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Valsalice, lo spettacolo con gli studenti diventa un talent per il web – la Repubblica

Si è concluso sabato scorso, 13 febbraio, il talent show a distanza “TuSiQueValsales 2021” del Liceo Salesiano di Valsalice. Il quotidiano la Repubblica nella sezione di Torino di oggi dedica un pezzo all’evento con alcuni interventi del direttore dell’Opera don Pier Majnetti. Di seguito l’articolo a cura di Ottavia Giustetti.

Valsalice, lo spettacolo con gli studenti diventa un talent per il web

Nell’era Covid, “Tu si que Valsases” è l’alternativa della scuola salesiana
Il direttore: “Una soluzione tecnologica per riprendere vecchie abitudini”

Tra le tante abitudini che la pandemia ha mandato in soffitta nell’ anno passato, c’è lo spettacolo di fine anno dei figli a scuola. Ma qualcuno che proprio non ha voluto rinunciarvi, ha inventato una ingegnosa alternativa, che si è rivelata sorprendentemente di successo. E’ il caso della scuola salesiana Valsalice di Torino che per mantenere la tradizione di uno spettacolo annuale che coinvolge gli studenti di talento nel giorno della festa di Don Bosco, ha messo su un talent show con selezioni e finale e tanto di diretta su youtube per amici e parenti.

Una trovata ben riuscita grazie a lavoro, passione e ironia di ragazzi e professori che in men che non si dica hanno messo in piedi un vero studio di registrazione, e che alla fine ha messo a segno numeri da record se si paragonano a quelli di un normalissimo spettacolo scolastico. Sabato sera, quando era il momento di votare l’esibizione da far vincere, erano collegati alla diretta web circa 1800 utenti, e oltre 1400 hanno concretamente inviato la propria scelta per determinare il podio finale. “Tu si que Valsales”, così è stato battezzato il talent, richiamando il titolo del format, nato in Spagna e trasmesso in Italia da Canale 5. E come su quel palcoscenico si sono viste esibizioni di ogni tipo, dalla recitazione, al ballo al canto.

«Purtroppo abbiamo dovuto chiudere il teatro della scuola per molti mesi – racconta il direttore del Valsalice, don Pier Majnetti – e alla fine abbiamo pensato di trovare una soluzione tecnologica per riprendere quelle vecchie abitudini che ci erano precluse dalla pandemia. Hanno fatto quasi tutto i ragazzi con un impegno e un entusiasmo che ci ha molto favorevolmente impressionati. Alla fine il risultato è stato davvero di qualità e seguitissimo. Basti pensare che il nostro teatro conta duecento posti e, alla fine, gli spettatori sul web sono stato quasi dieci volte tanti».

I ragazzi interessati a partecipare hanno inviato video di un minuto alla scuola, nei quali si esibivano in uno sketch che gli riusciva particolarmente bene, dal ballo alle imitazioni alle ricette.

«Abbiamo invece registrato noi a scuola le esibizioni di canto per uniformarne la qualità» dice don Majnetti. Qualche piccolo investimento è stato indispensabile, «ma non molto, il più lo hanno fatto i ragazzi e i docenti con il loro entusiasmo e la professionalità».

Due puntate: una per la selezione e l’altra per la sfida finale che si è svolta addirittura in diretta.

«La differenza rispetto al passato è che molte più persone hanno potuto assistere all’esibizione del figlio, del nipote o anche solo dell’amico».

I sostenitori per raccogliere voti si sono scatenati invitando amici e parenti a tele votare.

«Alla fine ci siamo così divertiti – dice il direttore – che è già partita l’idea di replicare con i genitori sul palco».

Per rivivere l’evento

Per chi l’avesse persa, qui il link per rivedere la prima serata di TU SI QUE VALSALES e la finale.

Torino, quattro arene per il cinema d’estate – La Repubblica

Nella giornata di oggi, il quotidiano La Repubblica, nella sezione di Torino, dedica un articolo alle iniziative destinate al cinema d’estate nella città. Il progetto vede coinvolto anche l’oratorio salesiano Michele Rua di Barriera di Milano, con un centinaio di posti, organizzato dall’associazione Museo Nazionale del Cinema in partenariato con il Cineteatro Monterosa. Si riporta di seguito l’articolo pubblicato a cura di Jacopo Ricca.

