Quale tipo di economia per uno sviluppo felice? il 4/11 a Torino l’incontro pubblico con Johnny Dotti

Domenica 4 Novembre 2018, alle ore 10.00, si svolgerà a Torino presso l’Istituto Figlie Maria Ausiliatrice (p.za M. Ausiliatrice, 35) un incontro pubblico con Johnny Dotti,  imprenditore sociale, pedagogista e docente universitario presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica, sul tema “L’economia a servizio dei popoli. Quale economia produce lo sviluppo felice?”

L’iniziativa- a cura dell’Animazione Missionaria Salesiana in collaborazione con le Figlie di Maria Ausiliatrice – si colloca tra le proposte del Corso partenti 2018-2019 (per maggiori info, clicca qui) e nasce con l’intento di aprire un dibattito pubblico intorno ad un tematica che aggancia certamente una delle tematiche più urgenti di attualità con un interlocutore di spicco che, oltre ad assolvere i suoi quotidiani impegni di marito e padre, ha sposato un’idea imprenditoriale stimolante: l’impresa sociale. Johnny Dotti, infatti, è fondatore della Rete CGM, presidente e amministratore delegato di Welfare Italia Servizi srl, società dedicata allo sviluppo dei servizi per le famiglie. È anche amministratore unico di Welfare Italia Impresa Sociale.

Il welfare, la sua storia, il suo significato e il suo futuro, alla luce delle trasformazioni della società a cavallo tra due millenni, saranno i temi che verranno toccati nell’incontro pubblico di Domenica 4 Novembre: un’occasione speciale, attingendo dalla grande esperienza del Gruppo Cooperativo CGM Welfare Italia, nono al mondo per volume d’affari, nella persona del suo Presidente Johnny Dotti che ha guidato il passaggio di CGM da Consorzio di Consorzi a Gruppo Cooperativo costituito da 6 società di scopo, numerose partnership con aziende pubbliche e private, numerose partecipazioni in altre Aziende e Fondazioni; Dotti è anche tra i promotori di Banca Prossima, una delle firme di Communitas oltre che autore di numerosi interventi su riviste e giornali italiani.

CGM Welfare Italia nasce nel 1987 ed è un consorzio di consorzi intitolato a Gino Mattarelli: un omaggio di gratitudine a uno dei padri della cooperazione sociale, che gettò le basi per la costituzione del Consorzio e che purtroppo non arrivò a vedere la realizzazione del suo progetto.

Attraverso la condivisione di questa esperienza sarà possibile approcciarsi al tema dell’Impresa Sociale di Comunità, attraverso esempi concreti ed interessanti spunti di riflessione.

 

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INCONTRO APERTO AI GIOVANI DELL’MGS

 

149° Spedizione Missionaria Salesiana

Qui riportato l’articolo di Gian Francesco Romano, della redazione di Ans, sulla partenza della 149° Spedizione Missionaria Salesiana che si è svolta domenica 30 settembre presso la Basilica di Maria Ausiliatrice di Torino con al celebrazione di Don Ángel Fernández Artime.

(ANS – Torino) – “A nome di Don Bosco e nella memoria della prima spedizione missionaria, andate e annunciate ai giovani e ai poveri del mondo la gioia di Cristo risorto!”. Con queste parole e con le braccia stese per effondere la benedizione di Dio su di loro, Don Ángel Fernández Artime, X Successore di Don Bosco, ha inviato in tutto il mondo i 25 Salesiani e le 11 Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) della 149a Spedizione Missionaria Salesiana.

La celebrazione, realizzata ieri, domenica 30 settembre, nella Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, ha visto la partecipazione anche di Madre Yvonne Reungoat, Superiora Generale delle FMA, e di numerosi concelebranti: il Vicario del Rettor Maggiore, don Francesco Cereda; don Guillermo Basañes, Consigliere Generale per le Missioni; i Superiori partecipanti al Corso per Ispettori salesiani a metà mandato, insieme al Superiore della Circoscrizione Piemonte-Valle d’Aosta, don Enrico Stasi, e gli Ispettori di diverse circoscrizioni d’Europa che accoglieranno alcuni dei missionari.

149° Spedizione Missionaria – ITA

149° Spedizione Missionaria – ITA

Publiée par Agenzia Info Salesiana – Ans sur Dimanche 30 septembre 2018

Fantasia, creatività, coraggio apostolico, pazienza nell’attesa, entusiasmo nell’amore… Saranno questi alcuni dei tratti necessari ai missionari per essere tra i giovani, specialmente quelli più poveri, “segni e portatori di salvezza” – come è stato ben ricordato nella cerimonia di consegna del mandato missionario.

In precedenza, nell’omelia della solenne Eucaristia, Don Á.F. Artime si era costantemente richiamato alle lettura del giorno per indicare ai partenti la natura della loro missione. Dapprima ha ricordato loro di aver ricevuto “una parte” dello stesso spirito che fu di Don Bosco e di Madre Mazzarello. È proprio quello spirito, ha affermato, che li porterà non tanto a “fare, fare, fare…”, ma ad allargare ai giovani poveri di oggi l’abbraccio e la tenera umanità dei primi Salesiani e delle prime FMA.

Poi li ha anche esortati a non sentirsi “padroni” delle missioni, ma a servire, consapevoli di essere “il vertice di una piramide capovolta”. Fondamentale, in tal senso, sarà dunque l’ascolto, “per sentire Dio e il grido del suo popolo”.

