente c’è un passaggio dalla comunicazione faccia a faccia ad una comunicazione digitale, anche il training del tirocinante stesso viene affrontato tramite webinar e videoconferenze.

Quali le potenzialità metodologiche dello smart working?

Il progresso e l’evoluzione tecnologica hanno modificato in modo radicale il nostro approccio, non solo alla vita quotidiana, ma anche a quella lavorativa. L’interesse e le potenzialità dello smart working riprendono aspetti legati al tempo, il risparmio dello stesso e la miglior organizzazione che permette un bilanciamento della vita privata con quella lavorativa (work life balance), la mobilità, quante persone devono affrontare ore di viaggio per raggiungere i posti di lavoro? Lo smart working permette di gestire, non solo il proprio tempo, ma anche le attività e i task lavorativi, la non possibilità di confrontarsi con i propri colleghi nell’istante stesso in cui c’è la necessità (come avviene negli uffici) permette di ragionare maggiormente sul proprio operato, di concludere le proprie attività nel miglior modo possibile e alla fine di cercare un confronto: costruttivo e soprattutto non sbrigativo.

Quali saranno le nuove figure ricercate da Tesi in questo nuovo mercato del lavoro e come possono essere formate con una esperienza IFTS?

Al di là della congettura esterna che stiamo affrontando in questo periodo, le figure di maggior interesse per il nostro settore, e nel particolar modo per Tesi, sono gli analisti di Supply Chain (gestione della catena di distribuzione ndr ). Queste figure devono, oltre a conoscere i processi di Supply Chain, saper dialogare con il cliente per raccogliere i requisiti di quest’ultimo, trasformarli in analisi funzionale e riportare questa allo sviluppatore che procederà con le implementazioni richieste. L’analista è quindi una figura cross tra la parte funzionale e quella tecnica, è il “ponte” tra ciò che il cliente richiede e ciò che viene sviluppato successivamente. È sicuramente una figura importante che richiede flessibilità, adattamento e proattività. Siamo molto soddisfatti, ha commentato Valter Manzone Direttore del CFP di Bra, della capacità di allievi, aziende e della nostra struttura nell’ aver saputo rispondere con prontezza a questa situazione straordinaria. Nuove sfide, nuove opportunità che certamente tutte le componenti sapranno cogliere al meglio.

Franco Burdese

Don Bosco Borgomanero: in via di conclusione l’iniziativa “#DIAMOCIDAFARE”

Come riportato qualche settimana fa, i Salesiani di Borgomanero, assieme all’Associazione Mamre, hanno messo in atto alcune iniziative di solidarietà per aiutare chi si trova in stato di bisogno e in difficoltà in questo periodo di emergenza sanitaria. Il progetto “Diamoci da fare” (slogan promosso dal Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, durante Settimana Santa) si tratta di una raccolta fondi al fine di acquistare mascherine a camici per gli infermieri e medici dell’ospedale di Borgomanero. Ottenendo ottimi risultati e buona partecipazione, l’iniziativa si concluderà nei prossimi giorni. Con il contributo ricavato sono infatti state consegnate 300 mascherine e 1.000 camici.

Alla consegna avvenuta nei giorni scorsi presso l’ospedale di Borgomanero, presenti don Giuliano Palizzi e Mario Metti insieme alla dott.ssa Arabella Fontana, direttore generale dell’ASL, il dottor Stefano Cusinato, primario del reparto di nefrologia e direttore del dipartimento di emergenza ed accettazione, la dott.ssa Elisabetta Alliata, direttore dell’ospedale di Borgomanero, il dottor Davide Colombo, responsabile del reparto di anestesia e rianimazione, la dott.ssa Cristina Rossi del servizio farmaceutico dell’ospedale e il dottor Andrea Bertaccini, responsabile del servizio di prevenzione.

Si ringrazia tutto il personale ospedaliero e a quanti, con le loro donazioni, hanno contribuito all’acquisto del materiale consegnato.

