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Cagliero 11 – “Per le organizzazioni di volontariato” – Dicembre 2022

Si allega di seguito il  Cagliero 11 n°168 con l’intenzione missionaria salesiana del mese di Dicembre 2022.

Intenzione Missionaria Salesiana, alla luce dell’intenzione di preghiera del Santo Padre.

Preghiamo perché le organizzazioni di volontariato e proozione umana trovino persone desiderose di imoegnarsi per il bene comune e cerchino strade sempre nuove di collaborazione a livello internazionale.

Per i volontari missionari salesiani attuali e gli ex-volontari in Messico.

Vi mando un saluto fraterno con il desiderio e l’impegno di vedere rafforzata la nostra identità carismatica all’interno della Chiesa con un’azione efficace tra i più bisognosi.

Per quest’anno abbiamo sviluppato la proposta Settore per le Missioni “Comunicare Cristo Oggi” attraverso le reti sociali: la riattivazione di una missione che deve iniziare da ciascuno, nella sua famiglia e nella società. In unione con il messaggio che papa Francesco ci ha dato “affinché siate miei testimoni” nell’annuncio del Vangelo.

All’inizio di dicembre, mese in cui celebriamo la nascita del Salvatore, vorrei invitare tutti noi che condividiamo la missione come Famiglia Salesiana a continuare a impegnarci per la trasformazione di una società più giusta, più fraterna, più evangelizzata.

Don Hernán Darío Carmona López, SDB, Coordinatore Regionale per l’Animazione Missionaria, Regione lnteramerica

Buonanotte Missionaria Dicembre 2022 – Giacomo Comino

La Buonanotte Missionaria: un’esperienza concreta in terra di missione per riflettere!

Per questo mese di dicembre, l’esperienza di Giacomo Comino, coadiutore salesiano missionario da oltre 50 anni, prima in Corea e poi in Sudan dove vive. Un buon esempio missionario di speranza e fiducia in Dio anche nelle situazioni più difficili.

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Sono Giacomo Comino, ma ormai quasi tutti mi chiamano Jim, e sono un salesiano coadiutore, missionario da oltre 50 anni. Da più di 25 anni lavoro in Sudan a stretto contatto con la popolazione martoriata dalla guerra civile. In questo contesto così complesso stiamo portando avanti un progetto molto impegnativo, eppure sono un uomo pieno di speranza, colmo di fiducia nella Provvidenza di Dio

La mia vocazione salesiana come coadiutore è nata che avevo 16 anni, quando il mio catechista mi chiese: “Cosa farai il prossimo anno, ora che hai finito la scuola superiore?” Gli risposi titubante che avrei voluto diventare salesiano, ma non ne ero sicuro… Lui allora mi disse: “Vai al noviziato, il Signore ti ispirerà!”. Avevo solo 17 anni quando diventai salesiano.
Finito i corsi di formazione salesiana e tecnica, il catechista mi chiese: “Cosa farai il prossimo anno? Perché non fai domanda per andare in missione?” Io non ci avevo mai pensato seriamente, ma feci la domanda per le missioni. Dopo due mesi, il superiore delle missioni mi manda a chiamare e mi dice: “Stiamo iniziando una nuova missione in Corea e andrai in Corea”.
Avevo solo 21 anni quando arrivai in Corea. Mi impegnai da subito con i ragazzi dell’oratorio e loro furono l’aiuto più prezioso per imparare la lingua e ambientarmi in questa nuova missione. La Corea fu il mio primo amore.
Dopo 30 anni di vita missionaria, il superiore delle missioni mi chiese di andare per 2-3 anni in Sudan dove stavano iniziando una nuova missione. Arrivato, la prima cosa che feci, fu visitare il campo profughi. Rimasi scioccato da questa esperienza e dopo tre anni, quando potevo di nuovo finalmente tornare in Corea, che ancora portavo nel cuore, mi sono detto: “La Corea ormai va avanti da sola, mentre qui in Sudan manca tutto, la gente muore di fame e di malattie. “Cara Madonna, starò in Sudan finché tu vorrai…ma mi devi aiutare altrimenti me ne vado…”. Sono passati più di 25 anni, ho passato dei momenti difficili, ma la Madonna mi è sempre stata accanto… si vede che il Signore vuole che lavori ancora per i bambini più poveri.”

Come accennavo all’inizio, fino al 2011 il Sudan è stato straziato da una feroce guerra civile tra il nord in prevalenza musulmano e il sud cristiano. I 22 anni di conflitti hanno portato a 2 milioni di morti, soprattutto del sud, e 4 milioni di profughi. Nel nord noi salesiani ci siamo occupati dei profughi, cercando di dare un’educazione ai più giovani. Con il tempo però la situazione generale non è migliorata: prima c’era speranza, oggi la gente è disorientata e anche noi missionari ci chiediamo: “che cosa è capitato?”. La gente vive male, con difficoltà economiche; mancano tutte le infrastrutture, non c’è sviluppo in campo agricolo, né medico… “I’m hungry”, “ho fame”, “non ho mangiato nulla”. Si accontentano anche di un pezzo di pane o di un biscotto che condividono con i loro amici.

