Don Bosco Borgomanero: “Parco del gusto” e “Stelle e Padelle” – Sinergie vincenti sul territorio

Si riporta l’articolo pubblicato dal Don Bosco di Borgomanero in merito a due iniziative vissute dai ragazzi della Scuola dell’Opera.

Il Liceo del gusto alle manifestazioni enogastronomiche locali

Martedì 17 settembre, presso la Baita Alpina di Borgomanero, ha avuto luogo la cena di beneficienza di Stelle e padelle, manifestazione ideata dal cuoco Andrea Cane che, per il quinto anno consecutivo, ha raccolto intorno a sé numerosi chef e pasticceri della zona nel segno della beneficienza. Il devoluto della serata, a cui hanno preso parte diverse realtà associative locali, è andato a Borgo Solidale e all’Associazione Pronefropatici Fiorenzo Alliata.

A sostenere il progetto di Cane c’era anche il Liceo delle Scienze Umane del Collegio don Bosco di Borgomanero. Guidati dal docente di Gusto Fabio Perna, gli studenti di seconda e quarta hanno servito gli ospiti a tavola mostrando grande serietà e responsabilità, come già avevano fatto alla Festa dell’uva.

Proprio in quell’occasione, i liceali si erano calati nei panni di esperti enogastronomi proponendo degustazioni di prodotti locali nell’ambito della prima edizione di Parco del gusto alla Villa Marazza di Borgomanero.

Questo tipo di attività ha un valore decisamente formativo per gli studenti del Liceo del Gusto, in quanto si inserisce in un percorso didattico che dalla conoscenza e dalla valorizzazione della materia prima porta fino al marketing e la vendita del prodotto alimentare finito. Il piano di studi, che prevede 5 ore settimanali di laboratorio di gusto, è volto a formare gastronomi, ovvero professionisti capaci e allo stesso tempo consapevoli del valore culturale del cibo.

Lacrima – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

6 OTTOBRE

La parola del giorno: Lacrima

Ritorno al Vangelo: 1Re (17, 7-16)

Dopo alcuni giorni il torrente si seccò, perché non pioveva sulla regione. Il Signore parlò a lui e disse:
«Alzati, va’ in Zarepta di Sidòne e ivi stabilisciti. Ecco io ho dato ordine a una vedova di là per il tuo cibo». Egli si alzò e andò a Zarepta. Entrato nella porta della città, ecco una vedova raccoglieva la legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso perché io possa bere». Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ di olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a cuocerla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; su, fa’ come hai detto, ma prepara prima una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché dice il Signore: La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non si svuoterà finché il Signore non farà piovere sulla terra». Quella andò e fece come aveva detto Elia. Mangiarono essa, lui e il figlio di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunziata per mezzo di Elia.

Post-it!

