145° della partenza dei salesiani per l’Argentina

Sulle pagine dell’Osservatore Romano del 12 dicembre viene pubblicato un articolo dal titolo ‘L’ardore di Don Bosco‘ sul centoquarantacinquesimo anniversario della partenza dei salesiani verso l’Argentina.
A raccontarla sono le parole di don Alfred Maravilla, consigliere generale per le missioni salesiane. Si ringrazia Roberto Cutaia per l’articolo.

Di seguito il testo integrale della notizia:

Una giornata d ‘ autunno del 1875 (14 novembre) al porto di Genova. I motori accesi del piroscafo francese Savoie pronto per la partenza con destinazione Sud America. È l ‘avvio missionario in America Latina dei salesiani. «Don Bosco abbraccia uno a uno i dieci missionari e a ciascuno consegna una copia dei Ricordi ai primi missionari , che lui stesso aveva tracciato a matita sul taccuino di ritorno da un viaggio», spiega don Alfred Maravilla, consigliere  generale dei salesiani per le missioni.

E si narra da sempre tra i salesiani che don Bosco in quella occasione fu visto da un testimone tutto rosso per lo sforzo di contenere le lacrime. Il programma della prima missione che prevedeva l ‘ evangelizzazione degli emigrati italiani e della Patagonia fu tracciato dallo stesso don Bosco tre giorni prima della partenza da Torino, nella chiesa di Maria Ausiliatrice a Valdocco. «Nella cerimonia di addio ai missionari dell ‘ 11 novembre – spiega don Francesco Motto, dell ‘ Istituto storico salesiano – don Bosco si soffermò sulla missione universale di salvezza data dal Signore agli apostoli e dunque alla Chiesa. Parlò della carenza di sacerdoti in Argentina, delle famiglie di emigranti e del lavoro missionario fra le ” grandi orde di selvaggi ” della Pampa e nella Patagonia, regioni ” che circondano la parte civilizzata ” dove ” non penetrò ancora né la religione di Gesù Cristo, né la civiltà, né il commercio, dove piede europeo non poté finora lasciare alcun vestigio ” ».

Centoquarantacinque anni fa i dieci salesiani guidati da don Giovanni Cagliero (poi cardinale) approdarono in Argentina. E oggi gli instancabili e generosi salesiani seguendo ” le orme ” di don Bosco, a distanza di anni sono diventati tra i religiosi una presenza importante in tutto il Sud America. Secondo i dati aggiornati al 2019 sono poco più di 2.700 suddivisi tra America Cono sud (Argentina, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay) e Interamerica (Antille, Bolivia, Colombia, Ecuador, Messico, Perú, Venezuela e Haiti). Le Figlie di Maria Ausiliatrice, chiamate in Sud America nel 1877, oggi sono invece circa 3.200. «Don Bosco – aggiunge don Maravilla – ha trasmesso questo ardore missionario alla sua famiglia religiosa aprendo una pagina completamente nuova nella vita della sua giovane congregazione, inviando i missionari salesiani. Impegno poi ribadito nel 19° e nel 20° capitolo generale della congregazione salesiana, dove l ‘ esempio di don Bosco indica che l ‘ impegno missionario fa parte della natura e della finalità della nostra congregazione». Un compito declinato nei vari Paesi di missione in attività educative, a partire dalle numerose scuole di diverso grado e indirizzo frequentate da migliaia di allievi, e in aiuto alle famiglie, spesso alle prese con difficoltà economiche e logistiche.
Ed ecco allora le famose Case Don Bosco, luoghi di accoglienza di ragazzi che arrivano dai lontani villaggi. A tutto questo si aggiungono le numerose opere strutturali-essenziali che danno dignità agli abitanti, come centrali elettriche, attraverso lo sfruttamento dei torrenti. «Il missionario salesiano è un confratello che risponde alla sua vocazione missionaria dentro la sua vocazione salesiana.

Infatti, il nostro invio missionario ogni anno è l ‘ espressione concreta della fedeltà allo spirito e all ‘ impegno missionario di don Bosco», ribadisce don Maravilla. E il rettore maggiore dei salesiani don Ángel Fernández Artime – in un discorso tenuto nel 2014 al palazzo della Camera dei deputati in Roma – con uno sguardo aperto su tutto il vastissimo scenario argentino da lui percorso più volte a proposito diceva: «Oggi siamo in grado di raccontare una storia che ha reso possibile la nascita e lo sviluppo di una parte preziosa della popolazione della Repubblica argentina perché la storia salesiana va di pari passo col popolo argentino e la nazione argentina non può essere spiegata con onestà intellettuale, soprattutto in Patagonia, se non va di pari passo con la presenza dei ” figli e figlie ” di don Bosco; un gigante che lo Stato e la Chiesa riconoscono come patrono della Patagonia».

Roberto Cutaia

L’appello missionario 2021 del Rettor Maggiore

Martedì 8 dicembre 2020, data cara a tutti salesiani poiché ricorda l’inizio dell’opera di Don Bosco per i giovani poveri ed abbandonati, il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime, ha rivolto a tutti i confratelli l’appello missionario per l’anno 2021.

Con questo appello, il Rettor Maggiore invita tutti i salesiani di tutte le Ispettorie del mondo a rivivere la generosità e la vitalità missionaria all’inizio della Congregazione, e a rispondere alle esigenze missionarie, in particolare:

– nelle presenze in Amazzonia e in alcune frontiere missionarie dell’America Latina;

– nelle presenze salesiane al servizio dei rifugiati e nelle nuove frontiere dell’Africa;

– in Lituania, Bulgaria e nelle altre nuove frontiere del Progetto Europa;

– in Azerbaijan, Laos, Nepal, Mongolia, Jacuzia;

– nelle numerose presenze nelle isole dell’Oceania.