Un’altra sfida pressante è quella educativa. Il 70% dei bambini non va a scuola. Oltre all’istruzione fondamentale, il nostro compito è quello di educare questi ragazzi alla pace, perché qui come in Kenya, dove la scuola tecnica Don Bosco di Marsabit risulta essere l’unica scuola professionale in grado di aiutare i ragazzi cristiani e musulmani a imparare un mestiere e costruire un futuro migliore, le lotte tribali sacrificano ancora ogni giorno vite innocenti, anche di bambini. Spieghiamo loro che non basta cantare e pregare per ore durante la messa. Se non perdonano anche i loro nemici non sono cristiani, perché Gesù ha perdonato chi l’aveva messo in croce.

Negli ultimi mesi la situazione si è aggravata perché è da oltre sei mesi che non piove. La scarsità d’acqua è gravissima: a perire non sono solo gli animali, ma in diversi comuni sono morte anche delle persone.
Abbiamo chiesto ai nostri studenti di unirsi a noi nella preghiera affidandoci a Maria per poter trovare acqua. Lei ci ha assistito. Dopo 500 metri di scavo di un pozzo, quando ormai le speranze stavano per svanire, la Madonna ha fatto il miracolo: abbiamo trovato acqua abbondante e potabile. L’abbiamo chiamata “Acqua miracolosa della Madonna”.

Nelle fatiche quotidiane noi salesiani ci siamo sempre affidati a Maria Ausiliatrice. Soprattutto chi opera a stretto contatto con i giovani non deve mai perdere la speranza e la fiducia in Dio, perché lui è sempre con noi

Pregate per noi, come noi preghiamo per voi, perché la preghiera è la prima forma di comunione e vicinanza.

Giacomo Comino

Cagliero 11 – “Per i bambini che soffrono” – Novembre 2022

Si allega di seguito il  Cagliero 11 n°167 con l’intenzione missionaria salesiana del mese di Novembre 2022.

Intenzione Missionaria Salesiana, alla luce dell’intenzione di preghiera del Santo Padre.

Preghiamo perché i bambini che soffrono – quelli che vivono in strada, le vittime delle guerre, gli orfani – possano avere accesso all’educazione e possano riscoprire l’affetto di una famiglia.

Per alleviare le sofferenze dei bambini poveri senza casa e degli orfani di Haiti.

Ciao a tutti,

In questo mese in cui ricordiamo i missionari salesiani, irradiatori del carisma di Don Bosco in tutto il mondo, ci fermiamo a riflettere sul tema della sofferenza dei più piccoli. Nella nostra società globalizzata dobbiamo riconoscere che la “cultura dello scarto” ormai dilaga sempre più e gli effetti sono devastanti. Come cristiani, siamo chiamati a vincere l’indifferenza e a testimoniare che il Vangelo è una buona notizia di Gioia e non lascia spazio alla tristezza.
Quest’estate in Venezuela ho apprezzato molto il sorriso e l’accoglienza della gente povera del barrio, pronta a farti entrare nelle loro umili case senza dover nascondere i disagi quotidiani e le umili condizioni di vita. Ho sperimentato che per alleviare la sofferenza è sì necessario impegnarsi in opere sociali, garantire i diritti fondamentali, educare i giovani, ma, insieme a tutte le cose, occorre fermarsi e condividere il proprio tempo con chi ci sta vicino.
Siamo capaci di “perdere tempo” per farci prossimi e ascoltare chi soffre senza cadere nell’efficientismo di chi vuole risolver tutti i problemi degli altri? Con questo dubbio, vi auguro una buona lettura del Cagliero11.
Marco Fulgaro, Membro laico del Settore per le Missioni Salesiane

Buonanotte Missionaria Novembre 2022 – Paolo Vaschetto

La Buonanotte Missionaria: un’esperienza concreta in terra di missione per riflettere!

La buonanotte missionaria di questo mese è condivisa dal sig. Paolo Vaschetto, originario dell’oratorio di Bra, missionario in Nigeria e Ghana dal 2001 al 2018 e rientrato a Roma per proseguire i suoi studi a servizio della Congregazione salesiana.

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Due idee sulle missioni

Mi chiamo Paolo Vaschetto e sono un salesiano coadiutore. Ho 53 anni e, al momento, sto conseguendo un Dottorato in Storia della Chiesa all’Università Gregoriana in Roma. Uno studente “un po’ maturo”, con un buon traguardo a portata di mano che mi permette di riqualificarmi e di ripensare in un’altra ottica la mia esperienza pastorale in terra di missione.

Sono stato in terra di missione e precisamente in Nigeria e Ghana dal 2001 al 2018. La mia disponibilità missionaria non è stato frutto di un fulmine a ciel sereno, ma di una riflessione portata avanti nei primi anni di formazione, di un’entusiasmo per la missione che mi sono sempre portato dietro, di una curiosità e voglia di stupirmi e di meravigliarmi che mi è propria… ho affiancato al lavoro in oratorio il servizio dell’amministrazione economica delle case in cui ero, ad Akure in Nigeria (2001-2006) e a Sunyani in Ghana (2006-2011). Quando sono stato assegnato alla casa di post-noviziato a Ibadan in Nigeria (2011-2018) ho aggiunto ai miei “soliti” incarichi anche l’insegnamento di alcune materie nell’ambito della storia e pedagogia salesiana e un progetto di recupero per ragazzi di strada.

