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Pane – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

15 OTTOBRE

La parola del giorno: Pane

Ritorno al Vangelo: Luca (21, 1-4)

Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli e disse: «In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti. Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere».

Post-it!

Questa vedova non dà, come gli altri, briciole di ciò che possiede; non dà l’offerta senza che ne consegua per lei una sofferenza; non offre denaro di cui non ha affatto bisogno, perché ne ha tanto in più: no, questa donna si spoglia di ciò che le era necessario per vivere, di tutto ciò che aveva, non di una sua porzione minima. Questa donna è per Gesù un’immagine dell’amore che sa rinunciare anche a ciò che è necessario: ecco una donna anonima, ma una vera discepola di Gesù. In questa pagina del vangelo il contrasto diventa ancora più forte: scribi che divorano le case delle vedove perché donne (non divorano le case dei vedovi!), perché povere, non difese da nessuno; e, al contrario, una di queste che dà in sacrificio al Signore ciò di cui lei ha bisogno per vivere, spogliandosi oltre misura.

Enzo Bianchi

Commento al Vangelo

Tocca a te!

Prova a condividere qualche cosa di essenziale della tua giornata… anche se costa.

Te lo sei mai chiesto?

1. Ti è mai capito di vedere qualcuno che condividesse “tutto quanto aveva per vivere”?

2. Nei tuoi gesti di carità verso gli altri, pensi di aver condiviso il superfluo o l’essenziale?

Caramella – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

12 OTTOBRE

La parola del giorno: Caramella

Ritorno al Vangelo: Matteo (26, 26-29)

Mentre mangiavano, Gesù prese il pane, pronunziò la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai discepoli e disse: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo». Poi, prese il calice, rese grazie e lo diede loro dicendo: «Bevetene tutti: questo infatti è il sangue mio dell’alleanza, che è sparso per molti per ottenere il perdono dei peccati. Ora, io vi dico che d’ora innanzi non berrò più di questo frutto della vite, fino a quando berrò con voi quello nuovo nel regno del Padre mio.

Post-it!

«Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». La parola «Corpo», nella mentalità biblica, non indica una parte della persona, ma la indica nella sua totalità, nella sua capacità di donarsi, di relazionarsi, di comunicare con gli altri. La parola corpo è sinonimo del pronome «io». Le parole di Gesù vogliono dire: Questo sono io che voglio donarmi a voi, entra- re in comunione con voi, fare di voi la mia comunità.

Al padrone di casa aveva fatto dire: «Presso di te faccio pasqua con i miei discepoli», ma facendola non vuole celebrare un semplice rito, per quanto millenario sia, vuole vivere un’esperienza di comunione. E ciò appare anche quando fa passare il calice. Dice: «Questo calice è il sangue mio dell’alleanza, versato per molti (aggiunge il solo Matteo) per ottenere il perdono dei peccati». Il sangue sparso dice che Gesù è cosciente di dover morire e dice anche che egli muore per molti, cioè per tutti, che sono molti. Abbiamo quindi uno che dà la vita per molti, uno di fronte a molti. Ora, se noi vogliamo trovare un parallelo a questa realtà, dobbiamo ancora una volta ritornare al Servo di Dio, di cui parla il profeta Isaia. Ebbene, anche secondo Isaia, abbiamo «uno di fronte a molti», «uno che dà la vita per molti» e la dà per ottenere il perdono dei peccati.

Mario Galizzi

Vangelo secondo Matteo – commento esegetico-spirituale

Tocca a te!

Gesù si è donato totalmente per te: vivi pienamente il momento l’Eucaristia.

Te lo sei mai chiesto?

1. Scrivi da qualche parte i nomi delle persone che danno la vita per te.

2. Scrivi da qualche parte i nomi delle persone per cui sei disposto concretamente a dare la vita.

Mano – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

11 OTTOBRE

La parola del giorno: Mano

Ritorno al Vangelo: Marco (1, 29-31)

E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.

Post-it!