I “fioretti”, tipici racconti devozionali segnati dalla fede, dal miracoloso, dall’ammirazione, non sono solo un genere legato alla figura di san Francesco. Appaiono già nella Bibbia nel caso di Elia, il grande profeta di Israele. Ne evocheremo ora uno dei più teneri che ci permette di illustrare il nesso tra una famigliola misera e la misericordia come virtù che illumina e salva la vita. Il racconto è nel Primo libro dei Re (17,7-24) e ha un suo parallelo in un analogo “fioretto” su Eliseo, il discepolo di Elia (2Re 4,1-37).
La vicenda è ambientata a Sarepta, nella zona controllata dalla città-stato di Sidone, nell’odierno Libano. L’episodio sarà citato anche da Gesù nel discorso programmatico pronunciato nella sinagoga di Nazaret (Luca 4,25-26). La storia fa incontrare due atti di misericordia nello spazio misero di una famigliola costituita solo da una vedova e da suo figlio.
Da un lato, infatti, c’è la generosità di questa donna, ridotta allo stremo in un tempo terribile di carestia: sta raccogliendo legna per attizzare il fuoco per un ultimo pranzo perché le è rimasto solo un pugno di farina e un po’ d’olio. Pensa di preparare una focaccia per sé e per il ragazzo: «Ne mangeremo e poi moriremo». Sulla strada incontra Elia che le chiede di dargli un pezzo di quella focaccia. La donna accetta di compiere questo atto estremo di generosità, fidandosi della promessa del profeta: «La farina della tua giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà» (17,14).
D’altro lato, Elia ricambierà la bontà di questa vedova in un modo ben più grandioso e inatteso. La misericordia genera misericordia ancor maggiore, anzi, può produrre miracoli. La vicenda è nota: il figlio della donna è colto da un grave malore che lo conduce alla morte. Entra in scena, allora, il potere profetico, dono divino che ricambia a dismisura la generosità di quella madre. La narrazione è piena di pathos (17,17-24).
Il profeta sale da solo nella cameretta del figlioletto che giace sul suo lettuccio, urla al cielo la sua protesta di fronte a una sofferenza così tragica di una povera donna giusta e pia. Poi si distende sul corpo del ragazzo invocando Dio: «Signore mio Dio, la vita di questo bambino torni nel suo corpo!». E il Creatore e Signore della vita ascolta la voce del suo profeta e nel piccolo torna a ramificarsi il flusso del sangue, ed eccolo con gli occhi aperti. Elia lo prende su di sé e lo riporta al pianterreno, tra le braccia della madre esterrefatta.
La finale del racconto è dominata da una sorta di professione di fede di questa vedova pagana: «Ora so veramente che tu sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità» (17,24). La misericordia non dà solo gioia e speranza, ma genera anche la fede. Il pensiero corre a Gesù che fa rivivere il figlio della vedova di Nain con la sua personale autorità divina, senza mediazione come nel caso di Elia (Luca 7,11-17) e viene spontaneo ricordare la fede incrollabile della madre siro-fenicia della zona di Tiro e Sidone, che implora a Cristo la guarigione di sua figlia (Matteo 15,21-28).

Mons. Gianfranco Ravasi

Cardinale arcivescovo e biblista

Tocca a te!

Trova una piccolo motivo che ti rattrista e nella giornata di oggi prova a trasformarlo in un motivo di gioia.

Te lo sei mai chiesto?

1. Quale le origini principali delle tue “tristezze”?

2. Ci sono stati momenti in cui eri nella parte della vedova di Sarepta e Dio è entrato in casa tua?

Buongiorno – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

5 OTTOBRE

La parola del giorno: Buongiorno

Ritorno al Vangelo: Marco (1, 32-35)

Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti». Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre».

Post-it!

I fratelli (qui = parenti) e la Madre si fermano fuori dal gruppo in cui si trova Gesù, però cercano di parlargli. Un tale se ne accorge e dice a Gesù: «Qui fuori ci sono tua madre e i tuoi fratelli che cercano di parlarti». La maggioranza delle traduzioni accetta il versetto come sicuro, ma non è presente in codici antichi assai importanti. Comunque vivacizza la narrazione e non lede il senso della reazione di Gesù. Quando si accorge o viene a sapere che ci sono sua madre e i suoi fratelli, la sua reazione sorprende e la sua prima domanda stupisce assai: «Chi è mia madre?».
Sembra certo che il termine «madre» è qui usato in senso biologico, di parentesco carnale; ed è pure certo che viene usato in un momento in cui Gesù si trova in piena missione.

È quindi logico che per lui i vincoli carnali, stando anche a quanto si è detto nel commento a 8,21-22; 10,21.34-38, passano in secondo ordine. Ciò che conta è la missione, che però non annulla quei vincoli, ma li sublima. Durante la sua missione, la sua famiglia è formata dai suoi discepoli, e discepolo è – dice Gesù – chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli e chi, accogliendo me, accoglie colui che mi ha man- dato, cioè il Padre (10,40). Solo chi è in questa situazione è per lui fratello, sorella, madre, cioè fa parte della sua fa- miglia escatologica, del popolo di Dio degli ultimi tempi.