Vorrei condividere con voi uno stralcio delle memorie che sto scrivendo quando sono ispirato e libero da altri impegni. Questo è un resoconto del primo impatto con la Nigeria (ottobre 2001). Spero si colgano tanti sentimenti contrapposti che facciano sorridere ma anche pensare…

“Non ricordo problemi particolari di visto nel primo viaggio, ma dal ritiro dei bagagli in poi potrei fare una cronaca minuto per minuto. Il ricordo si fa vivo dall’apertura della porta per uscire dall’aeroporto, una sensazione di tuffo nel vuoto che è indimenticabile. Nell’aeroporto la temperatura era simile a quella dell’aereo e non avevo riscontrato differenze, ma giunto a quella porta, ebbene sì, la differenza era enorme. Una “ventata” mi era arrivata come un assaggio da un passeggero che mi precedeva e per qualche secondo ero rimasto interdetto. È questo il caldo che si respira fuori? Riuscirò a trascinarmi i miei quaranta chili di bagaglio in quell’atmosfera surriscaldata? Quando poi la porta si apre e mi butto fuori tutto diventa vorticoso.

Una marea di persone mi circonda, con un fare non so se minaccioso o di benvenuto, cercando di contendersi il mio bagaglio che difendo a spada tratta. Altri, vedendomi con le mani impegnate sulle maniglie, mi sventolano sotto il naso mazzette incredibili e mai viste prima di soldi nigeriani (naira) e di dollari urlandomi nelle orecchie frasi poco intellegibili ma che contengono parole tipo “Dola”, “Cheng” “Yello”… ma dov’ero capitato? Dopo alcuni attimi probabilmente brevi, ma che mi erano sembrati eterni, vedo un uomo barbuto con una tonaca bianca che si avvicina con fare minaccioso e che si impone su tutti. Era don Matteo che mi aveva individuato in mezzo a quella folla e che mi mostrava subito come ci si deve comportare in una situazione del genere. La migliore difesa è l’attacco, anche perché, da un Europeo, è una reazione che prende in contropiede, fa scattare l’ilarità e quella che prima sembrava una situazione tesa diventa piacevole per tutti, anche per chi si sentiva a disagio.

In un attimo rimaniamo soli, io e don Matteo (che in quel caso si era comportato più da Terence Hill…). Con calma ci avviciniamo a un veicolo mai provato prima e che mi avrebbe accompagnato per migliaia di chilometri, il mitico pick-up diesel, un po’ trattore agricolo e un po’ carrarmato. Anche la tonaca bianca da missionario viene accantonata (scoprirò che in certi frangenti era una specie di lasciapassare) e sudando sette camicie ci buttiamo nel mezzo del traffico serale diretti ad una misteriosa Victoria Island di cui sinceramente non avevo mai sentito parlare prima.

Don Matteo aveva uno stile di guida inusuale, almeno secondo i miei standard precedenti, ma tra incidenti sfiorati all’ultimo istante, pulmini stracarichi all’inverosimile di cose e persone, buio pesto, fumo acre, rumori assordanti di motori e vociare di persone arriviamo nella casa accogliente di una famiglia italiana. Mai avrei pensato che quel primo shock sarebbe poi diventato ordinaria amministrazione. Vivere in Nigeria, me ne sarei reso conto abbastanza presto, è vivere pericolosamente, ma dopo la grande corsa o avventura si approda sempre a un porto sicuro. La gente si prende cura di te, in semplicità si condivide quello che si ha e ci si prepara per il giorno dopo. Lo stereotipo della gazzella e del leone l’ho provato su di me… e tanto stereotipo non è…”

Un altro racconto che mi piace condividere è quello della magia di tre anni (2015-2018) passati nell’ideare, cercare i fondi per e infine costruire e impostare un progetto per ragazzi di strada. Ho ereditato quest’idea prendendomi cura di una dozzina di ragazzi che, presi dalla strada e alloggiati in casa d’affitto, seguivamo nei loro studi e nella loro crescita umana e professionale (di quel gruppo, ormai ragazzi quasi di 30 anni, abbiamo avuto buoni risultati: qualcuno ha messo su famiglia e quasi tutti fanno un lavoro onesto).

Il mio dubbio era: nel post-noviziato non ci starebbe bene una casa con ragazzi di strada? Non sarebbe più significativo per i giovani confratelli studiare con accanto a sé i veri ragazzi poveri e abbandonati? La Provvidenza ha assistito abbondantemente questo sogno e in meno di due anni abbiamo costruito una casa che può accogliere fino a 40 ragazzi con un programma serio di recupero e di reinserimento in famiglie che possano accompagnare una crescita equilibrata di questi giovani in difficoltà. Quando ho lasciato il progetto in buone mani nell’ottobre del 2018, erano già 15 i ragazzi che, “rimessi a posto”, erano tornati in famiglia dopo almeno un anno con noi… la storia continua e il bene non si ferma! E ora, a cosa mi chiama l’obbedienza?

Con il Dottorato in Storia della Chiesa e con un “focus” speciale sulla storia di don Bosco mi metto a disposizione della Congregazione per un lavoro più di riflessione che di attività frenetica e un po’ logorante sul fronte della Missione. Non potevo più permettermi certi ritmi di lavoro e ho avuto la possibilità di tornare su una delle mie passioni che non ho mai abbandonato, cioè la Storia, soprattutto l’insegnamento.