Ora, entrati in casa di Pietro e Andrea, si accorgono che nessuno li accoglie: dovrebbe essere compito della suocera di Pietro – che dunque era sposato –, ma una febbre la tiene a letto. La febbre è un’indisposizione che accade sovente, e non è certo grave o preoccupante. Gesù, informato della cosa, si avvicina a questa donna allettata, la prende per mano e la fa alzare. Egli vuole incontrarla e, non appena le è vicino, compie gesti semplici, umanissimi, affettuosi: prende nella sua mano quella mano febbricitante, attua una relazione carica di affetto, e quindi con forza la aiuta ad alzarsi.

Questi sono i gesti di Gesù che guariscono: non gesti di un guaritore di professione, non gesti medici, né tanto meno gesti magici. Se siamo attenti comprendiamo che, sull’esempio di Gesù, a un malato dobbiamo soltanto avvicinarci, renderci prossimi, toglierlo dal suo isolamento, prendendo la sua mano nella nostra, in un contatto fisico che gli dica la nostra presenza reale, e infine fare qualcosa perché l’altro si rialzi dal suo stato.

Enzo Bianchi

Commento al Vangelo

Tocca a te!

Prova a prenderti cura di una persona accanto a te che in questo momento è in difficoltà.

Te lo sei mai chiesto?

1. Ti è mai capitato che una cosa non andasse come l’avevi programmata ma alla fine fosse più bella di quanto immaginato?

2. Hai vissuto un imprevisto che poi si è rivelato celasse una cosa bella? Cosa ha fatto la differenza?

Pioggia – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

10 OTTOBRE

La parola del giorno: Pioggia

Ritorno alla Parola: Isaia (55, 10-12)

Come la pioggia e la neve
scendono giù dal cielo,
e non vi ritornano senza averla irrigata,
fecondata e fatta germogliare,
per dare seme al seminatore
e pane a chi mangia,
così sarà della parola
uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata.
Voi dunque partirete con gioia,
sarete condotti in pace.
I monti e i colli davanti a voi
eromperanno in grida di gioia
e tutti gli alberi dei campi batteranno le mani.

Post-it!

L’acqua, unita alla neve, diventa un segno della parola di Dio senza la quale l’esistenza umana si tramuta in un deserto sterile. Ciò che il profeta vuole marcare è soprattutto la fecondità e l’efficacia di questa parola, comparata al tipico processo naturale della pioggia, dell’ evaporazione, delle nubi e della nuova pioggia. È un ciclo vitale che trasforma la nostra vicenda umana quasi in una parola divina capace, a sua volta, di rendere fertili altri ambiti della storia.

Soprattutto si insiste sul vigore che ha in sé la parola di Dio: essa «non ritorna a me», dice il Signore, «senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata». Come è evidente, l’immagine idrica trascolora e trapassa in quella di un messaggero celeste che ritorna dal suo re dopo aver compiuto la sua missione.

Mons. Gianfranco Ravasi

Commento alla Parola

Tocca a te!

Anche gli imprevisti nascondono le loro gioie inaspettate: prova a scoprirle durante la tua giornata.

Te lo sei mai chiesto?

1. Ti è mai capitato che una cosa non andasse come l’avevi programmata ma alla fine fosse più bella di quanto immaginato?

2. Hai vissuto un imprevisto che poi si è rivelato celasse una cosa bella? Cosa ha fatto la differenza?

Festa – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

9 OTTOBRE

La parola del giorno: Festa

Ritorno al Vangelo: Luca (15, 4-10)

«Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. Così, vi dico, c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Post-it!

Osserviamolo nella sua ricerca. I termini della parabola sono bene scelti: appena la trova, tutto contento se la mette sulle spalle. E’ un’immagine veramente bella. La comunità cristiana vi ha sempre visto l’immagine di Gesù, quella che più l’ha affascinata e che ha saputo immortalare nelle catacombe. Perché è così che i cristiani sentivano Gesù, come il buon Pastore che li guida nel loro cammino e che li ama.

