Sinodo speciale: Artime: «Investiamo sui giovani per salvare l’Amazzonia»

Si riporta l’articolo pubblicato da La Voce e il Tempo a cura di Marina Lomunno con l’intervista al Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime sul Sinodo Speciale sull’Amazzonia indetto da Papa Francesco.

Don Ángel Fernández Artime, classe 1960, spagnolo originario delle Asturie, dal 2014 è il Rettore maggiore dei salesiani, il 10° successore di don Bosco. È alla guida della seconda congregazione più diffusa nel mondo presente in 132 nazioni dei cinque continenti, con 14.614 confratelli, di cui 128 Vescovi e 430 novizi.

Lo abbiamo incontrato nei giorni scorsi a Valdocco, in occasione della 150a spedizione missionaria salesiana, alla vigilia dell’avvio del Sinodo sull’Amazzonia dove sono presenti molte opere salesiane: era l’11 novembre 1875 quando nella Basilica di Maria Ausiliatrice don Giovanni Bosco benediceva i primi 5 missionari, guidati da don Giovanni Cagliero, primo vescovo e cardinale salesiano con destinazione Patagonia. Da allora i salesiani che hanno ricevuto la croce missionaria nella Basilica di Maria Ausiliatrice sono 9.553. Dall’Argentina i figli di don Bosco si diffusero negli stati più a Nord dell’America Latina dove ancora oggi sono una presenza importante nelle missioni in Amazzonia.

Don Artime, nella 150a spedizione missionaria lei ha consegnato la croce a 36 confratelli, 9 dei quali verranno inviati nelle vostre opere in Amazzonia (Brasile, Ecuador, Perù e Venezuela). Lei ha visitato molte volte quei Paesi anche di recente. Quali sono i problemi più urgenti soprattutto per i giovani?

Noi siamo una congregazione riconosciuta nella Chiesa per l’educazione e l’evangelizzazione dei giovani, questa è la nostra identità carismatica. Allo stesso tempo don Bosco è stato un grande missionario: lui stesso ha inviato i primi confratelli in Patagonia. Per questo ci riconosciamo come una congregazione missionaria. In America Latina abbiamo opere destinate a 63 popoli originari, nessun’altra congregazione è accanto a tanti nativi come lo siamo noi. Il primo beato del Sud America è un giovane salesiano laico argentino, Zeffirino Namuncurá, della tribù dei Mapuce, un popolo amerindo dell’Argentina del Sud.

Parlando e ascoltando i miei confratelli che vivono lì, molti hanno dedicato tutta la loro vita, emerge che il problema più grave è l’abbandono dell’Amazzonia da parte dei giovani nativi per emigrare nelle grandi città. Così i popoli originari perdono le nuove generazioni e nello stesso tempo la propria identità perché nella foresta rimangono solo gli anziani.

In questo contesto la Chiesa come può fare sentire la propria voce?

In Brasile, per esempio, abbiamo fatto una scelta di congregazione: non abbandoneremo mai la nostra presenza tra i popoli originari e in secondo luogo cerchiamo di sostenere con l’educazione i giovani nativi in modo che servano il loro popolo e non lo abbandonino. Un segno di questo impegno è la nostra Università a Campogrande, la capitale dello Stato del Mato Grosso, in Brasile, frequentato da più di 12 mila giovani, tra cui 100 giovani delle popolazioni originarie, tra cui i Chavante, inviati dalle nostre opere e sostenuti negli studi a nostre spese sia per la formazione che per l’alloggio. Questo è un modo per tener fede alla nostra missione, è un investi- mento sui giovani nativi per il futuro e la sopravvivenza dei popoli dell’Amazzonia. Ma non solo in Amazzonia siamo impegnati sul fronte dell’educazione, come per esempio in Bolivia e ad Haiti con le esperienze delle scuole popolari frequentate da migliaia di ragazzi che senza le nostre opere non potrebbero ricevere nessun tipo di istruzione. In tutto il mondo abbiamo 58 Università salesiane dove, sulle orme di don Bosco, chiedo come Rettore Maggiore di garantire studi gratuiti ad una percentuale di ragazzi tra i più poveri. L’altro tema è l’ambiente: certamente anche noi siamo preoccupati, non soltanto dal punto divista ecologico, per la cura del Creato in pie- na sintonia con la Chiesa e in modo particolare con Papa Francesco a partire dai contenuti dell’enciclica Laudato si’.

Continuate a scommettere sull’educazione…

Certamente è così in Amazzonia, in India dove abbiamo molti college, e in Africa dove stiamo facendo i primi passi. È un grande sforzo perché i docenti vanno pagati e occorre mantenere le strutture ma è una scelta di congregazione che ci pare – e lo diciamo con molta umiltà – un contributo essenziale per dare futuro ai giovani più fragili e per contribuire alla sopravvivenza dei popoli originari. Come stiamo facendo, ad esempio in Paraguay con il popolo Ayioreo, nel Gran Chaco: qui, quando sono arrivati i primi salesiani 60 anni fa, abbiamo iniziato a investire sulla scuola e sulla formazione professionale. Sono stato di recente in visita ai miei confratelli e alla loro gente che vive lungo il fiume Paraguay. Oggi parecchi giovani Ayioreo frequentano la nostra università: il maestro del popolo ha studiato nelle nostre scuole così hanno fatto altri nativi. Crediamo molto nell’educazione: il Papa nel 2015, quando è venuto a Valdocco in occasione del Bicentenario di don Bosco, ha invitato i salesiani ad essere persone concrete sulle orme del loro fondatore che cerca- va di risolvere i problemi dei giovani che gli venivano affidati. Credo che stare accanto ai giovani nativi dell’Amazzonia per noi significhi anche investire sulla loro educazione e formazione scolastica perché possano avere gli strumenti per fare sentire presso le sedi opportune la loro voce.

Cosa si aspettano i suoi confratelli che vivono in Amazzonia e le chiese locali da questo Sinodo offuscato dagli incendi che devastano il polmone del mondo con la complicità di un capo di Stato che sostiene che la foresta amazzonica è solo del Brasile?

Io credo che attendano da tutta la Chiesa una parola evangelica, coraggiosa. I mei confratelli salesiani si aspettano prima di tutto vicinanza come Chiesa e come congregazione, vicinanza a questi popoli che spesso non hanno voce o hanno una voce troppo flebile. E poi da noi come Chiesa hanno bisogno di coerenza e non soltanto di parole «politicamente corrette»: non prendere posizione è spesso una tentazione anche per noi. In questo senso noi salesiani ci sentiamo pienamente in linea con la parola profetica e coraggiosa di Papa Francesco che ha indetto questo Sinodo: oggi e come ha fatto don Bosco anche noi diciamo «Siamo con il Papa».

Il Sinodo dell’Amazzonia cade proprio nei giorni in cui milioni di ragazzi e ragazze sono scesi in piazza per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla salvaguardia del Pianeta. Cosa avrebbe detto don Bosco a questi giovani che, seguendo anche l’invito del Papa, stanno diventando protagonisti del loro futuro?

Io sono convinto che don Bosco avrebbe senza dubbio incoraggiato i suoi giovani a difendere l’ambiente invitandoli a preservare la bellezza della Creazione, avrebbe sottolineato l’azione di Dio nel Creato, li avrebbe incoraggiati a diffondere presso i loro coetanei e gli adulti questa sensibilità perché è evidente che custodire il dono della creazione è un dovere per tutti, significa assicurare futuro alle nuove generazioni. E don Bosco ha fatto esattamente questo: la sua vita per i giovani. Sono spaventato dalla mancanza di una visione in prospettiva di tanti politici e governanti: una mancanza colpevole non perché non ritengano che sia un tema importante ma perché non è utile al loro «potere». Per questo sono convinto che, come credenti nel Signore Gesù, non pos- siamo essere neutrali: sulla cura del Creato non ci può essere neutralità, non è possibile.

Il Papa fin dall’inizio del suo Pontificato invita tutti a stare accanto agli scartati della terra: i suoi appelli, la sua voce – spesso l’unica – si è levata spesso invitando i giovani «a non farsi rubare il futuro». Le stesse parole contenute nella Laudato si’ sono quelle che spingono milioni di giovani a scendere in piazza per salvare il pianeta. Eppure anche tra i credenti – anche in questi giorni in cui si celebra il Sinodo non mancano le polemiche – ci sono frange di insofferenza nei confronti del magistero di Francesco…

La storia della Chiesa ci insegna che anche i più piccoli segni profetici non sono mai stati accettati in modo pacifico. Per questo dobbiamo pregare per questo Sinodo perché – e lo dico perché ho avuto la fortuna di partecipa-re al Sinodo precedente sulla famiglia – ho la sensazione che saranno lavori complessi sia per i temi dell’organizzazione delle comunità cristiane dei popoli originari, sia perché la pressione sociale e di alcuni Governi sui temi dell’ambiente è molto forte. Lasciamo che lo Spirito Santo possa veramente guidare i lavori e la riflessione dei sinodali, viviamo questo tempo nella fede. Non lasciamoci spaventare dagli attacchi: non sarà tutto facile ma sono convinto che da questi grandi eventi ecclesiali nascono sempre luce e nuove opportunità per favorire i credenti e le chiese che vivono nelle zone di frontiera come l’Amazzonia affinché possano sentirsi sostenuti, rafforzati, ascoltati. Questa è la grande ricchezza del Sinodo.

Marina LOMUNNO

Salesiani Asti – Festa del centenario: domenica la presentazione del libro di Fabio Geda e la mostra su don Bosco

Si riporta l’articolo pubblicato su LaNuovaProvicia.it in merito alla festa del centenario dei Salesiani di Asti che avverrà domani, domenica 13 ottobre 2019.

Centenario dei salesiani ad Asti, domenica la presentazione del libro di Fabio Geda e la mostra su don Bosco.
L’esposizione contiene cimeli e fotografie che ritraggono il Santo educatore in importanti momenti della sua vita.

Doppio appuntamento, questo fine settimana, nell’ambito del cartellone di eventi per celebrare i 100 anni della presenza salesiana in città.

Il centenario
Dal novembre 2018, infatti, la parrocchia Don Bosco di Asti ha promosso una funzione religiosa solenne e varie iniziative (tra cui la presentazione del libro “Un secolo di Don Bosco ad Asti” e lo spettacolo teatrale “L’arte di Giò”) per ricordare questo importante anniversario.
La congregazione fondata da don Bosco ha infatti cominciato l‘opera nel 1919 in viale alla Vittoria, allora area dalla forte connotazione industriale, per poi trasferirsi nella zona Nord, dove nel 1962 ha inaugurato l’attuale parrocchia in corso Dante.
«L’obiettivo delle celebrazioni per i 100 anni della presenza in città – aveva spiegato in conferenza stampa don Roberto Gorgerino, direttore dell’opera salesiana del Don Bosco di Asti – è quello di tenere alta l’attenzione verso il mondo giovanile coinvolgendo la città, con una modalità di ascolto e dialogo nei confronti di tutti i ragazzi, non limitata solo a quelli che già si lasciano coinvolgere dalle iniziative parrocchiali. E questo non per autocelebrarci, ma per funzionare da stimolo e tenere alta l’attenzione sul tema».

La presentazione del libro

Ecco, quindi, le due iniziative in programma domenica 13 ottobre dalle 17.30 presso il refettorio del Seminario vescovile in piazza Seminario 1 (ingresso parcheggio da via Giobert 15).
Innanzitutto si terrà la presentazione del libro “Il demonio ha paura della gente allegra – Di don Bosco, di me e dell’educare” (Solferino) dello scrittore Fabio Geda, che dialogherà con il prof. Enrico Cico.
Affermato scrittore torinese, autore del best seller “Nel mare ci sono i coccodrilli”, in questo libro Geda ripropone la figura di don Bosco oltre i limiti del tempo, intrecciando la storia del santo dei Becchi con la propria esperienza di ex studente salesiano e di educatore.
«Il titolo del suo libro – spiegano gli organizzatori – sintetizza perfettamente almeno due aspetti. Il primo è che c’è fame di educazione ad ogni livello della nostra società. E anche oggi esistono realtà positive di accoglienza, integrazione e solidarietà che sconfiggono le paure, le tristezze, le disperazioni. Perché il demonio ha paura della gente allegra».
«Il secondo – continuano – è che la spiritualità di don Bosco non è mai stata avulsa dai problemi della realtà. Alle sue intuizioni si può tornare per incidere efficacemente nei nostri tempi affannati».

La mostra

A seguire verrà inaugurata la mostra “Don Bosco: una storia in mostra…”, curata da Julien Coggiola. Studioso di storia salesiana e importante raccoglitore di foto e cimeli di don Bosco, Coggiola ha al suo attivo numerose altre esposizioni, tra cui quelle nella chiesa parrocchiale di Villanova Monferrato e presso il castello di Casale. Nella mostra di Asti si potranno ammirare foto che ritraggono il santo educatore in importanti momenti della sua vita, e poi ancora autografi e reliquie, autografi dei suoi successori (don Rua e don Rinaldi); materiale della canonizzazione; santini e cartoline e, infine, manichini con abiti sacerdotali del periodo di don Bosco e di madre Maria Mazzarello.
«Un’occasione importante, quindi – spiega il curatore – per conoscere in dettaglio la vita e le opere di questo grande santo».
La mostra, ad ingresso libero, sarà aperta da domenica 13 a sabato 19 ottobre dalle 17 alle 22; domenica 20 ottobre dalle 15.30 alle 19 (su richiesta anche in altri momenti della settimana telefonando al numero 329/3524532).
Il cartellone delle celebrazioni terminerà domenica 20 ottobre alle 10.30 con la messa solenne nella chiesa del Don Bosco.