Con la grande esperienza che ho vissuto spero di fare una sintesi di studio che non sia astratta e vaga, ma significativa perché intrisa di passione e di esperienze concrete….

Non è e non sarà facile: devo proprio affidarmi al vostro ricordo nella preghiera perché questo sogno si possa realizzare in pieno!

Paolo Vaschetto

Buonanotte Missionaria Ottobre 2022 – Cosimo Cossu

La Buonanotte Missionaria: un’esperienza concreta in terra di missione per riflettere!

Per questo mese di ottobre, l’esperienza di Cosimo Cossu, coadiutore salesiano missionario per 20 anni in Ecuador, dove ha potuto condividere gli ultimi tre anni della vita di suor Maria Troncatti, poi destinato per 26 anni come guida delle catacombe a Roma e ora a Torino con la comunità generalizia. Un esempio prezioso di slancio missionario vissuto con ardore dove lo Spirito conduce.

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Un caro saluto a ciascuno,

sono Cosimo Cossu, salesiano coadiutore. Ho 83 anni e da giovane ho studiato presso i salesiani di Cumiana. Affascinato dalla vita salesiana, dopo il noviziato a Monte Oliveto, ho fatto la mia prima professione religiosa nella basilica di Maria Ausiliatrice nel 1959. Sentivo fortemente di ricevere un dono non meritato, perché venivo da un paesino sperduto dalla Sardegna a studiare in Piemonte e questa era già una grazia superiore a tutte le mie aspettative.

Durante gli anni di magistero, matura in me il pensiero della vocazione missionaria. Nel novembre 1962 sono partito da Genova per l’Equador dove per 20 anni ho prestato il mio servizio come buon salesiano (o almeno ci provavo), assistente, insegnante di materie tecniche… Tuttavia, dopo tre anni di insegnamento, dissi all’allora ispettore sardo dell’Equador, don Aurelio Pischedda: “mi avete fatto venire qui per fare l’insegnante, cosa che potevo fare anche in Italia.. io voglio andare nella foresta, con i veri missionari”. Lui mi rispose: “Volentieri!” Destinazione Sucua, in piena foresta. Se uno avesse voluto andarci a cavallo o a piedi, da Cuenca, dove ero, ci sarebbero voluti 8 giorni, ma da qualche anno, forse 6 o 7, c’era un ponte aereo che collegava le nostre missioni nella selva con le comunità delle Ande.

Non è merito mio se a Sucua, con un internato di Shuar di 150 ragazzi e 170 ragazze interne ebbi la grazia di vivere per tre anni indimenticabili con la beata Maria Troncatti.

Nelle missioni, per portare avanti un internato così consistente, i ragazzi e le ragazze frequentavano la scuola la mattina e, dal lunedì al venerdì, lavoravano nella selva da dove, con molta facilità (nella foresta la natura è veramente benevola con chi la sa coltivare), si riusciva ad avere l’alimento necessario per il buon funzionamento delle nostre missioni.

Il sabato e la domenica erano giornate molto particolari. Ore sul fiume con i ragazzi piene di giochi (sarebbe un po’ come portare oggi i nostri allo stadio). Al pomeriggio, tutti insieme, ragazzi e ragazzi, si guardava le famose “filmine don Bosco”, col Vangelo della domenica e le storie di avventura che l’EDC di Madrid ci faceva avere. Nella cappella, tutti insieme, salesiani, FMA, ragazzi e ragazze, si faceva le prove di canto, si cantavano i vespri, poi la benedizione eucaristica e la famosa buonanotte che non mancava mai. Come potete vedere, una vita molto semplice, dal nostro punto di vista, ma per un ragazzo o una ragazza Shuar, che non aveva mai visto la luce elettrica (avevamo un generatore), vivere in comunità con tanti amici e amiche, imparare a coltivare la terra, senza bruciare gli alberi, era una cosa fuori dal comune. Lì imparavano inoltre l’allevamento del bestiame, una fonte di guadagno a bassissimo costo per loro.

Tutto questo sfociava, dopo 4 o 5 anni di internato nel matrimonio, durante il quale, nelle possibilità, si offrivano ai futuri sposi due vitelline e un vitello per iniziare una vita matrimoniale. Nello stesso tempo le ragazze avevano imparato a cucinare, a lavare, a cucire, ad avere cura di sé stesse e anche della futura famiglia. Questo avveniva in tutte le nostre missioni. Ogni missione aveva dai 200 ai 400 ettari di foresta con 100-200-250 capi di bestiame. Questa era la fonte di ricchezza che permetteva di comprare ai ragazzi e alle ragazze vestiti, scarpe, quaderni, libri, sapone e via discorrendo.

La cosa bella che ho potuto vivere è la possibilità di stare in una comunità di 5 confratelli (spagnoli, slovacchi, italiani) e convivere molto da vicino con la comunità delle FMA. Praticamente eravamo una sola grande famiglia. Il mio rapporto con suor Maria Troncatti, da subito, non è stato solo fraterno, ma filiale. Lei era la nostra “nonnina” (abuelita). Ed io per lei ero il “mio Cosmito” (mio Cosimino).