Ritorniamo alla parabola. Il pastore, tutto contento, ritorna a casa, e non gli basta la sua gioia; perché sia vera dev’essere condivisa, per questo chiama gli amici e i vicin e con gioia racconta loro la sua avventura. E’ logico che la pecora è stata rimessa con le altre, è di nuovo come le altre, non è considerata una “pecora nera”.

L’applicazione che ne fa Gesù è meravigliosa. E’ tutto il cielo che gioisce quando un peccatore si converte. E’ una gioia improvvisa, spontanea, che scoppia nel momento della conversione e che si confonde con quella dei giusti. E’ un vuoto che si riempie, perché la casa dev’essere piena (14,23).

Ora il cristiano e la comunità, che sanno meditare, devono riflettere se è così che cercano di ricuperare chi si è perso, e se è ben accolto, al suo ritorno, nella comunità dei fratelli.

Mario Galizzi

Vangelo secondo Luca – commento esegetico-spirituale

Tocca a te!

Prova a condividere le piccole gioie di questa giornata con chi ti è vicino.

Te lo sei mai chiesto?

1. Fai “festa” per le cose belle che succedono agli altri? Se no, perché?

2. Ti capita di condividere la tua felicità con gli altri? Se si, con chi preferisci?

Abbraccio – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

8 OTTOBRE

La parola del giorno: Abbraccio

Ritorno al Vangelo: Luca (15, 20-24)

Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.

Post-it!

Gesù non descrive un padre offeso e risentito, un padre che, ad esempio, dice al figlio: “Me la pagherai”: no, il padre lo abbraccia, lo aspetta con amore. Al contrario, l’unica cosa che il padre ha a cuore è che questo figlio sia davanti a lui sano e salvo e questo lo fa felice e fa festa. L’accoglienza del figlio che ritorna è descritta in modo commovente: «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (v. 20).

Quanta tenerezza; lo vide da lontano: cosa significa questo? Che il padre saliva sul terrazzo continuamente per guardare la strada e vedere se il figlio tornava; quel figlio che aveva combinato di tutto, ma il padre lo aspettava. Che cosa bella la tenerezza del padre! La misericordia del padre è traboccante, incondizionata, e si manifesta ancor prima che il figlio parli. Certo, il figlio sa di avere sbagliato e lo riconosce: «Ho peccato … trattami come uno dei tuoi salariati» (v. 19).

Ma queste parole si dissolvono davanti al perdono del padre. L’abbraccio e il bacio di suo papà gli fanno capire che è stato sempre considerato figlio, nonostante tutto. E’ importante questo insegnamento di Gesù: la nostra condizione di figli di Dio è frutto dell’amore del cuore del Padre; non dipende dai nostri meriti o dalle nostre azioni, e quindi nessuno può togliercela, neppure il diavolo! Nessuno può toglierci questa dignità.

Papa Francesco

Udienza Generale

Tocca a te!

Prova a dare importanza al gesto dell’abbraccio, proprio per comunicare all’altro il tuo affetto ed il tuo voler bene incondizionato.

Te lo sei mai chiesto?

1. Qual è il tuo modo di comunicare “ti voglio bene”?

2. Hai mai fatto esperienza di un abbraccio gratuito rivolto a te? Cosa hai provato?

Gallina – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

7 OTTOBRE

La parola del giorno: Gallina

Ritorno al Vangelo: Luca (7, 36-50)

Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
A quella vista il fariseo che l’aveva invitato pensò tra sé. «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice». Gesù allora gli disse: «Simone, ho una cosa da dirti». Ed egli: «Maestro, di’ pure». «Un creditore aveva due debitori: l’uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo quello a cui ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m’hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «Ti sono perdonati i tuoi peccati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è quest’uomo che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

Post-it!