Torino, quattro arene per il cinema d’estate al Valentino, in Piazzetta Reale, a San Salvario e Barriera Milano

La più grande, da 500 posti, nel cortile del Castello del parco sulle rive del Po. Si parte il 2 luglio

Il cinema all’aperto per l’estate di Torino si farà in quattro Arene. Una al Castello del Valentino, un’altra nella tradizionale piazzetta Reale, ma la Città ha approvato anche i progetti nella casa del Quartiere di San Salvario e nell’oratorio Michele Rua di Barriera di Milano. Sono quattro infatti le proposte valutate come idonee dall’assessorato alla Cultura e quindi finanziate attraverso la fondazione per la Cultura.

La più grande delle arene, da 500 posti, sarà quella realizzata dal cinema Ambrosio, con un progetto proposto dall’associazione Arturo Ambrosio, nel cortile del Castello del Valentino. Dal 2 luglio al 30 agosto, con inizio delle proiezioni alle 22 e, saranno proposte anteprime, una selezione di classici del cinema, da scoprire per la prima volta o rivivere sul grande scherm, ma anche “Best of” (una collezione di alcuni tra i film più amati da pubblico e critica nella passata stagione cinematografica) e una selezione “In famiglia” che prevede film di animazione e non, rivolti a tutti, ma soprattutto ai più giovani.

“L’obiettivo è di offrire al pubblico un programma variegato di cultura e di intrattenimento anche grazie alla collaborazione di altri soggetti culturali, come l’Archivio Nazionale Cinema Impresa di Ivrea, l’associazione Baretti e altri” spiegano gli ideatori. Questo progetto avrà 45mila e 907 euro di finanziamento, mentre l’altra “grande” arena, quella di “Cinema a Palazzo”, se ne aggiudica 44mila e 93. Si tratta della rassegna che da anni anima l’estate torinese del centro.

Quest’anno però l’associazione Distretto Cinema, insieme con il Cinema fratelli Marx, proporrà un’arena di circa 250 posti all’interno della Corte d’Onore di Palazzo Reale, con uno schermo di dimensioni maggiori in un nuovo layout. Inoltre non saranno più solo grandi film del passato, ma dal 10 luglio al 30 agosto, con proiezioni tutti i giorni (ad eccezione del lunedì), sarà proposto un percorso nel cinema contemporaneo, fatto di anteprime e di una selezione di titoli dell’ultima stagione, “pur senza snaturare la caratteristica dell’arena che è da sempre quella di raccontare la storia del cinema attraverso i film classici” assigurano gli organizzatori. Nel ventennale del museo del cinema ma anche in una stagione di anniversari importanti sono previsete una serata omaggio a Fellini, un omaggio ad Alberto Sordi nel centenario della nascita.

Le altre due arene saranno in Barriera di Milano e a San Salvario. La prima da un centinaio di posti sarà negli spazi all’aperto dell’Oratorio Michele Rua ed è organizzata dall’associazione Museo Nazionale del Cinema in partenariato con il Cineteatro Monterosa e proporrà film dal 6 luglio al 12 agosto per una rassegna chiamata “Barriera è casa mia – un’Estate al Cinema 2020” che riceverà un contributo di oltre 10mila euro. La seconda, negli spazi della casa del quartiere di San Salvario, si chiamerà “Portofranco Summer Night 2020” ed è stata proposta dall’Associazione Agenzia per lo sviluppo locale di San Salvario onlus che riceverà un contributo di oltre 9mila euro.

La programmazione cinematografica intende riprodurre il format di PortoFranco, la rassegna permanente di cinema invisibile del CineTeatro Baretti. Obiettivo della rassegna – che per non recare disturbo sarà in versione silent movie – è quello di raggiungere un ampio target e tutte le proiezioni saranno introdotte da una presentazione.

Salesiani Agnelli: allievi all’opera tra Decameron e escape room – la Repubblica

Il quotidiano la Repubblica di domenica 31 maggio, nella sezione Torino Cronaca, dedica un articolo alla didattica a distanza dal titolo “Più forte del lockdown così la scuola si rinnova” (a cura di Cristina Palazzo e Carlotta Rocci) presentando alcune attività messe in campo dalle realtà scolastiche presenti sul territorio. Tra queste, la testimonianza dell’Istituto Salesiano Agnelli di Torino. Si riporta di seguito l’articolo dell’Agnelli.