“Miei cari confratelli prego per questo e affido questa intenzione all’intercessione della nostra Madre Immacolata e Ausiliatrice, chiedendo a Don Bosco di continuare ad alimentare nei suoi salesiani lo stesso ardore missionario da lui vissuto”.
(Rettor Maggiore – don Ángel Fernández Artime)

Cagliero 11 dicembre 2020 e un ricordo per don Italo Spagnolo

Alle porte dell’Avvento, portando nel cuore la tristezza per la scomparsa, a così breve distanza, di due “grandi Padri” dell’Africa salesiana: don Italo Spagnolo e don Vincenzo Marrone. Partiti insieme quasi 40 anni fa, sono nuovamente partiti insieme anche per l’ultima Casa, quella eterna!

Un ricordo di don Italo scritto da don Theo a nome dei confratelli AFW:

Caro don Italo, sei stato un fedelissimo figlio di Don Bosco con un cuore ardente per i giovani soprattutto i più poveri.
Tu hai vissuto fino alla fine il DA MIHI ANIMAS CETERA TOLLE, da quel giorno in cui hai detto il tuo primo sì fino all’ultimo sì, alla morte, un sì alla vita eterna.
Hai trasmesso la spiritualità salesiana con gioia ed entusiasmo. Per te tutto era davvero meraviglioso. Vedevi tutto con gli occhi di Dio. Sia nella gioia che nel dolore, tutto era “wonderful”! Proprio questo ci hai trasmesso con la tua vita, vissuta buona parte con i poveri di Ondo, Sunyani, Akure ed Ijebu-Ode. Attorno a queste città andavi anche nelle periferie più lontane, perché c’erano dei giovani a cui sentivi il bisogno di portare l’amore di Dio, facendo carne le parole di don Bosco: Anime! Anime!
Sei stato un grande costruttore di edifici che servano ai giovani, ma soprattutto sei stato un costruttore delle anime.
Sei stato una finestre tramite la quale entra la luce di Dio raggiunge tutti i giovani.

Ecco il messaggio di don Italo del 20 novembre, a un confratello Nigeriano che gli aveva scritto. Gli risponde: “Grazie del messaggio. Ti spero sempre impegnato e gioioso. Credo che il coronavirus abbia modificato un po’ i tuoi progetti, ma “nulla ti turbi”. Sempre disponibili alla volontà di Dio, come Don Bosco. Ti abbraccio con fraterno affetto. CIAO”

Queste parole riassumono la spiritualità di questo fedelissimo figlio di Dio e figlio di don Bosco Carissimo: come i servi fedeli del Vangelo, senti anche tu adesso le parole di Dio che ti dice “Bene servo buono e fedele; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. ( Mt 25,23).
Don Bosco e tutti i salesiani nel cielo ti accolgano con le loro braccia spalancate! Ti diciamo soltanto grazie!

Di seguito l’intervista “Un caffè con Don Italo“.

 

Si riporta Cagliero 11 e l’intenzione missionaria salesiana del mese di Dicembre 2020.

Intenzione Missionaria Salesiana, alla luce dell’intenzione di preghiera del Santo Padre.

CAGLIERO 11 – N°144, DICEMBRE 2020

IL NOSTRO MESSAGGIO È CRISTO!
Don Alfred Maravilla SDB, Consigliere Generale per le Missioni

La festa di Natale ci porta nel cuore della nostra fede cristiana. Tuttavia, quando si elimina ogni riferimento alla nascita di Cristo, non è più Natale. Infatti, non c’è Natale senza Gesù Cristo! Siamo spesso invitati ad aprire una presenza salesiana in molti luoghi perché apprezzano la nostra pastorale per i giovani poveri e abbandonati, la formazione tecnica nei nostri centri o il nostro lavoro sociale a favore dei rifugiati, dei giovani emarginati e degli sfollati. Questa è una grande benedizione. Ma potrebbe anche diventare un rischio. Noi salesiani potremmo rischiare di concentrarci così tanto sul nostro lavoro per la promozione umana e lo sviluppo dei poveri e degli emarginati che potremmo finire meno come evangelizzatori e più come operatori sociali o fornitori di servizi sociali. Se questo accade, presto il desiderio di fare del bene si affievolirà e la gioia di evangelizzare non si sentirà più. Non c’è missione senza Cristo! Infatti, “Non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati”! (S. Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 22).

Certamente, “Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli” (Redemptoris Missio, 3). Ma ci sono situazioni o contesti in cui non possiamo nemmeno menzionare il nome di Gesù né esibire simboli cristiani. In questi casi, anche se non è prudente parlare di Gesù, non dobbiamo mai perdere quel desiderio interiore e quell’intenzione intima di fare ciò che facciamo per testimoniare Gesù. La sfida è vivere in modo tale che la nostra testimonianza di vita diventi un mezzo per suscitare l’interesse a scoprire la persona di Gesù. Infatti, “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.” (Benedetto XVI, Deus Caritas Est, 1). Vivere oggi lo spirito missionario di Don Bosco significa rinnovare ogni giorno il nostro incontro personale con Gesù Cristo non per predicare noi stessi ma per essere credibili portatori del Messaggio che portiamo: nostro Signore Gesù Cristo!

Domande per la Riflessione e la Condivisione

  • Mi prendo cura di nutrire la mia fede in Gesù?
  • È credibile la mia testimonianza di vita come cristiano o come persona consacrata?