Forse sarò un po’ lungo, ma questo ve lo devo raccontare: Sucua aveva sì e no 300 coloni bianchi, che vivevano all’interno del paesino, mentre gli Shuar erano disseminati nella foresta. Un grande problema si creò quando gli Shuar iniziarono ad abbattere la foresta per seminare prato. I bianchi, ansiosi di guadagni illeciti, iniziarono a speculare sui terreni riuscendo a comprare ettari di pascoli e foresta in cambio anche solo di un fucile.

Padre Juan Shutka, rendendosi conto di questa situazione, riuscì a ottenere dal presidente della repubblica la firma di un decreto ministeriale nel quale si proibiva agli Shuar di vendere terreno ai bianchi. Restava invece la possibilità di venderselo fra di loro. Era la fine della cuccagna! Soluzione per i bianchi? UCCIDERE I PRETI!

Allora i salesiani vivevano tutti in un unico palazzone di tre piani tutto in legno, con un’unica scala di accesso, mentre i ragazzi Shuar, insieme a me, loro assistente, eravamo in un’altra zona. Nel luglio del 1969, circa alle 2:30 del mattino, l’unica scala di accesso viene cosparsa di benzina. L’intento era chiaro: “Questa notte ti faccio vedere come si arrostiscono i preti”.

Una cosa che forse non sapete però della razza Shuar è che hanno la vescica piccola e che quindi, durante la notte, è un continuo viavai per andare in bagno. Questa è stata la salvezza dei miei confratelli. Uno dei ragazzi che tornava dal bagno si accorge del fuoco: “Cosmia, Cosmia – grida – Fuoco!! Fuoco!!”.

È stata una cosa così violenta che, per salvarsi, i confratelli si sono dovuti buttare da un’altezza di 4 metri. Non è morto nessuno, ma in 40 minuti tutto era bruciato. Pensate che il direttore, ancora vivente, mons. Pietro Gabrielli, per la furia delle fiamme, è dovuto fuggire in pigiama, lasciando addirittura i soldi perché non c’era il tempo per fare altro che fuggire.

Il paese di Sucua si è stretto intorno a noi, ragazzi e ragazze, suore… tutti atterriti a contemplare questo spettacolo crudele. Siamo rimasti senza parole, solo tante lacrime.

La mattina, alle 6, un centinaio di Shuar, armati fino ai denti, chiedono al padre Shutka: “A che ora iniziamo a uccidere i bianchi?”. Pensate: era per loro solo questione di ore. Per farli desistere c’è voluta tutta la sapienza che lo Spirito Santo ha potuto inculcare nel cuore di padre Shutka. L’odio era palpabile.

È in questo momento che suor Maria Troncatti torna in un’altra nostra missione, a Macas, dove aveva lavorato per anni e dove si trova il santuario mariano più antico di tutto l’oriente ecuadoriano. Suor Maria non si accorge che anche la direttrice di Macas era entrata fermandosi a poca distanza da lei e così riesce ad ascoltare la supplica di suor Maria alla Madonna: “se per pacificare i bianchi e gli Shuar, hai bisogno di una vittima, prendi me”.

Un mese dopo, deve andare agli esercizi a Quito. Aveva 86 anni e cercò di manifestare i suoi disagi alla direttrice dicendo che può fare gli esercizi anche in casa: le gambe non la reggono, la spesa eccessiva, la fatica,… La direttrice si servì di me per convincerla. Così lei, con due altre suore, finiscono per imbarcarsi su un aereo erroneamente sovraccarico. L’aereo decolla, ma non si alza più di 15 metri dalla pista. Non riesce a prendere quota. Per non sbattere con un’ala contro una palma, fa l’ultima manovra spericolata e si schianta al suolo. I sedili dei passeggeri sono sbalzati fuori e suor Maria Troncatti muore sul colpo. La vittima è stata accettata. Oggi la veneriamo sugli altari.

Dopo 20 anni di missione sono rientrato a Torino e l’ispettore, don Colombo, mi dice: “A Roma, alle catacombe, hanno urgente bisogno di guide spagnole. Vai a dare una mano per un po’, poi vediamo”. È così che sono rimasto 24 anni a San Callisto, la mia seconda missione. Lì ho potuto essere missionario per persone provenienti da tutto il mondo.

Cinque anni fa sono stato operato di maculopatia e l’allora ispettore della romana, don Leonardo Mancini, mi propose di andare alle Camerette di don Bosco a Roma. Quando i confratelli dalla Pisana chiesero il trasferimento al Sacro Cuore, dopo un anno in cui ero rimasto lì con la comunità della parrocchia, il rettor maggiore mi disse: “Tu sei dei nostri, ricordalo!”. Così oggi sono a Torino per via della ristrutturazione del Sacro Cuore e anche qui faccio la guida come posso. E la missione continua…

Un saluto e una preghiera per ognuno di voi da parte di Cosimo e ringrazio l’equipe di Animazione Missionaria ispettoriale di questa bellissima opportunità che mi dà per arrivare al cuore di ciascuno di voi della mia ispettoria di origine. Evviva don Bosco!