Allievi all’opera tra Decameron e escape room

La didattica ha distanza ha costretto la scuola a reinventarsi. Mantenere l’attenzione per ore davanti al pc non è semplice, anzi è impossibile.

Così all’Istituto Agnelli di Torino — dove la didattica sulle piattaforme digitali esiste da almeno due anni — se ne sono inventate di tutti i colori.

«È stata un’esperienza molto positiva», commenta il professore di lettere Alessandro Antonioli. «Fin da settembre abbiamo attivato una piattaforma Google Suite for education e ogni studente ha un suo account. Da marzo abbiamo provato a trasformare l’emergenza in opportunità per sperimentare una didattica».

Così anche il Decameron è diventato un’esperienza digitale. Il gruppo di giovani che si rifugia in campagna per sfuggire alla peste raccontato da Boccaccio è diventato la classe di terza liceo dell’Agnelli: ognuno si è cimentato nel racconto di una storia vera, inventata o reinterpretata per creare un personalissimo Decameron 2020 in pieno lockdown.

I ragazzi di seconda liceo, invece, si sono cimentati nella creazione di un’escape room digitale da proporre agli studenti di terza media: un gioco didattico sulla storia, dalla preistoria al medioevo.

Per non perdere il contatto umano, direttore e prof hanno scandito le settimane con un video messaggio spedito tutti i lunedì. Tra media, liceo scientifico e istituto tecnico, negli ultimi tre mesi sono state spedite 692.017 mail e sono stati organizzati 15.859 incontri sulle piattaforme digitali, condividendo — tra docenti, studenti e genitori — 196.814 file. — c.roc.

Intervista al Cardinale Zen, vescovo emerito di Hong Kong

Si riporta un interessante articolo pubblicato da La Repubblica domenica 29 settembre nella sezione Mondo a cura dall’inviato della rivista, Filippo Santelli, in merito all situazione dei giovani a Hong Kong secondo il Cardinal Zen.

L’intervista Il cardinale Zen “Calma ragazzi a Hong Kong battiamo nuove strade”

«È venuto il momento di parlare, perché a Hong Kong si rischia una tragedia. I giovani che protestano sono coraggiosi, generosi, ma la violenza può scappare di mano. Dobbiamo fermarci, unirci e rivedere la strategia, altrimenti il loro sarà un sacrificio inutile».

In questi lunghi mesi di protesta il cardinale Joseph Zen è rimasto in silenzio. Il vescovo emerito di Hong Kong, 87 anni, anticomunista militante, leader delle battaglie non violente per la democrazia in città, ha seguito l’evolversi delle manifestazioni in disparte. Parla ora, nel quinto anniversario degli “ombrelli”, perché ha paura che questo movimento possa fallire allo stesso modo, «alienandosi le persone». E perché martedì, 70 anni della fondazione della Repubblica popolare cinese, una festa che i ragazzi mascherati vogliono rovinare, sarà una giornata «pericolosissima». «Può morire qualcuno», dice, in italiano, in una saletta del grande complesso dei salesiani, l’ordine in cui è entrato dopo avere lasciato Shanghai nel 1948. Un anno prima del trionfo di Mao.

La protesta contro la legge sull’estradizione è diventata una battaglia contro il governo locale, contro la polizia, per la democrazia. Che cosa succede a Hong Kong?

«Quando la Cina ha rivoluto indietro Hong Kong tutti conoscevamo la natura del suo regime, così per farcelo accettare ha inventato una formula intelligente di autonomia, “un Paese, due sistemi”. Soltanto che piano piano il comunismo ha mostrato i denti, la voglia di controllo totale, oggi dei “due sistemi” è rimasto ben poco. Il suffragio universale promesso si è rivelato una democrazia con caratteristiche cinesi, falsa: un voto su candidati prescelti da Pechino».

Cinque anni fa Occupy Central, il movimento per la democrazia che lei sosteneva, non ha ottenuto nulla. Questo può essere diverso?

«Occupy, occupare, era solo l’ultima risorsa. Prima il movimento aveva discusso per un anno, producendo tre ipotesi di legge elettorale su cui si erano espresse 800mila persone. Quando Pechino ha rifiutato l’esito di quel voto gli studenti hanno messo fuori gioco gli iniziatori e tutto il campo democratico, assumendo la guida senza una strategia. Occupare le strade non è un piano, il governo li ha lasciati fare e il disordine creato ha fatto perdere loro l’appoggio della gente».

