Cari amici e confratelli,
sono contento di rivolgermi a voi anche se ormai, vivendo il mio 42º anno diKenya, non ho la fortuna di conoscere tanti di voi. Difficile parlare a ruota libera. Chiedo allo Spirito Santo, alla Madonna e a Don Bosco di guidare un po’ i miei pensieri confusi.
Il Kenya sta vivendo un momento molto difficile perché sta venendo sempre più a galla un malcontento generale nella gente che vive una povertà sempre più grande che spesso diventa miseria. Adesso ci sono rivolte programmate dal capo dell’opposizione ogni lunedì e ogni giovedì. I negozi rimangono chiusi, le fabbriche lavorano a metà ritmo, polizia ed esercito sono sguinzagliati in tutto il paese perché la rivolta avviene in tutte le città più importanti del Kenya. Così il Kenya si impoverisce ulteriormente. Il capo dell’opposizione, che incita alla rivolta, porta a motivo l’altissimo rincaro dei prezzi e poi il fatto che secondo lui, nelle elezioni dello scorso anno, era lui il vincitore. Quest’ultima è la vera ragione della sua protesta. Tutti i leaders politici lavorano per uno scopo solo: la loro ricchezza ed il loro potere. Nel frattempo il presidente eletto, guarda caso, non si trova in Kenya, ma prima in Germania e adesso in Belgio. Non mi meraviglierei che fosse là non solo per gli interessi del Paese, ma soprattutto per acquistare azioni nelle grandi aziende Europee ed esportare le ricchezze che ha accumulato in Kenya. In questo, non farebbe altro che imitare il suo predecessore che ha investito le sue ricchezze in molte aziende francesi, come Carrefour, e ha venduto ai francesi, restando però l’azionista più grosso, quasi tutte le aziende che fanno riferimento al latte e ai suoi derivati di cui, in Kenya, lui detiene il monopolio.
Tutto questo avviene con la complicità e la gioia grandissima di tantissimi paesi del mondo che guardano all’Africa come alla più grande risorsa per il loro benessere. I capi di governo africani, con la compiacenza di tantissimi capi di governo del mondo, stanno vendendo non l’Africa, che rimane dov’è, ma gli africani che stanno diventando più schiavi di prima.
Cosa fare? Per noi Salesiani non resta altro che imitare Don Bosco. Don Bosco, i giovani poveri non li accoglieva, ma andava a cercarli. È quello che dobbiamo fare noi in questo momento con gli oratori, le scuole e i centri professionali, nonché con le numerose parrocchie che ci vengono affidate. Ma in tutto questo dobbiamo sempre vincere la tentazione di fare dei centri per la élite, sia pure intellettuali. Il rischio grande e di aiutare quelli che sono già aiutati dalla natura o quelli che non hanno affatto bisogno del nostro aiuto, dato che fanno parte della classe media o addirittura ricca.
Don Bosco in Africaè un vero miracolo. In quarant’anni ha conquistato 44 paesi dell’Africa con un dispiegamento (come diceva Don Egidio Viganò nel 1985, intravvedendo il futuro) di una enorme quantità di denaro, tutto dovuto alla Provvidenza; di un numero grandissimo di generosi volontari e di un grande numero di Salesiani che hanno creduto in questo progetto e da tutto il mondo sono arrivati in Africa. Oggi Don Bosco Tech Africa, l’organizzazione salesiana che riunisce tutti i centri professionali salesiani dell’Africa, può presentarsi alle organizzazioni mondiali con oltre 100 centri professionali altamente qualificati, se si considera l’attuale situazione dell’Africa. Il numero dei Salesiani locali è cresciuto grandemente in Africa e, dal prossimo settembre, la Tanzania, che faceva parte della nostra Ispettoria, diventerà Ispettoriaa sé. È una consolazione grande perché dice che Don Bosco lavora con impegno e seriamente in Africa. Al momento, abbiamo 17 pre-novizi in Kenya e 7 in Sudan. Con molta probabilità ad agosto avremo più di 20 novizi.
Non mi soffermo a parlarvi delle realtà veramente interessanti e molto vive della Tanzania e del Sudan in cui non ho mai lavorato.
Vi parlo del Kenya che ora conta 11 opere con una continua richiesta da parte dei vescovi di aprirne di nuove… e diverse opere sono in prospettiva di apertura. Abbiamo ben sette centri professionali con 3500 allievi nel campo profughi di Kakuma, nel nord del Kenya, che conta circa 500.000 rifugiati. I 7 centri sono coordinati da una sola casa salesiana che si prende pure cura dell’unica parrocchia del campo, con numerosi centri di preghiera. Un dispiego di energie e di forze totalmente dedicato ai più poveri, scappati soprattutto dal Sudan e dagli altri paesi africani confinanti. La massa delle persone del campo è costituita da bambini e giovani. Ci sarebbe lavoro per 100 Salesiani.
