CNOS Saluzzo e Savigliano: eletti i nuovi direttori della sede operativa

Martedì 11 giugno si è tenuta la riunione del consiglio direttivo dell’associazione CNOS FAP per eleggere i nuovi direttori della sede operativa che resteranno in carica per il prossimo triennio. Sono stati eletti:

  • Gianluca Dho come direttore del CFP di Savigliano e come responsabile territoriale della provincia di Cuneo,
  • Debora Gastaldi come direttrice del CFP di Saluzzo.

Inoltre, l’attuale responsabile territoriale della provincia di Cuneo, Maurizio Giraudo, rimane in carica fino a luglio quando terminerà l’attività grazie al raggiungimento della pensione.

L’attuale direttore delle sedi di Saluzzo e Savigliano, Don Gabriele Miglietta sarà trasferito presso la sede di Vercelli dove manterrà la propria carica.

Tutte le nomine diventeranno operative dal 1 settembre 2019.

Con l’occasione, i dipendenti delle sedi interessate, hanno ringraziato Don Miglietta e Maurizio Giraudo per l’immenso lavoro svolto in questi anni, con attenzione e passione, sia nella cura della formazione dei ragazzi che nella crescita delle attività dei due centri di formazione.

Alternanza Scuola-Lavoro CNOS-FAP di Saluzzo: conclusa la sperimentazione FIxo

Venerdì 14 giugno, presso il CNOS-FAP di Saluzzo, si sono conclusi gli esami di qualifica per il corso di “Operatore della Trasformazione Agroalimentare“, il corso professionale che tre anni fa diede avvio alla sperimentazione FIxO del sistema di Alternanza Scuola-Lavoro.

Il percorso era stato infatti presentato il 2 maggio del 2016 alla presenza dei Sindaci di Saluzzo e di Savigliano (Mauro Calderoni e Claudio Cussa) e dell’amministratore delegato Massimo Albertengo dell’impresa Albertengo S.p.a. Il CFP di Saluzzo è stato l’unico ad attuare in Piemonte la sperimentazione del sistema duale nell’ambito delle trasformazioni agroalimentari per l’indirizzo panetteria e pasticceria.

Questo tipo di formazione vede le agenzie formative e i datori di lavoro fianco a fianco nel processo formativo. In questi tre anni alcuni allievi si sono inseriti in azienda usufruendo di un contratto di apprendistato di primo livello che consente di far coesistere lo stato di studente e di lavoratore.

Alcuni dei qualificati hanno deciso poi di proseguire gli studi, intraprendendo il Diploma Professionale di Tecnico della Trasformazione Agroalimentare presso il CNOS-FAP di Savigliano e coloro che avevano in essere il contratto di lavoro lo estenderanno anche il prossimo anno, continuando la loro formazione di scuola-lavoro. Ai ragazzi qualificati va riconosciuto l’impegno nel percorso di studi e nella formazione ricevuta in azienda.

Paolo Trucco Progettista e referente Marketing Cnos Saluzzo

L’estate all’oratorio, don Michele Falabretti (CEI): “È una scuola di vita”

Tempo di estate, tempo di esperienza estiva all’oratorio. Famiglia Cristiana ha intervistato don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Cei per la pastorale giovanile (Snpg) e membro della Direzione di Note di Pastorale Giovanile.

di Chiara Pelizzoni – Famiglia Cristiana

Gli ultimi dati confermano la partecipazione di circa due milioni di bambini agli oratori estivi. Un’esperienza, che per tradizione, spicca in Lombardia (più del per cento) ma è rappresentata in tutta Italia. Don Michele Falabretti, 51 anni, responsabile del Servizio Cei per la pastorale giovanile (Snpg) ci racconta l’ importanza di un percorso unico nel suo genere. “Tanto che, anche laddove non c’è un vero e proprio oratorio estivo le regioni e le diocesi si sono attrezzate per fare una proposta per la stagione calda”.

Quali sono i temi su cui si lavora?