Infine, sottolineando quanto sia significativa per il mondo la testimonianza di 149 spedizioni in 143 anni, Don Á.F. Artime, ha citato alcune massime di Don Bosco per rinnovare l’invito a dedicarsi in primo luogo ai più bisognosi: “siate missionari tenaci e coraggiosi dai piccoli e degli ultimi”, ha concluso.

Dei 25 salesiani missionari che hanno ricevuto il mandato ieri, cinque proseguiranno ora la loro formazione missionaria attraverso un corso offerto dall’Università Pontificia Salesiana, mentre gli altri, una volta espletate le formalità burocratiche, raggiungeranno subito le rispettive destinazioni.

Da parte loro le 11 FMA che hanno accolto il crocifisso missionario dalle mani di Madre Reungoat frequenteranno tutte assieme un programma di formazione missionaria che terminerà nel prossimo mese di giugno.

Chi prima, chi dopo, alla fine partiranno tutti e tutte ad “annunziare ai popoli il Vangelo della vita” per essere “per i giovani presenza paterna e materna di Gesù, che vuole per tutti vita abbondante”.

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“Stop tratta”: così i Salesiani contrastano la migrazione illegale dall’Africa

Si segnala la notizia pubblicata da La Stampa, in data 27 settembre 2018, a cura di Cristina Uguccioni, sul progetto mandato avanti dalla onlus torinese, Missioni Don Bosco, intitolato “Stop Tratta”: questo si propone di informare capillarmente chi intende emigrare dall’Africa sub-sahariana per ragioni economiche, dei gravi rischi che il viaggio comporta e offrire opportunità di lavoro a chi decide di restare in patria.
A seguire l’articolo.

«Siamo consapevoli che il nostro progetto sia una goccia nell’oceano ma se non ci fosse – come diceva madre Teresa di Calcutta – l’oceano avrebbe una goccia un meno. Noi non vogliamo far mancare la nostra goccia». Così dice a Vatican Insider Giampietro Pettenon, 53 anni, salesiano, presidente di Missioni don Bosco, la onlus torinese che sostiene i missionari salesiani nel mondo. La “goccia”, il progetto cui fa riferimento, è denominato Stop Tratta: si propone di informare capillarmente chi intende emigrare dall’Africa sub-sahariana per ragioni economiche dei gravi rischi che il viaggio comporta e offrire opportunità di lavoro a chi decide di restare in patria: «Il progetto è cominciato nell’autunno del 2015», racconta Pettenon: «Nel giugno di quell’anno Papa Francesco venne in visita a Torino e, incontrando la famiglia religiosa salesiana, parlò della “vocazione alla concretezza” dei figli e delle figlie di don Bosco. Inoltre, durante quella visita, manifestò le sue preoccupazioni per la sorte di migliaia di giovani che cercavano di raggiungere l’Europa rischiando la vita. Ci sentimmo interpellati da quelle parole e capimmo di dover agire per offrire alle giovani generazioni africane un’alternativa concreta e credibile all’emigrazione illegale. Così demmo vita a Stop Tratta chiedendo ai missionari salesiani presenti in Africa la disponibilità a portare avanti il progetto nelle loro zone di residenza: noi, in collaborazione con il Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo) li avremmo supportati economicamente fornendo anche consulenza e attrezzature».

La fase dell’informazione 

Il progetto, che ha durata quinquennale, coinvolge 14 opere salesiane in sei Paesi – Etiopia, Ghana, Senegal Mali, pettenonNigeria, Liberia – e prevede tre fasi. La prima, quasi sostanzialmente conclusa, è quella informativa: migliaia di giovani e di genitori – attraverso incontri nelle parrocchie, depliant, brevi video, programmi radiofonici promossi dai missionari – sono stati informati dei molti rischi cui i ragazzi sono esposti durante il viaggio verso l’Europa e le difficoltà che incontrano una volta giunti alla meta. «Nonostante i molti mezzi di informazione presenti anche in Africa, le persone spesso ignorano la pericolosità di questi viaggi», sottolinea Pettenon. «I ragazzi, appena giungono in Europa, telefonano alle famiglie senza raccontare i soprusi e le brutali violenze subite; ne provano vergogna. Nei villaggi si sa solo che ce l’hanno fatta: così molti decidono di seguirli. Inoltre in questi Paesi operano spregiudicate agenzie che offrono ai ragazzi viaggi “all inclusive”, presentandoli come viaggi sicuri e comodi. I prezzi sono piuttosto elevati e le famiglie si indebitano anche pesantemente pur di assicurare ai figli un futuro dignitoso. Noi spieghiamo ai genitori che queste proposte sono una truffa: quando lo scoprono iniziano a dissuadere i figli dal partire».

 

Le queen mothers del Ghana 

In questa opera di informazione i missionari salesiani hanno potuto contare sull’appoggio dei governi e delle autorità locali: «In Ghana si è rivelato prezioso anche l’aiuto delle queen mothers, le figure più autorevoli dei villaggi, cui tutti fanno riferimento: queste donne hanno dato la loro benedizione al progetto sollecitando le famiglie a prestare ascolto ai missionari».

 

La formazione 

Attualmente è in corso la seconda fase del progetto, quella formativa: prevede l’offerta di corsi professionali di breve durata (da uno a nove mesi): i missionari salesiani hanno individuato le figure professionali maggiormente richieste nel loro territorio in modo da avviare i corsi più adatti: dall’agricoltura all’allevamento, dall’idraulica alla meccanica, dalla sartoria all’informatica. «Tenuti da insegnanti ed educatori – prosegue Pettenon – i corsi sono circa mille e stimiamo possano coinvolgere complessivamente 18mila giovani e madri: in molti Paesi africani sono infatti le donne il vero punto di riferimento della famiglia, sono loro che, lavorando duramente, mantengono i figli. Ad esempio, in Etiopia un gruppo di signore ha seguito un corso di allevamento dei maiali che ora sono diventati “le banche delle famiglie”: una volta macellati e venduti, questi animali assicurano all’intero nucleo familiare il denaro necessario a vivere decorosamente».