Cosimo Cossu

Cagliero 11 – “Per una chiesa aperta a tutti” – Ottobre 2022

Si allega di seguito il  Cagliero 11 n°166 con l’intenzione missionaria salesiana del mese di Ottobre 2022 e l’ultimo numero di Bosco Food con consigli culinari da ogni angolo del mondo.

Intenzione Missionaria Salesiana, alla luce dell’intenzione di preghiera del Santo Padre.

Preghiamo per la Chiesa; sempre fedele e coraggiosa nella predicazione del Vangelo, la Chiesa sia una comunità di solidarietà, fraternità e accoglienza, sempre viva in un clima di sinodalità.

Per il dialogo e la comprensione nell’Ispettoria Salesiana e nella Chiesa in Cile.

Cari Amici,

Nel mese di luglio, nella regione del Cono Sud, si sono svolte diverse esperienze missionarie con adolescenti e giovani legati al Movimento Giovanile Salesiano. I vari gruppi giovanili e le diverse esperienze missionarie inserite nel progetto del Volontariato Missionario Salesiano sono un bel modo per presentare ai giovani il vero volto della Chiesa “in uscita”: una realtà ecclesiale aperta e accogliente, in cui si promuove la comunione e la partecipazione.
La prospettiva missionaria della Pastorale Giovanile contribuisce a una cultura della solidarietà e della testimonianza dell’amore di Dio per le persone più diverse, specialmente per i giovani più vulnerabili. Si tratta di assumere la dimensione missionaria della propria vita, che scaturisce dall’incontro con Gesù e si nutre dell’esperienza della Spiritualità Giovanile Salesiana. Tali esperienze missionarie sono terreno fertile per la maturazione e il discernimento vocazionale dei nostri giovani.

Don Sérgio Ramos de Souza, SDB Coordinatore Regionale per l’Animazione Missionaria, Regione Cono Sud

 

 

 

Salesiani Lombriasco: Expo AgriCultura Lombriasco – HORTUS 2022

La seconda edizione di “Expo HORTUS Lombriasco 2022 – Fiera Internazionale “AgriCultura”, la manifestazione ideata e organizzata dalla Scuola Agraria Salesiana di Lombriasco (TO) e Net4Grow, è alle porte: dal 30 settembre al 2 ottobre 2022 gli studenti delle differenti Scuole Agrarie Salesiane potranno incontrarsi per conoscersi e confrontarsi su più argomenti al fine di generare una rete internazionale di giovani agricoltori che, nello spirito di Don Bosco, possano contribuire ad un futuro sostenibile dell’agricoltura, nel rispetto della natura della terra e dei popoli.

Quest’anno il tema è “HORTUS: Agricoltura per la vita, focalizzato sull’innovazione e la sostenibilità nei settori dell’orticoltura, florovivaismo, frutticoltura, arboricoltura, piante officinali/ornamentali meccanizzazione.

Per l’occasione, il coordinatore d’Innovazione dei Salesiani Lombriasco, Daniel Ormeno, e il Direttore della Casa, don Mauro Balma, hanno parlato della Fiera nel programma televisivo “Un Caffè Con…“, in onda dal lunedì al sabato alle 9.35 su RETE 7 (canale 13 del d.t.).

Di seguito l’intervista:

L’evento si svolgerà presso l’Istituto Salesiano di Lombriasco (Via S. Giovanni Bosco, 7, 10040 Lombriasco TO), è ad ingresso gratuito ed è aperto a professionisti ed addetti del settore, Ordine Dottori di Agraria, Ordine Periti Agrari, Collegio dei Geometri, Collegio degli Architetti, Atenei, Associazioni Regionali del settore, Scuole Agrarie, Parchi Naturali ed Aree Protette, Enti di Categoria e Comuni.

Per  consultare il programma e scoprire ogni dettaglio dell’evento è attiva la pagina dedicata:

Buonanotte Missionaria Settembre 2022 – Virgilio Radici

La Buonanotte Missionaria: un’esperienza concreta in terra di missione per riflettere!

Per questo mese di settembre, l’esperienza di Virgilio Radici, missionario da 32 anni, prima in Kenia e poi in Tanzania. Una buona occasione per ravvivare la nostra passione missionaria.

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Un saluto a tutti coloro che ascoltano questa breve buonanotte salesiana.

Il mio nome è Virgilio Radici, sono nato a Bariano in provincia di Bergamo. Sono ora uno fuori
dal “comune”… Vivo infatti ad Iringa in Tanzania.

Sono un Salesiano Coadiutore. Ho fatto la mia prima Professione Religiosa al Colle Don Bosco (Asti) il 29-11-1969.

Da Bariano sono andato al Colle Don Bosco per le scuole Medie nel 1964. Non ho scelto io, ma mia mamma che sapeva dei salesiani perché è stata exallieva delle suore di Maria Ausiliatrice a Legnano (Mi). Eccettuato l’anno di Noviziato a Monte Oliveto nel 1968 tutti gli altri anni li ho passati al Colle Don Bosco, prima come allievo e poi come salesiano. Nel 1990 sono partito per l’Africa, prima 9 anni in Kenya e poi dal 1999 ad Iringa.