Dopo questa spiegazione, sorge la domanda: Maria, la Madre, è parte di questa famiglia? Sì! E la spiegazione più bella continua ad essere quella che ha dato sant’Agostino, il qua- le, per far capire che i genitori non possono intralciare la missione dei figli, ha ripetuto tantissime volte la domanda: Chi è mia madre? Alla fine però con parole stupende presenta così Maria: «Non fece forse la volontà di Dio la vergine Maria, la quale per la fede credette, per la fede concepì, fu scelta perché da lei la salvezza nascesse per noi tra gli uomini, e fu creata da Cristo prima che Cristo fosse creato nel suo se- no? Santa Maria fece la volontà del Padre e la fece intera- mente; e perciò vale di più per Maria essere stata discepola di Cristo anziché madre di Cristo; vale di più, è una prerogativa più felice essere stata discepola anziché madre di Cristo. Maria era felice poiché, prima di darlo alla luce, portò nel ventre il Maestro» (Discorso 72A,7).

Maria che ha compiuto in modo perfetto la volontà del Padre è madre di Cristo non solo biologicamente, ma anche e soprattutto per avere ascoltato e messo in pratica come discepola la sua parola. La cristianità sin dagli inizi continuerà a chiamarla la madre di Gesù (At l,14), ma come insegna l’evangelista Giovanni (19,25-27) è anche Madre nostra. Ritorneremo a parlare di lei in 13,55. Ora con gioia sentiamo che attorno a Gesù non c’è solo gente che lo rifiuta, ma anche tanta gente che lo accoglie. Una famiglia continua a nascere attorno a Gesù. Anche oggi.

Mario Galizzi

Vangelo secondo Matteo – commento esegetico-spirituale

Tocca a te!

Parla con qualcuno che non conoscevi prima e ricordati il suo nome.

Te lo sei mai chiesto?

1. Cosa ti frena nel rivolgere la parola a qualcuno che non conosci?

2. Nella giornata di oggi a quante persone ti sei davvero interessato come a dai “fratelli”?

Corpo – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

4 OTTOBRE

La parola del giorno: Corpo

Ritorno al Vangelo: Matteo (9, 18-22)

Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà». 19 Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli.
20 Ed ecco una donna, che soffriva d’emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. 21 Pensava infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». 22 Gesù, voltatosi, la vide e disse: «Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita». E in quell’istante la donna guarì.

Post-it!

Il Vangelo di Matteo dice che quando la donna toccò il mantello di Gesù, Egli «si voltò» e «la vide» (v. 22), e quindi le rivolse la parola. Come dicevamo, a causa del suo stato di esclusione, la donna ha agito di nascosto, alle spalle di Gesù, era un po’ timorosa, per non essere vista, perché era una scartata. Gesù invece la vede e il suo sguardo non è di rimprovero, non dice: “Vattene via, tu sei una scartata!”, come se dicesse: “Tu sei una lebbrosa, vattene via!”. No, non rimprovera, ma lo sguardo di Gesù è di misericordia e tenerezza. Egli sa che cosa è avvenuto e cerca l’incontro personale con lei, quello che in fondo la donna stessa desiderava. Questo significa che Gesù non solo la accoglie, ma la ritiene degna di tale incontro al punto di farle dono della sua parola e della sua attenzione.

Nella parte centrale del racconto il termine salvezza è ripetuto tre volte. «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata. Gesù si voltò, la vide e disse: “Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata!”. E da quell’istante la donna fu salvata» (vv. 21-22). Questo «coraggio, figlia» esprime tutta la misericordia di Dio per quella persona. E per ogni persona scartata. Quante volte ci sentiamo interiormente scartati per i nostri peccati, ne abbiamo fatte tante, ne abbiamo fatte tante… E il Signore ci dice: “Coraggio! Vieni! Per me tu non sei uno scartato, una scartata. Coraggio, figlia. Tu sei un figlio, una figlia”. E questo è il momento della grazia, è il momento del perdono, è il momento dell’inclusione nella vita di Gesù, nella vita della Chiesa. E’ il momento della misericordia. Oggi, a tutti noi, peccatori, che siamo grandi peccatori o piccoli peccatori, ma tutti lo siamo, a tutti noi il Signore dice: “Coraggio, vieni! Noi sei più scartato, non sei più scartata: io ti perdono, io ti abbraccio”. Così è la misericordia di Dio. Dobbiamo avere coraggio e andare da Lui, chiedere perdono per i nostri peccati e andare avanti. Con coraggio, come ha fatto questa donna. Poi, la “salvezza” assume molteplici connotati: anzitutto restituisce alla donna la salute; poi la libera dalle discriminazioni sociali e religiose; inoltre, realizza la speranza che lei portava nel cuore annullando le sue paure e il suo sconforto; infine, la restituisce alla comunità liberandola dalla necessità di agire di nascosto. E quest’ultima cosa è importante: una persona scartata agisce sempre di nascosto, qualche volta o tutta la vita: pensiamo ai lebbrosi di quei tempi, ai senzatetto di oggi…; pensiamo ai peccatori, a noi peccatori: facciamo sempre qualcosa di nascosto, abbiamo la necessità di fare qualcosa di nascosto, perché ci vergogniamo di quello che siamo… E lui ci libera da questo, Gesù ci libera e ci fa mettere in piedi: “Alzati, vieni, in piedi!”. Come Dio ci ha creati: Dio ci ha creati in piedi, non umiliati. In piedi. Quella che Gesù dona è una salvezza totale, che reintegra la vita della donna nella sfera dell’amore di Dio e, al tempo stesso, la ristabilisce nella sua piena dignità.