 

Il lavoro, finalmente 

Conclusa la formazione – ed è la terza fase del progetto – i giovani e le donne si possono rivolgere ad alcune banche locali per ottenere il finanziamento necessario ad acquistare gli strumenti necessari ad avviare una piccola attività. In passato, dice Pettenon, i missionari salesiani avevano già promosso il microcredito, senza molto successo poiché spesso le persone – contando sulla benevolenza dei sacerdoti – non restituivano il prestito ricevuto impedendo quindi di assicurare questo sostegno economico ad altre famiglie. Così, nell’ambito del progetto Stop Tratta, si è voluto coinvolgere il sistema creditizio locale: sono le banche che, ricevuti dai salesiani i finanziamenti, provvedono a erogarli. «Sino ad oggi, grazie alla generosità dei nostri benefattori, molti giovani e donne hanno iniziato piccole attività: ci sono ragazzi che si dedicano alla raccolta e al commercio dei fichi d’India, altri che hanno costruito serre per la coltivazione di ortaggi, ci sono madri che hanno imparato a cucinare piccoli dolcetti che poi vendono nei mercati e ragazzi che lavorano come idraulici ed elettricisti nelle grandi città. In Ghana quattro giovani sono diventati mentor farmers: non solo hanno avviato una attività agricola ma offrono stages agli studenti dei nostri corsi professionali».

 

I migranti di ritorno 

Nel progetto Stop Tratta sono coinvolti anche migranti che tornano nella loro patria: «Tre giovani senegalesi, emigrati illegalmente in Italia alcuni anni fa, hanno seguito un corso professionale presso il centro d’accoglienza siciliano gestito dall’associazione salesiana Don Bosco 2000: sono diventati mediatori culturali e hanno iniziato a lavorare con noi salesiani», conclude Pettenon. «A loro abbiamo proposto di fare ritorno in Senegal e affiancare i missionari nella gestione dei corsi professionali, in qualità di educatori. Hanno accettato».

Harambee 2018 – dal 28 al 30 settembre a Valdocco

Dal 28 al 30 settembre si terrà a Valdocco il tradizionale appuntamento “missionario” dell’Harambèe.

Tema dell’incontro saranno le parole dell’Angelo ai pastori e a tutta l’umanità

“Vi annuncio una gioia grande” (Lc 2,10),

insieme con l’accorato invito di Papa Francesco nella EVANGELII GAUDIUM

“Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione!”

 

 

Programma:

  • Venerdì 28 settembre

    • ore 20:00 | Accoglienza e cena al sacco
    • ore 21:30 | Lectio biblica e fontane di luce
  • Sabato 29 settembre

    • ore 09:00 | Itinerario dei primi oratori a Torino, luoghi del primo annuncio
    • ore 13:00 | Pranzo
    • ore 15:30 | “Identità del primo annuncio e specifico salesiano” – don Stefano Mazzer SdB
    • ore 16:15 | Riflessione personale e lavoro di gruppo
    • ore 19:30 | Cena e animazione
    • ore 21:30 | Veglia di preghiera itinerante in Valdocco
    • ore 23:00 | Buonanotte
  • Domenica 30 settembre

    • ore 08:30 | Accoglienza in teatro
    • ore 09:00 | “Carità e primo annuncio con i migranti” – Agostino e Cinzia Sella
    • ore 10:30 | Presentazione dei Missionari partenti
    • ore 12:00 | Celebrazione eucaristica e mandato missionario
    • ore 13:30 | Pranzo

“Scelte politiche sbagliate, uso scellerato delle risorse naturali”: La crisi umanitaria del Venezuela

Un intenso programma a Valdocco (Torino) dei vescovi salesiani Jonny Eduardo Reyes e Pablo Gonzalez, invitati da Missioni Don Bosco il 18 e 19 settembre per dare testimonianza sulla drammatica situazione del Venezuela. Dopo il loro incontro con il Papa nella visita ad limina apostolorum, insieme con i confratelli della Conferenza episcopale venezuelana, hanno partecipato a due momenti pubblici: il primo, martedì a Maria Ausiliatrice per una celebrazione eucaristica, il secondo, mercoledì in Sala Sangalli per il convegno “RINVOLUZIONEVENEZUELA”.
La loro presenza ha dato un’occasione non trascurabile di visibilità anche alla piccola ma crescente comunità di Venezuelani emigrati negli ultimi anni in Piemonte a seguito dell’esodo, del quale peraltro si registrano solo pochi riscontri nei nostri media nazionali.

La crisi umanitaria del Venezuela «non è il frutto del caso o del destino avverso». E’ piuttosto il risultato di scelte politiche sbagliate e di un uso scellerato delle risorse naturali: «era una nazione ricca con prospettive di grande futuro, ma è stata impoverita fino all’estremo e adesso vive una situazione di miseria che peggiora di giorno in giorno e questo governo continua a negare tutto».

Queste le parole di monsignor Jonny Eduardo Reyes, vescovo di Puerto Ayacucho (Amazzonia), durente il suo intervento alla conferenza dal titoloRinvoluzione Venezuela, dal sogno bolivariano all’incubo della crisi”organizzata da Missioni don Bosco Valdocco onlus, a Torino.