Testimonianza di santità missionaria salesiana

Don Pierluigi Cameroni SDB, Postulatore Generale per le Cause dei Santi Attilio Giordani (1913-1972), Salesiano cooperatore e missionario in Brasile visse da cristiano le diverse stagioni della sua vita: durante il Fascismo cerca la libertà nell’oratorio, nell’Azione Cattolica; in tempo di guerra e dopoguerra, quando per la politica e per i partiti si vive in un clima di contrapposizione e di conflitti, inventa la crociata della bontà; in tempo di contestazione, quando i giovani si appropriano del terreno che i vecchi lasciano vuoto d’ideali, egli appoggia l’Operazione Mato Grosso che i suoi figli gli hanno portato in casa. E tutto questo lo condivide con Noemi, la sua fidanzata e poi sposa, che si lascia coinvolgere fino alla fine dall’entusiasmo travolgente del suo Attilio: “Cara Noe, il Signore ci aiuti a non essere dei buoni alla buona, a vivere nel mondo senza essere del mondo, ad andare contro corrente”.

Nel cuore del mondo, quando l’economia è davvero “di casa”!

Un sabato pomeriggio molto intenso in Zoom per il gruppo del nuovo percorso #nelcuoredelmondo 2020-2021. 

Le limitazioni imposte dalla formula online non hanno spaventato la 30ina di giovani partecipanti, che si è data come appuntamento questa occasione di formazione nel campo dell’economia. 

L’incontro, pensato in origine come un weekend, è stato concentrato nel solo pomeriggio di sabato 31 ottobre in due momenti: un primo momento dedicato ad una panoramica globale su temi e numeri circa l’abitare, la sanità, l’istruzione e l’alimentazione; un secondo momento centrato invece attorno all’intervento del dott. Ivan Vitali, storico amico del nostro itinerario, il cui curriculum richiederebbe una pagina a parte (https://www.scuoladieconomiacivile.it/ivan-vitali/).

La grande competenza del nostro ospite, unita alla sua cordialità e freschezza espositiva, molto vicina agli ascoltatori e capace di creare coinvolgimento ed interesse immediato, ha acceso l’attenzione su tantissime tematiche di attualità economica, tenendo sempre il discorso nel concreto dell’emergenza che stiamo vivendo (e continueremo a vivere) quanto alla gestione della “casa comune”.

Il gruppo è stato molto colpito dalla definizione di economia come scienza della felicità pubblica: il fondatore della Scuola di economia civile ci ha introdotti, infatti, in un mondo nel quale l’economia potrebbe non risultare un ostacolo alla giustizia o un’oscura variabile, bensì un utile e nobile strumento a beneficio di tutti, dove nessuna dimensione dell’umano è tagliata fuori.

Interventi come questi sono sempre un po’ come i fari della costa, luci che non devono mancare – specialmente in mezzo alle tenebre e alle tempeste – per salvare dal naufragio. 

L’attività missionaria è ancora valida oggi?

Per l’animazione missionaria, pubblichiamo il Cagliero 11 di questo mese, con l’intenzione di preghiera per novembre.

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Era giovedì 11 Novembre 1875 nella chiesa di Maria Ausiliatrice a Valdocco. Dopo il canto dei Vespri e del Magnificat, Don Bosco sale sul pulpito e traccia il programma apostolico dei partenti: iniziare con l’evangelizzazione degli emigrati italiani e puntare sull’evangelizzazione della Patagonia. Concluse con queste parole profetiche: “…chi sa che non sia questa partenza e questo poco come un seme da cui abbia a sorgere una grande pianta? Chi sa che non sia come un granellino di miglio o di senapa, che a poco a poco vada estendendosi e non abbia da produrre un gran bene?” Poi Don Bosco abbraccia a uno a uno i dieci missionari. A ciascuno è stata consegnata una copia dei “Ricordi ai Primi Missionari” che lui stesso aveva tracciato a matita sul taccuino di ritorno da un viaggio. Don Bosco accompagnò i missionari fino a Genova dove il 14 Novembre si imbarcarono sul piroscafo francese Savoie. Un testimone vide Don Bosco tutto rosso per lo sforzo di contenere le lacrime.

Questa scena, spesso romanzata, è rimasta nel nostro immaginario salesiano popolare. Ma rimangono anche le domande di molti: L’attività missionaria è ancora valida oggi? Non abbiamo abbastanza salesiani nemmeno per la nostra Ispettoria, perché mandarli come missionari in altri paesi? Poiché Dio vuole che tutti siano salvi, tutti hanno il diritto di conoscere Gesù Cristo. Quindi, la possibilità di conoscere Gesù deve essere resa concretamente disponibile a tutti. Infatti, tutti i discepoli sono esortati a predicare il Vangelo in ogni tempo e luogo (Mt 28,19-20), affinché tutti possano scoprire “le imperscrutabili ricchezze di Cristo” (Ef 3,8). Eppure, siamo tutti consapevoli che anche oggi, come in passato, molte persone non conoscono Gesù, né hanno la possibilità di conoscerlo o di accettarlo. Per questo più che mai, oggi la Chiesa è chiamata ad essere “in uscita”, con la stessa disponibilità ad ascoltare la voce dello Spirito e ad essere infiammata dallo stesso ardore e coraggio missionario che ha ispirato i missionari del passato (Redemptoris Missio 30; Evangelii Gaudium 24).