Papa Francesco

Udienza Generale – Piazza San Pietro

Tocca a te!

Trova una chiesa e sosta di fronte al Corpo di Cristo. Affida a lui cosa sanguina in te.

Te lo sei mai chiesto?

1. Come metti in gioco il tuo corpo per la salvezza di qualcuno?

2. Quale luce sprigiona il tuo corpo?

Domino – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

3 OTTOBRE

La parola del giorno: Domino

Ritorno al Vangelo: Luca (16, 18-31)

Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio.
C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».

Post-it!

Il termine “epulone” non è più usato nel linguaggio comune; eppure quasi tutti sanno che l’espressione “il ricco epulone” fa riferimento a una parabola di Gesù che solo Luca racconta nel suo Vangelo (16,19-31). Il personaggio in questione è appunto un signorotto egoista e gaudente. La scena ha colori molto “orientali”: un palazzo ha una grande sala per banchetti con una mensa imbandita; il padrone con i suoi ospiti gusta i manicaretti e si pulisce le mani unte di grasso con mollica di pane che poi getta a terra; sulla soglia del portale d’ingresso c’è, invece, un povero seduto per terra che allunga gli occhi, bramoso di sfamarsi anche solo con quei frammenti di pane, e oggetto soltanto della misericordia dei cani.

È curioso notare che tutti i personaggi delle parabole di Gesù sono anonimi, tranne questo povero disgraziato che porta il nome di Lazzaro: l’anagrafe civile certamente lo ignorava, quella del Regno dei cieli, invece, lo registra a memoria perenne. Ma qual è il legame con il tema della misericordia e della famiglia? La risposta è nel quadro successivo, aperto da una frase forte nel suo apparente parallelismo: «Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto» (16,22).

Anche i ricchi muoiono e, come suggerisce il Salmo 49, «quando il ricco muore, con sé non porta nulla né scende con lui la sua gloria» (v. 18). Si apre, così, un orizzonte trascendente oltre la soglia della morte e qui avviene un ribaltamento radicale: il povero è nello splendore dell’assemblea divina con il patriarca Abramo e coi giusti, mentre il ricco egoista è nelle fiamme degli inferi, assetato e affamato. A questo punto entra in scena la famiglia dell’“epulone”, i suoi cinque fratelli che egli vorrebbe salvare da un così atroce destino.

Vanamente il ricco chiede un segno clamoroso come il suo ritorno sulla terra per convertirli alla misericordia. Questo mutamento deve, invece, avvenire per scelta personale, senza voci misteriose e prove emozionanti. Basta la voce della Parola divina, che spinge ininterrottamente alla giustizia e all’amore, a far cambiare vita. In altri termini, se desideriamo che la nostra famiglia entri nella gloria che Dio riserva ai giusti, è necessario che quaggiù la nostra testimonianza di misericordia sia forte e chiara, in parole e opere.