Rivivi la diretta Facebook dell’evento

Rinvoluzione Venezuela: dal sogno bolivariano all’incubo della crisi

Mercoledì 19 settembre a #Valdoccohttps://news.missionidonbosco.org/rinvoluzione-venezuela-dal-sogno-bolivariano-allincubo-della-crisi

Publiée par Missioni Don Bosco ONLUS sur Mercredi 19 septembre 2018

La denuncia viene da monsignor Jonny Eduardo Reyes, vescovo di Puerto Ayacucho (Amazzonia), intervenuto ieri alla conferenza dal titolo Rinvoluzione Venezuela, dal sogno bolivariano all’incubo della crisi, organizzata da Missioni don Bosco Valdocco onlus, a Torino. Con monsignor Reyes, di ritorno da una visita apostolica dal Papa, anche mons. Pablo Gonzalez, vescovo di Guasdalito, che ha parlato della ferita profonda inflitta alla società venezuelana, costretta a vivere una quotidianità fatta di stenti, economia informale e laddove è possibile di emigrazione.

La popolazione venezuelana è letteralmente alla fame. Fa eccezione quel 15% che gode dei privilegi economici e delle protezioni politiche, e che sostiene senza riserve il governo in carica avendo anche il dominio degli organi di informazione. Due Venezuela, uno dei quali completamente al di fuori della realtà e insensibile alla sofferenza di milioni di persone. La manipolazione dell’opinione pubblica arriva al punto di negare l’esodo di massa (un decimo del 30 milioni di abitanti del Venezuela) verso i Paesi confinanti e da lì – chi può – verso nord America ed Europa.

«Il mercato nero – ha detto Gonzalez – la speculazione e il proliferare di attività economiche illegali sono diventate oggi la principale attività di chi è rimasto in Venezuela e per sopravvivere non può fare altro».

«Lo stipendio di un operaio equivale a circa un euro e 50 al mese, mentre una bottiglia d’acqua costa l’equivalente di 5 centesimi di euro; gli alimenti vengono rivenduti sul mercato nero e gli effetti sono simili a quelli di una guerra».

«La svalutazione della moneta e l’inflazione rendono carta straccia il bolivar, che ad oggi vale 0,014 euro».

Pur rimanendo strettamente sul terreno dell’azione pastorale, i vescovi venezuelani hanno dato conto di quel che vedono e delle iniziative solidali che hanno intrapreso con le loro comunità. Progetti che mirano al soccorso immediato di chi chiede aiuto alimentare (sono nate le “ollas solidales”, le pentole della fraternità: le parrocchie riescono una volta alla settimana a distribuire un pasto caldo) e all’informazione a chi è avviato all’emigrazione dal Paese. Monsignor Gonzalez e monsignor Reyes sono infatti letteralmente “vescovi di frontiera”: Colombia e Brasile sono a un passo dalle loro diocesi. L’uno, a Guasdalito, è affacciato verso le alture andine; l’altro, a Puerto Ayacucho, si trova nell’area di transito verso il cuore dell’Amazzonia. Le frontiere sono poco controllate dal governo di Caracas e in compenso soggette a un pericoloso miscuglio di corruzione delle guardie, di influenza del narcotraffico, di infiltrazioni della guerriglia e di attività di mercato nero. E poi c’è l’impatto devastante sulle piccole comunità di confine, che devono assorbire in poche settimane l’arrivo di un numero esuberante di profughi senza risorse, fra i quali si nascondono profittatori e provocatori. Per questo esiste anche una cooperazione fra diocesi venezuelane e diocesi colombiane e brasiliane.

Durante la celebrazione eucaristica, nell’omelia, monsignor Reyes ha tratto spunto dal vangelo per rimarcare la necessità di “camminare con gli occhi e con le orecchie aperti, per essere sensibili al bisogno degli altri”.  Per questa ragione, la Chiesa venezuelana deve essere “vicina alla gente, noi vescovi dobbiamo essere vicini al popolo”, come ha chiesto anche papa Francesco nell’incontro in Vaticano. Quel che si può fare oggi, con le risorse limitate e i con i freni imposti all’azione sociale, è “consolare” la gente, quella che rimane e quella in fuga.

“In certi casi non possiamo fare nulla, la situazione scappa dalle nostre mani. Possiamo solo ‘metterci nelle scarpe degli altri’ e provare a condividere il dolore”.

Reyes ha anche messo in luce le responsabilità internazionali: «va smontata l’ipocrisia internazionale sul Venezuela – ha denunciato – perché il petrolio, l’oro e i minerali nel Paese ci sono, stanno ancora lì, non sono spariti. Ma ci sono nazioni disposte a comprarli a bassissimo costo. Bisogna smascherare il gioco politico internazionale che continua a dare sostegno al regime dittatoriale di Maduro».
Le due superpotenze che sostengono e finanziano Maduro sono  Russia e Cina: con quest’ultima il presidente pare aver stretto nelle ultime settimane diversi accordi economici.

«Io vedo alcuni possibili scenari per il futuro – ha concluso monsignor Reyes – Oltre alla rassegnazione del popolo, molti dicono che questo governo arriverà ad autodistruggersi; altri ancora che sarà necessario un intervento militare esterno; il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin aveva posto quattro condizioni al governo, ma sono state tutte disattese. Quello che doveva essere un dialogo tra Chiesa cattolica e governo in realtà è saltato, non c’è mai stato».