Gesù prosegue e, voltandosi verso la donna – con uno sguardo che la reintegra nella sua dignità di donna –, chiede a Simone: “Vedi questa donna?”. Domanda non banale, vero invito a vedere non una peccatrice ma una donna. Poi Gesù si dilunga in un confronto tra questa donna e Simone, opponendo ciò che lei ha fatto e ciò che lui non ha fatto; o meglio, ciò che lei gli ha donato e ciò che lui non gli ha donato. Simone lo ha invitato a pranzo, ma non gli ha donato l’acqua per lavare i suoi piedi, mentre la donna li ha lavati con le lacrime e asciugati con i capelli; Simone non gli ha dato un bacio, mentre la donna non ha cessato di baciare i piedi di Gesù; Simone non lo ha profumato, mentre la donna ha unto di profumo i suoi piedi. In breve, Simone non ha saputo donare nulla a Gesù, la donna invece si è fatta tutta dono per lui: ha agito con il corpo che era, non con il corpo che possedeva, con l’interezza del suo essere il suo corpo animato dall’amore per Gesù. Dunque, grazie a questo donarsi che è grande amore, ecco – afferma Gesù – che “sono stati perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato (Hóti egápesen polý). Qui non si può dimenticare lo splendido e lapidario commento del patriarca Athenagoras: “Hóti egápesen polý. Perché lei ha molto amato. Perché Lui ha molto amato. Tutto il cristianesimo è qui”.

Poi Gesù aggiunge una frase che sembra capovolgere quella appena pronunciata: “Invece colui al quale si perdona poco, ama poco”. In realtà sono entrambe vere: colui al quale è perdonato di più ama di più e, nello stesso tempo, questa donna è perdonata perché ha molto amato. Il perdono causa l’amore ma anche l’amore causa il perdono! Sappiamo bene quante dispute esegetiche e teologiche siano sorte a partire da questa apparente contraddizione tra le due sentenze di Gesù, ma preferiamo sottolineare che ciò che è al centro dell’incontro tra Gesù e questa donna è l’amore. In ogni caso i gesti di amore della donna sono insieme indizi e cause del perdono.

Enzo Bianchi

Commento al Vangelo

Tocca a te!

Prepara qualcosa di semplice per qualcuno.

Te lo sei mai chiesto?

1. Quali sono i gesti semplici che ti fa piacere ricevere e perché?

2. quali tuoi gesti quotidiani vengono normalmente apprezzati dagli altri e perché?

Capire – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

13 OTTOBRE

La parola del giorno: Capire

Ritorno alla Parola: Salmo (138,1-10)

Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.
Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.

Post-it!

Forse non pensavamo che il salmo 138 potesse esprimere così intensamente la conoscenza di Dio verso di noi: è un conoscere, uno scrutare, un penetrare, un esplorare, un comprendere, un circondare, un mettere sopra la mano, un far riposare la mano sul capo, un afferrare. I verbi attivi parlano di plasmare, creare, tessere, ricamare (nel testo ebraico il verbo è appunto ricamare, anche se in italiano è tradotto con tessere), fare, vedere, provare, guidare.

Il salmo ci offre l’immagine per capire come Gesù mi conosce. Mi conosce non come uno che da lontano guarda col binocolo! Mi conosce perché opera in me, mi è vicino, è dentro di me, mi fa, mi plasma, mi costruisce.

Se il salmista che non conosceva ancora Gesù poteva già indicare, con tanta ricchezza di esempi, di metafore, di similitudini, che cosa è la conoscenza che Dio ha dell’uomo, che Dio ha di me, quante cose potremmo dire sul modo in cui Gesù mi conosce!

Ora, per concludere, rileggeremo il salmo pregando, cioè parlando con Dio, rivolgendoci a Gesù eucaristico e quindi guardando il tabernacolo. Lo leggeremo in piedi, che è una posizione di preghiera, lasciando che il respiro accompagni il momento della preghiera e, più lentamente, la pausa di silenzio.

Pronunciando il pronome «Tu» pensiamo che è il «tu» di Gesù: è Gesù che mi scruta e mi conosce, e desideriamo che questi giorni si riempiano di stupore e di meraviglia di fronte alla scoperta del come lui ci ama.

Cardinale Carlo Maria Martini

Commento alla Parola

Tocca a te!

Nella giornata di oggi prova a comprendere chi hai davanti e cerca di non soffermarti alle apparenze, prova a non giudicare.

Te lo sei mai chiesto?