Al mio primo incontro con i Salesiani al Colle ho notato una cosa che mi ha subito attratto: la cordialità e la gentilezza di tratto. Sono subito rimasto attratto da questo. Concluse le scuole Medie, ho scelto di continuare al Colle per la Scuola Professionale con indirizzo di arte grafica. Dopo il primo anno di Scuola Grafica il Direttore, don Antonio Mason, di cara memoria, mi chiese se volevo entrare in Noviziato. Mi ricordo come fosse ora che risposi subito di sì. Quando mi chiese se volevo essere sacerdote gli risposi che mi piaceva essere Coadiutore, come ce n’erano tanti al Colle (più o meno erano una quarantina ed i sacerdoti una ventina). Mi attraeva il loro modo gentile e la capacità di stare con noi giovani.

In Noviziato sono stato tre mesi in più (da agosto 1968 a novembre 1969) per aspettare di aver compiuto i 16 anni allora richiesti dal Diritto Canonico. Nel 1972 il Canone innalzò a 18 anni di età l’anno della prima Professione. Io dico sempre che dopo aver visto me…, era meglio cambiare l’età di ingresso nella vita religiosa.

A comunicare della vocazione ai miei genitori furono gli stessi Salesiani del Colle. Prima di andare in Noviziato, infatti, un Coadiutore ed un Sacerdote mi portarono a casa in macchina. C’era a casa solo mia mamma. Mio papà era in ospedale per un incidente sul lavoro a Milano (era muratore). Il giorno dopo sono andato con mia mamma a trovare papà a Milano in ospedale. Alla notizia del mio prossimo ingresso in Noviziato, mio papà rimase in silenzio per un po’. Poi disse: “Se pensi che questa sia la volontà di Dio, fai pure”. Mia mamma è mancata a 57 anni nel 1979. Mio papà visse ancora per altri 20 anni, fino al 1999. Mi hanno sempre voluto bene ed aiutato in tutto.

Perché sono partito in missione? Come ho detto, per il Colle non ho scelto io, ma mia mamma, così anche per le missioni non ho scelto io, ma il mio Ispettore di allora, don Angelo Viganò. Era l’anno 1990. Ero al Colle a insegnare ai tipografi compositori e venni chiamato al telefono. Era l’Ispettore che da Roma (era al Capitolo Generale) mi chiamava dicendomi se volevo andare in Kenya per installare una tipografia. Io risposi che per fare questo era necessario conoscere anche tutti gli altri settori del mestiere tipografico (litografia, fotoriproduzione, stamperia e legatoria), che io non conoscevo praticamente (solo teoricamente). Lui mi disse di pensarci ed al suo ritorno ne avremmo parlato.

Venne al Colle il primo di aprile dello stesso anno e mi disse di andare per due mesi e mezzo a Makuyu e studiare un po’ di lingua Inglese e conoscere il posto. Il primo aprile è proprio un giorno “speciale”, fa gli “scherzi”. Ma so anche che ricorda la nascita di mamma Margherita. Ricordando la sua Obbedienza, ho scelto di fare l’Obbedienza. Ora sono contento.
Partii il 4 luglio 1990 per Makuyu e ritornai il 15 settembre dello stesso anno. Parlai nuovamente con l’Ispettore presentandogli un miniprogetto della costruzione del capannone tipografico e mi diede la conferma per il ritorno in missione. Prima andai a Malta (gennaio-giugno 1991) per approfondire la lingua Inglese ed il 4 settembre 1991 eccomi nuovamente a Makuyu in Kenya.

Mi sono trovato, da subito, bene. Come carattere le persone sono molto cordiali. Mi si avvicinavano con gentilezza e salutavano cordialmente e con il sorriso bello aperto.

In un primo tempo mi sono adattato a fare un po’ di tutto. Non esisteva la tipografia e quindi ho iniziato con il lavoro nei campi, la raccolta del granturco con gli allievi del corso della Scuola Professionale. Dal piombo e carta della tipografia al lavoro con la terra…

Dopo poco iniziarono i lavori di costruzione della nuova tipografia con una ditta di Nairobi e nel 1993, le prime stampe con l’aiuto del generoso Coadiutore Salesiano Bertocchi Alessandro che, dalla tipografia Vaticana, venne a Makuyu. Molto fu l’aiuto datomi, all’inizio, anche dal Salesiano sacerdote don Gianni Uboldi che attualmente si trova in Uganda. Lui era l’economo della casa e conosceva bene la lingua Inglese e quella locale Kikuyu. I contatti con le ditte e con l’estero erano sempre suoi. Senza il suo aiuto non sarei riuscito nell’intento.

Attualmente mi trovo ad Iringa, in Tanzania. Si trova a circa 1600 m s.l.m. Il clima è sempre mite…, non fa caldo e non fa freddo. La temperatura si abbassa a 9 gradi Centigradi in
maggio-luglio, ma durante il giorno arriva a 20-22. Non c’è mai la neve o il ghiaccio.

La comunità salesiana di don Bosco, in cui vivo, è composta dal Direttore sacerdote dell’India (ora cittadino della Tanzania), da due sacerdoti, uno dall’India ed uno dalla Tanzania, da un salesiano laico del Kenya e dal sottoscritto.