La parabola, perciò, diventa un appello all’educazione quotidiana alla generosità che i genitori devono svolgere nei confronti dei figli. È triste che persino madri e padri cristiani non vogliano accogliere nelle loro città o quartieri profughi e miserabili perché disturbano il benessere dei loro figli. La parabola del ricco epulone ci ricorda che già ora, nello scorrere dei giorni, si decide il nostro destino futuro. Gesù l’ha ripetuto in quel grandioso affresco sul giudizio finale ove tutti saremo esaminati sulla misericordia nei confronti degli affamati, degli assetati, degli stranieri, dei nudi, dei malati e dei carcerati praticata durante l’esistenza terrena (vedi Matteo 25,31-46).

Mons. Ravasi

Vangelo secondo Luca – Un ricco senza misericordia

Tocca a te!

Fai un gesto di “semplice povertà” nella forma della condivisione con qualcuno.

Te lo sei mai chiesto?

1. Cosa genera in te la vista del “”povero””?

2. Quale ricchezza faticheresti maggiormente a lasciare? Perché?

Matita – Il Vocabolario Missionario

La parola del Vangelo ti porta in missione. L’esperienza della missione, d’altro canto, cambia il significato che diamo alle parole. Essa lascia il segno, va in profondità nel cuore delle persone, tanto da arrivare a modificare il valore ed il significato di termini che prima sembravano comuni.

Insieme con un gruppo di giovani che hanno fatto questa esperienza, ti proponiamo 31 passi di cammino insieme.

2 OTTOBRE

La parola del giorno: Matita

Ritorno al Vangelo: Matteo (6, 25-30)

Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?

Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.

Post-it!

Dopo aver preso contatto con il testo, ascoltiamo ora Gesù. Il suo discorso non va primariamente dalla natura a Dio, ma dalle preoccupazioni umane (mangiare, vestire) al modo di risolverle: cercate il regno di Dio, cioè la sua giustizia(= la sua volontà). Abbiamo tradotto un «e» con «cioè», perché è logico che «giustizia» e «regno di Dio» si equivalgono.

Ora, come convincersi che qui risiede la soluzione dei problemi umani? Ebbene, Gesù si sforza di farcelo comprende- re osservando la natura e l’uomo nella natura. Già le domande: Non valete voi forse più di loro? (6,26); Non vestirà assai di più voi, gente di poca fede? (6,30), dicono assai chiaramente che l’uomo ha un grande valore davanti a Dio. Sembra davvero che Gesù legga e vuole che si leggano e si compiano la Legge e i Profeti (5,17).

Non dice forse la Scrittura: «Che cosa è l’uomo perché tu te ne ricordi? O il figlio dell’uomo perché te ne curi?». Dio però non si cura solo dell’uomo, ma come dice Gesù, riecheggiando il Salmo 104, anche di tutti gli altri esseri. In- fatti, dice il salmo pregando: «Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni» (104,27-28). Questo dice il Salmo dopo aver passato in rassegna gli uccel- li e le bestie selvatiche; mentre in Is 35,1-2 si ricorda come Dio riveste di bellezza, con i fiori, la terra.

Queste pagine bibliche non sono poesia; esse indicano qual è la volontà di Dio sul creato, colmo dei suoi beni, a disposizione di tutti gli esseri viventi. n fatto che ci si debba preoccupare del domani, che ci siano degli affamati e dei poveri, è contro la volontà di Dio. Dunque la soluzione risiede proprio nel compiere questa volontà, che il testo chiama regno di Dio, cioè giustizia. A vere fame e sete di giustizia, cioè desiderare ardentemente la volontà di Dio (5,6), significa per il cristiano una presa di coscienza dell’impegno storico che lo attende. La soluzione dei mali dell’umanità sta in questo impegno cristiano che è amore per gli altri.

Mario Galizzi

Vangelo secondo Matteo – commento esegetico-spirituale

Tocca a te!

Apri gli occhi nella tua giornata per scorgere i “gigli del campo” che Dio veste sul tuo cammino.

Te lo sei mai chiesto?