Oratorio Michele Rua: la testimonianza di Amal – Gruppo Triennio

Nella serata di ieri, giovedì 14 maggio, i giovani del Gruppo Triennio dell’Oratorio Michele Rua hanno avuto la possibilità di intervistare e seguire la testimonianza (su Google Meet) della giovane Amal, cooperatrice dell’oratorio di Damasco recatasi in Italia in occasione del Capitolo Generale. Di seguito l’intervista.

Gruppo Triennio – Michele Rua – 14 maggio 2020

#spazistrettiperallargareilcuore

Testimonianza di Amal – giovane cooperatrice dell’oratorio di Damasco

  • Quali sono i motivi che hanno spinto te e la tu famiglia a decidere di rimanere in una realtà difficile e dolorosa come la guerra?

All’inizio non sapevo cosa rispondere. Poi ci siamo chiesti: ma se tutti noi giovani partiamo, chi si occuperà dei bambini o di chi resta perché non può partire? Siamo rimasti per poter fare qualcosa di buono e di bello per gli altri, anche in questo tempo di guerra. E questa non è solo una decisione mia, ma di tutta la mia famiglia. 

  • Durante i momenti di dolore, di fragilità, quello che aiuta a non chiudersi è sentirsi amati. Quali sono stati i segni concreti con cui Dio si è preso cura di te?

All’inizio mi chiedevo: “Perché Dio non fa un miracolo e ferma questa guerra?”. Ho passato un anno, forse due, a chiedermi questo. Negli anni, in questo tempo, sono rimasta con Lui, ma continuavo a non capire. Poi ho capito che quando io pregavo o parlavo con Lui chiedevo una cosa sbagliata; la mia preghiera così è cambiata ed è diventata: “Dio aiutami a sapere come posso agire nelle condizioni di questa guerra”. Lì ho capito che Dio non cancella il problema ma mi aiuta a viverlo, a superarlo. Durante la guerra ho imparato a pregare e questo ha cambiato la mia relazione con Dio. Ho imparato in questo periodo a cercare la vera pace del cuore, soprattutto quando ero più nell’angoscia. E sapevo che solo Lui poteva darmi quella pace del cuore. Ho capito che non potevo più smettere di cercare quella pace. 

  • A causa della guerra, come a causa di questa pandemia, non si può vivere “normalmente” l’oratorio. Cos’ha voluto dire essere animatrice salesiana in una situazione del genere? Quali sono le cose che veramente contano dell’animazione?

La spiritualità salesiana mi ha aiutato nella mia relazione con Dio. Tanti sono stati i momenti in cui l’oratorio veniva chiuso (perché era troppo pericoloso o per situazioni economiche difficili). Nonostante questo cercavamo di riaprire l’oratorio. La cosa più importante non era solo aprire l’oratorio, ma avere buoni e bravi animatori che stessero con i ragazzi. E visto che siamo salesiani, vuol dire che servono animatori felici: quindi per prima cosa abbiamo cercato di incoraggiare, noi per primi e poi gli animatori, a cercare questa felicità, perché i ragazzi sanno distinguere bene se fai finta di essere allegro o se lo sei davvero nel tuo cuore. Abbiamo poi scoperto che tanti aspetti venivano trascurati: es. l’aspetto e la cura psicologica dei ragazzi. I due aspetti allora su cui abbiamo investito sono stati questi: ricerca della gioia e cura dell’aspetto psicologico. Teniamo sempre presente che siamo solo discepoli del vero Maestro, che è Gesù: abbiamo un buon maestro per imparare la Gioia. 

  • Abbiamo ricevuto il video commovente in cui i giovani della Siria pregavano per l’Italia in questo momento di pandemia, spesso noi crediamo che il dolore ci chiuda in noi stessi e invece quel video è stata la testimonianza che invece la sofferenza può renderci più attenti a chi è in difficoltà. Come la sofferenza ti ha portato ad essere una fonte di speranza per altri che soffrono e a non chiuderti?