 

 

 

Esperienza missionaria a Ciresoaia

Il “Corso Partenti” dell’Animazione Salesiana Missionaria ha offerto la possibilità ai partecipanti di svolgere un periodo in terra di missione durante l’estate appena trascorsa.

Così, una manciata di ragazzi, tre settimane di missione in Romania – ospiti a Ciresoaia, in Romania, dalle Suore della Provvidenza – e una moltitudine di emozioni diverse e uguali: qui l’importante è la voglia di fare, qui “la vita non è fatta di messaggi e foto condivise ma di sorrisi,  abbracci, strette di mano, pacche sulle spalle, sguardi e tutto ciò che porta non a costruirsi un mondo parallelo dietro a uno schermo ma a toccare il vero mondo che ci circonda, guardando le persone con cui parliamo negli occhi”, come racconta una delle partecipanti all’esperienza in Romania.

Il miglior racconto è proprio quello attraverso i loro occhi, i loro sorrisi, le loro tastiere e le loro emozioni, buona lettura!

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Le Testimonianze

Il 28 luglio sono partita per tre settimane di missione in Romania dove, con il gruppo missionario, abbiamo organizzato due campi estivi, uno a Ciresoaia e l’altro a Nicoresti, insieme agli animatori del posto. Siamo stati ospitati a Ciresoaia dalle Suore della Provvidenza, le quali ci hanno accompagnati per tutta la nostra permanenza. I due aspetti che mi hanno segnato di più sono stati vedere la povertà che caratterizza il paese, e la vita delle persone, e la capacità di quest’ultime di essere ospitali e dimostrare riconoscenza nei nostri confronti.
Le titubanze e i pensieri che potevo avere all’inizio sono stati eliminati sin dai primi giorni davanti alla semplicità della gente del posto e al grande affetto dei ragazzi e dei bambini: vederli ridere e giocare, nonostante la situazione in cui vive la maggior parte di loro, mi ha fatto riflettere e riconsiderare molte questioni personali. A fine missione mi sono portata a casa tanto affetto e il ricordo dei loro sorrisi e quanto è stato bello e istruttivo stare tutti insieme: la sfida più dura sarà quella di custodire il bagaglio di queste tre settimane e sfruttarlo al meglio nella vita di tutti i giorni.

Elena Gobbato "Mi ha fatto riflettere e riconsiderare molte questioni personali"

Questa è la frase che ho portato nel cuore fin dal primo giorno di missione e che mi ha accompagnato per 3 settimane scritta sulla mia maglietta. Mi ha ricordato, soprattutto nei momenti difficili, che se ero lì, proprio in Romania, proprio a Ciresoaia, ospite nella casa di quattro suore eccezionali, era perchè, in quel momento, avrei potuto fare del bene in quel posto e, nel mio piccolo, anche io sarei stata importante lì, così come i miei compagni di viaggio e tutte le persone che ho incontrato lo sono stati per me. Ho imparato l’importanza di mettersi al servizio con umiltà, senza la pretesa di cambiare le cose e ho visto quanto, nella sua semplicità, un sorriso possa essere importante. La prima cosa che ho notato è stata la forza delle relazioni umane, molto forti in un luogo dove la nostra tecnologia non ha ancora preso il sopravvento, la bellezza stava nel vedere i bambini uscire dalle case  solo per salutare le suore che passavano, rispondere ai “buongiorno” di persone incontrate per strada che neanche conoscevi e trovare dal mattino alla sera bimbi e ragazzi davanti al cancello della casa ad aspettare che uscissimo per giocare.
A Ciresoia ho sentito e visto la forte presenza di Dio che opera nei cuori di chi si avvicina alla casa di quelle 4 donne che ogni giorno, con semplicità e umiltà si mettono al servizio del paese ognuna secondo le proprie capacità, e che nel loro piccolo stanno portando avanti qualcosa di molto grande. In un posto dove l’importante non è avere un cellulare all’ultimo grido ma la voglia di fare, si impara che la vita non è fatta di messaggi e foto condivise ma di sorrisi,  abbracci, strette di mano, pacche sulle spalle, sguardi e tutto ciò che porta non a costruirsi un mondo parallelo dietro a uno schermo ma a toccare il vero mondo che ci circonda, guardando le persone con cui parliamo negli occhi.

Elena Giulioni"Dove tu mi vuoi, io andró"

Missione, esperienza che ti cambia la vita, esperienza che ti mette di fronte a te stesso, la quale ti insegna a conoscerti a fondo…Per me la missione è stata donarmi agli altri, ma anche donare a me stesso, perché ti mette di fronte a situazioni, momenti, persone che mai e poi mai avresti pensato. La missione è stato vedere quei ragazzi sorridere, vedere il loro cambiamento con te, il quale può anche essere solo portato dal prenderti per mano, al batterti il 5, ad un semplice sorriso… Quel sorriso che ti insegna a dare priorità ai piccoli gesti, i quali ti aprono un mondo, un mondo nuovo tutto da scoprire e da portare avanti all’interno della propria quotidianità…

Alessandro Bucco"Quel sorriso che ti insegna a dare priorità ai piccoli gesti"