Abbiamo una parrocchia, con la chiesa principale dedicata a Maria Assunta e due chiesette succursali in villaggi vicini ed una Scuola Professionale con 300 giovani (ragazzi e ragazze) che imparano un mestiere da loro scelto (sartoria, falegnameria, motomeccanica, tipografia, muratori, elettricisti, saldatori e computer). Questi fanno un corso che dura tre anni. Abbiamo poi un altro corso breve, della durata di sei mesi, con circa 700 giovani. In questo corso breve insegniamo anche idraulica ed installazione di pannelli solari. Tutti gli insegnanti sono locali.Io sono incaricato della tipografia. Vengono tutti molto volentieri. Don Bosco aiutava il giovane ad inserirsi nella società in modo da vivere da onesto cittadino e da buon cristiano. Dando loro un mestiere in mano, possono aiutare i loro familiari e se stessi in modo da poter uscire dalla povertà e per qualcuno anche dalla miseria in cui vivono.

In questi giorni sono in Italia per visitare i parenti. Da ottobre, al mio ritorno, la nuova obbedienza mi porterà al Noviziato di Morogoro, Tanzania. Ci sono ora 20 Novizi. Il Signore possa accompagnare questa nuova tappa di cammino.

Ho ancora un sogno. Da giovane mi ricordo di aver pregato il Signore, durante un corso di Esercizi Spirituali di aiutarmi per la commissione che lui intendeva darmi da fare. Era per me ancora un “sogno” la vita. Ora sogno di poter essere sempre pronto per questa commissione. Sogno di essere contento dove mi trovo per poter far felici gli altri. Nella loro felicità sta anche la mia. Ma non sono sempre riuscito nell’intento.

Mi permetto di raccontare solo un piccolo episodio. Oltre alla mia normale routine di lavoro in tipografia, ero solito aiutare i bambini nel fare loro qualche medicazione. Questo abitualmente lo facevo dopo il lavoro e quindi nel tardo pomeriggio quando i bambini e giovani venivano per passare il tempo nell’oratorio da noi. Era però un periodo in cui mi trovavo in difficoltà circa i rapporti con le persone adulte. Da una settimana, infatti, parlavo poco; non salutavo e sorridevo più a nessuno. Ecco allora, una notte, che mi si presenta questo sogno. Stavo aspettando che i miei operai uscissero tutti dal laboratorio e nel mentre mi si avvicina una bambina tutta zoppicante. La raggiungo e vedendo la sua difficoltà a camminare, la prendo in braccio. Avrà avuto circa 6-7 anni e non l’avevo mai vista prima d’ora. La porto nel mio ufficio e la depongo a sedere sul tavolo di lavoro. Mentre mi chino, per medicare la ferita sanguinante che aveva sotto il piedino, lei mi suggerisce all’orecchio una frase nella sua lingua, in Swahili: «Bradha, usisahau kutabasamu» (Fratello, non dimenticarti di sorridere). Rimasi colpito da questa sua frase e le chiesi: «Per favore, dimmi qual è il tuo nome». Lei mi rispose: «Mimi ni Bikira Maria» (Io sono la Vergine Maria). Sentita questa risposta, fui preso da grande agitazione e mi svegliai. Inutile dire quanto ripresi a sorridere e salutare nuovamente le persone che incontravo.

Maria Bambina mi ha fatto comprendere, o almeno questo è quello che cerco di interpretare,
che si risolvono i problemi più con il sorriso che con mutismi e facce tristi.

Un caro saluto e un buon cammino a ciascuno

Virgilio Radici

Cagliero 11 – “Per l’abolizione della pena di morte” – Settembre 2022

Si allega di seguito il  Cagliero 11 n°165 con l’intenzione missionaria salesiana del mese di Settembre 2022.

Intenzione Missionaria Salesiana, alla luce dell’intenzione di preghiera del Santo Padre.

Per l’abolizione della pena di morte

Preghiamo perché la pena di morte, che attenta all’inviolabilità e alla dignità della persona, sia abolita nelle legislazioni di tutti i Paesi del mondo.

Per la promozione del sistema preventivo salesiano in Papua Nuova Guinea

Cari Amici,

Vi saluto dal Colle Don Bosco, insieme agli altri Salesiani di diverse ispettorie che hanno chiesto di mettersi a disposizione del Rettor Maggiore e della Congregazione per essere inviati in Missione alla fine di questo mese come missionari ad gentes e ad vitam.

Settembre è conosciuto come il “mese della Bibbia” in memoria di san Girolamo, primo traduttore delle Sacre Scritture in latino. Un mese che si propone di aiutarci a renderci conto che ogni giorno abbiamo bisogno di comunicare con Dio attraverso la sua Parola scritta. Quando apriamo la Bibbia, apriamo le nostre vite! La Bibbia è uno spazio propizio per avvicinarci alle Sacre Scritture, è un tempo in cui, accompagnati dallo Spirito Santo, apriamo i nostri cuori ad essere terra fertile in cui la Parola di Dio pro-duce trenta o sessanta o cento volte, ovunque noi siamo!

Con tutti i Salesiani che fanno parte della 153a spedizione missionaria auguriamo a tutti i lettori di Cagliero 11 un mese benedetto e intenso di ascolto e preghiera alla luce della Parola di Dio.

Don Reginaldo Cordeiro, SDB Membro del Settore per le Missioni Salesiane