La nostra vocazione salesiana ci pone al centro della Chiesa (Cost. 6) “che è missionaria per sua stessa natura” perché “è inviata alle nazioni” (Ad Gentes 2). Don Bosco ha concepito il suo Oratorio con una prospettiva missionaria per i giovani poveri e abbandonati senza parrocchia. Animato dallo zelo missionario, ha lanciato altre iniziative: la tipografia, le Letture Cattoliche, il Bollettino Salesiano e ha fondato la Società Salesiana, le FMA, i Salesiani Cooperatori e l’ADMA. Infine, aprì una pagina completamente nuova nella vita della sua giovane Congregazione inviando i missionari salesiani nel 1875 e le FMA nel 1877. Don Bosco ha trasmesso questo ardore missionario alla sua famiglia religiosa. Così, il 19° e il 20° Capitolo Generale SDB hanno sottolineato che l ’esempio di Don Bosco indica che l’impegno missionario fa parte della natura e della finalità della nostra Congregazione (CG19, 178; CG20, 471). I missionari, quindi, non sono quelli che avanzano tra i tanti confratelli dell’Ispettoria. Né sono quelli che tratteniamo perché “qui abbiamo bisogno dei confratelli”. Il missionario salesiano è un confratello che risponde alla sua vocazione missionaria dentro la sua vocazione salesiana. Infatti, il nostro invio missionario ogni anno è l’espressione concreta della nostra fedeltà allo spirito e all’impegno missionario di Don Bosco!

Domande per la Riflessione e la Condivisione:

  • Perché l’attività missionaria è ancora valida oggi?

  • Perché la vocazione missionaria è una chiamata dentro la nostra comune vocazione salesiana?

D. Alfred Maravilla, SDB
Consigliere per le missioni

GENEROSITÀ MISSIONARIA
Nel 1920, esattamente cento anni fa, don Albera, secondo successore di Don Bosco scriveva una fervorosa lettera agli ispettori Salesiani d’Europa per esortare lo zelo missionario ad gentes. Già allora, sembrava avverarsi, scrive don Albera, un po’ per volta il magnifico sogno fatto da Don Bosco il 30 agosto 1883, nel quale l’angelico giovanetto Luigi Colle (morto due anni prima in odore di santità) gli fece vedere, in modo misterioso l’immensa mèsse che i Salesiani avrebbero dovuto raccogliere in avvenire. «Sono migliaia, e milioni di abitanti che attendono il vostro aiuto, che attendono la fede ». A questo si susseguirono altri sogni in cui il Santo dei giovani vedeva gradualmente i suoi Salesiani curarsi delle anime in ogni parte del mondo. Ma, continua don Albera, “mi esce purtroppo dal fondo del cuore il lamento del Divino Maestro: «Messis quidem multa, operarii autem pauci»”, ricorda notando la grande necessità di operai evangelici nella immensa messe delle opere salesiane.

Poi l’invito alla generosità missionaria: “Quanto maggiore è il numero dei Missionari che un’Ispettoria può inviare dovunque abbiamo Missioni; tanto più numerose e preclare saranno le vocazioni religiose che il Signore regalerà a quell’Ispettoria. — Non è una semplice affermazione retorica; è pensiero genuino del nostro Venerabile Padre.” Non è certo un messaggio del passato, ancora e di più oggi come Salesiani e membri della Famiglia Salesiana, dobbiamo credere a queste parole e non chiudere il nostro cuore alle esigenze di quelli che ci appaiono più lontani. “Il più bel monumento a Don Bosco, il più degno del suo gran cuore d’apostolo, non è dunque il Missionario, che col Crocifisso e col Vangelo in mano va a conquistare nuovi popoli alla religione e alla civiltà?”

DIO È VERAMENTE PRESENTE IN OGNI CULTURA
Sono cresciuto in una famiglia cristiana e in un ambiente misto dal punto di vista religioso e politico, che ha influenzato il destino dei giovani. Sono stato coinvolto nelle attività religiose della Chiesa e i miei impegni durante la scuola secondaria hanno cominciato a rivelare la chiamata missionaria che c’è in me. Mentre ascoltavo con l’aiuto del mio direttore spirituale, diventava più chiaro che il Signore mi chiamava con il cuore e da lontano. Da quel momento, qualsiasi desiderio che attraversava il mio cuore veniva percepito secondo lo zelo per la missione.

Come missionario salesiano in Cina, devo affrontare una cultura diversa dalla mia. Il dolore di comunicare in cinese minaccia il mio senso dell’umorismo. La struttura gerarchica della società che si fonda sui rapporti umani e sull’esercizio dell’autorità è un’altra sfida con cui mi scontro. Ciò significa che c’è il pericolo di misurare la dignità umana sulla base dello status sociale e dell’appartenenza razziale. Le giovani vocazioni provenienti da questo tipo di contesto soffrono di una fragilità vocazionale, poiché a volte è difficile trasformare queste realtà culturali in uno stile di vita religioso.

Venendo all’attuale situazione della Cina, ci sono ancora più tensioni sociali e le nostre comunità religiose vi rispondono con la preghiera e il discernimento, ma con grande cautela per non essere coinvolte in politiche di parte. Di fronte a questa realtà, la mia vita religiosa, soprattutto l’aspetto comunitario, è posta a dura prova. Recentemente, siamo stati colpiti dall’epidemia di Covid-19 che sta minacciando la vita umana e che ha messo fine a molte attività religiose e sociali. Tutti si muovono nella paura, nella paura dell’ignoto. Queste sfide stanno riscrivendo il racconto della mia vita missionaria e influenzano il modo in cui viviamo nella comunità. I giovani non vengono lasciati fuori. Si sentono limitati a vivere la loro esuberanza giovanile in modo gioioso. E guardando tutto questo, chiedo se il dito di Dio scrive in questo modo.