Sono trascorsi diversi giorni dal nostro ritorno a casa, ma il cuore e i pensieri restano ancora lì, a Ciresoaia, dove siamo stati accolti con gioia dalle suore della Provvidenza e dai bambini, che affrontano, ogni singolo giorno, con il sorriso sulle labbra, nonostante le loro difficoltà e problemi. Ciresoaia è difficile da raccontare.
A primo impatto si associa subito la Romania agli zingari, a persone che rubano, alle storie che narrano del Conte Dracula…Di Ciresoaia mi spaventa il divario tra ricchi e poveri. Ma poveri che non possono permettersi il bagno in casa, l’acqua corrente, che hanno un solo vestito bello e lo usano per la messa della domenica. Il cortile della parrocchia e quello delle suore sembra un po’ un’isola felice, quel posto dove i bambini possono essere se stessi, quel posto dove possono finalmente essere bambini. Possono giocare, scherzare, essere sereni, cosa che fuori non tutti possono fare, perché molti lavorano, spaccano pietre, costruiscono tetti con i loro padri, badano ai fratelli più piccoli, costretti ad essere piccoli uomini e donne. Ammiro la loro forza di volontà, ammiro quanta voglia di vita hanno. Ammiro Sabina e quanti come lei hanno un sorriso infinito, Lenuța per il coraggio con cui affronta la vita, Ioana e Stephanie per l’amore con cui si donano e la determinazione con cui si mettono in gioco. Sfido chiunque a non rimanere colpito da tutto questo, ma ancora di più da quegli occhi che ogni giorno te li senti che ti attraversano. È vero che ci sono venuti incontro manifestando la propria diversità rispetto a noi, persino la lingua, i modi di fare e gli sguardi ci erano stranieri, ma non quella profondità di umanità che è stata ragione di incontro e di rispetto.
Dopo quasi un mese trascorso qui, per il secondo anno consecutivo, posso dire che di insegnamenti ne ho avuti tanti. Ho capito che, chi parte per incontrare la missione deve portare con sé il suo bagaglio di bene altrimenti vedrà solo buio, desolazione e povertà. Ma se gli occhi custodiscono il bene allora non sarà difficile cogliere gesti di solidarietà, parole intrise di ospitalità e l’attesa, tanta, intensa, generosa di amicizia e di fraternità. La missione porta alla luce tutto ciò che è bene e gli dà un nome, una storia, un presente ed un futuro, una consistenza capace di interrogare e, molto spesso, convertire la vita. In missione chi mi parla di vita è proprio chi mi accoglie ogni giorno, a loro fai tante domande che nascono spontanee ma che troveranno risposta, lentamente e rispettosamente. Sarà il sorriso, la stretta di mano, la fronte corrucciata nell’ascolto, l’emozione del momento, il gesto del saluto, la fatica del cammino a rendere ragione di ogni risposta. Credo che Il segreto sia proprio in quella quantità di amore alla vita che riversiamo ogni mattina nel cesto delle nostre azioni. Ho capito che “Attenzione” non è “pena”, è condividere le cose positive e quelle negative. È vivere insieme.  È sentirle un po’ tue, esserne quasi un po’ responsabili.  Ho capito che non è tanto il “fare molto”, ma il “come andare” che fa la differenza, questo mi ha aiutato a vedere Dio ovunque, Bisogna vivere un po’ così, Ringraziando per quello che abbiamo, senza dare per scontato niente. Credo nella bellezza. Nella bellezza di fare il bene e di farlo bene. Perché forse siamo piccolissimi e non possiamo cambiare le cose da soli, ma insieme è diverso.

Daniela Cerreta"Una consistenza capace di interrogare e, molto spesso, convertire la vita"

Sono partita per la Romania volendo essere testimone ad altri ragazzi delle mie scelte. Riparto per Torino con il cuore pieno delle loro testimonianze di vita, dei loro sorrisi in cui ho scoperto il volto di Gesù, dei loro piccoli grandi gesti spontanei di carità fraterna. Sono tornata a casa con la consapevolezza dell’amore ricevuto e con l’impegno di ridonarlo a chi incontrerò nel mio cammino. Il Signore passa innumerevoli volte nella nostra strada: a noi il compito di notarlo e fare di questo incontro il senso della nostra vita.

Martina Morabito"Sorrisi in cui ho scoperto il volto di Gesù"

Per le vocazioni religiose alla vita salesiana: intenzione missionaria Luglio 2018

Intenzione Missionaria Salesiana di Giugno 2018, per tutti i Salesiani, perché siano sempre e dovunque uomini di Chiesa e di unità.

INTENZIONE MISSIONARIA SALESIANA
ALLA LUCE DELL’INTENZIONE DI PREGHIERA DEL SANTO PADRE
Perché il Signore della messe
invii abbondanti e sante vocazioni di salesiani
coadiutori e sacerdoti al servizio della gioventù.
Per le vocazioni religiose
alla vita salesiana

N. 114 – giugno 2018
Bollettino di Animazione Missionaria Salesiana
Pubblicazione del Settore per le Missioni per le Comunità Salesiane e gli amici delle missioni Salesiane

Dalla basilica del Sacro Cuore di Gesù, costruita dal nostro caro padre Don Bosco, vi saluto, affidando tutti i nostri missionari a questo Amatissimo Cuore!

Il mese missionario straordinario – ottobre 2019 – ci porta a scoprire nuove luci e slancio dalla Lettera Apostolica Maximum Illud di Papa Benedetto XV, di cui si celebrerà il centenario.

Gesù Cristo è chiaramente al centro di questa Lettera Apostolica. Questo, da Salesiani di Don Bosco, ci rimanda con forza e con lucidità all’articolo 11 delle nostre Costituzioni: “lo spirito salesiano trova il suo modello e la sua sorgente nel cuore stesso di Cristo, apostolo del Padre”. E in particolare a due dei lineamenti – forse tra i più missionari – della figura del Signore a cui siamo più sensibili nella lettura del Vangelo, cioè: “la sollecitudine nel predicare, guarire, salvare sotto l’urgenza del Regno che viene e il desiderio di radunare i discepoli nell’unità della comunione fraterna”.