Diversi in ogni parte del Paese. Il tema è un pretesto, è qualcosa che “viene messo prima” appunto, che aiuta a realizzare un’esperienza. Crea le condizioni per realizzare l’esperienza. C’è un grande lavoro di progettazione attorno ai temi dell’estate che dice della scoperta che, grazie ai pensieri, si costruisce la vita. Un esercizio un po’ carente durante l’anno, in cui si tende ad andare con inerzia, e molto più spiccato nel periodo caldo.

Che opportunità è l’oratorio?

È un’opportunità su diversi fronti. Per le famiglie, di avere uno spazio che non è commerciale. Ha costi ridicoli rispetto ad altre esperienze e non punta a guadagnare. Mentre ci sono realtà associative che fanno cose egregie a costi stratosferici. Ma non è solo il costo basso che lo rende un’opportunità non commerciale. Ma anche che all’oratorio corrisponde una tensione, un desiderio di un ambiente educativo. Garanzia per i genitori.

E poi?

È un’opportunità per i ragazzi. che vivono un’esperienza fortissima, strutturata, per nove mesi come la scuola. Il fatto che esistano i centri estivi in cui si sta insieme, ma in modo più destrutturato (senza campanella o registro) è una grande risorsa. Le due realtà coesistono. Esattamente come accade nella vita. E poterle vivere entrambe, per bimbi e preadolescenti, è davvero interessante.

Un’occasione anche per gli adolescenti?

La terza opportunità è per loro che fanno gli educatori: si responsabilizzano, si sento importanti per qualcuno; essere utili, poi, li spinge a essere meno narcisisti, meno concentrati su di loro. È un’esperienza che li mette a confronto col mondo e, in cui, imparano a fare. E in cui imparano la dedizione, la cura e il senso della gratuità. Un’esperienza molto formativa. Considerati tutto l’anno dei problemi, d’estate diventano una risorsa. Perché senza di loro il centro estivo non si fa. E questa è un’opportunità che nessun altro dà loro.

La preghiera che ruolo ha?
La preghiera c’è ed è quello che dovrebbe essere nella vita. È importante, a volte rapida e veloce, ma molto intensa. Se fatta bene un momento di riflessione e rilancio come nella vita. Noi non viviamo per pregare, ma dobbiamo imparare a pregare per vivere.

Cosa vorrebbe per l’oratorio estivo?

Che passasse dall’essere un mondo da favola a poter ispirare la realtà quotidiana. Perché l’oratorio è una grande scuola di vita che ha da insegnare a grandi e piccini.

Il liceo di Novara vive l’ultimo giorno di scuola

Si riporta la notizia di salesianinovara.it:

Per festeggiare l’ultimo giorno dell’anno scolastico 2018/2019venerdì 7 giugno, i ragazzi del Liceo, hanno potuto vivere una mattinata speciale. Dopo le prime due ore di scuola regolare, gli allievi si sono tutti ritrovati nel teatro della scuola, per assistere alla proiezione di “Arrivano i prof”, un film incentrato su sette bizzarri insegnanti che tentano di salvare una scuola milanese dall’imminente chiusura.

Al termine della visione, i ragazzi hanno vissuto un momento conviviale nel corridoio principale del Liceo, dove, assieme ai loro compagni ed insegnanti, hanno condiviso il cibo portato da ogni studente in un clima di festa nel puro stile salesiano. La giornata si è conclusa con l’assegnazione di particolari premi a quegli allievi che maggiormente si sono distinti per le proprie qualità durante l’anno: nei giorni precedenti, infatti, ogni giovane era stato chiamato a votare un compagno come miglior rappresentante di una serie di differenti categorie, come per esempio quella di “Mister/Miss Simpatia” o di “Mister/Miss Eleganza”. Al termine della premiazione e delle foto di rito con i vincitori, ogni allievo è così tornato a casa, lasciandosi alle spalle un anno pieno di impegni e di fatiche, ma ricco anche di momenti che hanno reso il San Lorenzo una Casa per lui: arrivederci a settembre!