Durante la guerra molte persone hanno armi, non solo i soldati, e le usano in modo orribile; e molti di questi erano siriani. Hanno ucciso siriani come loro, amici, fratelli, sorelle…e a causa loro abbiamo persone molte persone care. Per questo motivo, questi gruppi venivano attaccati perdendo così le loro case. Si sono così spostati dalle loro città alle nostre, facendo occupare le nostre scuole alle loro donne e ai bambini perché potessero vivere lì. Noi allora abbiamo organizzato delle missioni all’interno della città: andavamo a gruppetti di animatori e facevamo animazione per i bambini in quelle scuole, per i figli dei nostri nemici. All’inizio era difficile farli sentire felici dopo tutto quello che i loro padri avevano fatto a noi. Ma da questo abbiamo imparato due cose: se non riusciamo ad amare i nostri nemici, come ha insegnato Gesù, almeno possiamo amare i loro figli che non hanno colpa di ciò che hanno fatto i loro padri; e abbiamo imparato che questo è ciò che avrebbe voluto Don Bosco che ci insegna ad amare i ragazzi al di là delle loro situazioni e delle loro famiglie. Tutto questo ci ha aperto la mente e il cuore, per cercare di creare un legame più autentico e semplice nei modi. E anche perché sapevamo che l’Italia stava con noi: voi italiani ci avete insegnato come possiamo rimanere legati e vicini anche nelle difficoltà. Voi ci avete insegnato che cosa vuol dire stare vicini nelle difficoltà, perché lo siete stati. Non dimenticate mai quanto valete, quante benedizioni avete ricevuto. E quando vi accorgete di quante grazie avete ricevuto allora inizierete a donarle agli altri. 

  • Il Papa dice che questa Pandemia è come una guerra, tu che una guerra l’hai vissuta veramente potresti darci 3 consigli per vivere a pieno il presente e ripartire migliori domani?
  • Intanto dovremmo essere sempre consapevoli che siamo solo discepoli di un maestro che è Gesù e che Lui saprà guidarci. 
  • Imparate ad essere misericordiosi con voi stessi: potete anche non capire tutto adesso (don Bosco ha compreso il sogno dei 9 anni solo prima di morire): siate misericordiosi con voi stessi.
  • Cercate i lati positivi di questa situazione: non possono non esserci! Se saprete trovarli, questo vi aiuteranno a vivere quelle altre difficoltà che incontrerete anche oltre al Covid. 

Domande dei ragazzi

  • Come si è pensata la missione nelle scuole? chi ha avuto l’iniziativa e come siete stati coinvolti?

Di sicuro abbiamo dovuto essere preparati, non potevamo andare così. A Damasco, all’inizio abbiamo fatto un po’ di esercizio con i nostri ragazzi. Una delle metodologie pensate era quella di far disegnare ai bambini come vedono la loro realtà oggi: e i loro disegni erano molto molto tristi. Se i nostri bambini sentono questo, chissà quei ragazzi delle scuole. I cristiani da noi venivano sempre visti come quelli che stavano fermi: invece volevamo dimostrare che noi potevamo essere forti, ma in modo pacifico. L’incaricato dell’oratorio di Damasco, don Alejandro, l’attuale ispettore, ci ha preparati facendoci fare un passo alla volta, ampliando il nostro sguardo in quello di don Bosco. All’inizio eravamo solo 15 a partecipare, poi andavamo lì con dei pullman. Non è stato facile, ma si fa…un passo alla volta. 

  • Quali i segni più forti di speranza in questo tempo difficile di guerra?

È stato molto difficile per noi più grandi vederli; ma la cosa più importante è che non abbiamo mai smesso di animare i nostri ragazzi. Quando abbiamo visto la gioia nei loro occhi, abbiamo iniziato a scoprirla anche dentro di noi e a vedere la speranza che le cose sarebbero davvero potute andare bene. Ogni anno ci dicevamo: “questo è l’ultimo”, sono passati 10 anni e ancora non è finita. Ma la cosa più importante in questo periodo è stato l’aver imparato, un giorno per volta, come vivere non in attesa della fine di tutto questo, ma dentro tutto questo. La speranza per continuare giorno per giorno è il sorriso dei ragazzi. Nel 2011 abbiamo pensato di dover chiudere l’oratorio perché avevamo pochi ragazzi e tante spese. Siccome però don Bosco si occupava soprattutto dei ragazzi più poveri, i ragazzi più poveri della zona hanno iniziato a venire da don Bosco, nel nostro oratorio. Prima della guerra eravamo in tutto 300 ragazzi e giovani. Ora, tolti gli universitari, siamo più di 1000; gli universitari sono 250. Adesso, in mezzo a questa guerra, abbiamo tante persone nel nostro oratorio: DB era per i poveri e noi anche. E ogni volta che vediamo anche solo un ragazzo in oratorio, sappiamo che dobbiamo continuare. 