Nonostante tutto questo, mi guardo indietro e trovo ancora qualche motivo per essere gioioso. Ho imparato ad apprezzare la pluralità della vita che forma uno splendido mosaico dell’immagine di Dio e di come Egli si manifesta in ogni storia, in ogni evento. Dio è veramente presente in ogni cultura. Dio è presente nei giovani, non importa quanto piccola sia la sua voce. Io stesso l’ho sentito nella vita dei giovani con cui ho condiviso la mia vita in questo luogo. Questa è la mia gioia più profonda. Questa gioia che trovo tra i giovani è per me una forza in tutte le sfide. Offro queste sfide e queste gioie a Dio nella preghiera e le condivido con la comunità. Mentre nella preghiera Dio rivela la Sua volontà diretta, nella condivisione con la comunità rivela la sua volontà attraverso i confratelli.

Nelle mie ultime parole, i confratelli che stanno discernendo la vocazione missionaria stanno già ascoltando la voce di Gesù che chiama. Sono felici perché lo fanno con apertura e senza paura. Le difficoltà verranno per la loro strada, ma troveranno forza nell’unico e solo missionario di Dio – Gesù Cristo – nel quale condividiamo una sola missione per la salvezza dei giovani.

Nicolas Chibueze, missionario Salesiano in Cina

TESTIMONIANZA DI SANTITÀ MISSIONARIA SALESIANA

Don Pierluigi Cameroni SDB, Postulatore Generale per le Cause dei Santi

La Venerabile Mamma Margherita (1788-1856), segna con la sua la sua presenza femminile e materna il carisma salesiano fin dalle origini. La famiglia di Giovannino, scosso dalla sua situazione di orfano, poté godere del profondo amore di una madre, che consacrò totalmente la vita ai suoi figli, di una madre che fu per loro la prima e la più importante catechista; una donna che insegnò loro ad essere responsabili, lavoratori e onesti, caritatevoli con coloro che erano più poveri. Anche quando sarà a Valdocco aiuterà don Bosco nell’assistere i giovani poveri e senza famiglia, con l’affetto di una madre e la saggezza di una donna forte, educandoli a diventare buoni cristiani e onesti lavoratori.

 

AM: il primo incontro “Nel cuore del mondo”

Domenica 11 ottobre ha avuto inizio il percorso Missionario dell’Ispettoria con il primo incontro “Nel cuore del mondo”, un pomeriggio esteso per fare conoscenza di gruppo vedendosi di persona e per prendere confidenza col cammino. Di seguito il racconto della giornata a cura di Michele Dettoni.

Il primo incontro del “Percorso nel Cuore del Mondo” è stato una sorpresa. Dopo mesi di relazioni online, giornate spese il più possibile tra le quattro mura di casa, un’estate in cui abbiamo osato un po’ di più ma che comunque ci ha impedito di concretizzare, per esempio, le missioni nel mondo a cui i giovani dell’anno scorso si erano tanto preparati, certo non ci aspettavamo un gruppo così numeroso di ragazze e ragazzi che quest’anno vogliono mettersi in gioco in un percorso che guarda al di là di casa propria, del proprio cortile, del proprio quartiere, città, Paese.

Viene allora da pensare che forse non basta un “lockdown” mondiale a fermare i sogni dei giovani. Forse li rallenta un po’, li costringe ad avere pazienza. Forse a volte si prova delusione perché abbiamo vent’anni e non vogliamo vederci spegnere le energie da un virus che chiude le porte agli abbracci, ai baci, ai viaggi nel mondo, ai tirocini in presenza, alle lezioni all’università, agli incontri in oratorio, alle serate in compagnia. Li rallenta ma non li ferma. Anzi, forse cresce il desiderio e si cercano strade nuove per uscire, feritoie attraverso cui qualcuno possa tenderci la mano e dirci di continuare a camminare. Perché il mondo è davvero di chi cammina, nonostante.

“Perché sono qui?”, “Quali parole esprimono le tue aspettative?”, “Quali sono le testimonianze missionarie che ti è capitato di ascoltare e che cosa ti hanno lasciato?”.

Porsi insieme domande, prima di cercare le risposte, è nello stile del corso e condividerle con gli altri è ingrediente fondamentale quando si cerca la verità di se stessi. I ragazzi ascoltano le testimonianze di chi in passato è partito per il Ghana, la Romania, la Lituania e di chi l’anno scorso, non potendo vivere l’esperienza missionaria, è stato capace di indossare con coraggio l’abito tanto faticoso quanto sorprendente in ciò che ha saputo regalare del #Lìdovesei. Perché, come ci ha ricordato don Luca durante la buonanotte, missione è prima di tutto flessibilità del cuore a frantumarsi e ricomporsi per rispondere a una chiamata, a un mandato che ti invita ad accendere un fuoco che ti brucia e ti scalda dentro. Se non hai un fuoco dentro non accenderai nessuno, anzi rischi anche di spegnere chi ha una piccola fiammella. E’ un fuoco che ti fa sentire il mondo come casa tua. Significa sentire quello che capita ai fratelli e alle sorelle nella propria carne. Chi fa questo percorso per essere nel cuore del mondo deve sentire il mondo nel suo cuore. Non farsi abitare dal mondo significa essere indifferenti, non arrabbiarsi di fronte a una ingiustizia, sentire ma non ascoltare le notizie di tutti i giorni.

Quando l’altro ti appartiene non ti lascia più e la fiammella cresce bruciando egoismi e comodità, alimentando l’amicizia sociale e l’impegno per la giustizia.