Giornata del bambino africano. Don Felice Molino: vera urgenza è educare il cuore

In occasione della Giornata mondiale del bambino africano che si festeggia ogni 16 giugno, è stata pubblicata su Vatican News la testimonianza di don Felice Molino, missionario salesiano da 38 anni in Kenya. Di seguito si riporta  l’articolo dedicato e il video dell’intervista a don Molino realizzato per Missioni Don Bosco.

“C’è bisogno di tutto, dall’istruzione al cibo, dalle medicine ai vestiti, ma prima di ogni cosa bisogna educare il cuore, altrimenti muore il mondo”

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

Era il 16 Giugno 1976 quando a Soweto, sobborgo di Johannesburg, nacquero violenti scontri tra gli studenti neri e la polizia segregazionista del National Party, allora al governo. Il motivo della protesta studentesca fu l’approvazione di un decreto che imponeva a tutte le scuole in cui erano segregati i nativi africani di utilizzare l’afrikaans, la lingua dei bianchi segregazionisti, come lingua paritetica all’inglese. Ma questo era solo l’ultimo episodio di una lunga lista di divieti e imposizioni. Così gli studenti si organizzarono e scesero in piazza. Nelle prime file del corteo campeggiava il cartello: “Non sparateci, non siamo armati” e invece la polizia in assetto antisommossa, cominciò a lanciare gas lacrimogeni per disperdere la folla. Qualche ragazzino reagì con il lancio di pietre e gli agenti risposero col fuoco uccidendo sul colpo quattro di loro, fra cui il tredicenne Hector Pieterson divenuto poi simbolo della violenza dell’apartheid. Le violenze continuarono fino all’aprile del 1977. Una commissione d’inchiesta anni dopo accertò che morirono 575 persone, ma fu proprio dopo le proteste che il governo autorizzò le scuole ad insegnare nella lingua che volevano. Per onorare i ragazzi e le ragazze massacrate durante quell’anno, dal 1991, il 16 giugno viene celebrato – dapprima dall’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) e poi dall’intera famiglia delle Nazioni Unite – come un giorno per richiamare l’attenzione sulle condizioni di vita dei bambini e dei ragazzi nel Continente.

I dati oggi
Stando ai dati Unicef oggi sono almeno 45,5 milioni i bambini nell’Africa Subsahariana che non frequentano la scuola e molti di questi muoiono prima di aver compiuto i cinque anni di età a causa di malattie spesso facilmente curabili o per denutrizione. Attraverso investimenti strategici per la sopravvivenza e il benessere dei piccoli, anche Paesi con risorse limitate – come il Malawi – sono riusciti a ridurre notevolmente i tassi di mortalità infantile e negli ultimi anni si registra anche un miglioramento della frequenza scolastica, per esempio in Benin, Etiopia, Mozambico e Tanzania ma molto resta ancora da fare.

Educare il cuore della gente
L’appello ai governi e alle istituzioni resta doveroso, ma secondo don Felice Molino, missionario salesiano che da 38 anni vive in Kenya, per prima cosa c’è bisogno di educare il cuore della gente perché cresca la sensibilità e il desiderio di aiutare l’altro, soprattutto se è un minore, vittima innocente, a cui è stata rubata l’infanzia, la dignità, ogni tipo di diritto, non solo quello all’istruzione. Don Felice, che collabora con gli altri missionari al Bosco Boys di Nairobi, dove vengono accolti e allevati i bimbi di strada, si porta dietro un bagaglio di storie incredibili che ci racconta con il nodo in gola. Come quella di Ana che oggi è una donna adulta, mamma felice di un bimbo bellissimo, ma ha vissuto l’inferno.