  • Le persone del posto, come prendono la presenza salesiana? 

Con un po’ di invidia perché i cristiani sono pochi e noi soli coinvolgiamo tante famiglie: gli altri cristiani pensano che li “rubiamo”. Ma noi non facciamo pubblicità: loro vengono da noi! A volte, ma già prima della guerra, ci facevano dei dispetti (fermavano i pullman…), ora questa situazione è un po’ cresciuta perché il numero è aumentato. L’oratorio è in un quartiere abitato da musulmani; e di tutti i ragazzi che abbiamo solo 4 vengono dalla nostra zona, tutti gli altri vengono da lontano. I nostri vicini così fanno problemi un po’ perché siamo cristiani e un po’ perché siamo rumorosi!!!

Il progetto Bella Presenza: con gli oratori la Scuola arriverà nelle strade – La Voce e il Tempo

La Voce e il Tempo di oggi dedica un articolo al progetto nazionale “Bella Presenza” in cui è impegnata l’Educativa di Strada dell’Oratorio Salesiano del San Luigi di Don Bosco San Salvario. Di seguito l’articolo, a cura di Stefano Di Lullo.

A Torino con gli Oratori la Scuola arriverà nelle strade

Contro la dispersione scolastica – Con il progetto nazionale “Bella Presenza” gli insegnanti di alcune scuole torinesi attingono all’esperienza dell’Educativa di strada per non perdere i giovani nel disagio più colpiti dall’epidemia: «per loro la didattica a distanza non è sufficiente»

A Torino alcune scuole usciranno dai propri cancelli fisici e tecnologici e approderanno, grazie alla sinergia con gli oratori e la collaudata esperienza dell’Educativa di strada, nelle vie e nelle piazze per raggiungere i ragazzi che fanno più fatica «a stare dentro» ai percorsi scolastici, soprattutto in questo tempo di pandemia che ha generato disorientamento in particolare in chi è più fragile.

È uno dei frutti del progetto nazionale «Bella Presenza», selezionato dall’impresa sociale «Con i bambini» nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, che è stato portato avanti dal 2018 in Piemonte, Campania e Toscana raggiungendo oltre 3.330 minori e quasi mille nuclei familiari, con il coinvolgimento di 700 insegnanti ed educatori.

Il punto sul piano, della durata di 4 anni, è stato fatto martedì 12 maggio nel corso di un seminario on line sul tema «Sconfinamenti. Per una scuola fuori dall’emergenza da costruire insieme».

In Piemonte, a Torino, Cuneo e Racconigi, una rete di associazioni, coordinata dalla cooperativa sociale «Labins», che ha sede in via Maria Vittoria a Torino, negli anni scolastici 2018-2019 e 2019-2020 ha messo in campo azioni, in sinergia con gli istituti scolastici coinvolti e diversi enti del Terzo settore, per riattivare una comunità educante in grado di prendersi carico e accompagnare tutti gli studenti, in particolare chi è più fragile, prevenendo l’insorgere del disagio nelle aule scolastiche che sempre più spesso porta gli adolescenti a smettere di studiare, a vivere alla giornata senza alcun progetto per il proprio futuro.

Le scuole coinvolte a Torino, nelle Circoscrizioni 1, 7 e 8, sono il liceo scientifico Gobetti, il Convitto statale Umberto I e gli istituti Giulio, Pertini, Giolitti e Gozzi Olivetti, a cui si è aggiunta una sperimentazione sull’Istituto comprensivo Gabelli nel quartiere Barriera di Milano.