È, infatti, molto incoraggiante il percorrere tutta questa Lettera di Papa Benedetto XV sotto lo sguardo di questo nostro articolo fondante.
Buon mese missionario del Sacro Cuore di Gesù!

D. Guillermo Basanes, SDB
Consigliere per le missioni

Brasile Sao Paulo: 1050 missionari per la settimana missionaria

Condividiamo alcune belle notizie dall’America missionaria. In particolare la feconda settimana missionaria dell’Ispettoria di Sao Paulo (Brasile). P.
Tiago Eliomar ha condiviso alcune informazioni di quella settimana. Sono giovani e adolescenti del GAM (Gruppo d’Azione Missionaria) che coinvolge giovani delle scuole, università e parrocchie dell’Ispettoria. Ogni anno organizzano a livello ispettoriale la Settimana Missionaria,
che offre a tutta la Pastorale Giovanile un colore missionario. Certamente queste attività missionarie non si riducono soltanto all’evento di una settimana, ma a processi formativi missionari nelle diverse comunità educative e a risposte differen ziate secondo la maturità. Per esempio, all’interno di questa animazione missionaria alcuni giovani sono inviati come volontari missionari salesiani presso altri paesi per un anno. Questa dinamica missionaria si è rivelata molto feconda nella pastorale giovanile e vocazionale. Frutto dello spirito missionario e di queste iniziative pastorali, nell’Ispettoria saranno ordinati, quest’anno, 6 sacerdoti e 2 confratelli coadiutori emetteranno i loro voti perpetui.

Ecco alcuni numeri interessanti: Dal 14 al 22 di Luglio
* 1050 missionari parteciperanno (sì, mille cinquanta!) in
* 25 comunità (8 parrocchie),
* 7 città: Votuporanga, Cananeia, Guapiara, Cajuru, Aguaí, Charqueada, Piranguçu.
* 18 sacerdoti salesiani,
* 55 salesiani in formazione o aspiranti

Altre informazioni missionarie che arrivano dall’America
 Il prossimo Congresso Americano Missionario (CAM 5): sarà realizzato in Bolivia, Santa Cruz dal 10 al 14 lu glio, e si prevede la partecipazione di più di 5000 delegati. Molti dei DIAM d’America parteciperanno.
 Si sta preparando l’ Incontro Salesiano Pan amazonico: “Il Sinodo ci interpella” che coinvolge le ispettorie che hanno missioni nell’Amazonia. L’incontro sarà a Manaus, dall’1 al 4 novembre. Sarà un’occasione prezio sa per raccogliere il patrimonio pastorale, scientifico, pedagogico e testimoniale di più di un secolo di pre senza salesiana; per leggere la situazione attuale sociale, economico-politica, ecclesiale e salesiana della Regione; e per proporre strade per il futuro. I missionari e gli agenti pastorali indigeni prepareranno alcune
proposte per il Sinodo Pan Amazonico del 2019.

“Essere missionario è regalo del cielo”

Sono nato a Madrid nel 1930, in una fervente famiglia cristiana. Nella quaresima del 1945 ho trovato un libro intitolato “Volontari”. Erano racconti missionari e alcune pagine di spiegazione sulla vocazione. Ho iniziato a leggere il libro per curiosità e subito ne sono rimasto affascinato.

Mi si aprirono orizzonti insospettati, pieni di fascino, e ho scoperto il valore della vita offerta per seguire Gesù e diffondere il suo Vangelo. Dopo ciò, frequentando la cappella della scuola e in ginocchio vicino al Tabernacolo, pensavo a quando Gesù disse agli apostoli: “Vieni e seguimi”, e anche a quando san Francesco Saverio morì, all’età di 43 anni, dopo aver predicato il Vangelo.

Nel noviziato ho scritto la mia domanda per andare in missione. Il giorno dopo la mia Pro- fessione Religiosa, l’Ispettore ha letto i nomi di quelli inviati alle Missioni. Dei 63 neo-professi, 32 andarono in Sud America. Il mio nome non era tra questi. Ero triste, ma l’Ispettore ha detto: “E quest’anno, quattro dei neo-professi andranno in Giappone” e lesse i nomi. Il terzo nome era il mio. Ero stordito. Quando lasciai la sala da pranzo, andai dritto in cappella e iniziai a piangere d’emozione.

Sono arrivato in Giappone nel gennaio 1950. L’obbedienza mi ha poi mandato in Corea, dove sono arrivato il venerdì 30 marzo 1962 per aiutare come vice-parroco nella periferia di Seoul, nella parrocchia di San Giovanni Bosco. Quel pomeriggio i cristiani fecero la Via Crucis. Uomini in ginocchio sul pavimento di legno a destra, donne a sinistra, lasciando un corridoio nel centro della chiesa. Dopo la Via Crucis, molte persone sono rimaste in chiesa per le preghiere della notte. La mattina successiva, dopo la messa, molte persone hanno continuato a pregare e abbiamo meditato con loro, seduti sul pavimento.

I primi giorni furono difficili, ma pian piano mi resi conto che tutto era stato un regalo dal Cielo. I cristiani ci davano un esempio di preghiera nella chiesa, stando seduti sul pavimento vicino al tabernacolo. E ci hanno anche aiutato a vivere condividendo nella povertà, con pazienza, speranza e gioia. Loro ci hanno amato molto. Una delle grandi sfide che ho incontrato è stata la lingua. Avevo già imparato il giapponese e ora dovevo iniziare con il coreano, che era più complesso. Un’altra sfida è che al momento i cattolici sono solo il 10% della popolazione.
Inoltre, fa male vedere, ancora, la Corea divisa in due nazioni separate.