Buon inizio ai giovani che al primo incontro hanno permesso a quel fuocherello di accendersi, non resta che continuare a prendersene cura.

Animazione Missionaria: la testimonianza di Piero Ramello arrivato in Pakistan

La vocazione missionaria. Dall‘Ispettoria ICP, ecco di seguito la testimonianza di Piero Ramello, arrivato il 2 ottobre scorso in Pakistan (nella città di Lahore) per dedicarsi alla missione.

Tutto è nato nel 2016. Il Rettor maggiore lancia ogni anno un appello missionario. Quello del 2016 mi ha fatto pensare: “Beh, se c’è bisogno, do la mia disponibilità”. Così ho iniziato il discernimento. Chi mi ha affiancato nella valutazione mi ha aiutato anzitutto a capire che una cosa è la semplice disponibilità; altro è una vocazione missionaria. Dopo un percorso piuttosto lungo ho risposto all’appello del Rettor Maggiore. La mia domanda è stata accolta, e sono stato destinato al Pakistan. Ho ricevuto il crocifisso nella centocinquantesima spedizione missionaria. Dopo il corso per missionari a Roma e l’esperienza dell’Irlanda per la lingua inglese, prolungata dal lockdown, ho dovuto attendere ancora diversi mesi per riuscire ad ottenere il visto. Tre giorni fa – il 2 ottobre 2020 – , finalmente, sono arrivato a Lahore. Sono impressionato dall’accoglienza e dalla gentilezza di tutti. So che tutte le lune di miele hanno una fine, ma non sono affatto spaventato da ciò che mi attende (compreso l’apprendimento della lingua Urdu).

Piero Ramello

Il sogno missionario di Don Bosco: dall’11 novembre 1875 ad oggi

Tutto cominciò con un sogno. A 19 anni Don Bosco desiderava andare in missione, ma non poté. Poi, Dio, gli mando il SUO sogno:

«Mi parve di trovarmi in una regione selvaggia e totalmente sconosciuta. Era un’immensa pianura incolta, nella quale non si scorgevano né colline né monti. Nelle estremità lontanissime, però, si stagliavano scabrose montagne…».

(Dal sogno missionario di Don Bosco)

Un video che ripercorre il sogno missionario di Don Bosco: dall’11 novembre 1875 dove nella basilica torinese di Maria Ausiliatrice don Giovanni Bosco benediceva la prima spedizione missionaria salesiana – destinazione Argentina e Patagonia – capitanata da don Giovanni Cagliero, fino ai nostri giorni.

AM – “Ecco il tuo campo, ecco dove dovrai lavorare”: il sogno si coltiva a TELSIAI (Lituania)

L’esperienza missionaria estiva a TELSIAI, in Lituania. Di seguito l’articolo dedicato, a cura di don Fabio SdB, Vytas SdB, Simone A., Simone C., Pietro.

La missione, prima di tutto, ti insegna qualcosa: quello che ha insegnato a noi la Lituania è il valore della Misericordia. Soprattutto se la Misericordia è vissuta in prima persona e viene raccontata da un popolo, quello lituano, che tanto ha da perdonare ai vicini di casa. 

Inoltre, capitare in questi luoghi (dove è iniziata la venerazione della Divina Misericordia a seguito delle vicende della vita di Santa Faustina Kowalska) nei primi di agosto, giorni del grande “Perdono di Assisi”, fa sì che la Misericordia guidi per mano la propria attività, che si compie sotto lo sguardo di Dio, consolatore degli afflitti e misericordioso, e con lo stile di don Bosco, vicino agli ultimi, soprattutto ai più giovani.

Così, dopo i primi due giorni, trascorsi nella capitale (Vilnius) per toccare con mano la storia lituana, avendo osservato coi nostri occhi i luoghi in cui questo popolo baltico ha lottato per la propria libertà (Museo del KGB, Collina delle Croci, la Rivoluzione cantante, …), abbiamo fatto rotta verso la nostra vera destinazione: Telsiai.

Telsiai è un paese sorto sulle rive del lago Mastis, nella regione della Samogizia: qui si è svolta la nostra esperienza di Estate Ragazzi dal nome “Don Bosko Vasara 2020” (Don Bosco Estate 2020), la prima “prova” rinnovata dopo tanti anni, una sorta di “missione pilota”: mista l’equipe dei responsabili, misto il gruppo degli animatori, miste le provenienze dei ragazzi.

Non eravamo soli, anzi, eravamo attesi: a Telsiai è presente una comunità SDB che ha organizzato il nostro arrivo e le nostre attività, composta dal sig. Piercarlo Manzo, coadiutore, che ha coordinato le attività dell’Estate Ragazzi, aiutato da don Onorino Pistellato, don Alexis Danilo Garro e don Oliver Bautista.

Inoltre, la comunità ha anche alimentato le attese di un gruppo di animatori tra i 15 e i 16 anni, con cui, nella prima settimana di permanenza, ci siamo trovati al mattino e abbiamo imparato i primi fondamentali insegnamenti (anche con l’aiuto di qualche giochino allegro e coinvolgente) sull’animazione salesiana. 

I riferimenti sono stati alcuni incontri importanti della vita di don Bosco: il sogno dei 9 anni (1°giorno) ci ha insegnato l’importanza della mansuetudine, del campo e della missione alla quale eravamo chiamati; l’incontro con Bartolomeo Garelli (2°) ci ha insegnato uno stile diverso con cui stare coi bambini e ragazzi a noi affidati; Michele Magone (3°) quanto al bene che possa farci l’ambiente circostante e infine, con Domenico Savio (4°), come noi possiamo migliorare l’ambiente attorno a noi.