1. Mai stato nella situazione in cui l’altro non comprendesse le tue azioni o le tue parole? Come ti sei sentito?

2. Come puoi fare per andare oltre la prima impressione e comprendere meglio chi hai di fronte?

Campo 4, 2019 – Scelte concrete nella propria vita

Da giovedì 19 settembre sino a domenica 22 settembre, presso il Colle don Bosco, si è tenuto l’annuale appuntamento del Campo 4. Una bella esperienza rivolta ai giovani di maggiore età, che vuole far prendere coscienza a tutti i partecipanti di come il Movimento Giovanile Salesiano sia principalmente un modo di vivere, non solo fatto di animazione all’interno della propria casa salesiana, ma costituito da scelte concrete che permettono a tutti i giovani che vi aderiscono di diventare pienamente uomo e donna, secondo il progetto di Dio.

In questo campo si è riflettuto di come per don Bosco riflettere con i ragazzi sia diventato il modo indiretto per capire come crescere. Ha capito che amando, faticando, interrogandosi attraverso i ragazzi ha incontrato di più l’esperienza di Dio che ha giovato alle sue scelte concrete di vita.

Don Stefano Mondin

In particolare le attività sono state innescate dal Sogno dei 9 anni, un indicazione di Dio per don Bosco:

“All’età di nove anni ho fatto un sogno, che mi rimase profonda­mente impresso nella mente per tutta la vita. Nel sonno mi parve di essere vicino a casa, in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli, che si trastullavano. Alcuni ri­devano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. All’udire quelle bestemmie mi sono subito lanciato in mezzo di loro, ado­perando pugni e parole per farli tacere.

I partecipanti si sono poi soffermati su di alcuni eventi della vita di don Bosco dove  ha scoperto concretamente che cosa volesse dire essere salesiano, per poi continuare un confronto con l’umanità di Cristo e non solo:

Scoprendo come il Signore si è acculturato nelle scelte di vita delle amicizie e delle relazione cosi anche per noi, attraverso Gesù e don Bosco, abbiamo provato a sperimentare come acculturare il Vangelo e dunque le scelte concrete di vita oggi.

Il venerdì pomeriggio ha visto come fulcro tematico quattro testimonianze (il preside dell’Istituto Agnelli di Torino, l’economo della casa salesiana Michele Rua, l’educatrice del San Luigi ed un catechista del CFP) che hanno cercato di raccontare come la loro professione nell’ambito salesiano, sia comunque incentrata sul prendersi cura dei giovani e di come questo giovi alla loro vita e giustifichi un salario che, alle volte, può essere inferiore di quello che potrebbero ricevere all’esterno.

Il Sabato è stato segnato dall’incontro con la segreteria nazionale dell’MGS:

uno stimolo a riflettere tutti assieme (più di 180 partecipanti tra giovani, sdb ed fma) su che cosa sia il lavoro tra giovani ed adulti, consacrati o meno, e di come questo sia fondamentale nel carisma salesiano. Bisogna recuperare questo aspetto in cui i giovani vogliono essere protagonisti ma con serietà e continuità, assumendosi le fatiche. E dall’altra parte dove i consacrati ascoltano i giovani come anche una voce profetica.

La conclusione di domenica ha visto l’intervento dell’Ispettore dei salesiani del Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania, don Enrico Stasi, centrato sulla proposta dell’anno pastorale 2019/2020Puoi essere Santo #lidovesei – una riflessione sulla santità e dell’importanza di viverla nel concreto delle scelte. E’ proprio la coerenza della vita, sostenuta dal dialogo della preghiera e dalla ricerca di Dio, a dare colore all’esistenza dei giovani in cammino.