Il fenomeno dei bambini di strada
“Quello dei ragazzi di strada è un fenomeno che tocca un po’ tutto il mondo, ma soprattutto le grandi città dell’Africa”, afferma don Felice. “A Pasqua, prosegue abbiamo distribuito cibo nel Parco Nazionale di Nairobi a 1500 bambini, con questa suora che impavida sfidava le autorità che li voleva cacciare perché sono considerati una vergogna. Molti fuggono dalle proprie famiglie. La cosa che mi ha impressionato è stato vedere i loro volti sfregiati, feriti dalle botte che prendono, sia da chi li caccia via di casa, sia dai capi che li sfruttano. E poi la sporcizia in cui vivono, il sudiciume dei vestiti… Sono situazioni di degrado e grande abbandono con cui l’infanzia africana fa i conti tutti giorni”.

Carceri, malnutrizione, sanità
“L’altro problema grave problema – afferma il missionario salesiano – riguarda le carceri minorili. A Natale sono andato a celebrare la Messa in uno di questi carceri e l’avvocato che difende questi ragazzini mi ha detto che nessuno di loro proviene da una famiglia ‘normale’. Tutti quanti, guarda caso, provengono dalle baraccopoli di Nairobi. Allora una persona si chiede: ‘Come mai? È perché il Signore ha creato tutti cattivi quelli che andranno a finire nelle baraccopoli o è piuttosto forse perché ‘solo’ quelli sono coloro che posso essere pescati dalla polizia? E invece i figli delle famiglie bene non andranno mai a finire in carcere?. Quindi c’è una diseguaglianza grandissima. Poi si passa a quella che è l’alimentazione dei bambini. Lì il problema è molto più grave. Se si pensa che l’alimentazione base nelle scuole è fatta di granturco e fagioli, polenta … In moltissime scuole sono internati. È chiaro che non è sufficiente per dei bambini e dei ragazzi che devono affrontare giornate di studio. Per non parlare poi del problema della sanità. Ho frequentato ospedali dove il bambino è a letto insieme a due adulti. Una volta sono andato e c’era un bambino di strada che moriva praticamente dopo l’intervento per tumore al cervello. Ho detto: ‘Come mai questo bambino è lì immerso nella pipì e nessuno fa niente? Mi hanno risposto: Non c’è bisogno di far niente, tanto lui sta morendo e non si accorge nemmeno di quello che gli succede”.

Anche i ragazzi dei Salesiani di Fossano presenti alla SPS di Parma

Si riporta la notizia a cura degli insegnanti del settore del Cnos-Fap di Fossano, con il racconto dell’esperienza vissuta dai ragazzi del secondo e terzo anno del corso per Operatore Elettrico, martedì 28 maggio, presso la Fiera di Parma sull’automazione e la digitalizzazione industriale.

Ha suscitato grande entusiasmo nei ragazzi del secondo e del terzo anno del corso per OPERATORE ELETTRICO del CNOS-FAP di Fossano, la visita alla 9a edizione della Fiera di Parma sull’automazione e la digitalizzazione industriale del giorno 28 Maggio 2019.

I ragazzi, accompagnati dai propri formatori, nel corso della giornata , hanno potuto vedere con i propri occhi le ultime novità in fatto di automazione industriale: la fiera per l’industria intelligente, digitale e flessibile è ormai da tutti riconosciuta come punto di riferimento per il comparto manifatturiero italiano ed è diventata un appuntamento imprescindibile per gli addetti del settore, che trovano in quest’occasione la possibilità di confrontarsi sui temi più sfidanti dell’industria di domani. Non si può avviare un ragazzo a una professione se non si guarda attentamente a quelli che potrebbero essere gli sviluppi futuri del suo specifico settore.

In segno di gratitudine per l’accoglienza ricevuta, i ragazzi dei Salesiani di Fossano hanno consegnato un piccolo “gadget” alla Finder S.p.A. per ringraziare della collaborazione nata tra il CNOS-FAP e l’azienda stessa, la quale si impegna in modo ammirevole nel contribuire mediante sponsorizzazioni, omaggi e supporto tecnico, a sviluppare la competenza dei futuri operatori elettrici.