Le più grandi gioie che ho sperimentato sono state i battesimi dei catecumeni e le professioni religiose dei novizi.
Altro motivo di gioia è vedere che la Corea era una nazione molto povera, e ora, grazie al lavoro e all’organizzazione che i coreani hanno nella loro cultura, è, invece, una nazione dove regna l’ordine, il progresso e uno standard di vita dignitoso, e ognuno ha la mentalità di condividere le ricchezze aiutando le altre nazioni più povere.

Ai giovani che desiderano offrire se stessi per essere missionari, ricordo loro che alla base della nostra vita di preghiera personale, della vita gioiosa in Comunità e di tutte le nostre attività, è l’Amore di Gesù, veramente presente nella Santissima Eucaristia. Dobbiamo visitare il Santissimo Sacramento ogni giorno. Inoltre, con gratitudine, coltiviamo la devozione alla Vergine e preghiamo il Rosario, come ci insegna Don Bosco.

Cerchiamo di vivere con cuore aperto sempre ai buoni esempi e alle lezioni degli altri, in particolare dei poveri.
Una volta un povero, che si chiamava Matteo ed era un vecchio cristiano, mi chiese su come avrei fatto per riassumere il Vangelo in poche parole. Ho subito iniziato a spiegare, riassumendo alcuni elementi essenziali. Il buon Matteo mi ascoltò con pazienza finché alla fine disse: “Non ti pare che sei stato un po’ ‘lungo? E io gli dissi: “Bene, allora, come lo spieghi in meno parole? E Matteo disse: “Per me il Vangelo è questo: “Se qualcuno ti schiaffeggia sulla guancia destra, presentagli la sinistra “.

José María Blanco,
missionario spagnolo in Corea

Testimonianza di santità missionaria salesiana
Don Pierluigi Cameroni SDB, Postulatore Generale per le Cause dei Santi

Il Beato Zeffirino Namuncurà (1886-1905) incarnò in sé le sofferenze, le angosce e le aspirazioni della sua gente Mapuce, quella stessa gente che nell’arco degli anni della sua adolescenza ha incontrato il Vangelo e si è aperta al dono della fede sotto la guida di saggi educatori salesiani. C’è un’espressione che raccoglie tutto il suo programma di vita: “Voglio studiare per essere utile al mio popolo”. Infatti Zeffirino voleva studiare, essere sacerdote e ritornare alla sua gente per contribuire alla crescita culturale e spirituale del suo popolo, come aveva visto fare dai primi missionari salesiani.

Intenzione Missionaria Salesiana
Affinché le reti sociali favoriscano la solidarietà e il rispetto dell’altro nella sua differenza.

Perché le presenze salesiane siano “case” dove ognuno si senta accolto e rispettato nella sua originalità e dove si possa scoprire la gioia della Buona Novella.

Ogni volta di più le nostre presenze si trovano in contesti plurali dal ponto di vista sociale, culturale e religioso. La nostra missione ci spinge, anche mediante le Tecniche delle Informazioni (TI) e le Reti Sociali, a una rispettosa accoglienza a una gioiosa testimonianza e annuncio della Buona Novella.

Missioni 2018: “Perchè io no?”

“Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sè stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare”.
(Evangelii Gaudium, 273)

Queste le parole di Papa Francesco che hanno ispirato due importanti appuntamenti per l’Animazione Missionaria del Piemonte e Valle d’Aosta, che si sono tenuti a Valdocco nel corso di Sabato 21 Aprile 2018: la Consulta di Animazione Missionaria e l’assegnazione del Mandato Missionariocon la preghiera per la pace, per i ragazzi che partono e perché il Signore ci mantenga sempre dentro la verità di quanto ci dice papa Francesco“, come sottolinea Sr Carmela Busia, delegata di Animazione Missionaria delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che, insieme a Don Enrico Lupano, delegato dei Salesiani dello stesso settore, hanno coordinato e seguito i ragazzi che hanno aderito al percorso missionario.

Durante la mattinata di sabato, nel corso della Consulta di Animazione Missionaria, sono emersi alcuni dettagli circa l’organizzazione della mostra missionaria di ottobre 2018 e il corso partenti con alcune proposte ed ipotesi per l’anno venturo.

Verso il calar della sera, i ragazzi si sono riuniti nella sede delle Figlie di Maria Ausiliatrice, adiacente la Basilica, per un momento conviviale insieme ai ragazzi partecipanti al corso laboratoriale “Anima MGS”. Qui hanno assistito alla testimonianza di un professionista giocoliere che, negli anni Novanta, ai tempi della guerra in Bosnia, scelse di impegnarsi come volontario in un paese piegato dalle divisioni etniche, sociali, politiche dove molte vite umane andarono perse.

Successivamente, i partenti missionari con i genitori, i partiti degli scorsi anni e gli amici hanno partecipato alla Santa Messa presieduta dall’Ispettore, don Enrico STASI, in Basilica Maria Ausiliatrice con il mandato missionario e il suggerimento finale rappresentato dalla domanda Perchè io no?. Come ha sollecitato don Enrico Lupano: “Ognuno di noi, non solo ha una missione da compiere, ma è una missione su questa terra: l’annuncio del Vangelo porta in se´una missione di vita … e questa missione richiede coraggio, audacia e fantasia!“, tutte virtù che si possono incontrare negli occhi dei tanti ragazzi incontrati in questa occasione.

 

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