Hanno imparato: invece di occupare strade ora sono più aggressivi, più violenti.

«Vero. Il 12 giugno, mentre noi pacifici ci disperdevamo alla fine della marcia, i “coraggiosi” o “violenti” hanno avuto il merito di circondare il Consiglio legislativo e impedire l’approvazione della norma. Quella era una resistenza passiva, poi però l’aggressività è cresciuta, all’inizio verso le cose, ora qualcuno sembra prendere di mira anche i poliziotti».

I cittadini sono comunque dalla loro parte.

«La gente apprezza il loro coraggio di fronte a un governo che non ascolta e a poliziotti che agiscono come belve, esce dalle case in ciabatte per sostenerli. Il problema è che Carrie Lam non ha alcun potere. Ma se andiamo avanti così l’escalation continuerà e il rischio è che finisca come Occupy, che l’appoggio venga meno. Il popolo non vuole la violenza».

Manca una strategia?

«Non si può andare avanti, soltanto avanti, senza raccogliere nulla. Si sono già sacrificati in tanti, oltre mille arrestati, più di cento incriminati. Tutte queste sofferenze non sono giustificate. Dicono di non avere leader, di agire “come acqua”, ma la guerriglia funziona contro degli invasori, quando puoi nascondersi e attaccare a sorpresa. Invece qui siamo di fronte a un governo forte, mentre loro non hanno armi».

Ma anni di marce pacifiche che cosa hanno ottenuto?

«Non è vero che noi “vecchi” in passato non abbiamo ottenuto nulla, senza le nostre battaglie i giovani sarebbero già delle Guardie rosse. Certo, se i comunisti insistono con la loro stupidità, se non capiscono che “un Paese, due sistemi” è anche il bene della Cina, sarà comunque difficile. Ma con la violenza perdiamo più di quanto otteniamo. Se i giovani possono avanzare è perché dietro hanno due milioni di persone pacifiche, lo sanno loro e lo sa il governo. Quindi ora dobbiamo fermarci, unirci e rivedere il nostro metodo, cercare metodi di pressione non violenti e efficaci. Sarà una lunga battaglia, non la si può affrontare senza strategia».

Su Hong Kong il Vaticano tace. Teme di compromettere il disgelo con la Cina, dopo l’accordo per la nomina dei vescovi?

«Purtroppo nella Santa Sede ci sono delle forze che spingono in ogni modo per questa Ostpolitik, una politica che piace anche a Francesco. Con quell’accordo sbagliato hanno venduto la Chiesa clandestina. L’ultimo atto è del 28 giugno scorso, un documento che incoraggia i fedeli a entrare in quella ufficiale, una Chiesa scismatica. In cambio non hanno ottenuto niente, solo abbandonato chi aveva fede e bisogno di sostegno».

Ci sono pressioni sulla diocesi di Hong Kong perché non si schieri con la protesta?

«In qualche modo sì, non esplicite: mentre tutto il mondo guarda a Hong Kong, il Vaticano non dice nulla. La diocesi è tutta schierata con la Santa Sede, io sono la minoranza dell’opposizione».

Martedì si festeggiano i 70 anni della Repubblica popolare. La Cina ora è una superpotenza, i suoi cittadini vivono ogni giorno meglio. Sono successi del Partito comunista?

«I comunisti hanno rovinato la Cina, le persone e i valori: ora comandano la forza e i soldi, questo non è progresso. Papa Paolo VI ha detto che il vero progresso si ha quando si avanza tutti insieme, non solo in pochi, e quando progredisce tutto l’uomo, non solo la sua parte materiale. Inoltre se avesse la democrazia, oggi la Cina sarebbe più ricca dell’America, perché i cinesi sono laboriosi. Una Cina democratica non è impossibile».

Molti ragazzi di Hong Kong sognano l’indipendenza da Pechino. E lei?

«No. I ragazzi che vorrebbero l’indipendenza aumentano, ma sono pochi, sfruttati dal governo come spauracchio. Capisco questi giovani, sono nati qui, non gli interessa la Cina. Ma a me sì, io sono cinese. Adesso è in mano ai comunisti, ma la rivogliamo indietro».

Che cosa sarà di Hong Kong nel 2047?

«Io di certo non la vedrò, per il resto non credo si possano fare previsioni. So solo che tutti gli uomini meritano la democrazia».