La giornata si è conclusa con una golosa merenda presso i locali della Fattoria di Parma, poco distanti dalla fiera dove i ragazzi hanno potuto assaggiare i prodotti artigianali della zona.

Il CNOS-FAP, i formatori e gli allievi del 2° e 3° anno “OPERATORE ELETTRICO” ringraziano con entusiasmo la società Finder che per tramite della grande disponibilità del Sig. Maurizio Tugnolo e del Sig. Francesco Joly  ha permesso questa esperienza formativa. Si è trattato di un’esperienza sicuramente diversa da quella scolastica e ciononostante altrettanto utile per dotare i futuri tecnici elettrici di solide basi e competenze professionali.

Un ringraziamento anche al sig. Romano, autista dell’autolinee Gunetto per la sua professionalità e la simpatia di cui ha dato prova accompagnandoci nella trasferta in Fiera.

Borgomanero, la meraviglia del Don Bosco

Si riporta la notizia della casa Salesiana di Borgomanero relativa allo spettacolo: “Ѐ tutta una meraviglia”, andato in scena il 17 maggio:

Venerdì 17 maggio si è svolta la serata più importante di tutto l’anno: i ragazzi del laboratorio di musical hanno preparato per tutto l’anno un meraviglioso spettacolo, accompagnato dalle colonne sonore di tutti i ragazzi della scuola, diretti dal professor Iorio.

Alle 8 di mattina, tutte le classi si sono ritrovate in palestra per provare i brani studiati durante il corso dell’anno che avrebbero dovuto suonare in alcuni momenti dello spettacolo.

Una volta terminate le prove, siamo andati tutti in classe per riprendere il normale svolgimento delle lezioni, mentre coloro che da lì a poche ore sarebbero saliti sul palco, sono rimasti in palestra con alcuni professori per recitare un’ultima volta prima del grande momento.

Noi ragazzi di Blog siamo stati incaricati di accogliere e accompagnare al proprio posto le persone che entravano e di distribuire loro i volantini che riportavano i nomi dei partecipanti e di quelli che hanno contribuito all’organizzazione della serata.

Come ben sapete, il titolo dello spettacolo era “Ѐ tutta una meraviglia”, per dimostrare a coloro che non erano ancora convinti, che il Don Bosco di Borgomanero è proprio la seconda casa che ogni ragazzo vorrebbe, proprio come Alice vorrebbe un mondo pieno di divertimento e fantasia.

La storia la conosciamo tutti: Alice finisce nel Paese delle Meraviglie seguendo il Bianconiglio, e lì scopre che, con la Regina Rossa sul trono, gli abitanti vivono tristi e impauriti. Con la Regina Bianca, invece, tutti vivevano felici e in armonia, perciò Alice decide di cercarla e sconfiggere la Regina Rossa. Viene quindi condotta dal bruco, che grazie al suo enigma, le fa capire che la persona che stava cercando è proprio lei stessa!

Il clima che c’era prima, dopo e durante lo spettacolo era fantastico: sono rimasti tutti sorpresi ed estasiati, compresi gli ospiti d’onore che siedevano in prima fila, era presente anche il presidente della Pro Loco e l’organizzatrice  della festa dell’uva di Borgomanero, per valutare se si potesse mettere in scena anche durante quest’altro evento.

Come ogni anno, dunque, la palestra era stracolma: c’erano parenti dei protagonisti e non solo, anche genitori di possibili futuri alunni sono venuti a vedere lo spettacolo e sicuramente hanno avuto la conferma del fatto che qui al Don Bosco è tutta una meraviglia!

Un dono della Chiesa a tutta la società. Oratori estivi futuro in gioco

L’oratorio è aperto tutto l’anno. Ma è d’estate che meglio spalanca le sue porte e spiega le sue ali.

Si riporta l’interessante articolo pubblicato su Avvenire martedì 11 giugno 2019, a cura di Umberto Folena.