«La pandemia», sottolinea Patrizia Gugliotti, presidente di Labins e coordinatrice di «Bella Presenza» per il Piemonte, «ha portato ancora di più allo scoperto diseguaglianze e povertà in ambito educativo. Ed ecco l’importanza di una rete che pone al centro il ragazzo. Non è più possibile pensare a percorsi educativi per minori a compartimenti stagni: ovvero da un lato la scuola, dall’altro l’educativa di strada, i servizi sociali, le associazioni, ma è opportuno un lavoro di squadra che accompagni gli studenti in difficoltà partire dalle proprie potenzialità. La distanza fisica dalla scuola apre uno ‘spazio del possibile’, ovvero la possibilità concreta di ripensare l’agire educativo in modo nuovo, aperto ed  inclusivo. Se già nella società prima del Covid-19 il progetto ‘Bella Presenza’ nasceva dalla necessità di mescolare saperi e competenze di insegnanti ed educatori, tempo vissuto dentro e fuori la scuola, ragazzi e territori diversi, quelli fragili insieme a quelli più forti, oggi si ritiene che ‘sconfinare’ debba diventare la regola per costruire interventi educativi e non solo didattici, reticoli di prossimità, educazione porta a porta, metodi creativi e inclusivi che non lascino davvero indietro nessun bambino o bambina, nessun ragazzo o ragazza».

Il progetto in primo luogo punta sull’orientamento a partire dalla scuola media portato avanti con numerose associazioni del territorio attraverso il coinvolgimento attivo delle famiglie e del Terzo settore. Si lavora poi a prevenire il disagio prima che insorga.

L’esperienza dell’educativa di strada portata avanti dagli oratori ha offerto un contributo essenziale, per evitare che in questo tempo di epidemia i ragazzi si perdessero.

«Abbiamo attivato», spiega Marta Romano, educatrice dell’Oratorio salesiano San Luigi di San Salvario, «un’attività di monitoraggio costante con le scuole per capire come i ragazzi stessero vivendo il lockdown, chi si connettesse e chi no con la didattica a distanza. Ed ecco che attraverso i contatti personali, instaurando una relazione, abbiamo supportato la scuola e le famiglie dei ragazzi più in difficoltà proponendo delle attività di laboratorio a partire dalle competenze e dai desideri di ciascuno».

Centrale l’attività realizzata in piazza Galimberti nell’ambito del progetto «Bella Presenza» su iniziativa dell’Istituto comprensivo Pertini nella zona delle palazzine dell’ex villaggio olimpico Moi.

«Lo scorso anno», evidenzia la dirigente scolastica Elena Cappai, «ho segnalato all’educativa di strada la presenza di nostri studenti in piazza Galimberti durante o al di fuori dell’orario scolastico. Ed ecco che gli educatori del San Luigi che animavano attività presso la postazione Spazio Anch’io al Parco del Valentino hanno iniziato a frequentare la zona e intercettare gli adolescenti».

«Lo scopo», continua l’educatrice Romano, «è intraprendere un percorso educativo a partire dalle competenze che gli adolescenti già posseggono. Siamo quindi partiti da laboratori come quello di lettering, che ci hanno permesso di stringere un legame. Abbiamo anche offerto percorsi alternativi alla sospensione scolastica. In questo momento stiamo strutturando delle proposte per l’estate, quando potremo riprendere le attività in strada, in modo da continuare a stare accanto ai ragazzi».

«Data l’efficacia del progetto», prosegue la preside Cappai, «ho proposto  dal prossimo anno di intraprendere attività didattiche in luoghi fuori dalla scuola o alternativi alla didattica a distanza, quindi anche nelle piazze: un piano certamente da strutturare in sinergia con i diversi attori del progetto fra cui l’educativa di strada. La pandemia spinge, infatti, il mondo scolastico a trasformare e ripensare i metodi didattici  tradizionali: è l’unico modo per non perdere nessuno studente soprattutto in questo periodo in cui il rischio della dispersione è aumentato in modo esponenziale».