Quindi, dopo la prima parte della giornata passata insieme agli animatori (e dopo esserci rifocillati a dovere tutti assieme), ecco partire l’attività di “Don Bosko Vasara 2020”, che si svolgeva presso la scuola “Vincento Borisevicius” (vescovo martire del comunismo), scuola statale ad indirizzo cattolico in cui lavora il sig. Piercarlo e in cui si stanno inserendo i giovani missionari d. Oliver e d. Alexis. 

Ad inizio settimana, i bambini e i ragazzi iscritti, dalla 2 elementare alla 2 media, erano già 45, un numero niente male per una prima esperienza… in tempo di Covid! 

Alla fine della seconda settimana saranno una novantina, suddivisi in 4 squadre in base alla classe terminata. Il programma era così scandito: dopo l’accoglienza, un breve ma intenso e allegro innesco con qualche gioco nel teatro della scuola, la preghiera e il ballo dell’inno dell’Estate Ragazzi, poi  bambini e ragazzi sceglievano uno dei laboratori proposti per la loro fascia d’età. A seguire un break  con merenda e poi tutti a giocare, ognuno nella propria squadra, ai grandi giochi proposti dagli animatori. Quindi, rientro in teatro per chiudere la giornata coi canti e la preghiera.  Davvero il Cielo è stato dalla nostra parte, perchè nella piovosa Lituania abbiamo avuto il sole quasi sempre per tre settimane di fila.  Questo ha permesso di utilizzare gli ampi spazi verdi e sportivi messi a disposizione da varie istituzioni cittadine.    

Con gli animatori ci si fermava per una rapida condivisione sulla giornata e poi…liberi tutti, a ricaricare le batterie per il giorno dopo. O meglio, quasi tutti, perché, dopo la cena e la preghiera del Vespro, ci aspettava la preparazione dettagliata della giornata seguente. 

Nella seconda settimana, invece, accoglievamo i ragazzi già dal mattino. La formula della giornata  rimaneva quella efficace della settimana precedente, aumentando però il tempo per il gioco e inserendo una interessante “pillola formativa” su Don Bosco, con le scenette e un piccolo gioco.

Gli animatori si sono subito messi in gioco, senza alcuna paura, iniziando un bel cammino di crescita con Don Bosco, di cui hanno sentito parlare, in molti casi, per la prima volta. Circa i bambini, invece, dopo i primi giorni, in cui le loro facce e i loro visi facevano trasparire un po’ di timore di fronte a noi, stranieri, e di fronte agli animatori, sconosciuti, ecco aprirsi grandi sorrisi, risate, battute, voglia di giocare, stare insieme, divertirsi come voleva don Bosco. 

Alla fine della terza settimana, conclusasi con la messa di ringraziamento, l’asta dei premi e il video sapientemente realizzato dal nostro Vytas, potevamo davvero dire di aver centrato l’obiettivo proposto ai ragazzi: Per noi la santità consiste nello stare molto allegri!  

Ecco perché siamo ritornati in Italia con una convinzione in particolare: il linguaggio di don Bosco è universale. In ogni luogo, città, provincia, regione, stato, continente in cui don Bosco è presente, basta un gioco, un sorriso, una piccola attenzione per parlare la stessa lingua, la lingua del cuore, la lingua di don Bosco, ed è subito come sentirsi a casa!

Siamo convinti che don Bosco abbia tanto da dire alla Lituania e ai suoi giovani, come siamo altrettanto convinti che la Lituania e i suoi giovani abbiano bisogno di don Bosco, del sentir parlare di lui e di far viva esperienza del suo metodo educativo: in quei giorni un fuoco è stato acceso nel cuore di bambini e animatori, a noi il compito di custodire e alimentare questo fuoco e questi cuori!

Fabio SdB, Vytas SdB, Simone A., Simone C., Pietro

Cagliero 11 – “Per la nostra Casa Comune” Settembre 2020

Si riporta Cagliero 11 e l’intenzione missionaria salesiana del mese di Settembre 2020.

Intenzione Missionaria Salesiana, alla luce dell’intenzione di preghiera del Santo Padre.

CAGLIERO 11 – N°141, SETTEMBRE 2020

ECCOMI, MANDA ME!

Don Alfred Maravilla SDB, Consigliere Generale per le Missioni

Da molti anni ormai, ogni ultima domenica di settembre, il Rettor Maggiore presiede l’invio missionario presso la Basilica di Maria Ausiliatrice a Valdocco. A causa della pandemia, quest’anno l’invio della 151a spedizione missionaria è stato rimandato a una data ancora da definire.Gesù è il Missionario del Padre: è stato inviato dal Padre; la suavita e il suo ministero rivelano la sua volontà di essere inviato e la sua totale obbedienza alla volontà del Padre (Gv 4,34). Gesù, a sua volta, ci attira nella sua missione e ci invia in missione in tutto il mondo. La missione della Chiesa è evangelizzare. Oggi essa continua a mandare evangelizzatori ovunque (Evangelii Nuntiandi, 15) perché, attraverso la nostra testimonianza di fede e l’annuncio del Vangelo, la gente possa conoscere Gesù. La vocazione missionaria nella Chiesa, infatti, è soprattutto una risposta sempre nuova alla domanda del Signore: “Chi manderò?” È un invito a uscire da noi stessi, a uscire dalle nostre zone di comodità e a dare una risposta libera e consapevole per renderci totalmente disponibili ovunque il Signore ci manderà: “Eccomi, manda me!” (Is 6,8). La vocazione missionaria salesiana è una partecipazione alla natura missionaria della Chiesa (Ad gentes, 2). Mentre ogni salesiano è chiamato a vivere lo spirito missionario, elemento essenziale del carisma di Don Bosco, alcuni salesiani sono chiamati ad essere missionari ad exteros (fuori dal proprio paese o dalla propria cultura) e ad vitam (come impegno per tutta la vita). Infatti, la vocazione missionaria salesiana è una chiamata all’interno della nostra comune vocazione salesiana. Come tale ha bisogno di preghiera e di
discernimento con l’aiuto di una guida spirituale. Grazie ai missionari salesiani, sin dal 1875, il carisma di Don Bosco è oggi presente in 134 paesi. Una volta accertata la propria vocazione missionaria, uno può scrivere direttamente al Rettor Maggiore manifestando la sua totale disponibilità ovunque sarà inviato. Forse, il Signore ti chiama ad essere missionario?