L’oratorio è aperto tutto l’anno. Ma è d’estate che meglio spalanca le sue porte e spiega le sue ali. L’oratorio è un luogo fisico. Sta fermo dove sta. Ma in realtà saltella per il quartiere e il paese, i suoi brusii scivolano di qua e di là e dicono una verità antica e oggi controcorrente: se gli altri consumano, noi produciamo.

Antico e nuovissimo, l’oratorio ha un immutato valore religioso: qui il Vangelo dell’amicizia, dell’accoglienza, della gioia, dell’ospitalità viene vissuto e sperimentato concretamente, prima ancora che proclamato. Ma ha sempre più un sorprendente valore sociale e civile. Il mondo occidentale, Italia compresa, tende a disintegrarsi in una massa disordinata di individui che nulla sembrano avere in comune – non valori e speranze condivisi, non uno stesso futuro da perseguire insieme – tranne l’impulso a consumare. Consumare merci, materiali e immateriali.

Anche la paura, la rabbia, il risentimento infatti diventano “merci” estremamente redditizie quando c’è da mietere il consenso e raccattare voti. Tutto è scambio commerciale e nulla ti do se non in cambio di qualcos’altro. Una società del genere procede per esclusioni e chiusure ed è destinata a evaporare: l’organismo si dissolve nei suoi singoli atomi. Destino scritto? No. Primo, perché non è questa la verità scritta nel “dna dell’anima“. Secondo, perché c’è chi resiste e si ostina a fare esattamente il contrario. Come l’oratorio. Non esclude ma include. Non consuma ma produce. Non disintegra i legami ma costruisce e rinsalda relazioni. Lo fa con la sintassi antica del gioco, del dialogo, dell’accoglienza. Dell’aiuto a chi ha bisogno. Pensando anche e soprattutto agli altri, perché gli altri sono la via obbligata della nostra felicità.

Se nella società di consumatori tutti sono in competizione contro tutti, nella società alternativa, di cui l’oratorio è sentinella e avanguardia, si collabora e i talenti individuali sono messi al servizio del gruppo, della squadra, della compagnia, della comunità. L’oratorio è la scuola dove questo linguaggio, un tempo appannaggio innanzitutto della famiglia, continua a essere appreso e praticato. L’oratorio è scuola sempre.

Lo è quanto organizza dibattiti alti e riflessioni profonde, con l’aiuto di persone sapienti ed esperte: maestri. Ma lo è anche nelle attività ordinarie sulla cui natura tendiamo a sorvolare. Il gioco, ad esempio, è la scuola dove si apprende la necessità di regole condivise, di un bersaglio a cui mirare insieme, un progetto da perseguire, strategie e tattiche da elaborare. Collaborare, organizzarsi, diventare comunità in cui nessuno resta indietro perché tutti, a cominciare da chi corre più forte, sa voltarsi indietro e aspettare, aiutare, sorreggere, incitare.

Nessuno è consumatore frustrato, perché non in grado di reggere la corsa forsennata alle merci modaiole e agli istinti da assecondare, sempre contro qualcuno o qualcosa. Ma ciascuno sa che si vince o si perde insieme. Anche questo gioco ha bisogno di maestri, ossia educatori appassionati e capaci. Proprio quello che troppo spesso manca un po’ ovunque: in famiglia, a scuola, al lavoro.

Così pure ogni altra attività, dallo spettacolo teatrale al concerto alla raccolta di aiuti per il missionario amico, educa alla collaborazione. L’oratorio è aperto tutto l’anno ma in estate spalanca le sue porte, gioca le sue carte migliori e mette in campo le sue forze speciali. È un bene prezioso che la Chiesa mette a disposizione dell’intera società, per la quale diventa inestimabile. Cosa serissima, all’oratorio bisognerebbe guardare con sempre maggior rispetto e ammirazione. Da parte di quelli che perseguono la disgregazione e la chiusura, con preoccupazione.