Rivivi l’evento

 

Lacrima – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

6 OTTOBRE

La parola del giorno: Lacrima

Ritorno al Vangelo: 1Re (17, 7-16)

Dopo alcuni giorni il torrente si seccò, perché non pioveva sulla regione. Il Signore parlò a lui e disse:
«Alzati, va’ in Zarepta di Sidòne e ivi stabilisciti. Ecco io ho dato ordine a una vedova di là per il tuo cibo». Egli si alzò e andò a Zarepta. Entrato nella porta della città, ecco una vedova raccoglieva la legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso perché io possa bere». Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ di olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a cuocerla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; su, fa’ come hai detto, ma prepara prima una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché dice il Signore: La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non si svuoterà finché il Signore non farà piovere sulla terra». Quella andò e fece come aveva detto Elia. Mangiarono essa, lui e il figlio di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunziata per mezzo di Elia.

Post-it!

I “fioretti”, tipici racconti devozionali segnati dalla fede, dal miracoloso, dall’ammirazione, non sono solo un genere legato alla figura di san Francesco. Appaiono già nella Bibbia nel caso di Elia, il grande profeta di Israele. Ne evocheremo ora uno dei più teneri che ci permette di illustrare il nesso tra una famigliola misera e la misericordia come virtù che illumina e salva la vita. Il racconto è nel Primo libro dei Re (17,7-24) e ha un suo parallelo in un analogo “fioretto” su Eliseo, il discepolo di Elia (2Re 4,1-37).
La vicenda è ambientata a Sarepta, nella zona controllata dalla città-stato di Sidone, nell’odierno Libano. L’episodio sarà citato anche da Gesù nel discorso programmatico pronunciato nella sinagoga di Nazaret (Luca 4,25-26). La storia fa incontrare due atti di misericordia nello spazio misero di una famigliola costituita solo da una vedova e da suo figlio.
Da un lato, infatti, c’è la generosità di questa donna, ridotta allo stremo in un tempo terribile di carestia: sta raccogliendo legna per attizzare il fuoco per un ultimo pranzo perché le è rimasto solo un pugno di farina e un po’ d’olio. Pensa di preparare una focaccia per sé e per il ragazzo: «Ne mangeremo e poi moriremo». Sulla strada incontra Elia che le chiede di dargli un pezzo di quella focaccia. La donna accetta di compiere questo atto estremo di generosità, fidandosi della promessa del profeta: «La farina della tua giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà» (17,14).
D’altro lato, Elia ricambierà la bontà di questa vedova in un modo ben più grandioso e inatteso. La misericordia genera misericordia ancor maggiore, anzi, può produrre miracoli. La vicenda è nota: il figlio della donna è colto da un grave malore che lo conduce alla morte. Entra in scena, allora, il potere profetico, dono divino che ricambia a dismisura la generosità di quella madre. La narrazione è piena di pathos (17,17-24).
Il profeta sale da solo nella cameretta del figlioletto che giace sul suo lettuccio, urla al cielo la sua protesta di fronte a una sofferenza così tragica di una povera donna giusta e pia. Poi si distende sul corpo del ragazzo invocando Dio: «Signore mio Dio, la vita di questo bambino torni nel suo corpo!». E il Creatore e Signore della vita ascolta la voce del suo profeta e nel piccolo torna a ramificarsi il flusso del sangue, ed eccolo con gli occhi aperti. Elia lo prende su di sé e lo riporta al pianterreno, tra le braccia della madre esterrefatta.
La finale del racconto è dominata da una sorta di professione di fede di questa vedova pagana: «Ora so veramente che tu sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità» (17,24). La misericordia non dà solo gioia e speranza, ma genera anche la fede. Il pensiero corre a Gesù che fa rivivere il figlio della vedova di Nain con la sua personale autorità divina, senza mediazione come nel caso di Elia (Luca 7,11-17) e viene spontaneo ricordare la fede incrollabile della madre siro-fenicia della zona di Tiro e Sidone, che implora a Cristo la guarigione di sua figlia (Matteo 15,21-28).

Mons. Gianfranco Ravasi

Cardinale arcivescovo e biblista

Tocca a te!

Trova una piccolo motivo che ti rattrista e nella giornata di oggi prova a trasformarlo in un motivo di gioia.

Te lo sei mai chiesto?

1. Quale le origini principali delle tue “tristezze”?

2. Ci sono stati momenti in cui eri nella parte della vedova di Sarepta e Dio è entrato in casa tua?