Per la riflessione:

  • Forse Dio mi chiama ad essere un missionario?
  • Come possiamo vivere oggi lo spirito missionario di Don Bosco?

Ogni anno, dal 1875, i missionari partenti ricevevano e ricevono una croce piena di significato. Ogni suo elemento presenta un aspetto profondo della spiritualità missionaria salesiana.

La Croce

Il primo, potente, simbolo è la croce in sé stessa. Ricevere la Croce porta tante emozioni e sfide spirituali. Centra la vita missionaria nella persona di Cristo e in Cristo crocifisso. Implica dapprima ricevere e poi offrire il grande insegnamento della Croce: l’amore infinito del Padre che offre il meglio di sé, suo Figlio; l’amore fino alla fine, del Figlio, che, obbediente e generoso, si consegna alla volontà del Padre per la salvezza dell’umanità.

La Missione e la Croce

Nell’iconografia tradizionale missionaria si può apprezzare la figura del missionario che mostra la croce alla gente. Quel gesto, che ad alcuni potrebbe sembrare un po’ ingenuo, se non colonizzatore, significa per noi Salesiani che ” la nostra scienza più eminente è quindi conoscere Gesù Cristo e la gioia più profonda è rivelare a tutti le insondabili ricchezze del suo mistero”
(Cost. Salesiane, n°34).

Il Buon Pastore

La croce, secondo il carisma salesiano, si vive nella consegna pastorale illimitata. Il Buon Pastore rivela la cristologia salesiana: la carità pastorale, nucleo dello spirito salesiano, “l’atteggiamento che conquista con la mitezza e il dono di sé” (Cost. Salesiane, n°10-11).

ESSERE MISSIONARI PER UNA VITA SIGNIFICATIVA

Ayubowan! ( Lunga vita!)
Da quando sono rientrato nel 1996 per la teologia nelle Filippine dalle missioni della Papua Nuova Guinea dove ho fatto il tirocinio, il desiderio di tornare in missione mi è rimasto dentro come una scintilla di luce che continua a bruciare. Fin da aspirante, ho sempre sognato di andare in missione. E anche se mi ci è voluto un bel po’ di tempo per dare ancora una volta a questo desiderio ardente la possibilità di risplendere di nuovo, sento che è valsa la pena aspettare. Finalmente, l’11 ottobre 2015, mentre celebravo il mio 25° anno di professione, il 15° anno di sacerdozio e il 45° anno di vita qui sulla terra, ho avuto il coraggio di immergermi ancora una volta nelle acque profonde della vita nelle missioni.

Sono volato su una piccola isola chiamata “Lacrima dell’India”: Sri Lanka. Ho affrontato le sfide di una nuova cultura prevalentemente influenzata dal buddismo e dall’induismo; adattandomi al cibo che è per lo più “indiavolato con peperoncino rosso e piccante” nella preparazione; intrecciando la lingua con il Sinhala e la lingua tamil, essenziale per poter comunicare con la gente del posto; e rendendomi disponibile ad aiutare e andare incontro alle necessità della Visitatoria per quanto riguarda il personale, l’apostolato creativo e sostenibile, e cento e cento altre richieste; tutto questo richiede molta pazienza, amore e umiltà da parte di uno come me che sta cercando di essere un missionario.

Più che “fare”, ci si aspetta molto di “essere”, perché in realtà, sono tornato come un bambino piccolo che impara tutto per la prima volta nelle missioni. Ho imparato anche che “AMORE” si pronuncia “DARE” nelle missioni: rinunciare alla mia vita passata, ai miei desideri presenti e ai miei progetti futuri per ciò che lasituazione mi chiede.

Ma nella misura in cui questa vita è carica di richieste, ho avuto anche qualche inaspettata fonte di reale consolazione. Un giorno, durante un ritiro che stavo predicando, chiesi a un salesiano studente di teologia del posto di immaginare come si vedeva a dieci anni da quel momento. Mi rispose: “Padre mi vedo come un sacerdote salesiano…”, e prima di interrompermi, continuò: “…ma non come un semplice sacerdote, voglio essere un sacerdote missionario che si offre di andare in un luogo lontano… perché voglio vivere una vita significativa”. Sentito questo, ho sorriso e ho detto: “poi, in fondo, c’è davvero qualcosa di più di tutto ciò”. Per chi sogna di andare in missione: essere in un territorio di missione non ti rende automaticamente missionario. Essere missionario è un processo e sicuramente ci vorrà un po’ di tempo…fidati di una persona che cerca di esserlo.

Jesu Phitai! Gesù vi benedica!

Noel Sumagui missionario filippino nello Sri Lanka