1. Quali gesti semplici compi durante la giornata che potresti riempire di un senso più profondo?

2. Quali azioni nella tua giornata realizzano “il regno di Dio e la sua giustiazia”?

Istituto professionale Chatillon: stage all’estero

I dodici studenti dell’Istituto Don Bosco di Chatillon, che sono partiti in Francia e Spagna grazie al progetto finanziato dalla Regione Valle d’Aosta con fondi europei, sono giunti alla terza settimana di stage e rientreranno a casa a fine settembre. Mentre cinque neodiplomati della stessa scuola sono in Spagna da due settimane grazie al progetto finanziato dalla Fondazione CRT e rientreranno a fine novembre.

aI ragazzi stanno svolgendo lo stage presso aziende nei settori di falegnameria e industria meccanica, che corrispondono agli indirizzi di studio che frequentano a scuola.

Oltre al tutor aziendale, gli studenti possono contare sul tutor della scuola salesiana estera di riferimento che li ha accolti al loro arrivo e che li segue nell’andamento dell’esperienza che ha l’obiettivo di sviluppare la loro autonomia, la curiosità per culture e luoghi diversi da quelli di origine e le competenze professionali.

Di conseguenza, al loro rientro avranno un nuovo bagaglio di conoscenze che li renderà più competitivi nel mondo del lavoro.

Galleria fotografica:

 

Scuola Don Bosco Cumiana: La notte dei piccoli ricercatori di don Bosco

La Scuola Don Bosco di Cumiana parteciperà alla seconda edizione della “Notte dei piccoli ricercatori di don Bosco“, una iniziativa che si inserisce nel più ampio progetto della “Notte Europea dei ricercatori” che si svolgerà il prossimo venerdì 27 settembre in tutta Europa. Si riporta l’articolo pubblicato in merito sul sito dell’Opera.

“La notte dei piccoli ricercatori di don Bosco” – Seconda Edizione

…e ci risiamo: la nostra scuola “don Bosco” è stata invitata a partecipare alla seconda edizione della “Notte dei piccoli ricercatori di don Bosco”, una iniziativa che si inserisce nel più ampio progetto della “Notte Europea dei ricercatori” che si svolgerà il prossimo venerdì 27 settembre in tutta Europa, appunto.
Siamo contenti di poter partecipare a questa iniziativa sotto il nome di don Bosco, che l’anno scorso ci ha visti impegnati nel presentare il nostro progetto Astro Pi – Zero (con il quale abbiamo mandato i nostri saluti agli astronauti) e Astro Pi SpaceLab (con il quale abbiamo avuto la possibilità di eseguire per 3 ore il nostro programma sulla ISS – Stazione Spaziale Internazionale, ricevendone di ritorno i dati del nostro esperimento sulle vibrazioni e spostamenti della stessa ISS).

Quest’anno, con una piccola rappresentanza di allievi, vorremmo presentare e far provare, oltre all’AstroPi con i progetti SpaceLab e Zero, riproposti e rilanciati in questi giorni dal nostro astronauta italiano Luca Parmitano dalla ISS (vedi il video).

anche alcune dimostrazioni del programma utilizzato nel concorso Cosmo Explorers per simulare l’esplorazione spaziale e l’allunaggio, a 50 anni dalla discesa del primo uomo sulla Luna

concorso che ha permesso ad una parte di noi (visto che i coinvolti erano oltre 70!!!) di visitare l’azienda ALTEC e fare uno stage di 2 giorni, approfondendo il grande contributo che la nostra Italia da per l’esplorazione spaziale.

Speriamo anche di poter utilizzare i robot/rover mBot, ricevuti a CosmoExplorers, per simulare un’esplorazione del pianeta Marte alla ricerca di tracce di vita, visto che questo è l’anno del lancio di Exomars, il rover europeo che andrà sul pianeta rosso alla ricerca di tracce di vita.

Ma la notte dei piccoli ricercatori di don Bosco non è solo questo e, tempo permettendo, sarà possibile osservare il sole di giorno con un telescopio solare e di notte osservare la luna, il pianeta Giove ed il pianeta Saturno, come si può vedere dal programma della manifestazione:
Comunicato Stampa Notte dei piccoli ricercatori di don Bosco – Seconda Edizione

…e se proprio qualcuno vuol sapere le ultime novità sul futuro dell’esplorazione spaziale…beh, non resta che seguire la conferenza dell’ing. Walter Cugno su Luna, Marte e oltre, all’interno di questa bella manifestazione: