Cari Confratelli e Giovani amici,
vi scrivo da BO City in Sierra Leone augurando a tutti un buon mese di maggio, mese mariano, mese della piena primavera, mese in cui sono nato, … insomma, un mese semplicemente eccezionale, e da vivere in modo eccezionale alla luce di Maria Ausiliatrice.
Desidero condividere con voi brevemente una esperienza vissuta lo scorso anno durante il servizio che la mia comunità presta ai carcerati del riformatorio giovanile locale.
Mustaphà è un giovanottone poco più che ventenne, 185 cm con un fisico da body-builder, sempre sorridente e contento quando lo incontro nella prigione. Una persona ancora molto giovane ma già segnata dalla vita. Non vi sto a raccontare come sia finito dentro. Qui puoi prenderti 5 anni per aver rubato un telefonino. Ma voglio dirvi di un’altra disavventura che gli è capitata e per la quale dovrà portarne le conseguenze per tutta la vita. Mustaphà deambula con le stampelle perché la sua gamba destra gli è stata amputata 10 o 12 cm sotto il ginocchio circa 8 anni fa quand’era forse tredicenne.
– Cosa hai combinato per esserti ridotto così?, gli chiedo.
– Ricky, era il 2014, durante il periodo dell’Ebola, io avevo trovato il fucile che mio zio aveva comprato durante la guerra civile, la spietata guerra fratricida dei diamanti per intenderci, e con alcuni miei coetanei, sempre in cerca di avventure, volevamo di rimetterlo in funzione. Purtroppo ci siamo riusciti e … un proiettile mi è entrato nella gamba. Andare all’ospedale durante l’epidemia Ebola voleva dire restarci, era come andare a morire ancora più in fretta e così sono stato curato in casa con medicine e stregoni locali fino a che la gamba invece di guarire si è deteriorata, stava andando in cancrena e … questo che vedi è il risultato dopo molti mesi di sofferenza!
Durante i giorni seguenti non riuscivo a togliermi Mustaphà dalla testa e la Provvidenza si è fatta presente un giorno che ero in ospedale per un ciclo di fisioterapia. Dopo la seduta, il mio medico mi ha chiesto se avevo 10 minuti per visitare il reparto adiacente di Ortopedia, specificatamente il laboratorio di costruzione protesi. Ma cosa vuoi di più dalla vita, Ricky!! Come il cacio sui maccheroni!!!
Torno a casa e ne parlo in Comunità che mi da tutto l’appoggio necessario. A farla breve dopo una settimana, ottenuti tutti i dovuti permessi legali della struttura penitenziaria, mi son portato Mustaphà nel laboratorio protesi ortopediche per la prima “misurazione” e rilevazione dei vari parametri dimensionali. Se la memoria non mi tradisce dopo meno di tre settimane Mustaphà è entrato in reparto con le stampelle e ne è uscito camminando sulle sue gambe.
La gioia quel giorno si poteva proprio toccare, quasi palpare! Mustaphà era quasi incredulo di poter abbandonare le stampelle, l’equipe di medici e tecnici di laboratorio erano orgogliosi ed ammirati per la confidenza e coraggio che il paziente dimostrava nella deambulazione, le due guardie carcerarie e l’incaricato principale del progetto prigioni del Don Bosco erano vistosamente contenti, e il sottoscritto … beh! vi lascio immaginare!
Un mattino di due settimane più tardi mi informano che qualcuno cercava di me in portineria. Scendo e mi trovo davanti ad un raggiante Mustaphà che aveva anche ottenuto la libertà dalla prigione.
Sì, era nella prima settimana del mese di Maggio. Un caso?
Personalmente non credo sia solo un caso. La nostra buona e potente Mamma Ausiliatrice interviene anche prima che glielo chiediamo, e anche per i suoi figli mussulmani come Mustaphà.