A Nairobi abbiamo cinque opere che svolgono un’attività grandemente apprezzata dalla gente. Certamente molto significativa è l’opera dei ragazzi di strada, con circa 400 ragazzi di cui 200 interni e 200, ragazzi e ragazze, che vengono a scuola ogni giorno dalla vicina baraccopoli di Kuinda.
Abbiamo motivo di essere soddisfatti? Se amiamo i giovani con il cuore di Don Bosco, allora abbiamo ancora tantissimo da fare: siamo solo agli inizi.
In Kenya c’è una disparità sociale che grida vendetta al cospetto di Dio. Il quotidiano on-line Africa Express poche settimane fa dava la notizia che in Kenya quattro famiglie detengono la ricchezza di 22 milioni di kenyoti: vuol dire che 22 milioni di persone vivono di miseria e sofferenza per mantenere la ricchezza e il lusso di quattro famiglie.
Solo qualche fatto, tra i tantissimi. Con l’aiuto di tanti benefattori italiani ho potuto far operare una mamma cieca che da cinque anni avrebbe dovuto ricevere un intervento al nervo ottico che si era paralizzato in seguito ad un incidente stradale. Non avendo i soldi neppure per una visita medica, non avevano mai fatto nulla. È una mamma di 38 anni, con tre figli e senza marito. Sono arrivato a lei attraverso la figlia minore che viveva sulla strada a Nairobi, entrata in una miseria infinita, per scappare da una miseria insopportabile.
Il costo dell’intervento, che ha poi richiesto un secondo intervento, è stato di 6000 Euro. Una cifra che questa donna non vedrà mai in tutta la sua vita. Adesso lei incomincia a vedere un po’, almeno da un occhio e la figlia che era sulla strada è tornata a casa. La figlia maggiore che faceva la prostituta per mantenere la famiglia e ha un bambino di tre anni, da lei concepito a 14 anni, mi ha promesso che cerca un lavoro. Il figlio è stato accolto tra i nostri ragazzi di strada. Vedere la miseria e l’abbandono della loro baracca, appoggiata ad una infinità di altre baracche, è qualche cosa di realmente straziante.
È evidente che questi sono i giovani a cui dobbiamo indirizzarci ed è un’impresa colossale che solo Don Bosco può portare avanti: noi non possiamo essere altro che il fazzoletto nelle sue mani; ci scoraggeremmo subito di fronte ad una impresa così difficile.
Ho mandato a studiare dalle nostre suore, che lavorano in una baraccopoli di Nairobi, una ragazza madre con due bambini: uno di 11 anni e l’altro di un anno e nove mesi. Il più grande è stato accolto nel centro Don Bosco per i nostri ragazzi di strada, perché sulla strada viveva in realtà ogni giorno. Questa giovane mamma l’avevo fatta operare al cuore quando aveva solo 10 anni e si trovava ormai in fin di vita. È figlia di due poverissimi genitori, separati.In ospedale non facevano nulla perché tanto i genitori erano poveri e non potevano pagare e lei era destinata a morire nel giro di tre settimane. Quando sei povero, qui non vali niente e la tua vita può essere buttata via in qualsiasi momento perché tanto non sei nessuno. Adesso lei, a scuola dalle nostre suore, è contenta di imparare l’arte della cucina per potersi inserire in un lavoro che le permetta di mantenere i suoi due figli. Ho affittato una baracca di lamiera per lei ed il suo bambino. 3 metri per 3. 25 euro di affitto al mese. Un materasso. Un fornellino a gas a una piastra sola, 2 pentolini, un cucchiaio ed un piatto solo perché lei ed il bambino mangiano “assieme”. Quattro giorni fa le avevo dato 40 €. Venti li ha dovuti mandare subito al suo papà che è ammalato. Adesso le rimangono 5 Euro e con questi deve sopravvivere per altri tre giorni. Mi ha detto che il suo bambino le costa “tanto”: 0,80 € il giorno… A lei ed ai suoi bambini dovremo pensare finché non potrà inserirsi nel mondo del lavoro.
Vi potrei raccontare centinaia di storie come queste soprattutto da quando, vivendo a Nairobi, entro frequentemente nella baraccopoli più grande di Nairobi insieme ad un gruppo di giovani. Vediamo una sofferenza inimmaginabile e cerchiamo di risolvere alcuni casi in un mare di abbandono e di emarginazione.
Sento tutti i giorni il bisogno di chiedere a Don Bosco che mi faccia crescere in passione ed in fedeltà alla nostra missione che è per i giovani poveri ed abbandonati.
Chiedo l’aiuto della vostra preghiera per tutti i salesiani che qui lavorano, per tutti i giovani che sono nelle nostre opere, per la massa della nostra gente che vive in miseria e per i pochi ricchi che vivono nell’indifferenza, perché il Signore faccia capire loro che devono smettere di rubare e devono cominciare a restituire.